Solo 560 mila immigrati ecco
l''Islam italiano'
Vedi le donne coi
veli colorati che chiacchierano nei crocchi, nelle piazze o fuori dalle
moschee. Le bambine che vanno a scuola con le Nike ai piedi e negli zaini,
rigorosamente Invicta, piegano il chador. Incontri ottimi cuochi, spesso
pizzaioli, e gestori di ristoranti. Ci sono medici, professori, impiegati,
piccoli liberi professionisti, quelli che hanno già un negozio, i muratori,
quelli che ancora non fanno nulla e cercano di arrangiarsi, come possono. Poi,
è vero, ci sono anche quelli che delinquono, i pusher della droga soprattutto
marocchini, o, come dimostrano le inchieste, simpatizzanti della guerra santa
in odore di terrorismo. Ma è una parte, solamente una parte. La parta malata di
ogni comunità.
Non si fa presto a dire Islam in Italia.
Difficile scattare una fotografia netta e chiara. 'È una comunità
sociologicamente bambina, sì e no dieci anni di vita, con tutti i limiti e i
vantaggi che questo comporta' spiega Hamza Roberto Piccardo, segretario
nazionale dell'Ucoii, l' Unione delle comunità islamiche in Italia, l'organismo
che di più e meglio rappresenta i musulmani in Italia. Possibile, invece, dire
chi sono questi uomini e queste donne che la Lega teme così tanto da scendere
in piazza contro la costruzione di una moschea. Ma che, invece, altri hanno
scelto: sono diecimila gli italiani convertiti al Corano e a Maometto.
I numeri, tanto per
cominciare. Le stime della Caritas parlano di 560 mila immigrati musulmani.
'Poi c'è qualcuno che si diverte a dire che siamo quattro milioni'
osserva sarcastico Hamza, 'questo balletto di numeri la dice lunga sulla
strumentalizzazione che viene fatta dell'essere musulmano'. La realtà è
che l'Islam in Italia conta circa un milione di persone in arrivo da almeno
venti, trenta paesi diversi. Un caos, soprattutto per loro che sono sì tutti
musulmani ma non riescono ad esprimere un rappresentante, un leader in terra
straniera. 'Ed è chiaro - spiega Hamza - perché la religione diventa
l'unica sicurezza'. La prima necessità di un musulmano in Italia è una
moschea, o meglio una di quelle stanze, fondi o magazzini che, esposti a sud
verso la Mecca, con qualche tappeto in terra e un po' di cartelli scritti in
arabo attaccati alle pareti, diventano moschee. Questa è la prima casa, il
luogo dove alloggiano i primi giorni, dove, grazie alle elemosine, riescono a
mettere insieme il pranzo con la cena, dove si scambiano indirizzi utili per
cercare lavoro. Si dice moschea ma è anche un bar, un ufficio di collocamento,
un'agenzia immobiliare. In Italia le moschee vere, cioè con la cupola e il
minareto, sono tre: Roma, consegnata nel 1995, la più grande d'Europa, Milano e
Catania. Poi si contano un centinaio di ex magazzini diventati moschee
ufficiali con imam, regolamento e orario delle preghiere. A queste vanno
aggiunti altri duecento luoghi di preghiera non dichiarati all'Ucooi ma
ugualmente attivi. La massima concentrazione di luoghi di culto è in Lombardia
(17), Emilia (13) e Piemonte (12). Ma non basta ancora se il primo desiderio
del 47 per cento dei musulmani in Italia è proprio una moschea.
Di sicuro è una comunità che cresce. Ogni
donna mette al mondo tre, quattro bambini, il doppio delle mamme italiane, e
fatti due conti è possibile dire che fra dieci, quindici anni gli islamici
saranno il 15 e il 18 per cento della popolazione italiana. È questo che fa
paura?
'Una comunità
bambina', giovane, divisa, diversa, che controlli poco e male. Con cui è
difficile dialogare per mancanza di interlocutori. In questi mesi, si spiega, è
stato raggiunto un grande risultato. È nato il Consiglio islamico d'Italia, una
specie di governo islamico dove sono confluite le tre più importanti realtà
attive in Italia: l'Ucooi, il Centro culturale islamico, che gestisce la
moschea di Roma e il Coreis che raccoglie gli italiani convertiti. Presidente
del Consiglio islamico è l'ex ambasciatore Mario Scialoja, vice il siriano Nur
Dachan. Il primo compito del Consiglio è la stesura di una bozza di accordo con
lo stato italiano, un patto mai stretto proprio per la mancanza di un soggetto
che rappresentasse in modo univoco le richieste dell'Islam in Italia. L'elenco
ha alcuni punti fermi: l'insegnamento del Corano a scuola o, in alternativa, la
nascite di scuole musulmane parificate a quelle italiane; il diritto delle
donne di essere fotografate col velo nei documenti di identità; settori a parte
nei cimiteri; un permesso dal lavoro per andare in pellegrinaggio; il venerdì
festivo; il diritto di partecipare alla preghiera di mezzogiorno e quello di
celebrare matrimoni civili secondo il rito islamico. Sono un milione e vogliono
il diritto di vivere l'Islam in Italia. Per questo oggi l' Ucooi presenterà a
Lodi una denuncia per discriminazione razziale.