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Antonio Rosmini




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Antonio Rosmini



Ci spostiamo in Italia. Nato alla fine del '700, nel 1797, morto nel 1855. E' vissuto proprio in un periodo fondamentale per l'Europa intera, il periodo post rivoluzione francese, il periodo nel quale gli autori si interrogavano su le miserie e gli splendori di questa esperienza rivoluzionaria francese che aveva dato la dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, ma anche la ghigliottina in quella che oggi è Place de La Concorde.  Quindi, lo scontro tra gli autori rivoluzionari e gli autori contro-rivoluzionari.


Di professione era un sacerdote che fondò un suo ordine e si interrogò sui problemi politici posti dall'esperienza rivoluzionaria francese e dal periodo napoleonico. Vale a dire l'idea del pensiero politico illuminista sulla politica. Se e quanto sia accettabile di quello che è frutto della rivoluzione francese e soprattutto era interessato al rapporto tra Stato e Chiesa, religione e politica. Partecipò ad un progetto di Costituzione per l'Italia, che ovviamente non era ancora unificata. L'unità d' Italia avvenne nel 1860-61, dopo la spedizione dei mille e nel 1870 con la presa di Roma, Porta Pia. Però già all'inizio dell'800, le famose guerre d'indipendenza, emblemi di quel periodo che si suole chiamare Risorgimento Italiano, avevano cominciato a porre nei filosofi politici, la possibilità di unificazione italiana. Egli elaborò questo progetto costituzionale che vedeva il Papa a capo di una federazioni di stati che dovevano rappresentare l'Italia, progetto che poi non trovò seguito per una serie di motivi. Fatto è che Rosmini è una delle personalità che più a lungo ha riflettuto sul problema della politica nell'Italia del primo risorgimento.

Di impostazione era un filosofo, ma con i piedi molto ben puntati per terra, che guardava alla realtà dei fatti, era un grande diplomatico, sfruttato in numerose ambasciate dal Papa, anche se in seguito, i rapporti con il vaticano divennero più burrascosi per la pubblicazione di un suo libro che tratta solo marginalmente di politica e che venne criticato dalla Santa Chiesa.


Anche Rosmini appartiene a quella grande corrente che è il liberalismo. Potremmo definirlo un cattolico-liberale, o meglio un liberale di ispirazione cattolica. Cattolicesimo liberale era quella corrente di pensiero di autori, filosofi, intellettuali, che si definivano cattolici, che però non rifiutavano completamente le novità che venivano da Parigi, le novità dell'illuminismo francese. Come sappiamo poi, la chiesa, dopo un periodo iniziale tentativi di conciliazione con il partito liberale, che chiedeva riforme importanti, fatti da Pio IX, si ebbe un deciso ripiegamento della posizione della Chiesa sull'ortodossia e sulla condanna dei principali temi dell' illuminismo e più in generale del liberalismo. Ma c'era un gruppo di autori italiani che invece credeva possibile conciliare religione e illuminismo, la corrente appunto cattolico-liberale.


Rosmini scrisse qualche opera politica, delle quali a noi interessa soprattutto :


"della filosofia della politica", divisa in due parti:


la prima si intitola : "della sommaria cagione per la quale stanno o rovinano le umane società", che significa "della ragione principale per la quale le società si conservano o decadono"

la seconda parte si intitola "la società e il suo fine", nella quale Rosmini cerca di delineare quale è secondo lui il fine della società.


Della sommaria cagione per la quale stanno o rovinano le umane società (I parte dell'opera)


Quale è il criterio da seguire in politica secondo Rosmini ?


Il primo criterio da seguire è quello che distingue il sostanziale dall'accidentale:


Il sostanziale è tutto ciò che fa vivere e fa mantenere una società, uno stato;

L'accidentale, invece, è tutto ciò che abbellisce, che orna, che rende più grande una nazione, ma non è appunto sostanziale.


Vale a dire che, senza l'elemento sostanziale, una società crolla; senza l'elemento l'accidentale, comunque riamane in vita. Bisogna quindi distinguere in una società ciò che permanente serve da ciò che è in più.

Rosmini fa l'esempio di un edificio. Le mura sono sostanziale, l'arredamento è accidentale.


Gli uomini politici per prima cosa devono capire cosa è il sostanziale e devono mantenerlo e perseguirlo. Gli errori in politica secondo Rosmini sono spesso errori di capire ciò che è sostanziale e ciò che è accidentale, e questo determina la rovina delle società.


Tali società, secondo lui, hanno un corso storico, che prosegue per 4 tappe, o 4 età sociali:


I. nella prima età sociale, gli individui hanno di mira il sostanziale, e creano quindi la società a partire da ciò che è sostanziale, non curandosi ancora di ciò che è accidentale;

II. nella seconda età sociale, la società così costruita, viene ad essere abbellita, ingrandita, ornata, in questa età, gli individui non perdono mai di vista però il sostanziale ma iniziano a curarsi dell'accidentale, è l'età di maggior splendore per la società;

III. nella terza età sociale accade che inizia a prevalere l'accidentale, gli individui iniziano a perdere di vista la sostanza preferendo l'accidentale. Qui la società inizia a traballare, inizia la corruzione

IV. nella quarta età, gli uomini perdono completamente di vista la sostanza, si curano unicamente di ciò che è accidentale e questo porta alla corruzione, al declino e alla distruzione della società stessa.


La distinzione tra sostanziale e accidentale, Rosmini la utilizza soprattutto quando parla del rapporto tra la classe politica e la massa, che proprio all'inizio dell' 800, cominciavano a divenire partecipi della vita politica. Prima dell' 800, della rivoluzione francese, in un certo senso era escluso dalla vita politica. Tutto si giocava fra i nobili e i Re.

Invece proprio nell'800, con l'ingresso dei diritti naturali, la prima rivoluzione industriale in Europa, la massa acquista una certa importanza, anche per la classe politica e anche per Rosmini, il quale, quando parla del rapporto tra le masse e la classe politica, egli applica il suo criterio di distinzione tra sostanziale e accidentale.

Quindi, afferma che le masse e i politici arrivano a determinare ciò che è sostanziale per la società, in maniera differente, purtroppo. Alla fine, infatti dirà che non c'è comunicazione tra la classe politica e le masse. Le masse hanno infatti quelle che lui chiama una "ragion pratica"; mentre, la classe politica ha quella che lui chiama "ragion speculativa". Vediamo cosa significa.


La ragion pratica delle masse è la capacità delle masse individuare ciò che è sostanziale per uno Stato. Le masse hanno una capacità di individuare il sostanziale di tipo istintiva e si perde molto velocemente nel tempo, perché le masse sono volubili e instabili.


I politici, invece, hanno anche loro la capacità di distinguere il sostanziale dall'accidentale, ma tale capacità, si sviluppa nel tempo, non è quindi di tipo istintivo ma di tipo razionale


Quindi accade che, quando le masse hanno subito, per istinto, individuato ciò che è sostanziale, la classe politica sta ancora ragionando; quando questa arriva a capire il sostanziale, la massa, volubile, ha perso ciò che aveva individuato. Questo spiega per quale motivo per Rosmini non c'è comunicazione tra le masse e la classe politica.


Abbiamo detto Rosmini liberale.

Anche lui, quindi, come tutti i liberali, critica ogni idea di potere assoluto. In realtà, in maniera più generale, egli critica l'idea stessa che la perfezione sia possibile nelle cose umane, non solo politica ma in ogni attività dell'uomo. E' quello che lui chiama:


il perfettismo,


cioè quel sistema che crede possibile il perfetto nelle cose umane. Questo è da criticare, non esistono nelle attività umana e quindi anche in politica le cose perfette, quindi non esiste la forma di stato perfetta, la forma di stato ideale, esiste invece un principio, quello che lui chiama :


"il gran principio della limitazione delle cose".


Cioè che, ogni scelta non è mai una scelta di bene assoluto, in quanto ogni scelta presuppone sempre qualcosa di negativo. Non esistono le scelte che mettono d'accordo tutti.

Ci sono beni la cui esistenza sarebbe del tutto impossibile senza l'esistenza di alcuni mali. Questo, i politici lo devono capire. Quindi, vediamo questa critica che nella politica lo porta ed essere molto scettico, a parte la forma di stato ideale, anche sulla attribuzione di poteri assoluti ad un individuo o ad una istituzione.


"Il gran principio della limitazione delle cose" e "la critica al perfettismo" sono tipici elementi del pensiero liberale.


La società e il suo fine (II Parte dell'opera)


Qui Rosmini, prende di mira alcune idee dell'illuminismo italiano, una corrente in particolare. Questa parte dell'opera ha un tono polemico. Rosmini non è d'accordo su ciò che pensano alcuni scrittori dell'illuminismo italiano, in realtà nominandone uno solo: Melchiorre Gioia.


La critica è se il progresso sia utile o no alla società e cosa si intenda veramente per progresso. E' un tema tipicamente illuministico, ricordiamo per esempio l'enciclopedia o tutta la corrente del riformismo o dispotismo illuminato, che credeva proprio che la società, una volta liberatasi dall'invadenza dei sacerdoti e della teologia, finalmente libera da tutto questo, sarebbe riuscita  a sviluppare l'idea dei diritti dell'uomo, e dare alla luce una società perfetta. Questo era, detto in maniera grossolana, il tentativo di alcuni illuministi.


Quale è il fine della società secondo Rosmini ?


E' quello che lui chiama l' appagamento degli individui.

L'appagamento degli individui è una sensazione di soddisfazione di bisogni.


Ci sono tre condizioni possibili nella posizione umana rispetto ai bisogni dell'uomo:


stato piacevole

stato appagato

stato felice


lo stato piacevole, dice Rosmini, è una condizione di tipo sensoriale di soddisfazione di un bisogno, è uno stato che può provare anche un animale, perché riguarda l'istinto;


lo stato appagato, invece, è una condizione non istintiva, ma meditata, ragionata. Si tratta non dell'appagamento di un singolo bisogno, ma una soddisfazione complessiva di una serie di bisogni in quel momento sentiti e percepiti dall'individuo. Lo stato di appagamento non si può raggiungere se non si ha coscienza di essere appagato (non riguarda quindi gli animali ma appartiene solo agli esseri umani). E' una condizione complessiva;


lo stato felice, è qualcosa ancora di più, non solo lo stato di appagamento, ma è un appagamento che riguarda anche l'anima. Ciò vuol dire, per Rosmini che è sacerdote, vuol dire che lo stato di felicità riguarda il rapporto dell'uomo con Dio, quindi, oltre ad avere un stato di felicità in terra lo ha anche nell'anima.


Secondo Rosmini, l'obiettivo della società  che si deve perseguire da parte della parte è proprio questo stato di appagamento dei bisogni.


Cosa volevano invece gli illuministi con cui Rosmini tanto ce l'ha ?


Per loro,  invece, il fine della società è il progresso. Ma il progresso, significa un continuo movimento della società, e quindi la nascita sempre di continui e nuovi bisogni. Solo attraverso il continuo volere di più si realizza il progresso di una società. Questo è esattamente il contrario dell'appagamento di cui parlava Rosmini.

Quello che Rosmini dice, è proprio che se si creano bisogni artificiali, da parte della società, si crea uno stato non di felicità ma di infelicità. Il rischio della società del tempo, secondo lui, è quello di credere proprio che il progresso e la moltiplicazione continua di bisogni possano creare una società felice. Questo, invece, crea l'uomo infelice proprio perché lo allontana dall'appagamento.

Si rende conto che, la società rischia di essere lei a produrre i bisogni, non è più l'uomo con la sua coscienza, che decide ciò di cui ha bisogno: la società con i suoi modelli ci impone dei bisogni che lui definisce appunto "artificiali". E' il voler sempre di più che determina infelicità.

E' una critica importante a questo tipo di pensiero illuminista.


Ci sono molti rischi per questa società che tende sempre al progresso inteso come moltiplicazione di bisogni artificiali. Bisogna quindi fare in modo che i bisogni vengano dall'uomo e non dalla società.


Questo è quello che lui chiama "il sistema del movimento", cioè la corrente di pensiero che crede che la felicità dell'uomo risieda nella continua soddisfazione di bisogni nuovi.


Quindi, abbiamo detto Rosmini cattolico, liberale, critico dei sistemi assoluti di libertà, critico dell'idea di progresso come sviluppo incontrollato di passione, critico dell'idea che la felicità consista nel miglioramento senza fine della società.


Partiti politici.

Fa delle riflessioni interessanti, come ultimo argomento, sui partiti politici. Rosmini è critico dell'idea di partito. Perché il parito è già di per sé qualcosa si parte, di fazioso. La stessa parola indica infatti che non si ha presente il bene comune, il bene di una parte. Anche i partiti più grandi, secondo lui, in realtà poi non sono che espressione di alcuni gruppi, e quindi non esiste un partito che abbia veramente di mira il bene comune. Ci sono tre tipi di partiti:

i primi sono quelli che nascono intorno a degli interessi materiali concreti;

i secondi nascono interno alle idee di un gruppo di intellettuali;

i terzi sono quelli che nascono dalle azioni popolari. Da idee di breve durata che ha il popolo eccitato dai demagoghi che si muovono con interessi naturali. Quindi, anche questi partiti che sembrano nascere da delle idee, in realtà nascondono interessi materiali di alcune parti della società.


I partiti del primo tipo, sono spesso i più forti. I partiti che, invece, nascono dalle passioni popolari, dice Rosmini, sono quelli che abbracciano una larga maggioranza, però per un brevissimo tempo, poi cambiano le passioni popolari e quindi muoiono.


Quali sono secondo Rosmini i modi per evitare i rischi delle generazioni di un sistema partitico, cioè di un sistema fazioso per sua stessa natura ? 40.23


Ci sono due modi:


il primo è il sistema dell'equilibrio, quindi cercare di equilibrare i diversi partiti, facendo in modo che nessuno sia superiore ad un altro. E' una condizione difficilissima da realizzare e sostanzialmente siamo abbastanza scettici su questa soluzione;

il sistema dell'assolutismo: quello di eliminare completamente la possibilità che esistano diversi partiti e fare un partito unico


Rosmini preferisce quello dell'equilibrio, anche se questo può portare a tensioni fra classi sociali.


Secondo Rosmini è la provvidenza che non ci ha ancora fatto cadere nella guerra civile.


La cosa per lui importante per evitare i rischi del sistema partitico è andare alla base della cultura politica, cioè all'educazione dei giovani alle cose politiche. Educare giòà dai primi anni di vita alla giustizia e all'equità.



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