SCHOPENHAUER, Il mondo come volontà
e rappresentazione
Biografia Arthur Schopenhauer
nasce a Danzica nel 1788. Suo padre era un commerciante, mentre la madre
era organizzatrice di salotti letterari e influente personalità in ambito
letterario, appunto. Nel 1793, la città natale di S., un tempo città libera,
viene annessa alla Prussia. Il padre, non volendo accettare tutti i cambiamenti
che l'avvenimento avrebbe portato alla sua attività e alla famiglia, decide di
trasferirsi ad Amburgo insieme alla moglie e ad Arthur. Da questo momento in
avanti, S. verrà in contatto con diverse città europee e con le loro diverse
culture e ambienti letterari. Nasce in S. un sempre crescente interesse verso
gli studi umanistici, ma seguire questa vocazione andrebbe in netto contrasto
con la volontà del padre di inserirlo nella propria attività. Nel 1805 questi muore,
lasciando Arthur solo con la madre, che lo stimola a seguire le proprie
inclinazioni in campo umanistico. Si trasferiscono poi a Weimar, dove lei
organizza un salotto letterario, grazie al quale S. incontra un ingente numero
di scrittori, filosofi, attori ecc.
Cercando l'indipendenza e spinto dal suo interesse anche per le facoltà
scientifiche, S. si iscrive a Medicina, ma si ritirerà due anni dopo,
preferendo trasferirsi a Berlino, per studiare Lettere classiche e Filosofia
come uditore.
Nel 1813 scrive una dissertazione intitolata "La quadruplice radice del principio di ragion sufficiente",
grazie alla quale otterrà di laurearsi in absentia, quindi senza doversi presentare per
discutere la tesi. Torna a Weimar, la città in cui aveva vissuto con la madre,
dove collabora con Goethe ad una ricerca in ambito ottico come assistente
scientifico. Dopo qualche tempo si discosta dalle teorie del "maestro",
scrivendo un proprio trattato di ottica intitolato "Sulla vista e sui colori".
Si trasferisce a Dresda, dove conduce una vita da recluso, sfiorando quasi la
misantropia, e dedicandosi esclusivamente ai propri studi e alle proprie
teorie. Questa reclusione volontaria è molto redditizia, perché proprio negli
anni di Dresda, nel 1818, pubblica "Il mondo come volontà e rappresentazione", trattato costituito
da quattro libri e un' "Appendice". Il testo verrà, in seguito, molto
criticato: Schopenhauer verrà definito come un "kantiano minore", ovvero un
filosofo in grado soltanto di riprendere all'infinito le teorie già enunciate
da Kant, tentando invano di trarne qualcosa di nuovo.
S. prende contatti con l'università di Berlino e ottiene una cattedra come libero docente, cioè un professore senza stipendio, che
insegna soltanto per la voglia di farlo e che, come unico compenso, raccoglie
le offerte degli studenti a cui sia piaciuta la lezione in una cassetta per le
"offerte", posta in bella vista sulla cattedra (alla stregua di un'elemosina).
Vi sono molti contrasti tra Schopenhauer e gli idealisti, tanto che S.,
per ripicca, cerca di sottrarre studenti a Hegel, facendo lezione nel suo
stesso orario (purtroppo, senza successo).
La sua disputa con Hegel viene anche dal fatto che questi era uno dei
docenti che avrebbero dovuto giudicare la lezione di prova di S., per decidere
se assegnargli la cattedra o meno, e pare che H. abbia esposto delle
perplessità sulle competenze di S. Da qui, il suo disappunto nei confronti
delle teorie, ma soprattutto, della personalità di Hegel. A causa dell'epidemia
di colera che dilagava a Berlino e che vide come vittima Hegel, S. si
trasferisce a Francoforte.
Nel 1837, vince un concorso per un testo di filosofia morale intitolato "La libertà del voler male".
Nel 1841 pubblica "Il
fondamento della morale". Nessuno dei suoi scritti ebbe mai
successo. Dopo la pubblicazione della
seconda edizione de "Il mondo come volontà e rappresentazione" (che venne
ampliato con dei supplementi) nel
1844, pubblica "Parerga e
Paralipomena"(PARà ERGA= dal greco, significa "aggiunte", "fuori
d'opera"; PARà LIPOMENA= dal
greco, significa "omissioni", anche se in realtà si tratta di aforismi) nel
1851, grazie al quale, finalmente, trova in tanto agognato successo e una certa
fama tra i filosofi. Nel 1859 pubblica una terza edizione de "Il mondo come
volontà e rappresentazione", ma l'anno dopo, ormai famosissimo tra letterati e
artisti, muore.
Testo
INDICE: I libro - Il mondo come rappresentazione
Il principio di ragion sufficiente METAFISICA II libro - Il mondo come volontà
L'oggettivazione della volontà
III
libro - Il mondo come
rappresentazione ESTETICA L'oggetto dell' arte (Idea Platonica)
IV
libro - Il mondo come volontà ETICA
Affermazione e negazione della volontà PREFAZIONE del 1819 S. afferma la sua volontà di voler dare uno stile organico
al suo trattato, come se fosse un libro, con un preciso inizio e una fine e un
sistema espositivo che preveda una concatenazione discorsiva (ogni espressione
è, quindi, legata ad un'altra, come a formare un'impalcatura solida di
argomentazioni). Usa come termine, per questo suo intento, "un unico pensiero", oltre
alla metafora dell' architettura
di un palazzo. Per lui, forma e contenuto devono essere nettamente
contrapposti: infatti, per quanto il contenuto possa essere organico e
fluido, la forma deve essere quella di un trattato filosofico, che possa
essere consultato in base alle diverse suddivisioni
del testo (metafisica, estetica, etica .).
[Anche Schelling aveva usato la metafora
dell'architettura di un palazzo per spiegare la discussione kantiana del
sistema filosofico enciclopedico della Prima Critica,
senza contare la somiglianza tra la decisione di Schlegel e di Schopenhauer di
scrivere per aforismi]. Indica, come
modelli del suo trattato, Platone e la letteratura sanscrita .
Per S., Platone è un modello di un
pensiero unico Per S. questa è
il connubio
e organico esposto sotto forma di sistema filosofico, perfetto tra volontà di
perché crede che scrivesse nell'intento di produrre una sistema e aforismi.
narrazione mitica e non un' esposizione scolastica
sistematica. Per molti, tuttavia, questa sarebbe una
posizione interpretativa piuttosto forzata, per il fatto
che contraddirebbe molte scritture dello stesso Platone.
S. fornisce tre indicazioni di lettura del suo scritto :
_ Leggere due volte il testo: la
prima lettura richiederà pazienza, perché si dovrà aver fiducia nel fatto che
la seconda metterà in luce i punti sui quali si avranno dubbi di
interpretazione. Chiede di avere disciplina nella
lettura, cioè di non interpretare autonomamente
ciò che perviene dal testo, senza dedurre nulla, ma prestando attenzione alle
intenzioni dell'autore.
_ Leggere "Sulla quadruplice radice del principio di
ragion sufficiente" e il trattato "Sulla vista e sui colori": Nonostante
sia stato pubblicato cinque anni prima, "Sulla quadruplice radice del principio
di ragion sufficiente" è come collegato a "Il mondo come volontà e
rappresentazione", del quale costituisce una specie di introduzione. Afferma di
non aver ripreso il primo testo nel secondo, perché non ama ripetersi,
nonostante questa sia una contraddizione rispetto al suo intento di creare un
libro organico, per il quale è inevitabile e necessaria la ripetizione.
_ Conoscere i principali scritti di Kant: Per
comprendere a pieno il libro, è necessario essere a conoscenza del principale
modello di S., che ha ripreso, rivelandone gli errori.
Dice di essere come un'operazione
chirurgica che rimuove la cataratta dagli occhi di un malato. [ E' una
metafora presa dal famoso esperimento mentale che Molyneux propose a Locke,
riguardo alla sua teoria della conoscenza: "Un cieco dalla nascita al quale
venisse ridata la vista, riuscirebbe a riconoscere le forme, da lui soltanto
immaginate, nel mondo circostante? Riuscirebbe a riconoscere gli oggetti a lui
noti soltanto nel tatto?] Usa questa metafora sia per il suo interesse da
studente di medicina per la scoperta della nuova operazione in grado di
rimuovere la cataratta, sia per indicare Kant come un'illuminazione in senso
negativo: egli disillude rispetto alle nostre posizioni di REALISMO INGENUO
(la convinzione che ci siano verità fondamentali sulle cose, dateci dalla
metafisica). Kant illumina e disillude, S. rattoppa le teorie (a suo parere)
più dubbie del mentore, trovando un ulteriore modo, al di là del realismo
ingenuo, di giungere alla verità delle cose: la volontà.
Infine, S. invita scherzosamente a non leggere il suo libro perché troppo
impegnativo. Nelle edizioni successive, dato lo scarso successo della sua
opera, esprimerà il suo disappunto per la fatica con cui cerca di farsi strada
in una società in cui la filosofia è di dominio pubblico, a buon mercato e di
buona qualità.