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L'ORIGINE SECONDO LA SCIENZA
Sebbene possa sembrare strano, da un punto di vista biologico la vita sul pianeta terra trae la sua origine dai frutti e non dai doni. Sono infatti i frutti della natura che hanno donato all'uomo la possibilità di sopravvivere e di evolversi. Sono stati "frutti" come graminacee, riso, grano, cereali i primi cibi dell'uomo a permettergli di svilupparsi e nella crescita evolutiva di aumentare la sua intelligenza e le sue capacità nel linguaggio, nell'ambito artistico, scientifico che a loro volta hanno portato ai progressi tecnologici e sociali.
L'ORIGINE SECONDO LA RELIGIONE CRISTIANA
Adamo ed Eva
"Iddio creo` l'uomo a sua immagine,
a immagine di Dio lo creo`,
tali creo` l'uomo e la donna."
(Genesi Vecchio Test. 1,27)
Dio poi pose l'uomo e la donna nel giardino dell'Eden, dove permise loro di cibarsi liberamente di tutti i frutti eccetto quelli dell'Albero della Conoscenza del bene e del male. Lucifero, pero`, tentò Eva promettendole che raccogliendo il frutto proibito avrebbe acquisito la capacita` di distinguere il bene dal male. Avendo Adamo ed Eva mangiato il frutto proibito, disobbedendo cosi` al comando di Dio, questo li punì condannandoli a una vita terrena piena di sofferenze e di dolore. L'immagine del primo uomo e della prima donna fu rappresentata da Albrecht Durer (Norimberga 1471-1528) massimo esponente della pittura europea nel sec. xv. Egli dipinse uno dei primi nudi tedeschi a grandezza naturale chiamato appunto "Adamo ed Eva". In queste tavole, probabilmente dipinte separatamente, non viene messo alla luce il significato religioso del peccato, ma esaltata la bellezza classicheggiante in un'interpretazione idealistica rinascimentale. Il pittore infatti durante I suoi viaggi in Italia conobbe la realtà culturale del rinascimento. L'ultima opera di Durer fu I "Quattro apostoli" ,dipinta quando ormai la riforma luterana era entrata nella cultura tedesca, in cui il pittore ammoniva cattolici e protestanti affinché evitassero il settarismo.
Il Luteranesimo sorse dalla predicazione e diffusione delle idee di Martin Lutero (Eisleben 1483-1546) che, aiutato delle condizioni politiche, sociali e culturali del periodo, propone protesta verso la religione cattolica. Il 31 ottobre 1517 Lutero espone le sue tesi critiche nei confronti della Chiesa e del Papa Leone X ,sotto il quale era stata avviata la vendita delle indulgenze, ossia l'espiazione dei peccati a pagamento. Infatti secondo Lutero il credente raggiunge la certezza della salvezza esclusivamente sulla base della fede, ossia della fiducia di tale dono che non può` trovare adeguato contraccambio da parte dell'uomo.
Di qui nasce il rifiuto verso il papato, che aveva raggiunto una tale autorità sulle coscienze popolane al punto da arrivare alla vendita delle indulgenze e al suo immediato successo. La faida fra Cattolicesimo e Luteranesimo sta proprio nel fatto che il cattolicesimo si basa soprattutto sull'esteriorità, mentre il Luteranesimo ha ciò che più è rilevante nella purezza dell'animo e nell'interiorità.
Martin Lutero nei suoi scritti religiosi vuole mettere in evidenza l'inganno della Chiesa nel vendere le indulgenze ai fedeli. E' meglio sbagliare e pagarne le conseguenze, che comprare la finta remissione dei peccati: un cristiano e` salvo se si pente sinceramente. Quindi, secondo il pensiero di Lutero, è più importante l'interiorità` rispetto all'esteriorità`.
In frammenti tratti dal "Lieder e prose", il donare e` rappresentato dall'autorità` civile mentre il frutto dalla protezione dei giusti e dall'ostacolare la malvagità: un dono deve essere fatto con la convinzione che questo sia giusto e che porti al bene non solo della persona che lo riceve, ma anche di colui che dona, in quanto dona con fede.
Il dono nel cristianesimo viene visto come un atto di fede, compiuto per gratificare sia colui a cui si dona sia soprattutto il donatore, felice di aver compiuto un atto che lo avvicini a Dio. Validi esempi che possono confermare tale interpretazione sono, ovviamente, riscontrabili nella Bibbia.
Antico testamento.
Il primo esempio è la storia di Caino ed Abele, figli di Adamo ed Eva, che decidono di fare doni al Signore: Caino, contadino, raccoglie i frutti migliori della sua terra, mentre Abele, pastore, uccide un agnello del suo gregge. Il Signore, però, volendo mettere alla prova Caino accetta solo il dono del fratello. Così Caino interpreta il rifiuto di Dio non come una mancanza di rispetto da parte sua dovuta alla povertà del dono, né come una prova della sua generosità e fede nel donare, ma come una preferenza di Dio verso il fratello.
Il frutto di questa prova sarà la gelosia di Caino e il futuro assassinio del fratello. Si nota quindi l'origine del concetto di carità cristiana: Caino non avrebbe dovuto reagire con la gelosia , bensì con una rassegnata felicità, in quanto il dono fatto per gratificare il Signore , sebbene non gradito, sarebbe dovuto essere un atto di fede e quindi fonte di gioia per Caino.
Un esempio simile lo troviamo nell'Ecclesiaste (7,1-5), in cui si mette in luce come un dono renda felice principalmente chi dona oltre a chi riceve.
La tristezza esteriore di colui che ha donato, ed in seguito, viene dimenticato, nasconde comunque la felicità di aver compiuto un'atto dfi fede.
Così la carità cristiana ha anche suoi frutti. Nella Genesi (19,1-11) si narra la storia di Lot: a Sodoma arrivano due angeli che Lot ospita a casa sua e tenta di salvare dalla furia degli abitanti della città; Lot con l'ospitalità , suo dono , ottiene la salvezza.
Una figura esemplare della Bibbia e` rappresentata da Giobbe.
Dio dona l'intelligenza all'uomo prefiggendosi che questo dono abbia come frutto la distinzione da parte dell'uomo del bene dal male. L'uomo pero` non riceve da Dio il dono di comprendere la fonte della sua sapienza. Il frutto del dono dell'intelligenza e` la volontà dell'uomo di compiere opere di carità cristiana. (Giobbe .28)
Giobbe nel successivo monologo rimpiange i giorni felici del passato, le sue opere buone ed il modo in cui Dio lo ripagava attraverso la benevolenza di tutti nei suoi confronti. Egli però fa intravedere la falsità nel suo donare quando, trovandosi in difficoltà, si aspetta un aiuto da coloro che aveva soccorso. In seguito viene messo in luce che non donando con sincerità non si ottiene come frutto la giustizia di Dio: questo capita infatti a Giobbe, che non riesce subito a trovare una spiegazione alla sua graduale degradazione sociale, ma, attraverso una confessione interiore, saprà accettare la sua attuale condizione.
Nei documenti del Nuovo Testamento possiamo anche trovare come all'atto del dono si possa, secondo l'ideale cristiano, rispondere con un frutto. Nella parabola dei talenti (Vangelo secondo Matteo 25,14-30)si narra di un Signore che dovendo partire per un lungo viaggio affida i suoi beni ai suoi tre servi: al primo dà cinque talenti, al secondo due ed al terzo uno. Il primo ed il secondo sanno far fruttificare i soldi ricevuti, duplicandone il valore, mentre il terzo, nel timore di perderlo ,lo sotterra. Al ritorno, il Signore riscuote i sui beni, premiando i due bravi servi, punendo pero` il terzo, che non era stato in grado di far fruttificare il suo dono. In questa parabola, oltre al dono materiale ,si trova il dono della fiducia, poiché` il padrone ,fidandosi dei servi, lascia loro i suoi beni in modo che ne sappiano ricavare ciò` che e` giusto.
Paolo, nella lettera ai Filippesi(N.T.4-17), non ricerca alcun dono, in quanto abituato a vivere in ogni tipo di situazioni, nell'abbondanza e nella ristrettezza, ma il frutto del suo insegnamento e della fede in Dio.
Importante e` che il dono venga fatto con sincerità. Agostino (Tagaste, Numidia 354 - Ippona 430) considera che i doni debbano essere fatti con amore, e che, se il dono non viene fatto con amore, svanirà il frutto della felicità.
Agostino crede che il cuore sia predisposto all'amare, quindi senza cuore non vi e` dono e senza dono non c'è frutto.
Guido Reni (1575-1642) nel dipinto raffigurante Atalanta ed Ippomene ha espresso in un olio su tela l'atto del dono della mela, che in sé è la rappresentazione dell'inganno al fine del trionfo dell'amore. Nella tela sono rappresentati i due personaggi dipinti con forme che si rifanno ad un ideale di bellezza tipica della cultura classica; su questa base, infatti, tra il finire del'300 e l'inizio del 400,nasce in Italia una nuova concezione della vita: l'Umanesimo.
L'Umanesimo si diffuse in seguito all'emigrazione di intellettuali greci, giunti in Italia, per scappare all'invasione turco-ottomana della Grecia, e alla necessità di riscoprire la letteratura classica, notata da Francesco Petrarca per primo.
All'Umanesimo si accompagnano la straordinaria fioritura delle arti e del pensiero cui si da` il nome di Rinascimento (termine che contiene l'idea di una "rinascita" dopo un'epoca barbara e oscura).
Nell'Italia di questo periodo e soprattutto a Firenze, vi fu una straordinaria concentrazione di attività artigianali e industriali; si sviluppo` una forte reazione contro la Scolastica: si riprese lo studio di Aristotele in lingua originale rifiutando gli adattamenti e le manipolazioni che gli scolastici avevano operato per conciliare la dottrina aristotelica con quella della Chiesa. In quel periodo la natura umana divenne oggetto di un'indagine non condizionata sui giudizi metafisici e religiosi. Si affermo` una nuova visione dell'uomo: se nel Medioevo egli aveva valore solo come chierico, nel rinascimento ad ogni uomo venne riconosciuto un valore individuale, indipendente dalla sua fede.
Con il diffondersi dell'Umanesimo e del Rinascimento si apprezzano anche trattati filosofici, tra cui i più importanti ricordiamo quelli di Aristotele e di Platone.
L'idealismo platonico si basa sul principio che ciò che è percepibile nel mondo sensibile è soltanto un'ombra di qualcosa di perfetto appartenente però al mondo delle idee, quindi al di là, oltre l'esperienza che i nostri sensi ci danno della realtà: il mondo delle idee e` una realtà spirituale, assoluta e perfettissima. Da essa derivano le anime degli uomini e le realtà sensibili; l'uomo nel mondo sensibile non può che vedere copie di una forma perfetta appartenente al mondo iperuranico. Il mondo delle idee (iperuranico = sopra il cielo) è eterno, perfetto ed immutabile. Il mondo della natura e` instabile, molteplice, è una copia imperfetta del mondo delle idee. La conoscenza delle idee è innata perché l'anima prima di unirsi con il corpo e` vissuta nel mondo delle idee dove ha conosciuto i concetti eterni ; rinchiusa nel corpo ha dimenticato tutto. L'esperienza sensibile da` all'anima la possibilità di risvegliare il ricordo dei concetti e la conoscenza che l'uomo raggiunge è detta da Platone anamnesi (ricordo, reminiscenza). Per stabilire un legame tra il mondo delle idee ed il mondo sensibile Platone ricorre all'esistenza di una potenza divina, il demiurgo (l'artefice) che compie un'azione ordinatrice del mondo plasmando l'originaria materia a somiglianza delle idee eterne. Il demiurgo come un'artista produce copie imperfette delle idee, donandole agli uomini in modo che la loro anima risvegli un seppur debole ricordo delle forme perfette delle idee.
Il mito di Atalanta racconta della bella e velocissima figlia del re d'Arcadia, che, costretta a sposarsi, impone che il suo sposo sia colui che riuscirà a batterla nella corsa. Dopo molti sfortunati pretendenti, si presenta il giovane Ippomene, che, avendo implorato Venere di aiutarlo, ottiene dalla Citera tre mele d'oro: il giovane durante la corsa le lancia lontano
dal percorso e Atalanta, incuriosita, vuole raccoglierle, perdendo così tempo e lasciando vincere Ippomene. Atalanta, adirata per l'inganno, sceglie poi di tramutare l'odio in amore, e sposa Ippomene.
Il mito di Atalanta è rappresentativo della cultura greca in cui spesso un dono è fatto perché se ne tragga un frutto, e non come nell'ideale cristiano, perchè il dono venga coltivato e accresciuto, ma nel senso che all'atto del dono debba corrispondere un gesto di risposta identificabile come un frutto.
L'idea del dono classica non è dunque un voler fare del bene, o quantomeno non soltanto, ma un voler aiutare in modo che da questo aiuto se ne ricavi una gratificazione sia per il ricevente che per il donatore.
Così Venere dona la mela ad Ippomene ricavandone la gratitudine di Ippomene, altrettanto Ippomene donando la mela ad Atalanta ne ricava, per vie controverse, il suo amore.
Un ottimo esempio di questa intenzionalità nel dono raffrontabile con quella cristiana è il sacrificio agli dei: se, come abbiamo visto in Caino e Abele, il dono di Dio è fatto come atto di fede senza alcun fine, nella paganità grecolatina i sacrifici erano oltre ad atti di fede, espedienti per placare l'ira divina e trarre beneficio dal favore degli dei.
Non sempre, però, nella mitologia greca, gli uomini obbediscono agli dei donatori.
Nel mito di Prometeo, per esempio, il figlio del titano Giapeto sottrae agli dei il fuoco, di cui fa dono all'uomo affinché esso possa meglio vivere.
Il frutto di questa vicenda è l'ira di Giove, che promette a Prometeo e agli uomini nuove sventure.
Così il padre di tutti gli dei ordina a Vulcano di plasmare una donna di sembianze simili a quelle divine e agli dei di donarle grazia e bellezza, ma anche un'anima ingannatrice.
Infine egli stesso dona alla creatura ,chiamata Pandora poiché ha ricevuto doni da ogni dio, un vaso, proibendole di aprirlo. L'indole maligna della donna la spinge però ad aprirlo, cosicché i mali del mondo racchiusi da Giove nel vaso, vengono liberati , rendendo infelice la vita degli uomini.
I DONI ALLE DONNE: LA DISCORDIA E L'AMORE
Spesso, nella letteratura di tutti i tempi, si narra di donne a cui vengono offerti doni con valori diversi.
Tipico è l'esempio del dono "cortese" d'amore, ma troviamo episodi in cui il dono è fatto su richiesta, o ancora per imbonire animi tristi o ribelli.
La donna è con il suo animo gentile oggetto di gentilezza, o nella sua crudeltà, il destinatario di ricchi doni per conquistare il cuore, o ancora nella sua impotenza, la ricevente di doni che la convincano ad accettare la sua posizione.
Il primo esempio letterario di rilevante importanza sulla tematica è sicuramente l'episodio che fece scoppiare la guerra di Troia: il giudizio di Paride.
Paride era stato prescelto da Zeus perché decidesse chi fra Era Atena e Afrodite fosse la più bella.
Le tre dee si contendevano infatti un dono ricevuto da Eris, dea della discordia, un pomo d'oro proveniente dal giardino della Esperidi, su cui era scritto "Alla più bella".
Non volendo Zeus prendere una posizione girò la faccenda al mortale Paride.
A lui ogni dea offrì un dono: Giunone la ricchezza, Atena la sapienza e Venere una donna.
Paride scelse dunque la dea dell'amore, scatenando così l'ira delle altre due, che alla guerra di Troia aiutarono i greci.
La suscettibilità delle dee fece infatti scoppiare la più celebre delle guerre classiche.
La promessa più bella donna del mondo era infatti Elena, moglie di Menelao, Re di Sparta, e Afrodite fece in modo che ella scappasse con Paride.
Per rispondere a tale affronto i greci risposero dichiarando guerra a Troia.
Il dono della mela ha quindi come frutto la discordia, che porterà a dieci anni di guerra.
Il dono simbolico di una mela d'oro non genera amore né benevolenza: l'invidia della dea esaspera le attitudini della donna mortale, e il frutto di un dono imposto è soltanto l'ira e lo scoppiare di una guerra, di cui verrà attribuita la colpa ai due mortali della vicenda: Elena e Paride. Se Paride può essere facilmente giustificabile in quanto fautore del volere degli dei. Elena per molto tempo è stata considerata la "vera colpevole".
Il suo personaggio però sarà difeso in una fantasiosa arringa dal sofista Gorgia che addurrà quattro argomentazioni per scagionarla.
Seconda il filosofo Elena potrebbe essere stata spinta alla fuga con Paride per l'incontrastabile volere degli dei, o in seguito a una violenza fisica come un rapimento, o ancora vittima di troppe convincenti parole o colta dalla follia dell'amore che impedisce di vedere le conseguenze delle proprie azioni.
Gorgia conclude affermando che Elena è stata vittima della sventura e pertanto non colpevole di aver provocato la guerra.
Il dono per amore: Boccaccio, Teocrito e De André
Giovani Boccaccio, nato a Firenze nel 1313 trattò in numerose delle 100 novelle contenute nel Decameron la tematica dell'amore e, reduce dal periodo cortese, in molte di queste l'amore del corteggiante è espresso all'amata con dei doni. Un esempio è "Federigo degli Alberighi" il quale, pur avendo speso tutta la fortuna per ricoprire di doni l'amata, anche in condizioni di povertà estrema pur di onorare la donna le offre in pasto l'ultimo suo bene: il suo adorato falcone. La donna Vedova e ricca , dovendosi risposare, ricorderà il gesto di Federigo: il frutto dei doni sarà dunque il loro matrimonio. In un'altra novella il cuoco Chichibio per aver donato all'amata la coscia di una gru del suo padrone rischierà il patibolo, salvandosi solo grazie a una risposta buffa ma ragionata.
Il tema del dono d'amore è trattato anche da Teocrito, che per di più ne specifica l'identità: per lui il simbolo per eccellenza dell'amore è la mela e l'accettazione di questo dono comporta un impegno nei confronti del donatore da parte di chi la riceve. Aggiunge inoltre che il dono stesso è un gesto d'amore e il non donare corrisponde alla mancanza d'amore.
In tempi più moderni la tematica del dono d'amore è stata trattata da grandi poeti come De André che, nella ballata dell'amore cieco parla di una donna che, spinta dall'odio verso un corteggiatore, gli chiede come prova d'amore tre doni: il cuore della madre, il taglio delle vene, e in ultimo, la vita stessa. La crudeltà di questa donna ricorda la novella di Boccaccio "Nastagio degli Onesti" in cui ai doni dell'innamorato la donna risponde con l'odio.
A partire dall'età cortese la donna oggetto d'amore è sempre destinataria di attenzioni, gentilezze e doni: anche nelle condizioni più difficili l'uomo innamorato tenta di rallegrare la sua donna con ogni mezzo: possiamo trovare nel film di Benigni "La vita è bella", un simpatico esempio. Quando ormai la famiglia intera si trova ad Auschwitz, il padre, rischiando la vita, saluta all'altoparlante delle S.S. la moglie con un "Buongiorno, Principessa!". Con questa frase egli dona alla sua compagna un istante di felicità nella terribile condizione della deportazione.
Il dono a Gertrude
"Bambole vestite da monaca furono i primi balocchi che le si diedero in mano".( Alessandro Manzoni, Promessi Sposi, Capitolo IX)
Così Manzoni inizia il racconto della sventurata Gertrude, o anche Monaca di Monza, la cui infanzia fu segnata da continue pressioni volte a convincerla a prendere i voti. Manzoni racconta di come la vita della bambina fosse già stata programmata, e di come per tutta l'infanzia le fosse stata propinata l'idea di diventare monaca come ottima prospettiva di vita.
La simbolicità del dono di una bambolina vestita da monaca ad una bambina è dunque il voler convincere chi non può obiettare, il voler imbonire chi è coretto ad obbedire.
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