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Tempo e Spazio - TESINA




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Tempo e Spazio - TESINA


L'immagine più comune della scienza è quella che rappresenta una disciplina statica, fredda e oggettiva, una disciplina che descrive un mondo del tutto indipendente dall'osservatore. È solo con l'introduzione della teoria della relatività ristretta che la scienza assume un carattere sempre più dinamico e sempre più influenzato da chi osserva, studia e descrive la "realtà esterna".



La scienza moderna ha distrutto i parametri con cui abbiamo sempre considerato il mondo esterno, ha polverizzato un'idea tanto spontanea e naturale quanto falsa: quella dello spazio e del tempo come coordinate assolute e come punto di riferimento per ogni esperienza, dalla vita comune a quella meno comune. Se ogni osservatore vede un Universo differente e "personalizzato", se non ha senso parlare di un sistema di riferimento universale, qual è il compito della scienza? Non quello di descrivere una verità assoluta, quanto quello di proporre un'interpretazione della natura, un'immagine che non può prescindere dal soggetto che interpreta.


Un'inversione di rotta così significativa influenza e condiziona in modo profondo anche l'evolversi della speculazione filosofica, contribuendo a quella disgregazione delle certezze che, avviata all'inizio del Novecento, finirà per estendersi a macchia d'olio a tutto il secolo. Nessuno aveva mai messo in discussione, non solo con suggestive argomentazioni, ma con prove materiali, pratiche e sperimentali, il ruolo dello spazio e del tempo, due concetti fin troppo semplici e radicati nella nostra mente per aver bisogno di una definizione. Spazio e tempo erano stati associati a "contenitori vuoti" degli oggetti e degli eventi che interessano questi oggetti.

Già Netwon aveva parlato di spazio e tempo come parametri assoluti, come la struttura portante di una scacchiera, autonoma e indipendente dall'inserimento o dallo spostamento di un oggetto concreto. Kant arriva a descrivere lo spazio e il tempo come coordinate a priori, schemi rappresentativi innati e indipendenti dall'esperienza, ma indispensabili per qualsiasi relazione con il mondo interno o con il mondo esterno. L'immagine del mondo kantiano lascia il posto alla teoria della relatività, appoggiata dalle conferme sperimentali e dalla dimostrazione inequivocabile dell'infondatezza di un riferimento statico e assoluto.

Se lo spazio e il tempo hanno perso la loro oggettività, ecco un altro problema: quello della loro definizione. Emerge la prima distinzione, proposta da Bergson, tra tempo della scienza e tempo della coscienza, tra tempo spazializzato e geometrizzato e tempo dinamico e continuo, percepibile come durata.


Il problema del tempo parte dal concetto di simultaneità: già Poincaré, negli ultimi anni dell'Ottocento, analizza il rapporto tra tempo psicologico e tempo fisico. Il tempo psicologico ha un carattere qualitativo, ci permette di dire se un evento A precede un evento B (anche se non possiamo quantificare la separazione che intercorre tra il primo e il secondo), o se i due eventi sono simultanei, "quando sono legati così strettamente che l'analisi non può separarli senza mutilarli", senza perdere qualcosa dell'uno o dell'altro. Se il concetto di simultaneità è intuitivo per due fatti psichici, come possiamo estenderlo al tempo fisico?


La distinzione tra tempo oggettivo e tempo soggettivo investe anche il campo della letteratura e dell'arte, rispondendo ad una nuova esigenza, quella di descrivere in modo compiuto il tempo interiore, quello del flusso di coscienza (introdotto da Joyce), quello tipico del nevrotico (di cui parla Italo Svevo), ma anche quello dell'uomo comune. Se ci limitiamo al tempo interiore, il singolo dettaglio non ha più un'importanza oggettiva, ma variabile in relazione alla vita psichica del soggetto che racconta. Non ha più senso parlare di un ordine cronologico e di un tempo statico e inerte, perché per chi racconta l'unica cosa importante è il modo in cui questi dettagli e questi episodi raggiungono il livello della coscienza, indipendentemente dalla loro effettiva collocazione spazio-temporale.

È inevitabile che anche l'arte si senta attratta da un'esigenza di questo tipo, dal bisogno di superare la staticità del tempo e dello spazio, adottando soluzioni formali al di là di qualsiasi tradizione e di qualsiasi soluzione già adottata in una fase precedente: in un'unica tela osserviamo lo stesso soggetto non più da un solo punto di vista, limitato e circoscritto, ma da due o più prospettive. Il lavoro dei cubisti permette una netta integrazione tra rappresentazione dello spazio e rappresentazione del tempo: per adottare un differente punto di vista, infatti, abbiamo bisogno di spostarci e di muoverci rispetto all'oggetto che intendiamo analizzare, ma questo spostamento occupa un ben preciso intervallo di tempo, tempo che viene trasposto sulla tela.

Tempo e spazio sono due tematiche affrontate non solo dal Cubismo, ma anche dal Surrealismo e dal Razionalismo, movimento destinato a stravolgere la concezione tradizionale dell'architettura.


Ma che ruolo assumono lo spazio e il tempo sul piano pratico e concreto? Siamo in una fase di transizione tra due epoche, quella dell'uomo ottocentesco, convinto delle proprie conoscenze e delle proprie percezioni, e quella dell'uomo del Novecento, incerto e disorientato dalla visione di un mondo nuovo, sconosciuto e quasi inquietante. Ed è proprio in questa fase che si realizza il sogno più antico dell'uomo: la conquista dello spazio, la possibilità di interagire con quella "volta celeste" che per secoli era stata solo osservata da lontano.


L'osservazione del cielo si spinge sempre più lontano, sempre più indietro nel tempo, nella speranza di poter chiarire tanto la nascita dell'Universo, quanto l'evoluzione e la morte del mondo in cui viviamo. Il problema dell'espansione dell'Universo, quello della materia e dell'energia oscura, ma anche quello legato all'esistenza dei buchi neri, trovano un comune strumento di studio e analisi nella teoria della relatività elaborata da Einstein (in quella della relatività ristretta e in quella della relatività generale). L'uomo abbraccia un Universo sempre più ampio, un Universo formato da miliardi di galassie, con miliardi di stelle, pianeti e satelliti che lasciano intuire quanto la nostra posizione sia periferica e marginale. Ma a questa "dilatazione" del nostro sguardo si contrappone una tendenza opposta ad analizzare il dettaglio sempre più piccolo, quello del singolo organismo, in cui riscontriamo le stesse problematiche già affrontate a livello macroscopico: qual è la natura dello spazio e del tempo? Il tempo è presente in ogni essere vivente, in quello che la biologia chiama un orologio biologico? Che rapporto esiste tra tempo interiore e tempo esteriore? Tempo e spazio sono reali? Come possiamo misurarli? Le nostre convinzioni sono state distrutte da una semplice constatazione: spazio e tempo non sono quello che abbiamo sempre creduto.

Lo Spazio nella storia:

Guerra Fredda e "corsa allo spazio"

 

La Teoria della Relatività Ristretta

 
Federica Lionetto

V A Scientifico 2006/2007





Il Tempo nella biologia:

ritmi circadiani e orologio biologico

 



















Italo Svevo e

"La coscienza di Zeno"

 

Il tempo nell'arte: il Cubismo

 

Il tempo e lo spazio nella filosofia

 

James Joyce e

la tecnica del flusso di coscienza

 

Bergson:

il rapporto tra "tempo della scienza"

e

"tempo della coscienza"

 

Newton:

la definizione di spazio e tempo come coordinate assolute

 





La teoria della relatività ristretta:



"Tutte le grandi conquiste scientifiche nascono dalla conoscenza intuitiva, vale a dire da assiomi a partire dai quali si fanno delle deduzioni. L'intuizione è la condizione necessaria per la scoperta di questi assiomi." (Einstein)


"Basterebbe costruire un acceleratore sufficientemente potente da mostrare un effetto relativistico, ma al tempo stesso non costoso né pericoloso; facendone un giocattolo per bambini di 5, 6 e 7 anni, la relatività speciale diventerebbe un argomento alla portata di tutti".



Con l'avvento delle equazioni di Maxwell, delle trasformazioni di Lorentz e della teoria della relatività di Einstein viene meno il concetto, dato per scontato, di tempo assoluto. La teoria parte dall'assunto che, se la velocità della luce è una costante, allora il tempo e lo spazio sono due grandezze variabili.


La teoria della relatività ristretta o speciale, pubblicata da Einstein già nel 1905, parte da due postulati semplici e quasi immediati, per approdare ad una nuova concezione dello spazio e del tempo, ma non solo. Gli aggettivi ristretta e speciale indicano che la teoria si riferisce solo ai sistemi di riferimento inerziali, che si muovono a velocità costante l'uno rispetto all'altro (o rispetto al sistema di riferimento delle stelle fisse). La necessità pratica è data dai problemi legati alle leggi dell'elettromagnetismo formulate da Maxwell.


Postulato della relatività:

Le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Non esiste un sistema di riferimento privilegiato.


Postulato della velocità della luce:

La velocità della luce nel vuoto ha lo stesso valore c in tutte le direzioni dello spazio e in tutti i sistemi di riferimento inerziali.


Il primo postulato, già introdotto da Galileo per quanto riguarda le leggi della meccanica, con Einstein arriva a comprendere tutte le leggi della fisica, comprese quelle dell'ottica e dell'elettromagnetismo. Le misure effettuate da osservatori diversi, in genere, saranno differenti, ma le leggi che regolano il "meccanismo di funzionamento" della natura sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali.

Come scrive Galileo, se ci troviamo in una nave che si muove di moto rettilineo uniforme, non esiste nessuna legge della meccanica che permetta di determinare se la nave è ferma o in moto. Possiamo giocare a biliardo senza che ci sia la più piccola differenza rispetto alla terraferma.


Il secondo postulato teorizza l'esistenza di una velocità limite, la velocità della luce nel vuoto, che può essere raggiunta da particelle prive di massa, ma mai superata. Un corpo dotato di massa, invece, per quanta energia pensiamo di fornirgli, non può di fatto raggiungere questa velocità limite.


Dalla sua pubblicazione, la teoria della relatività ristretta ha ricevuto continue conferme sperimentali, dall'esperimento per dimostrare l'esistenza di una velocità limite (condotto da Bertozzi nel 1964) al problema dei muoni.


Esperimento di Bertozzi (1964):

Il tubo T (in cui è praticato il vuoto spinto) contiene un "cannone elettronico".

Conoscendo l'energia fornita agli elettroni, possiamo determinarne la velocità?

L'esperimento permette di verificare se la velocità ottenuta sperimentalmente concorda con quella prevista dalla legge della fisica classica per calcolare l'energia cinetica.


Consideriamo un sistema di riferimento cartesiano e inseriamo sull'asse delle ascisse l'energia cinetica trasferita agli elettroni (in MeV) e sull'asse delle ordinate il quadrato della velocità (in m/s) che gli elettroni possono raggiungere grazie all'energia che hanno ricevuto.

Determiniamo l'energia come variabile indipendente e misuriamo la velocità raggiunta dagli elettroni come variabile dipendente. In base alla formula per calcolare l'energia cinetica

K = ½ m v2

energia e quadrato della velocità sono proporzionali (la massa degli elettroni è costante). Il grafico dovrebbe, quindi, rappresentare una retta passante per l'origine.

I dati sperimentali, al contrario, dimostrano che mentre l'energia aumenta, la velocità non cresce come ci si aspetterebbe e tende a stabilizzarsi su un valore ben preciso. La retta prevista dalla fisica classica e la curva ottenuta sperimentalmente si sovrappongono e danno gli stessi risultati per velocità ridotte, ma si discostano sempre più l'una dall'altra per velocità vicine a c (il valore su cui i dati sperimentali si stabilizzano).

L'esperimento di Bertozzi mette in luce che:

A velocità elevate la meccanica newtoniana perde la propria validità: abbiamo bisogno di un'altra legge che permetta di calcolare l'energia cinetica

La velocità degli elettroni aumenta all'aumentare dell'energia, ma meno di quanto dovremmo aspettarci in base alla formula dell'energia cinetica

La velocità tende a stabilizzarsi (velocità limite)

Possiamo identificare la velocità limite con la velocità della luce


La meccanica newtoniana non prevede questo risultato.


Esperimento con i muoni:

L'esperimento permette di confermare, dal punto di vista sperimentale, la dilatazione relativistica del tempo. I muoni, semplici particelle generate nell'alta atmosfera terrestre, vivono solo per circa 2 μs prima di decadere e trasformarsi in altre particelle. Muovendosi al 99% della velocità della luce, la distanza che dovrebbero percorrere è di appena 600 m. Quindi, percorrendo solo 600 metri, dovrebbero decadere prima di arrivare sulla superficie terrestre. In realtà raggiungono il livello del mare, cosa che viene interpretata come un aumento della loro vita media a causa dell'alta velocità: rispetto ad un osservatore posto sulla superficie terrestre, la loro vita media si allunga (perché il loro tempo scorre più lentamente) e sono quindi in grado di percorrere distanze più grandi di quelle attese.

La loro vita media, se sono fermi rispetto al sistema di riferimento del laboratorio, è di 2μs. Se sono in moto, al contrario, la loro vita media si "dilata", secondo quanto prevede la teoria della relatività ristretta, passando da 2μs a quasi 16μs.


Sincronizzazione e desincronizzazione:

Definiamo evento un qualcosa che avviene in un certo punto e in un certo istante, in modo indipendente dal sistema di riferimento preso in esame.

Una delle conseguenze più immediate della teoria è il legame tra spazio e tempo: cade quella separazione netta tra coordinate spaziali e coordinata temporale prevista dalla fisica classica (con la conseguente crisi del concetto di simultaneità) e si crea un nuovo sistema di riferimento, formato da coordinate spazio-temporali. Si parla di spazio-tempo o cronotopo per indicare quel legame inscindibile tra coordinate spaziali e coordinata temporale.

Un nuovo problema, però, è quello della sincronizzazione di due o più orologi (il moto altera la sincronizzazione).

Come possiamo confrontare orologi lontani l'uno dall'altro? O come possiamo confrontare orologi in moto l'uno rispetto all'altro?

Consideriamo la sincronizzazione di orologi lontani.

Non possiamo sincronizzarli nello stesso luogo e poi spostarli perché il moto altera il ritmo con cui scorre il tempo. Dobbiamo prima posizionarli e poi sincronizzarli.

Possiamo considerare una struttura tridimensionale, una specie di quadro svedese, e inserire un orologio in corrispondenza di ogni intersezione tra le aste del nostro "sistema di riferimento tridimensionale". Partendo dall'origine del sistema di riferimento, inviamo un impulso luminoso (niente viaggia a velocità infinita, prendiamo la velocità della luce come massima possibile) quando il nostro orologio segna t = 0. Nell'istante in cui ogni punto è raggiunto dal segnale luminoso, sincronizziamo l'orologio al tempo t = r / c dove r è la distanza del punto dall'origine del sistema di riferimento. Tutti gli orologi, a questo punto, sono stati sincronizzati.


Dalle trasformazioni di Galileo alle trasformazioni di Lorentz:

Le modifiche apportate da Einstein richiedono l'introduzione di un nuovo sistema di trasformazioni che, dati due sistemi di riferimento inerziali in moto a velocità relativa costante, permetta di passare dalle coordinate del punto P nel primo sistema alle coordinate dello stesso punto nel secondo sistema, tenendo conto dell'impossibilità di raggiungere la velocità della luce o di superarla.


Consideriamo due sistemi di riferimento O e O', con O' in moto a velocità costante v rispetto ad O. I due sistemi di riferimento hanno l'origine in comune all'istante t = 0. O' si sposta rispetto ad O lungo l'asse delle x.


Trasformazioni di Galileo:

x' = x - v t

y' = y

z' = z

t' = t


Trasformazioni di Lorentz:

x' = γ ( x - v t )

y' = y

z' = z

t' = ( t - v x / c2 )

Come mostra la quarta equazione delle trasformazioni di Lorentz, spazio e tempo sono intimamente legati.

Da queste trasformazioni, che per velocità ridotte rispetto alla velocità della luce si riducono a quelle della fisica classica, derivano la relatività del tempo e dello spazio, con due effetti di rilievo: la dilatazione del tempo (confermata dagli esperimenti sugli orologi microscopici, come i muoni, e sugli orologi macroscopici) e la contrazione della lunghezza.


"La gente non si rende conto di quale grande influenza abbia avuto Lorentz sullo sviluppo della fisica. Non possiamo immaginare come sarebbe andata se egli non avesse dato tanti contributi impareggiabili." (Einstein)


Esperimento con gli orologi macroscopici:

Il risultato finale: due orologi, già sincronizzati, si ritrovano nello stesso punto e non sono più sincronizzati per il solo effetto del moto non inerziale di uno dei due.


Consideriamo due orologi, uno solidale con S e uno solidale con S'.

Abbiamo un solo confronto tra un orologio solidale con S e un orologio solidale con S'. Se S ed S' sono due sistemi di riferimento inerziali, si muovono con velocità costante l'uno rispetto all'altro e non possono subire nessuna accelerazione, quindi non abbiamo la possibilità di un ritorno.

Situazione: un orologio O è fisso in un sistema di riferimento inerziale S, mentre un orologio O', inizialmente fermo, inizia a muoversi e ad allontanarsi, per poi raggiungere di nuovo O. L'orologio O' ha subito un'accelerazione e non appartiene ad un sistema di riferimento inerziale. O' sarà in ritardo rispetto a O, ma non sarà vero il contrario. Si tratta di un esempio più "matematico" per spiegare il paradosso dei gemelli, la forma suggestiva dei due gemelli che, nati insieme, invecchiano uno prima dell'altro. Quello rimasto a casa invecchia prima di quello che ha fatto un lungo viaggio interstellare a velocità paragonabili con quella della luce nel vuoto. L'effetto gemelli è stato criticato e messo in discussione da fisici e filosofi, come Bergson (paradosso dei gemelli), non prendendo in considerazione la differenza tra sistema inerziale e non inerziale. L'effetto gemelli è coerente con la teoria della relatività.


L'esperimento di Michelson e Morley:

L'importanza storica dell'esperimento deriva dal fatto che anticipò di quasi un ventennio la teoria della relatività. Si pensava all'esistenza di un mezzo, l'etere, che funzionasse da supporto per i fenomeni ottici ed elettromagnetici, come l'aria è un supporto per le onde acustiche. L'etere sarebbe stato un sistema di riferimento privilegiato, in cui la luce avrebbe dovuto assumere il valore c. In ogni sistema di riferimento diverso dall'etere, la velocità della luce avrebbe dovuto assumere un valore differente. Gli esperimenti, invece, dimostrarono che non esisteva un sistema privilegiato e che, di conseguenza, non esisteva neanche l'etere. Il principio di relatività è una legge generale della natura.


Conseguenze della teoria della relatività ristretta:

Possiamo invertire il rapporto causa-effetto tra due eventi?

Per osservatori differenti gli intervalli di tempo tra l'evento A e l'evento B saranno diversi, ma non è possibile che un effetto si realizzi prima della sua causa. La motivazione matematica risiede, ancora una volta, nell'impossibilità di raggiungere la velocità c.


La teoria della relatività determina la caduta di un altro principio della fisica classica, quello relativo alla composizione delle velocità. Se un punto P si muove con una velocità u' rispetto al sistema di  riferimento O', che si muove con una velocità v rispetto al sistema di riferimento O, la velocità del punto P rispetto ad O si ottiene sommando le due velocità:

u = u' + v

Un principio di questo tipo non considera l'esistenza di una velocità limite, quella della luce, che non può essere superata né raggiunta da un corpo dotato di massa. Abbiamo bisogno, quindi, di una nuova legge che permetta di passare da u' a u e viceversa.


u =

 
u' + v

1 + ( u' v / c2 )


L'addizione delle velocità potrebbe dare un valore superiore a c.

Se gli esempi più tradizionali, come quello di un passeggero che si muove sul treno, danno un risultato analogo, i casi in cui la velocità è prossima a quella della luce (come l'esempio di un proiettile sparato da un aereo) dimostrano che la formula corretta è quella della meccanica relativistica. Se u' = c anche u = c.


Cade anche l'invarianza della massa: più un corpo è veloce, più la massa aumenta (sempre rispettando il fattore di Lorentz).

Già l'esperimento di Bertozzi aveva dimostrato che, aumentando l'energia, la velocità non aumenta come dovrebbe. Considerando la seconda legge della dinamica F = m a , potremmo pensare che la massa aumenti con la velocità. Ne deriva una nuova formula, sia per calcolare la massa di un corpo in moto rispetto alla massa che avrebbe se fosse a riposo, sia per determinare l'energia cinetica di un corpo.


Le leggi della fisica classica sono sbagliate?

No, sono solo un caso limite delle leggi introdotte da Einstein e dalla relatività. Non considerando la presenza di una velocità limite, le leggi della fisica classica rappresentano un'approssimazione delle leggi relativistiche, per velocità ridotte rispetto a quella della luce. Ipotizzando di calcolarne il limite per c tendente ad infinito o per v tendente a zero, le leggi della relatività si trasformano nelle più familiari leggi della fisica classica.

La relatività non distrugge la fisica classica, ma ne amplia le prospettive, dalla meccanica a tutte le leggi della fisica.


"La teoria della relatività non è tanto difficile da capire, quando da credere".



La teoria della relatività generale:



"Uno scarafaggio cieco che striscia sulla superficie di un globo non si accorge di aver tracciato una curva. Io sono stato abbastanza fortunato da averlo notato."

(Einstein, in risposta al figlio Hans Albert che gli chiede perché egli sia tanto famoso)



La teoria della relatività ristretta descrive il comportamento dei sistemi inerziali, quelli che si muovono a velocità costante rispetto alle stelle fisse e, con buona approssimazione, rispetto alla Terra. Dopo aver elaborato la teoria della relatività ristretta, Einstein si dedicò allo studio dei sistemi non inerziali, quelli in reciproca accelerazione, giungendo alle conclusioni che espose nella sua teoria della relatività generale, pubblicata nel 1916.


"Me ne stavo seduto all'ufficio brevetti a Berna quando d'improvviso mi balenò questo pensiero: Se una persona è in caduta libera non sente il proprio peso! Rimasi stupefatto. Questa semplice constatazione mi impressionò profondamente. Mi spinse a studiare una teoria della gravitazione." (Einstein)

Immaginiamo un'astronave che, dopo essersi allontanata dalla Terra, viaggia a velocità costante nello spazio. Se l'osservatore sull'astronave avverte di nuovo la presenza del proprio peso, come può dire se l'astronave è entrata nel campo gravitazione di un pianeta o di un altro corpo celeste o se si tratta solo dell'accensione dei motori, che hanno determinato un'accelerazione? Le due situazioni sono identiche.


Un campo di forze gravitazionali è perfettamente identifico ad un campo artificiale di forze. È quindi impossibile realizzare qualsiasi esperimento, sia di carattere meccanico che di carattere elettromagnetico, che permetta di distinguere i due campi. Il principio di relatività può essere esteso a tutti i sistemi di riferimento, inerziali e non inerziali.

Un campo gravitazionale è equivalente ad un sistema di riferimento (non inerziale)
in cui lo spazio-tempo risulta modificato, influenzato e incurvato dalle masse che lo generano.

Ecco che i sistemi di riferimento non inerziali vengono inglobati nella teoria della relatività, come
generalizzazione di quelli inerziali, in presenza del campo gravitazionale.

La forza elettromagnetica e la forza gravitazionale hanno trovato una comune interpretazione.

Se lo spazio-tempo è influenzato dalla presenza di un campo gravitazionale, non abbiamo più un Universo euclideo e, quindi, piatto. La geometria euclidea lascia il posto alle geometrie non euclidee.


La teoria della relatività generale è confermata sperimentalmente da tre prove principali:

le apparenti anomalie nell'orbita del pianeta Mercurio

la deviazione dei raggi luminosi causata da un campo gravitazionale

lo spostamento relativistico verso il rosso delle righe spettrali dovute a radiazioni elettromagnetiche emesse da stelle di grandissima densità.


Il campo gravitazionale rallenta lo scorrere del tempo:

Una delle conseguenze che si deducono dalla teoria della relatività generale è che la durata è influenzata dalla presenza di un campo gravitazionale: più il campo è intenso, maggiore è la durata.

Per esempio, se avessimo a disposizione due orologi perfettamente uguali e potessimo portarne uno sul Sole e osservarlo dalla Terra, vedremmo che il tempo segnato dall'orologio sul Sole subirebbe un ritardo rispetto al tempo segnato dall'orologio sulla Terra, dato che sulla superficie del Sole il campo gravitazionale è molto più intenso che sulla superficie terrestre. Possiamo sfruttare un orologio naturale presente anche sul Sole: atomi in vibrazione che emettono radiazioni luminose di frequenza e periodo ben determinati. Sul Sole una determinata radiazione dovrà avere periodo maggiore e frequenza minore. Sperimentalmente significa che il raggio luminoso emesso da un atomo sul Sole darà nel corrispondente spettro di emissione una riga spostata verso il rosso. Questo spostamento prende il nome di spostamento relativistico o spostamento di Einstein, per distinguerlo da analoghi spostamenti dovuti a cause di altra natura. Il campo gravitazionale presente sulla superficie del Sole, però, non è sufficiente per mettere in rilievo lo spostamento verso il rosso, troppo piccolo per essere misurato. Possiamo, però, prendere in considerazione le nane bianche, stelle di piccole dimensioni, ma estremamente concentrate (con una densità enorme). L'osservazione degli spettri di emissione provenienti dalle nane bianche ha, in effetti, messo in rilievo lo spostamento previsto dalla teoria della relatività generale.


I buchi neri alla "luce" della relatività generale:

Nei buchi neri la materia è così concentrata e il campo gravitazionale è così intenso da permettere una velocità di fuga superiore a quella della luce. Ogni fotone, che abbia una distanza dal centro del buco nero inferiore ad un ben preciso valore critico, sarà risucchiato da quel corpo celeste, cosa che si verifica per ogni altro oggetto, dato che la velocità della luce è il limite superiore di tutte le velocità possibili.


La curvatura dello spazio-tempo:

Per spazio-tempo o cronotopo intendiamo uno spazio quadridimensionale (a quattro dimensioni), composto dall'usuale spazio a 3 dimensioni e dal tempo come coordinata aggiuntiva. Ogni punto dello spazio-tempo è identificato da quattro coordinate, tre spaziali e una temporale.

Einstein sintetizza matematicamente i risultati della teoria della relatività generale attribuendo al tempo il ruolo di quarta coordinata.

Il campo gravitazionale è una proprietà geometrica dello spazio: la sua presenza si manifesta con una curvatura dello spazio, tanto più accentuata quanto più il campo è intenso.

Il concetto di spazio-tempo non euclideo (spazio curvo) non è accessibile alla nostra intuizione e può essere descritto correttamente solo in termini matematici. Non possiamo pensare ad uno spazio con più di tre dimensioni.

Tuttavia, se prendiamo una porzione sufficientemente piccola appartenente ad uno spazio curvo
qualunque, possiamo sempre considerare la nostra piccola porzione come "quasi" perfettamente
piatta, euclidea, indipendentemente dalla curvatura.

Il fatto che il campo gravitazionale creato dalle masse incurvi lo spazio-tempo produce conseguenze
assolutamente nuove rispetto alla meccanica classica.

La teoria di Einstein è in grado di descrivere l'evoluzione del campo gravitazionale e del moto delle masse al suo interno, per arrivare alla struttura dell'Universo nel suo insieme e alle leggi che ne regolano l'espansione.


Il destino dell'Universo

Il primo a considerare il problema della struttura globale dell'Universo fu Einstein, nel 1917. Dopo aver pubblicato la teoria della Relatività Generale, lo scienziato mise a punto il primo modello matematico dell'Universo. Il tempo e lo spazio non possono essere dissociati: spazio e tempo formano un insieme unico a quattro dimensioni, lo spazio-tempo. Secondo la Relatività Generale, lo spazio-tempo viene incurvato dall'azione delle masse: intorno a tutti i corpi materiali lo spazio si deforma, in modo tanto più marcato quanto maggiore è la loro massa, e, a sua volta, la traiettoria di un corpo qualsiasi segue la curvatura dello spazio-tempo. Il cammino più breve tra due punti non è più la linea retta, ma una curva chiamata "geodetica".

Pensiamo ad un tessuto elastico orizzontale, sul quale venga appoggiato un corpo pesante: il tessuto in quel punto forma un avvallamento tanto più profondo quanto più pesante è il corpo; se si fa scorrere una pallina sopra il tessuto, la sua traiettoria sarà rettilinea lontano dalla buca, e curva nei suoi dintorni.

La curvatura dello spazio-tempo dipende dalla densità di materia che contiene.

L'enigma dello Spazio e del Tempo:


Quando sono nati spazio e tempo? Il tempo può andare al contrario o può farci viaggiare nel futuro? Che influenza ha sul nostro corpo e sul nostro comportamento?


La misura del tempo:


I primi metodi di misura:

Già nell'antichità l'uomo ha avvertito l'esigenza della misurazione del tempo: non potendo contare sulle conquiste scientifiche e sulle conoscenze dell'uomo moderno, ha rivolto lo sguardo verso ciò che aveva a disposizione, la volta celeste, e ha pensato di sfruttare il movimento degli astri per la determinazione del tempo, sorpreso di fronte alla grande regolarità e periodicità di ogni movimento che poteva osservare. Siamo passati dalla costruzione di strutture come il complesso di Stonehenge (in Gran Bretagna, 28 000 anni prima della nascita di Cristo), progettato per la previsione delle eclissi solari, ai primi orologi meccanici (nel XIII secolo), dagli orologi fondati sul principio del pendolo (nel 1600) a quelli atomici (basati sulle vibrazioni dell'atomo di cesio-133 e dotati di una precisione prima impensabile, con un ritardo di appena un secondo ogni 100 000 anni), per arrivare al più preciso degli orologi, quello che utilizza, come riferimento, le pulsar, corpi celesti che emettono onde elettromagnetiche con estrema regolarità (con variazioni di un secondo ogni 100 milioni di anni).




Tempo assoluto e spazio assoluto:

Il fatto che il tempo scorresse con lo stesso ritmo in ogni angolo dell'Universo era una convinzione universale, accettata e appoggiata dal senso comune, destinata a crollare solo con l'avvento della teoria della relatività ristretta. Basta immaginare un Universo senza orologi per capire che il trascorrere del tempo è indipendente dalla presenza o meno di strumenti in grado di "visualizzarlo"; in modo analogo, potremmo pensare di eliminare tutta la materia e di osservare come si comporta questo mondo "vuoto": il tempo continua a scorrere? Non ci sono cambiamenti in grado di metterlo in evidenza, ma sembra intuitivo pensare che il tempo (ma anche lo spazio) sia indipendente dalla presenza o meno dei corpi. È quello di cui parla Newton, quando teorizza l'esistenza di uno spazio e di un tempo assoluto, un sistema di riferimento vuoto in cui inseriamo i dati dell'esperienza. Il tempo di Newton scorre a ritmo fisso e costante, al di là di qualsiasi relazione con tutto il resto, così come lo spazio è immobile e indipendente dalla posizione di un corpo. Il tempo e lo spazio introdotti da Newton sono un po' come il palcoscenico in cui si muovono gli attori dell'Universo: anche immaginando di eliminare gli attori, il palcoscenico è comunque qualcosa di reale. Ma tempo e spazio sono solo un "contenitore vuoto"?


Einstein aveva respinto il concetto di spazio e tempo assoluto, sostituendo il sistema di riferimento adottato da Newton con un altro punto "invariabile", la velocità della luce nel vuoto. L'aver fissato come standard la velocità della luce implica, però, la possibilità per il tempo e per lo spazio di poter cambiare a seconda dello stato di moto dell'osservatore.

Il concetto di coordinate assolute è infondato.


Il destino dell'Universo:

Le possibili evoluzioni dell'Universo dipendono, in modo più o meno stretto, dalla determinazione di un parametro fondamentale, quello relativo alla densità e, quindi, alla quantità di materia presente.

In un cosmo in contrazione il tempo non esisterà più:

Se la densità dovesse superare un ben preciso valore critico, l'espansione dell'Universo sarà destinata a rallentare e quindi ad invertire la propria rotta: l'Universo, spinto dalla forza di attrazione gravitazionale, sarà costretto a ricadere su se stesso, come prevede l'ipotesi del cosiddetto "Big Crunch". In un Universo in contrazione le galassie entreranno in collisione, la temperatura della radiazione cosmica di fondo continuerà ad aumentare e le stelle inizieranno a fondersi con una frequenza sempre maggiore, i buchi neri assorbiranno sempre più materia e, collidendo gli uni con gli altri a causa della contrazione, formeranno un solo ed enorme buco nero. L'intero Universo si restringerà fino a ridursi ad un unico punto, mentre spazio e tempo non esisteranno più e tutto ritornerà al "nulla assoluto".


In un cosmo in espansione il tempo non ha fine:

Se la densità sarà inferiore al valore critico, al contrario, il nostro Universo continuerà ad espandersi, diventando sempre più freddo e sempre più vuoto, oscuro e disabitato. La velocità di allontanamento reciproco delle galassie continuerà ad aumentare e avremo, quindi, un "Universo aperto", contro l'Universo chiuso della prima ipotesi.

Se, come ultima possibilità, la densità dovesse coincidere con il valore critico, l'espansione sarà sempre più lenta, ma destinata a non fermarsi mai: parliamo, quindi, di un Universo piatto, paralizzato.


Si può tornare indietro nel tempo?

L'esempio dei gemelli mostra, in modo semplice ed immediato, come, dal punto di vista teorico, sia possibile viaggiare nel futuro. Prendiamo due gemelli identici e immaginiamo che uno dei due salga a bordo di una navicella capace di viaggiare nello spazio ad una velocità vicina a quella della luce nel vuoto: i due sistemi di riferimento, quello della Terra (con il primo gemello) e quello della navicella (con il secondo) sono in moto relativo ad una velocità che, per comodità, consideriamo costante. Se per il gemello che viaggia nello spazio abbiamo un intervallo di tempo proprio, il gemello che aspetta sulla Terra vedrà un tempo dilatato: ipotizzando che il viaggio sia durato solo 10 anni per il gemello sulla navicella, la Terra sarà, al rientro, molto più vecchia (e, con la Terra, anche il fratello che all'inizio del viaggio aveva la stessa età).


Il paradosso dei gemelli:

Potremmo pensare di capovolgere il ragionamento, partendo dal presupposto che i due sistemi di riferimento inerziali siano equivalenti. Pensiamo alla navicella come fissa nello spazio e, quindi, all'allontanamento progressivo della Terra, con velocità prossima a quella della luce. Per il gemello sulla navicella passerà un intervallo di tempo maggiore rispetto al gemello che aspetta sulla Terra. Al loro incontro, i due si troveranno invecchiati l'uno rispetto all'altro. Il paradosso si supera ricordando che è necessaria un'accelerazione non indifferente per portare uno dei due sistemi di riferimento alla velocità della luce: non si tratta, quindi, di due sistemi di riferimento inerziali.


Se la teoria della relatività ci mostra come sia possibile viaggiare nel futuro (rispetto alla Terra nell'esempio dei gemelli) non è altrettanto scontato ipotizzare che si possa viaggiare anche nel passato.


L'antimateria viaggia indietro nel tempo:

C'è chi ha pensato ad una soluzione di questo tipo, dicendo che l'antimateria può viaggiare indietro nel tempo: la differenza tra materia e antimateria è stata interpretata come il differente verso in cui scorre il tempo e, secondo questa definizione, un'antiparticella sarebbe solo una particella che torna indietro nel passato. Particelle e antiparticelle sarebbero identiche, con la differenza che il tempo scorre in senso inverso per l'una o per l'altra.


Tempo e vita, la distinzione tra passato e presente:

La cognizione del tempo sembra, ad una prima occhiata, tanto scontata e intuitiva quanto problematica, se ci soffermiamo ad analizzare i problemi derivanti da una mancata distinzione tra passato e presente. La relatività ristretta ci dimostra che spazio e tempo sono solo due proprietà di un sistema di riferimento, proprietà comunque relative e, in qualche modo, convenzionali. La scienza medica si spinge ancora più in là, dimostrando come anche il tempo interiore, quel famoso "tempo della coscienza" di cui filosofi e psicologi hanno sempre parlato, sia un altro "dato" che può essere alterato e distrutto. Le recenti scoperte mediche hanno messo in rilievo un dato allarmante: i pazienti affetti da un danno locale al lobo frontale del cervello hanno una percezione alterata delle sequenze cronologiche e, quasi sempre, finiscono per confondere il passato con il presente. Tanto il tempo esterno quanto quello interno sono il semplice frutto di regole e convenzioni, ma non è ancora possibile dare una definizione compiuta di questo concetto così ovvio.


Einstein e le radici della teoria della relatività:

"Se volassi alla velocità della luce il mio volto sarebbe riflesso in uno specchio?"

(dal titolo di un articolo di Newton)

Questo è il punto di partenza della strada che Einstein percorrerà fino alla formulazione della Teoria della relatività. Tutto ha inizio da una domanda che Einstein sedicenne non riesce a risolvere.

Perché il nostro volto sia riflesso in uno specchio è necessario che la luce riflessa dal nostro volto raggiunga lo specchio, venga di nuovo riflessa da questo e ritorni ai nostri occhi. Però, immaginando di potersi muovere alla velocità della luce, cosa potrebbe succedere? La prima analogia evidente ci porta a pensare al caso dell'aereo che, viaggiando alla stessa velocità del suono, non può percepire l'onda sonora (che per l'aereo ha velocità nulla e non può, di conseguenza, superarlo). Nel caso della luce, sembra logico dedurre che, se la luce dovesse avere le stesse proprietà delle onde sonore, quella riflessa dal volto di un uomo che si muove con velocità c non potrebbe raggiungere lo specchio.


La dilatazione del tempo:

Per quanto riguarda il tempo dilatato, agli effetti previsti dalla teoria della relatività ristretta dobbiamo aggiungere quelli dedotti dalla teoria della relatività generale.

Secondo quanto afferma quest'ultima, anche in un sistema di riferimento in quiete il tempo dovrebbe rallentare a causa della forza di gravità. Maggiore è la forza di gravità, maggiore sarà il ritardo del tempo, fino al caso limite dei buchi neri, in cui la forza di gravità sarebbe tanto elevata da "fermare" il tempo.


In un buco nero il tempo è "congelato":

Se dai confini del buco nero (la superficie chiamata orizzonte degli eventi) si guardasse verso l'esterno, si vedrebbe il "tempo esterno" scorrere ad un ritmo molto più veloce; al contrario, immaginando di vedere un uomo che precipita sull'orizzonte degli eventi, la sua velocità diventerebbe sempre più ridotta, fino a darci l'impressione che l'uomo sia fermo.


Gli architetti del tempo:

L'uomo ha sempre sentito l'esigenza di misurare il trascorrere del tempo: con pendoli e clessidre, con l'alternarsi del dì e della notte, con le fasi lunari, con il ciclo delle stagioni o con il movimento dei corpi celesti. Queste misure, però, buone se consideriamo un lungo intervallo di tempo, diventano via via più imprecise se scendiamo in intervalli di tempo sempre più piccoli. Se in passato l'ora, il minuto e il secondo erano stati definiti partendo dalla durata del giorno, la scienza ha decretato un nuovo meccanismo di regolazione: partire dall'unità più piccola, il secondo atomico, per approdare a tempi più lunghi.


Come viaggiare nel passato? I cunicoli spazio-temporali:

Una delle idee più recenti è il wormhole (cunicolo di tarlo), termine coniato dall'astrofisico americano John Wheeler (che aveva già coniato il termine "buco nero"). Un wormhole è una "scorciatoia" nella struttura dello spazio, un passaggio che permette di collegare due punti molto distanti, prima che la luce abbia avuto la possibilità di arrivarci. Sarebbe, quindi, un modo per andare indietro nel tempo. La velocità della luce, infatti, è un limite irraggiungibile da un corpo dotato di massa. Niente, informazioni comprese, può muoversi più velocemente. Se riuscissimo ad arrivare in un posto prima che siano arrivate le notizie del nostro punto di partenza compiremmo un viaggio a ritroso nel tempo. Dopo un po' di tempo dal nostro arrivo verremmo raggiunti dal nostro passato, o, se si preferisce, ci raggiungerebbero le informazioni del tempo in cui siamo partiti. Ma come facciamo a raggiungere un punto prima delle informazioni, se queste viaggiano alla velocità della luce? Prendiamo una scorciatoia che la luce non conosce e facciamo meno strada. I wormhole sono proprio questo: scorciatoie tra due punti dell'universo che la luce non percorre. Ma è possibile creare wormhole a piacere? Dalla fantascienza alla scienza: da telefilm e serie tv come "I viaggiatori" alla concreta ricerca scientifica, alla scoperta dei wormhole che collegano due regioni distanti nello spazio-tempo. I modelli teorici presentano, però, un nuovo problema: la necessità di mantenere i wormhole aperti per il tempo necessario ad attraversarli. La soluzione, capace di opporsi alla forza di gravità, sarebbe rappresentata dall'antigravità.

Paradossi storici:

La possibilità di visitare il passato genera veri e propri paradossi, affascinanti e apparentemente impossibili da risolvere. Il più semplice è questo: un viaggiatore torna nel passato e uccide sua madre ancora bambina. Quindi non sarebbe più potuto nascere e non avrebbe, di conseguenza, potuto compiere l'omicidio. I paradossi mettono in crisi il concetto di causalità, le relazioni tra causa ed effetto e, quindi, la scienza. C'è chi ha ipotizzato che un effetto successivo possa influire su un evento precedente, ma precisando che le linee temporali possono chiudersi solo tra eventi che non creino problemi di causalità. Il paradosso del viaggiatore che uccide la madre è, comunque, irrisolvibile. Si è quindi pensato di risolvere i paradossi con le leggi della fisica quantistica. Nel mondo subatomico regna l'indeterminazione quantistica: un elettrone che urta un protone può deviare verso sinistra o verso destra, senza una regola. Secondo alcuni fisici l'indeterminatezza si risolve con la moltiplicazione degli universi. Ogni volta che un elettrone va a destra si forma un nuovo universo con un elettrone che va a sinistra. I paradossi si risolvono nello stesso modo: se un viaggiatore del passato interferisce con la storia, l'universo si biforca in due o più rami e la madre uccisa va a finire in un universo parallelo, non in quello da cui proviene il viaggiatore.


La teoria della relatività ristretta ha distrutto il nostro senso comune, dai viaggi nel tempo alla distinzione tra passato, presente e futuro. Se veramente stiamo per costruire una macchina che ci farà viaggiare nel passato, come mai nessuno ha mai incontrato un suo discendente in viaggio dal futuro?


"Qualsiasi distinzione fra passato, presente e futuro è solo un'ostinata illusione"

Albert Einstein

La corsa allo spazio:



La "corsa allo spazio" è uno dei molteplici aspetti assunti dalla guerra fredda nel ventennio dal 1950 al 1970.

Stati Uniti e Unione Sovietica, responsabili della polarizzazione del quadro politico, sociale ed economico a livello mondiale, avviano una rincorsa senza sosta alla ricerca di nuove conquiste in campo scientifico, dagli armamenti nucleari al lancio dei primi satelliti e delle prime navicelle nello spazio. La creazione delle sfere d'influenza e dei blocchi contrapposti alimenta una concorrenza accanita e spietata, una sfida in cui le due nazioni leader mettono in gioco la propria credibilità a livello internazionale, ma anche il proprio prestigio e la propria superiorità (anche ideologica) sul "nemico".

Come aveva sottolineato, non senza una punta di polemica, il leader sovietico Nikita Chrusčëv, in un incontro con il presidente degli Stati Uniti, le conquiste in campo spaziale e i promettenti risultati già raggiunti dall'Unione Sovietica, avrebbero a breve dimostrato la superiorità del sistema comunista rispetto a quello basato sul capitalismo occidentale.


Il 12 aprile 1961, infatti, i giornali di tutto il mondo avevano pubblicato una notizia dall'enorme portata politica ed economica: i sovietici avevano raggiunto la prima tappa verso la conquista dello spazio, lanciando la prima navicella con a bordo un essere umano (il ventisettenne Yuri Gagarin, celebrato come il primo astronauta della storia). Il viaggio era durato poco meno di due ore, ma l'impresa aveva dimostrato la superiorità del blocco sovietico rispetto al blocco occidentale. I sovietici, nel 1961, non avevano ancora trovato una valida soluzione al violento impatto della navicella nella fase di rientro nell'atmosfera terrestre e Yuri Gagarin, dopo un'orbita completa intorno alla Terra, era stato costretto a lanciarsi con un paracadute per non disintegrarsi al suolo con il resto della strumentazione e dell'abitacolo.





L'Urss aveva realizzato il sogno più antico dell'uomo di tutti i tempi, la possibilità di viaggiare nello spazio.

Erano stati i sovietici a lanciare il primo satellite artificiale, lo Sputnik 1, nell'ottobre 1957, mentre solo un mese dopo, sempre in Unione Sovietica, iniziava il lancio del secondo satellite, lo Sputnik 2, che avrebbe trasportato nello spazio il primo essere vivente, la cagnetta Laika. Il viaggio, di sette giorni, permise di dimostrare come le condizioni chimico-fisiche presenti nello spazio non fossero in rotta di collisione con la sopravvivenza di un organismo complesso (per quanto diverso dall'uomo). Alla fine del viaggio, Laika venne addormentata con un sistema automatico, mentre la sua navicella si disintegrò nell'atmosfera.


Il progetto realizzato dall'Unione Sovietica, da semplice conquista della comunità scientifica, era diventato una vera e propria minaccia per il blocco occidentale, in quanto metteva in discussione la presunta supremazia missilistica e tecnologia degli Usa. Nel clima della guerra fredda, in un periodo in cui tutte le relazioni internazionali erano improntate alla diffidenza, se non all'ostilità aperta, i successi raggiunti dai sovietici rappresentavano un forte fattore di rischio per l'egemonia statunitense. Gli Stati Uniti, preoccupati di perdere il primato nella corsa allo spazio e disposti a tutto pur di non ammettere la vittoria dell'Unione Sovietica, il nemico storico del mondo occidentale, crearono la Nasa e si diedero un nuovo obiettivo: come dichiarò il presidente Kennedy in un suo famoso discorso del 1961, gli Stati Uniti avrebbero dovuto raggiungere un nuovo traguardo, l'atterraggio di un uomo sul suolo lunare e il suo rientro sulla Terra. Otto anni dopo, il 21 luglio 1969, nell'ambito di un programma che costò agli Stati Uniti 25 miliardi di dollari (il progetto Apollo), gli astronauti americani Neil Armstrong e Edwin Ardwin mettevano piede sulla Luna. La promessa formulata da Kennedy era stata mantenuta e l'America aveva vinto la sua sfida contro il blocco sovietico.


La "corsa allo spazio" è solo una delle tante sfaccettature assunte dalla guerra fredda, ma dimostra come questa concorrenza tra Usa e Urss non abbia risparmiato nessuno dei settori dell'attività umana, dalla politica all'economia, dalle relazioni diplomatiche alle conquiste scientifiche.


La tensione tra mondo occidentale e mondo orientale era un problema così concreto e drammatico, da portare alla creazione di un "orologio dell'apocalisse", idea suggerita da un gruppo di scienziati americani già nel 1947. La mezzanotte, simbolo della distruzione del mondo, sarebbe stata il risultato di una guerra nucleare tra i due blocchi contrapposti. Al momento della creazione, l'orologio venne impostato 7 minuti prima della mezzanotte, per poi avvicinarsi o allontanarsi dalla "fine del mondo" in relazione ai cambiamenti politici e diplomatici a livello mondiale.

L'orologio biologico e il comportamento animale:



Tutti gli esseri viventi, dai più semplici ai più complessi, dai più primitivi ai più evoluti, sembrerebbero "assoggettati" alla presenza di veri e propri cicli giornalieri che ne influenzano in modo pesante il comportamento e le funzioni fisiologiche. I ritmi circadiani (che durano più o meno un giorno) sottolineano, già dal nome, l'importanza di determinati fattori ambientali a cadenza giornaliera, dall'alternarsi del dì e della notte, all'intensità della luce proveniente dal Sole, dalla temperatura esterna alle condizioni ambientali.



I ritmi biologici controllano il comportamento:


I ritmi circadiani non sono precisi, come del resto era facile aspettarsi, ma presentano una serie di piccole variazioni sia in organismi appartenenti a specie differenti che in individui della stessa specie, variazioni di piccola entità, con una o due ore in più o in meno rispetto alla 24 ore esatte. Gli esperimenti hanno dimostrato che i ritmi circadiani sono interni, regolati da fattori presenti nell'organismo. Il meccanismo di controllo interno, che permette di sincronizzare il "tempo esterno" con il "tempo interno", prende il nome di orologio biologico. Non sappiamo ancora come possa avvenire questa sincronizzazione, ma è chiaro che i ritmi circadiani influenzano la maggior parte delle funzioni fisiologiche e del comportamento dell'uomo: i dati statistici dimostrano che la probabilità di nascere e di morire tra le tre e le quattro del mattino è massima rispetto a quella presente nel resto della giornata, ma suggeriscono anche la dipendenza dalle lancette dell'orologio biologico di fattori come la temperatura corporea, la tolleranza nei confronti del dolore, la respirazione, la frequenza cardiaca, la secrezione ormonale, la pressione sanguigna e il numero di globuli bianchi presenti nel sangue.




La conoscenza dei ritmi circadiani può avere conseguenze importanti sul piano pratico, dal cosiddetto "jet lag" (il disturbo del sonno e dell'attenzione dopo un lungo viaggio in aereo e dopo l'attraversamento di un numero non indifferente di fusi orari) alla diagnosi medica (se consideriamo che, per esempio, la pressione sanguigna può variare anche del 20% nell'arco della giornata, con risultati diversi a seconda dell'ora in cui si decide di effettuare il controllo). Un'altra applicazione interessante è quella dei viaggi nello spazio e delle condizioni estreme (dall'assenza di gravità all'alternarsi del dì e della notte) che gli astronauti devono in qualche modo conciliare con il loro meccanismo di controllo interno.

Qual è il ruolo dei ritmi circadiani e quale può essere stata la loro evoluzione nel tempo?

Si tratta di uno dei tanti effetti della selezione naturale o di un "tempo interno" innato?

Le ricerche attuali sono orientate a dimostrare le basi genetiche dell'orologio biologico, basi genetiche che sono comuni anche a buona parte del comportamento animale, dagli schemi fissi d'azione all'apprendimento, dal comportamento sociale ai rituali che permettono la riproduzione.

Il tempo nella filosofia:

La filosofia sviluppata da Bergson può inscriversi nel solco dello spiritualismo francese, all'interno di quel più ampio movimento di opposizione e di reazione al positivismo e alla cieca fiducia nelle potenzialità della scienza e della tecnica. La sua è una critica dello scientismo positivista, nel tentativo di recuperare quel supplemento d'anima indispensabile all'uomo moderno.


Tempo e memoria:

L'unica soluzione è rappresentata dal recupero della coscienza, offuscata e quasi soffocata da un mondo in cui dominano l'anonimato, la massificazione e la standardizzazione. Bisogna recuperare la libertà umana, lo slancio vitale e la percezione del tempo come durata.

Il tempo della coscienza è durata reale, tempo vissuto, qualitativo e irreversibile, flusso continuo di stati di coscienza, con non pochi punti in comune con quanto teorizzano, più o meno nello stesso periodo, sia James Joyce che Marcel Proust. Il tempo della scienza, al contrario, è tempo spazializzato e geometrizzato, ridotto ad ente matematico, successione di istanti, durata quantitativa e omogenea, tempo reversibile che mira ad un valore pratico. È il tempo degli esperimenti scientifici, quelli che possono essere ripetuti anche decine di volte, sempre nello stesso modo. Bergson propone la metafora della collana di perle, in cui ogni unità è identica a quella che la precede e a quella che la segue, mentre il tempo della coscienza è paragonabile al gomitolo avvolto su se stesso, come totalità in cui passato e presente convivono insieme, sono strati sovrapposti di un'unica dimensione.

Sempre il tempo è al centro di un'altra riflessione del filosofo francese, quella riguardante il ruolo della memoria e il meccanismo che ne consente il funzionamento. Si ripropone, anche in questo contesto, la contrapposizione tra memoria meccanica e memoria spirituale, tra ricordo immagine e ricordo puro.

Una rigorosa analisi introspettiva dei dati che si manifestano alla coscienza mostra che il tempo, così come viene assunto dalla fisica, costituito da una successione di istanti perfettamente omogenei l'uno all'altro, è, in realtà, solo il prodotto di un'astrazione intellettuale. La durata che viene percepita all'interno della coscienza, sostiene Bergson nel Saggio sui dati immediati della coscienza, è costituita da momenti che non sono separati l'uno dall'altro, ma fusi insieme in un processo di crescita continua. Esiste il tempo al di fuori della coscienza? Nel mondo esterno, risponde Bergson, esiste solo il presente, la relazione di simultaneità tra gli eventi. Nel mondo degli oggetti, infatti, uno stato di cose non conserva alcuna traccia degli stati precedenti. Il mutamento sussiste solo in relazione alla memoria, che conserva il ricordo.

Il tempo spazializzato può essere solo il tempo che è già trascorso, trattenuto nella memoria e ormai privo di cambiamenti. Da queste premesse Bergson intende ricavare una conclusione che avvalora la prospettiva filosofica dello spiritualismo. L'uomo è libero. Non è possibile, infatti, applicare alla coscienza il determinismo causale valido nel mondo fisico. Le leggi causali sostengono che, tutte le volte che si verifica un certo fenomeno, un altro fenomeno necessariamente lo segue come suo effetto. Ma queste leggi causali non possono valere nell'ambito della coscienza.

La concezione del tempo nella letteratura del Novecento:


Per tutto l'Ottocento nessuno mette in discussione l'omogeneità del tempo. È solo con l'avvento del nuovo secolo che si fa strada l'idea di un tempo personale, dipendente dal soggetto e non dal mondo esterno.

Marcel Proust:

Il romanzo del francese Marcel Proust (Alla ricerca del tempo perduto) ne è la dimostrazione più evidente: il tempo personale (quello del protagonista) ha un andamento irregolare, sfasato rispetto a quello degli altri personaggi e non riducibile ad un ben preciso sistema di riferimento. Per Proust la realtà, da assoluta e fissa, diventa labile e sfuggente. Solo la memoria può riportare alla luce, in modo del tutto imprevedibile, ricordi e sensazioni che pensavamo ormai persi per sempre. Tutta la struttura dell'opera dipende dalla dilatazione e dalla frantumazione del tempo personale.

Riappropriarsi del passato serve per riappropriarsi di sé, ma quello che emerge è un sé frammentato, disperso, che attende sempre di essere ricostruito. La ricerca volontaria del passato è inutile: non ci restituisce la realtà interiore degli eventi che abbiamo vissuto, ma, al contrario, ci presenta i nostri ricordi come figure piatte che non ci appartengono più. Il passato non torna per opera dell'intelligenza e la nostra è una situazione che non può portarci da nessuna parte, fino a quando il ricordo del passato, inaspettatamente, riaffiora in modo involontario, quando meno ce lo aspettiamo, e fa rivivere gli aspetti più intimi e profondi della coscienza.

Italo Svevo:

Svevo importa, anche in Italia, il romanzo d'avanguardia già diffuso a livello europeo: "La coscienza di Zeno" segna il tramonto del tempo oggettivo e lineare, quello misurato dagli orologi, quantitativo e sempre uguale a se stesso, e la nascita del tempo interiore, il tempo della coscienza, soggettivo e qualitativo. La contrapposizione tra tempo esterno e tempo interno influenza la struttura dell'opera e rende impossibile una descrizione razionale che segua ancora un ordine cronologico: i dettagli raccontati da Zeno emergono in modo quasi casuale, non per la loro importanza oggettiva o per la loro rilevanza ai fini della trama, ma per come sono stati impressi nella coscienza del protagonista. Zeno si lascia trasportare dal fluire dei ricordi e riporta ciò che alla mente sembra più importante, non senza alterare particolari e dettagli e non senza nascondere la realtà dietro il sottile velo delle razionalizzazioni. Svevo tratteggia un protagonista del tutto nuovo, un personaggio che non ha più l'oggettività e la staticità dei personaggi ottocenteschi, ma la problematicità e l'apertura di quelli novecenteschi.


Il tempo narrativo:

Qual è il rapporto tra l'io narrante e l'io narrato, tra Zeno narratore e Zeno personaggio?

La coscienza di Zeno non è tanto un'autobiografia quanto la descrizione del decorso di una malattia, l'evoluzione della nevrosi del protagonista. È per questo motivo che l'io narrante non è superiore all'io narrato: il livello di consapevolezza di chi racconta non è più alto di quello di cui si scrive. Il nevrotico Zeno manca di qualsiasi criterio per giudicare il proprio presente e il proprio passato. Il rapporto tra l'io narrante e l'io narrato non è gerarchico, ma posto sullo stesso piano. Il passato e il presente confluiscono l'uno nell'altro, mentre Zeno rivisita le sue esperienze, modificandole o creandole a suo piacimento.


A dispetto dell'impostazione in prima persona, gli eventi non seguono una successione cronologica lineare, ma un tempo soggettivo in cui il passato si mescola con il presente. La struttura del racconto risulta spezzata in tanti momenti distinti, il tempo della narrazione è quello interiore della coscienza, un tempo definito "misto" e "impuro", perché gli avvenimenti raccontati sono sempre alterati dalla volontà del narratore. La narrazione, quindi, va continuamente avanti e indietro nella sfera temporale, seguendo la memoria del protagonista. Come il tempo è soggetto a continue mutazioni, così anche il protagonista, nella sua imperfezione, è sempre pronto a trasformarsi, a scoprire l'originalità della vita, a differenza delle persone "sane", rigide ed immutabili.

James Joyce and the stream-of-consciousness technique:



The so-called Modernism represents the revolution which struck the whole English literature, with the progressive passage from the description of a social context to a new form of individualism. We can remember the analysis of conscious and unconscious ways of life through the modern stream-of-consciousness technique.



Stream of consciousness:


This new way of writing is based on the theories of two philosophers of the period: Henry Bergson and William James.

Henry Bergson, a French philosopher, described the difference between inner and subjective time and objective and rational time, made up of a sequence of separate moments.

William James, an American philosopher, described the so-called consciousness as a stream and as a river.

The term "consciousness" doesn't represent a precise mental activity, but the stage of awareness reached by the subject.

While the psychological novel analyses the "speech level", made up of words and aware thoughts, the stream-of-consciousness novel describes the unconscious dimension and the "pre-speech level", made up of memories, intuitions, sensations, symbols and dreams.

We can remember the famous parallelism between our consciousness and a big iceberg: a simple-minded person can look at the little visible part, but he must remember that there is a great part that lies under the surface.


The so-called inner and subjective time can be described through a new way of writing: the direct and the indirect interior monologue, a simple sequence of thoughts and sensations, without the addition of logical links, punctuation or syntax.






James Joyce dedicated himself to a new form of Experimentation and to the revolution of the new psychoanalysis, with a perfect arrangement between realism and symbolism.

His literary production can be divided into two principal periods.

During the first period, when Joyce writes "Dubliners" and "A portrait of the artist as a young man", his language and his plots are simple and linear, with a description rich in details and with the presence of everyday speech and of a logical syntax. During the second period, when he writes his masterpiece "Ulysses", we have a dream language, with existing words and imaginary words and with an immense river of words, but also with a more complex symbolism and with a great number of allegories.



"Ulysses" is an immense work which describes a single day (June 16, 1904) from three different points of view, from the point of view of two men and of a woman, with three different sections.


PLOT:

The main character, in the first section, is Stephen Daedalus, a man who represents an alter ego of the author, but also a clear reference to Telemachus, the son of Ulysses, a man with intellectual ambitions and an enemy of his own country. In the second section, we meet Leopold Bloom, the "Ulysses" of the title, a married man who meets men and women and who tells us his experiences, as Ulysses tells his adventures. The main character of the third part is Molly Bloom, Leopold's wife, the alter ego of Penelope. The woman waits the return of his husband, as Penelope waits the return of Ulysses, but not so faithful.

Stephen Daedalus abandoned by his family and obliged to look for a new father and for a new house, is adopted by Leopold Bloom, while Molly waits the return of the two men.


The stream-of-consciousness technique, rich in interior monologues, unspoken soliloquies and dialogues, permits to understand the difference between real and objective time, which we can see as a sequence of separate moments, and inner and subjective time, which we can see as a river.

Il Cubismo:


Il Cubismo, una delle prime avanguardie storiche e punto di riferimento per i movimenti successivi, parte dalla volontà di sottolineare la perfetta autonomia e indipendenza tra arte e natura, superando quella concezione, risalente all'antichità classica, dell'arte come imitazione del mondo esterno.

I cubisti cercano di costruire una realtà nuova, non per forza simile a ciò che osserviamo: è la prima volta che l'arte si sofferma sulla differenza tra vero e verosimile. La rappresentazione in prospettiva potrà anche essere verosimile, ma non descriverà mai la realtà concreta. Abbiamo già parlato di come, con il Cubismo, anche il tempo abbia la possibilità di rientrare nella tela. L'ideale del pittore cubista, infatti, è quello di ruotare tra le mani l'oggetto che intende rappresentare (o, se ciò non fosse possibile, di muoversi intorno all'oggetto): il movimento permette di descriverne in modo compiuto ogni più piccolo dettaglio, da più punti di vista. Lo spostamento nello spazio, però, implica un intervallo di tempo necessario per completarne il movimento ed è questo intervallo di tempo che viene rappresentato insieme al soggetto.


Il termine Cubismo deriva dalla tendenza a scomporre la realtà in piani e volumi elementari, paragonabili a semplici cubetti. Il critico che aveva già coniato il termine Fauves definisce i paesaggi di Braque come formati da banali cubi. Anche il Cubismo, a questo punto, assume il nome che gli era stato dato quasi con disprezzo e lo trasforma nella bandiera della più grande rivoluzione artistica del secolo e nel manifesto della propria ideologia.


La nascita, l'evoluzione e la morte del Cubismo sono legate all'amicizia che accomuna i due principali artefici del movimento, Picasso e Braque.

Ad una prima fase, quella del Cubismo Analitico (dal 1909 al 1911) ne succede una seconda, quella del Cubismo Sintetico (dal 1912 al 1913) che mette in rilievo soluzioni sempre più estreme che coinvolgono anche le tecniche pittoriche (dai collages ai papiers collés).

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