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Tesina - dietro la fiaba




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LICEO SOCIO-PSICO-PEDAGOGICO

DUCA D'AOSTA








TESINA



DIETRO LA FIABA






















LA MAGIA NELLA MAGIA

Iniziamo con una domanda: Perché il bambino ha bisogno della magia delle fiabe? 

Perché le fiabe lasciano che il bambino faccia lavorare la propria fantasia e decida se e come applicare a se stesso quanto viene rivelato dalla storia circa la vita e la natura umana, in quanto essa ha un tipo di svolgimento che si conforma al modo in cui il bambino pensa e percepisce il mondo: la visione della fiaba concorda con la sua.

Il pensiero del bambino rimane animistico fino all'età della pubertà.

Per un bambino di otto anni, il sole è vivo perché fa luce (citando un esempio di Piaget), oppure un sasso ha vita in quanto rotola giù da un pendio; per lui non esiste una linea di separazione fra oggetti e esseri viventi, e qualunque cosa abbia vita è molto simile alla nostra.

Secondo la visione umanistica l' essere trasformato in un sasso significa rimanere muto e immobile per un certo periodo di tempo, quindi, per lo stesso ragionamento è credibile che gli oggetti muti si mettono a parlare, diano consigli e si uniscano all'eroe nei suoi vagabondaggi. E, dato che, in qualsiasi cosa dimori uno spirito simile a tutti gli altri spiriti, tale intrinseca verità identità rende credibile che un uomo possa tramutarsi in un animale o viceversa. Per cui visto che non esistono linee di separazione fra esseri viventi e esseri inanimati, anche quest'ultimi possono diventare vivi.

A soli tre anni un bambino è alle prese con il problema dell'identità personali, e le fiabe lo aiutano a rispondere a questi pressanti interrogativi.

Per molti adulti queste risposte sono più fantastiche che veritiere, ma per i bambini il più delle volte le spiegazioni reali sono incomprensibili per il bambino che lo porta ad uno sconforto emotivo, mentre solo le spiegazioni al suo livello di capacità di comprensione riescono effettivamente a convincerlo.

Ad esempio se un bambino ha imparato da una fiaba che un personaggio da cattivo diventa buono per magia, può pensare che anche nella realtà tutto ciò sia possibile: un compagno che gli fa paura può diventare un amico fedele. Credere nella "verità" della fiaba gli da' il coraggio di non ritrarsi intimorito di fronte agli ostacoli reali.

In conclusione, un bambino finché non si sente del tutto sicuro nel suo mondo reale, deve restare aggrappato a qualche potenza superiore, una specie di angelo custode che vegli permanentemente su di lui.

Ma perchè parliamo di magia? Perché la fiaba che ho scelto di analizzare è tratta dal settimo libro della saga di Harry Potter ("Harry Potter e i doni della morte"), ed è intitolata "La storia dei tre fratelli".

J.K.Rowling, l'autrice della fortunata saga sul maghetto, l'ha scritta ispirandosi ad una fiaba russa sconosciuta ai più, in cui un genio regala a tre topini tre oggetti magici diversi.

Questa fiaba, appartiene ad una raccolta chiamata "Le storie di Beda il Bardo", in cui, l'autore scrive fiabe per piccoli maghi.

Prima di addentrarci nella fiaba vera e propria, voglio fermare l'attenzione del lettore, sul motivo per cui i libri della scrittrice inglese sono diventati così popolari soprattutto fra i bambini e ragazzi.

La Rowling è riuscita a far tornare alla lettura, la generazione dei cellulari, di internet e dei videogiochi. Moltissime persone hanno scritto trattati sul fenomeno. Insomma, Harry Potter piace, a grandi e piccini.

Quello che dicono i pedagogisti sul motivo per cui piace la magia l'abbiamo già scoperto, ma le sensazioni reali che un libro del genere può dare non si trovano raccontate nei manuali, ma si possono solo provare.

Non te ne rendi conto, ma ad un certo punto sei immerso in una realtà diversa, piena di magia, dalla quale non vorresti più uscire. Vivi, assieme al protagonista, le sue storie. Hai il potere, la magia. Ma sai che questo non ti permetterà a fare cose che comunque, anche nella realtà, non puoi fare.

Il bello di questa fiaba, è che mette i bambini con poteri magici, nello stesso piano di quelli babbani (senza poteri magici). In quanto, il loro bisogno di magia è lo stesso, anche se si tratta di magia diversa. Per noi babbani, la magia è quella che consiste nel far apparire qualcosa dal nulla, ma per un piccolo mago è quella di desiderare qualcosa che lo renda, più in fretta, ciò che vuole essere, che sia essere il più forte al mondo, il più superbo o che possa vivere con la sua timidezza senza doverla superare mai.





THE TALE OF THE THREE BROTHERS

There were once three brothers who were travelling along a lonely, winding road at twilight. In time, the brothers reached a river too deep to wade through and too dangerous to swim across. However, these brothers were learned in the magical arts, and so they simply waved their wands and made a bridge appear across the treacherous water. They were halfway across it when they found their path blocked by a hooded figure.

And Death spoke to them.

He was angry that he had been cheated out of the three new victims, for travelers usually drowned in the river. But Death was cunning. He pretended to congratulate the three brothers upon their magic, and said that each had earned a prize for having been clever enough to evade him.

So the oldest brother, who was a combative man, asked for a wand more powerful than any in existence: a wand that must always win duels for its owner, a wand worthy of a wizard who had conquered Death! So Death crossed to an elder tree on the banks of the river, fashioned a wand from a branch that hung there, and gave it to the oldest brother.

Then the second brother, who was an arrogant man, decided that he wanted to humiliate Death still further, and asked for the power to recall others from Death. So Death picked up a stone from the riverbank and gave it to the second brother, and told him that the stone would have the power to bring back the dead.

And then Death asked the third and youngest brother what he would like. The youngest brother was the humblest and also the wisest of the brothers, and he did not trust Death. So he asked for something that would enable him to go forth from that place without being followed by Death. And Death, most unwillingly, handed over his own Cloak of Invisibility.

Then Death stood aside and allowed the three brothers to continue on their way, and they did so talking with wonder of the adventure they had had and admiring Death's gifts. In due course the brothers separated, each for his own destination.

The first brother traveled on for a week more, and reaching a distant village, sought out a fellow wizard with whom he had a quarrel. Naturally, with the Elder Wand as his weapon, he could not fail to win the duel that followed. Leaving his enemy dead upon the floor the oldest brother proceeded to an inn, where he boasted loudly of the powerful wand he had snatched from Death himself, and of how it made him invincible.

That very night, another wizard crept upon the oldest brother as he lay, wine-sodden upon his bed. The thief took the wand and for good measure, slit the oldest brother's throat.

And so Death took the first brother for his own.

Meanwhile, the second brother journeyed to his own home, where he lived alone. Here he took out the stone that had the power to recall the dead, and turned it thrice in his hand. To his amazement and his delight, the figure of the girl he had once hoped to marry, before her untimely death, appeared at once before him.

Yet she was sad and cold, separated from him as by a veil. Though she had returned to the mortal world, she did not truly belong there and suffered. Finally the second brother, driven mad with hopeless longing, killed himself so as to truly join her.

And so Death took the second brother from his own.

But though Death searched for the third brother for many years, he was never able to find him. It was only when he had attained a great age that the youngest brother finally took off the Cloak of Invisibility and gave it to his son. And the he greeted Death as an old friend, and went with him gladly, and, equals, they departed this life.

La storia dei tre fratelli

C'erano una volta tre fratelli che viaggiavano lungo una strada tortuosa e solitaria al calar del sole

Dopo qualche tempo i fratelli giunsero a un fiume impetuoso, troppo profondo per guadarlo e troppo pericoloso per attraversarlo a nuoto. Tuttavia erano versati nelle arti magiche, e bastò loro agitare le bacchette per far comparire un ponte sopra le acque infide.

Ne avevano percorso metà quando si trovarono il passo sbarrato da una figura incappucciata. E la morte parlò a loro. Era arrabbiata perchè tre nuove vittime l'avevano appena imbrogliata: di solito i viaggiatori annegavano nel fiume.

Ma la morte era astuta, finse di congratularsi con i tre fratelli per la loro magia e disse che ciascuno di loro meritava un premio per essere stato tanto abile da sfuggirle.

Così il fratello maggiore, che era un uomo bellicoso, chiese una bacchetta più potente di qualunque altra al mondo: una bacchetta che facesse vincere al suo possessore ogni duello, una bacchetta degna di un mago che aveva battuto la Morte! Così la morte si avvicinò a un'albero di sambuco sulla riva del fiume, prese un ramo e ne fece una bacchetta che diede al fratello maggiore.

Il secondo fratello, che era un uomo arrogante, decise che voleva umiliare ancora di più la morte e chiese il potere di richiamare altri dalla morte, così la Morte raccolse un sasso dalla riva del fiume e lo diede al secondo fratello, dicendogli che quel sasso aveva il potere di riportare in vita i morti.

Infine la morte chiese al terzo fratello, il minore, che cosa desiderava. Egli era il più giovane e anche il più umile e anche il più saggio dei tre, e non si fidava della Morte. Perciò chiese qualcosa che gli permettesse di andarsene senza essere seguito da lei. E la Morte, con estrema riluttanza, gli consegnò il proprio mantello, un mantello dell'invisibilità.

Poi la Morte si scansò e consentì ai tre fratelli di attraversare il ponte e di continuare il loro cammino. I tre discuterono a lungo con meraviglia sull'avventura che avevano vissuto e ammirarono i premi che la Morte aveva lasciato loro. A tempo debito i fratelli si separarono e ognuno andò per la sua strada.

Il primo fratello viaggiò per un'altra settimana o più, e quando ebbe raggiunto un lontano villaggio andò a cercare un altro mago con cui aveva da tempo una disputa. Armato della bacchetta di sambuco, non potè mancare di vincere il duello che seguì, lasciò il nemico a terra, morto, ed entrò in una locanda, dove si vantò a gran voce della potente bacchetta che aveva sottratto alla Morte in persona e di come l'aveva reso invincibile. Quella stessa notte un altro mago si avvicinò furtivo al giaciglio sul quale dormiva il primo fratello ubriaco fradicio, gli rubò la bacchetta e per buona misura gli tagliò la gola. E fu così che la morte chiamò a se il primo fratello.

Nel frattempo, il secondo fratello era tornato a casa propria, dove viveva solo. Estrasse la pietra che aveva il potere di richiamare in vita i morti e la girò tre volte nella mano. Con sua gioia e stupore, la figura della fanciulla che aveva sperato di sposare prima della sua prematura scomparsa gli apparve subito davanti. Ma era triste e fredda, separata da lui come da un velo. Anche se era tornata nel mondo dei mortali, non ne faceva veramente parte e soffriva. Alla fine il secondo fratello, reso folle dal suo disperato desiderio, si tolse la vita per potersi davvero riunire a lei. E così la morte chiamò a se anche il secondo fratello.

Sebbene la morte avesse cercato il terzo fratello per anni e anni, non riuscì mai a trovarlo. Fu solo quando ebbe raggiunto una veneranda età che il fratello più giovane si tolse il mantello e lo regalò a suo figlio. Dopodichè salutò la Morte come fosse una vecchia amica e andò lieto con lei, da pari a pari, congedandosi da questa vita.














L'ANALISI DELLA FIABA SECONDO LO SCHEMA DI PROPP

Vladimir Propp insegnava letteratura russa e tedesca presso l'Università di Leningrado ed aveva notato che alcuni personaggi delle fiabe russe non avevano nulla in comune con le altre culture. Sulla base di una convincente documentazione empirica di Afanasev, notò invece che tutte le fiabe, anche se non avevano in comune luoghi e personaggi, erano invece accomunate da alcune funzioni immutabili da cui a cascata scaturivano altre funzioni che interessavano i personaggi.

Sotto l'aspetto antropologico, la principale scoperta di Propp è l'aver intuito le origini storiche della fiaba derivata dai tribali riti d'iniziazione.
Subendo le influenze dei formalisti russi da cui derivò l'antropologia strutturale di Levi Strauss, egli riuscì a determinare 31 punti comuni a tutte le favole, che non vengono usati necessariamente tutti insieme, ma che dall'elenco che lui fornisce ad ogni funzione segue e deriva un'altra.

Ne "La storia dei tre fratelli", possiamo trovare diverse corrispondenze con lo schema proposto da Propp. Infatti c'è il tranello, la connivenza, il conseguimento del mezzo magico, la marchiatura dell'eroe, la vittoria sull'antagonista, la persecuzione, l'eroe che si salva e il lieto fine.

L'eroe in questo caso si tratta del fratello più giovane.

Il marchio, che si trova raffigurato nella copertina, raggruppa i tre doni. Il triangolo è il mantello, il cerchio la pietra e la linea la bacchetta.

La Morte, nella storia, usa i difetti dei due fratelli più vecchi per portarli a sé ingannandoli.

Alla fine, anche se l'eroe muore comunque, riesce a sconfiggere la morte scegliendo lui quando morire.







LA MIA ANALISI

LUOGO: una strada tortuosa e solitaria i pressi di un fiume, un lontano villaggio, la casa dei tre fratelli e la casa del fratello più giovane.

TEMPO: la fiaba si sviluppa in un arco di tempo che va dal tramonto del primo giorno, fino alla morte del fratello più giovane.

PERSONAGGI: i tre fratelli, identificati come i fratelli Pervell, e la Morte, intesa come "una figura incappucciata" (a hooded figure).

I tre fratelli, identificati come Antioch, Cadmus e Ignotus Pervell, probabilmente non incontrarono veramente la Morte, ma erano perlopiù dei maghi dotati che crearono questi doni, e nello specifico:

-la bacchetta di sambuco (the Elder Wand),

-la pietra della risurrezione (the Resurrection Stone),

-il mantello dell'invisibilità (Invisibility Cloacks).

Il fratello maggiore scelse la bacchetta più potente del mondo, in quanto era un uomo bellicoso, una bacchetta che facesse vincere al suo possessore ogni duello, una bacchetta degna di chi avesse sconfitto la morte. Analizzando questo personaggio con i nostri mezzi pedagogici, ci troviamo di fronte a un uomo battagliero e la bacchetta può essere interpretata come un bastone con il quale può picchiare.

Il secondo fratello, che era arrogante, scelse la pietra della risurrezione per umiliare ancora di più la morte e poter riportare in vita le persone. La pietra, rappresenta il carattere duro e chiuso della persona arrogante, che però vuole umiliare gli altri.

Il terzo fratello, il più giovane, è una persona umile, e chiese per sé il mantello dell'invisibilità, che poi gli servirà per nascondersi dalla morte per molti anni.











.e il finale, la morale nascosta. La fine che nessuno si aspettava

".Sebbene la morte avesse cercato il terzo fratello per anni e anni, non riuscì mai a trovarlo. Fu solo quando ebbe raggiunto una veneranda età che il fratello più giovane si tolse il mantello e lo regalò a suo figlio. Dopodichè salutò la Morte come fosse una vecchia amica e andò lieto con lei, da pari a pari, congedandosi da questa vita."

Il terzo fratello, come abbiamo scoperto, trascorse molto tempo sotto il suo mantello dell'invisibilità, e la morte non riuscì mai a trovarlo. Alla fine dopo aver trascorso una lunga vita, decise finalmente di togliersi il mantello e andare incontro alla morte che lo stava cercando. Decise in poche parole di essere un essere-per-la-morte.

Andando oltre le apparenze, possiamo trovare un finale filosofico di tipo esistenzialista. Ignotus, capì che la morte era inevitabile, in quanto è l'unica cosa certa della vita, e doveva preparsi per affrontarla, e doveva preparare anche gli altri.

Lo fece donando, al figlio, il proprio mantello, dandogli così la possibilità di vivere una vita autentica in funzione della morte, come aveva fatto lui.







BIBLIOGRAFIA

-"Harry Potter and the Deathly Hallows" J.K. Rowling. Bloowsbury, 2007

-"Harry Potter e i doni della Morte" J.K. Rowling. Salani editore, 2008

-"Il mondo incantato" B.Bettelheim. Feltrinelli. 1977

-"Morfologia della Fiaba" V. Propp. Einauidi. 1966

-"Itinerari di filosofia" vol. 3A Foriero. Paravia. 2003

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