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Il problema energetico nel contesto internazionale
Il problema energetico non può essere separato dal quadro globale dei processi di trasformazione economica e sociale come si definiscono su scala mondiale.
In questo senso, l'analisi delle implicazioni sociali, politiche ed economiche del problema dell'energia non può prescindere da un contesto più generale, di cui fanno parte integrante il problema demografico, il problema delle risorse agroalimentari, il problema delle materie prima non energetiche, il problema della distribuzione delle risorse e della tecnologia nelle diverse aree geografiche e politiche, nonché i rapporti politico-militari che li condizionano.
Il problema assume inoltre caratteristiche differenziate, a seconda che lo si collochi in uno scenario di pace stabile o meno.
Il ruolo dell'energia nell'attuale fase di sviluppo è comunque di importanza cruciale e va inquadrato nella prospettiva di un'organizzazione sociale che, a fronte di un continuo incremento demografico, deve prende coscienza della limitatezza delle risorse disponibili (cibo, acqua, materie prime, territorio) e del progressivo deterioramento dell'ecosistema.
La carenza di materie prime energetiche va intesa in senso fisico e economico: la loro disponibilità trova un vincolo fisso, che il consumo cumulativo non può eccedere, e un limite più flessibile posto e dai costi crescenti richiesti per rendere disponibili quote addizionali di materie prime, e dalle trasformazioni dei sistemi produttivi.
Considerazioni anche elementari consentono di rilevare come la disponibilità di nuove risorse richiederà grandi investimenti di capitale ed elevati consumi specifici di energia, in un esso assai stretto fra disponibilità di risorse e consumi energetici necessari per procurarle, esaltando il ruolo della tecnologia e portando a privilegiare i detentori della medesima rispetto ai detentori delle risorse.
D'altra parte appare inevitabile che i consumi di energia siano destinati a crescere, almeno nei prossimi decenni, a causa dell'incremento della popolazione e per il necessario riequilibro dei consumi tra le varie aree geografiche, anche ammesso che nei paesi sviluppati i consumi pro capite restino stazionari.
E' opportuno ricordare che il tasso di incremento della domanda di energia, con i modelli di sviluppo oggi prevalenti, è difficilmente riducibile nel breve-medio termine.
I sistemi energetici complessi tendono a conservarsi; le misure di conservazione energetica, laddove sono state seriamente impostate, diventano efficaci in tempi medio-lunghi così come lo sviluppo delle nuove fonti.
Sebbene non vi siano modelli matematici che permettano di avere sicure descrizioni dell'evoluzione temporale dei sistemi energetici in interazioni con altri sistemi, si può affermare che affinché una nuova tecnologia o una nuova fonte di energia occupi una quota di mercato relativo pari al 10% occorrono 30-50 anni ; i tempi di sostituzione dell'energia primaria sono, pertanto, tempi relativamente lunghi e ciò va tenuto presente ogni volta che si fanno previsioni, in particolare per le fonti cosiddette nuove.
In ogni caso, indipendentemente dalla disponibilità di nuove tecnologie energetiche, è improbabile uno scenario della domanda di energia molto diverso da quello per l'orizzonte temporale prescelto.
Infatti, i paesi industrializzati dell'area capitalistica e socialista hanno programmi di sviluppo con tassi di incremento del consume energetico più ridotti rispetto alla tendenza storica, ma sempre positivi.
I paesi del Terzo Mondo, oggi non industrializzati, perseguono maccanismi di sviluppo basati sostanzialmente su modelli di produzione e di consumo che sono imitativi di quelli propri delle rispettive aree di influenza e, pertanto, è ipotizzabile un forte incremento della loro domanda di energia anche in considerazione del loro notevole incremento demografico e dell'esiguità dei consumi attuali.
A questo proposito è necessario ricordare che la situazione mondiale presenta forti squilibri nella disponibilità di fonti energetiche, sostanzialmente gli stessi squilibri che caratterizzano la distribuzione della ricchezza, della cultura e del benessere sociale.
Infatti, i paesi industrializzati (Nord America, Europa, Unione Sovietica, Giappone, Oceania), vale a dire poco meno del 30% della popolazione mondiale, consumano ca. l'85% delle risorse energetiche mentre il 70% della popolazione, concentrata per lo più in Asia, Africa e Sud America, consuma il restante 15%.
A fronte di un consumo medio mondiale equivalente a ca.1,5 tep/anno pro capite, il cittadino nordamericano consuma circa sei volte tanto (ca.8-9 tep/anno), l'europeo e il giapponese più del doppio (ca.3,5 tep/annuo), il sovietico circa il triplo (4 tep/anno), mentre l'abitante dei paesi del Terzo Mondo consuma mediamente ca.0,36 tep/anno cioè ben 22 volte in meno del cittadino nordamericano.
E quest'ultima media nasconde in realtà ulteriori drammatici divari: l'abitante del Bangladesh consuma 0,08 tep/anno, vale a dire l'energia mediamente uguale a quella biochimica dell'uomo primitivo.
Analizzando, inoltre, l'andamento dei consumi di petrolio negli ultimi anni, si rivela che, mentre a livello mondiale si è avuta una riduzione di ca. il 7%, nei paesi del Terzo Mondo si è avuto un incremento del 9%, per cui il loro contributo ai consumi di petrolio è passato dal 18% al 21%.
Queste cifre, unitamente a quelle relative ai consumi pro capite, rendono problematico per queste fragili economie il sopportare a lungo il peso di un doppio esborso petrolifero; quello diretto sulle importazioni di greggio e quello indiretto, incorporato nei prodotti finiti e nei diversi beni di investimento anch'essi necessariamente importati.
Il controllo delle materie prime, e di quelle energetiche in particolare, si presenta come problema centrale nel difficile rapporto Nord-Sud, problema che sollecita i paesi industrializzati ad operare per non accentuare gli squilibri, che potrebbe sfociare in conflitti di dimensioni anche incontrollabili.
Queste considerazioni giustificano lo sguardo 'oltre confine' e la necessità di collocare il problema energetico nel contesto che gli è proprio, quello internazionale.
Per quanto riguarda il come produrre, è ormai acquisita e universalmente riconosciuta la necessità della diversificazione e del ricorso a fonti di energia rinnovabile e, a questo fine, si stanno approfondendo gli studi e la massa a punto delle tecnologie relative.
Non è invece univocamente determinato il ruolo che le diverse fonti e quelle rinnovabili in particolare assumeranno nella copertura dei fabbisogni energetici e, soprattutto, non sono chiaramente definibili i tempi di penetrazione e i costi dei nuovi processi di produzione dell'energia.
Questa incertezza è ulteriolmente accresciuta dalla riduzione dei prezzi dei prodotti petroliferi verificatasi alla metà degli anni ottanta e dal deprezzamento del dollaro, vale a dire per un puro mutamento delle regioni di scambio.
Questo mutamento, infatti, modifica la competività economica delle diverse fonti, in particolare penalizza carbone e nucleare, riduce l'incentivo ad investimenti nelle nuove fonti, nel risparmio energetico e, certamente, riduce l'impegno alla ricerca di nuovi giacimenti, anche petroliferi, in aree marginali ad elevati costi di ricerca, di estrazione e di trasporto.
Un ulteriore elemento di turbativa del settore è rappresentato dal grave incidente occorso il 26-IV-1986 alla centrale nucleare RBMK-1000 di Chernobyl, in Unione Sovietica.
Questo incidente ha comportato, almeno in alcuni paesi occidentali, una pausa di riflessione sull'impiego dell'energia nucleare i cui esiti e conseguenze non sono, oggi, facilmente prevedibili.
In ogni caso, rimane inevitabile per un lasso di tempo relativamente lungo, e comunque difficilmente quantificabile, il ricorso massiccio alle fonti tradizionali non rinnovabili.
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