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La natura forzata




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LA NATURA FORZATA




Versailles è dunque nata dall'amore e dalla caccia. Tuttavia, anziché stabilirsi nel vallone di Galie, Luigi XIII avrebbe potuto scegliere un sito più ameno di quello offerto dalla collinetta e contesogli da un vecchio castello. Orbene, è proprio la presenza di questo castello che ha senza dubbio determinato la sua scelta. "E' sempre meglio costruire in un luogo abitato che in uno in cui nessuno ha ancora eretto una dimora", scrive il medico Louis Savot nella sua Architecture françoise des bastimens particuliers (1624). In realtà, senza saperlo, Savot non fa che constatare la stupefaciente propensione dei castelli costruiti alla sua epoca a riaccostarsi ai castelli medioevali: nel meglio e nel peggio, come testimonia Versailles.

Tuttavia, l'insediamento non avrebbe potuto realizzarsi se Luigi XIV non avesse consacrato mezzi considerevoli alla bonifica del sito, in primo luogo ai terrazzamenti.

Dominare le asperità del terreno significa anche controllare le acque. Luigi XIV non riuscirà a completare questa impresa. Le Grandi Acque (così venne chiamato lo spetttacolo delle vasche e dell fontane in azione) hanno bisogno di qualche migliaio di litri al secondo. Alla fine del regno, Versailles non riceverà che la quantità di acqua necessaria alla realizzazione di uno spettacolo di due ore, durante il quale le vasche verranno riempite in successione.

Lo stagno di Clagny, sparito nel XVIII secolo per far posto al quartiere versaillese che porta lo stesso nome, è inizialmente il principale punto di alimentazione dell'acqua e al tempo stesso l'unico dei tempi di Luigi XIII. Era in parte artificiale, essendo stato ingrandito con la costruzione di uno sbarramento sul ruscello di Clany. Il vallone di Galie non offriva altre riserve, se non quella dello stagno Paunt (fetido), il cui nome la dice lunga su quanto fosse inopportuno smuovere le acque: sarà soltanto sistemato in modo da formare la pièce d'eau (laghetto) des Suisses. E' pur vero che ben presto si pensa di raccogliere le acque in fondo ai declivi, per poi farle risalire. Tuttavia lo sviluppo dei giardini obbligherà a spingersi sempre più lontano alla ricerca dell'acqua, tanto a nord che a sud, sui rilievi e nelle valli vicine, i cui stagni formano una rete immensa. Nel 1681 si raggiunge a nord la Senna, ma l'acqua che vi verrà prelevata sarà rapidamente dirottata verso Marly. Nel 1684, a sud, dopo aver raggiunto la Bievre, poi l'Yvette ed essere arrivati fino agli stagni nei pressi di Rambouillet, a 34 chilometri da Versailles, si pensa di poter deviare parzialmente l'Eure che tuttavia fa parte del bacino della Loira; ma i lavori inziati non verranno portati a termine.

La forza motrice per la risalita delle acque è ottenuta utilizzando meccanismi a giostra fatti ruotare da cavalli, o mulini. La pompa a giostra costruita da Luigi XIII presso lo stagno di Clany viene sostituita nel 1663 da una torre alla cui base sono disposti due meccanismi a giostra e nella cui sommità è contenuto un serbatoio. Questa torre, costruita da Luis Le Vau, è identificata come un segnale nelle antiche incisione del castello; essa si trovava in prossimità dello stagno, di fianco ad un sentiero che ha preso in seguito il nome di rue de Reservoirs (via dei serbatoi). Tre mulini a vento segnavano il percorso di risalita delle acque, dall'estremità del Grande Canalesino allo stagno di Clany. Cinque mulini a vento appollaiati a sud dei rilievi attiravano le acque del Midi.. Questi mulini, dalle grandi pale colorate, occupavano un posto singolare nel paesaggio. La celebre macchina di Marly, collocata sull'insenatura della Senna persso la quale verrà edificato il castello, altro non è che un mulino ad acqua di ragguardevoli dimensioni, destinato a produrre l'energia necessaria a forzare l'acqua oltre la valle. Per superare questo dislivello di 162 metri rispetto alla Senna si fa ricorso a due liegesi, l'ingegner Antoine Deville ed il maestro d'ascia Rennequin Saulem, che nel 1681 costruirono una delle più celebri macchine del tempo.

Il convogliamento delle acque presupponeva la realizzazione di una fitta rete di acquedotti. L'acquedotto dell'Eure avrebbe avuto una lunghezza di 110 chilometri, se fosse stato ultimato: d'altronde, il punto di diramazione non sarebbe stato che 26 metri sopra il livello dei cortili del castello. Le opere più spettacolari e più onerose erano rappresentate dai ponti tramite i quali gli acquedotti avrebbero potuto superare le valli. Infatti, lo stupefacente effetto dovuto all'estensione della rete era la necessità di oltrepassare le valli dalle quali prima si era attinto. E' per questo che la Bièvre, il cui corso è in ampia misura parallelo al vallone di Galie, è attraversata a Buc da un ponte-acquedotto costruito nel 1683-1684, che permette il convoglimento dell'acqua proveniente da sud.





La più notevole di queste opere è senza dubbio il ponte-acquedotto di Maintenon. Esso attraverso l'Eure all'altezza di Maintenon, il cui castello è stato donato da Luigi XIV alla celebre marchessa, sua ultima compagna. In effetti, il canale dell'Eure, realizzato nel 1684, è andato a cercare l'acqua molto più a monte di Maintenon, già situata al di sotto del livello di Versailles: la presenza di un'insegna obbligava il canale ad intersecare a valle il fiume da cui proveniva. Per oltrepassare la valle di Maintenon sarebbe bastato un sifone.

Luigi XIV che aveva visto il ponte del Gard durante il suo viaggio di nozze del 1660, volle una costruzione che potesse uguagliare le più audaci realizzazioni dei Romani. Vi impegnò Vauban, il suo più celebre ingegnere, e trentamila uomini del suo esercito, agli ordini del maresciallo d'Uxelles. I lavori vennero definitivamente interrotti dalla guerra della Lega d'Augusta. Nella primavera del 1688, gli uomini del maresciallo d'Uxelles erano a Maintenon; in autunno, si trovavano davanti alla piazza di Neustadt. Nei saloni di Versailles, si dimentica l'esistenza di queste imprese titaniche che non hanno lo stile di una corte in cui gli intrighi che vi si tramavano si confondono facilmente con gli affari del mondo.

Giunte a Versailles, le acque si riversavano in serbatoi, camere aeree a cielo aperto o camere interrate e oscure in cui si raccoglievano prima di disperdersi in cascatelle impetuose per il diretto del re. Sarebbe impossibile elencare tutti i serbatoi che si dovettro creare e molto spesso esistono ancora: sotto il partere d'Eau, i serbatoi costruiti nel 1673 dall'architetto François D'Orbay; al di sopra, rue des Reservoirs, tre grandi vasche rettangolari, installate per la prima volta nel 1667, ma ripetutamente rimosse e ricollocate; non lontano, rue du Peintre Le Brun, un castello d'acqua costruito nel 1684, dissimulato sotto l'aspetto di una casa; sulla collinetta di Montbauron, uno dei rilievi naturali del vallone di Galie, il grande serbatoio nel quale verranno convogliate nel 1685 le acque della Senna. Dai serbatoi si diparte una nuova rete, quella delle canalizzazioni che raggiungono le vasche. Queste canalizzazioni sono create con tubi di terracotta o di piombo; ma si utilizza ancora il legno forato. In Francia i primi tubi di ghisa sono stati creati nel 1672 per Versailles, nelle fucine della Normandia.

La grandiosità di questi lavori stupisce; in parte sono stati eseguiti a questo fine. La monarchia intendeva trarne prestigio dalle opere d'arte che realizzava. L'apertura del canale d'Entre Deux Mers, il Canal du Midi, che mette in comunicazione l'Atlantico con il mediterraneo passando a nord dei Pirenei, è illustrata dall'incisione che fa da supporto alla propaganda reale, alla stregua dei più generosi lavori di architettura. Bisognava soffermarsi su questi fatti per arrivare a capire che Versailles, capolavoro artistico, è anche un castello d'acqua, un punto di approdo verso il quale convergeranno ben presto tutte le forze vitali del regno.









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