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La solitudine di massa - tesina




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GIUSEPPE UNGARETTI n     1888 8 febbraio: Giuseppe Ungaretti
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Cecilia Vitiello, 5BS.

Liceo Scientifico Leonardo da Vinci, Casalecchio di Reno - BO -.

Percorso tematico per l'esame di Stato.

Anno scolastico 07/08




La solitudine di massa



La solitudine di massa è un fenomeno che tocca la nostra società e vita quotidiana più di quanto si pensi.

A una prima impressione unire solitudine e massa sembra un ossimoro, un'incongruenza: com'è possibile provare un senso di solitudine mentre siamo circondati da altre persone e inseriti in un contesto sociale?

Eppure la solitudine di massa agisce proprio in questo senso, come "paradosso moderno e postmoderno".


Ho scelto, per cominciare, di esaminare e descrivere questa nuova manifestazione della vita umana in chiave sociologica e psicologica

Ho iniziato - seguendo il saggio Capire la società contemporanea di Daniele Ungaro - da un inquadramento storico-sociale delle trasformazioni sociali, economiche e culturali, realizzatesi a partire della società moderna fino alla società postmoderna all'interno di un processo di modernizzazione.


Successivamente ho focalizzato la mia analisi sugli effetti che tali trasformazioni sociali, economiche e culturali hanno avuto e hanno sulla psiche degli individui,  sottolineando le differenti modalità in cui essi si manifestano nella modernità e nella postmodernità.

Mi sono quindi approcciata a Zygmunt Bauman con il suo saggio La società dell'incertezza per quanto concerne la dettagliata descrizione del senso di paura e delle sue molteplici declinazioni.


Per quanto riguarda la filosofia ho voluto parlare, prima, di due fondamentali esponenti della Scuola di Francoforte, Horkheimer e Adorno, per la rilettura del mito di Odisseo all'interno del saggio La dialettica dell'Illuminismo, nel quale riflettono sul destino dell'uomo occidentale che porta a termine il progetto di asservimento della natura soltanto rinunciando a se stesso; infine della corrente esistenzialista e, soprattutto, della prospettiva heideggeriana, nell'analisi delle possibilità che si danno all'uomo moderno (e postmoderno): l'esistenza autentica e l'esistenza inautentica.


Ho poi approfondito l'argomento della solitudine di massa con una documentazione sulle nuove tossicodipendenze, seguendo una mia ipotesi - in riferimento alla crescita del commercio di una nuova droga, la Ketamina, sostanza dispercettiva il cui effetto è quello di dissociare il corpo dalla mente - per cui, chi usufruisce di questo nuovo tipo di droga, riducendosi alla sola dimensione del corpo scisso dalla mente, si isola e si allontana sempre di più dalla società.

Ho svolto la ricerca allo Spazio Giovani del Poliambulatorio Roncati con operatori sociali del Ser.T (Servizio TossicoAlcoldipendenze) di Bologna, appoggiandomi al testo di Miguel Benasayag Gérard Schmit L'epoca delle passioni tristi.


Infine ho voluto verificare come il fenomeno della solitudine di massa si esprime nella letteratura europea, concentrandomi sulla crisi, nel mondo moderno, del ruolo dell'intellettuale in conflitto con la classe borghese, i cui valori si basano sul guadagno e sulla produttività.

Ho scelto due autori molto diversi fra loro e non contemporanei, Charles Baudelaire e Franz Kafka, entrambi scrittori innovatori e personaggi tormentati in perenne contrasto la società.


Ho condotto l'analisi della poetica di Charles Baudelaire, uno dei più grandi autori francesi di tutti i tempi, basandomi sulla lettura integrale de I fiori del male, il suo capolavoro e la sua opera più significativa, riflettendo sull'angoscia, la noia, il rapporto con le droghe e la sua vita da bohémien.


[Analyse de la poétique de Charles Baudelaire, reconnu comme l'un des écrivains les plus importants de l'histoire de la poésie française, par la lecture intégrale de Les fleurs du mal, son chef-d'oeuvre: réflexions sur l'angoisse, l'ennui, la mélancolie, le rapport avec les drogues et sa vie « bohémienne ».]


La lettura de La metamorfosi, testo per me incredibilmente significativo, e di altri racconti di Franz Kafka, mi ha permesso di comprendere le tecniche narrative e i temi cari all'autore, riguardanti soprattutto i conflitti che animano la sua personalità, i disagi che derivano dall'autoritarismo del padre, la sua impossibilità di realizzarsi nel matrimonio e negli affari, e la critica alla società borghese dell'epoca.


Infine all'interno del mio percorso tematico ho inserito alcuni "stacchi poetici": poesie di diversi autori, da Ungaretti a Eliot, riguardanti la solitudine e un sentimento di malessere. Ho preferito non spiegarle, né contestualizzarle, per alleggerire la trattazione di un argomento così complesso e per dare un "respiro" meno didattico. Nello stesso modo ho inserito alcuni testi scritti da me durante l'anno scolastico, con il corso di scrittura creativa, l'ultimo dei quali è una rielaborazione del racconto di Franz Kafka, Un sogno.

Dare una definizione della propria epoca e della propria società, a prima vista, non sembra un'operazione difficile. Basta affidarsi ad un pizzico di luoghi comuni e di stereotipi ed ecco subito pronta un'etichetta, un marchio, una classificazione.

E se ancora non si fosse soddisfatti basta un clic del telecomando: clic "I Cesaroni", clic "I liceali", clic "Mogli a pezzi", clic "Uomini e donne", clic clic clic.

Tutti mediamente felici, tutti mediamente borghesi, tutti mediamente belli, appagati, interessanti.


Lanciata nel 2000 la società occidentale di oggi, postmoderna e postindustriale, è figlia di quell'età dell'oro cominciata con la fine della seconda guerra mondiale, figlia di un lungo processo di modernizzazione, figlia di un benessere diffuso e generalizzato, di un mercato sempre più globalizzato, del terzo settore, dei beni di lusso, delle tecnologie e delle innovazioni.


La società postmoderna è una società globalizzata, soggetta alla sovversione dei territori per opera dello spazio mercantile e all'intensificazione delle relazioni sociali su scala mondiale.

In senso ottimistico, l'individuo vede decuplicate le proprie possibilità e capacità, anche grazie all'imponente sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa e alla velocità di diffusione delle informazioni, che rende possibile il superamento delle distanze geografiche e temporali.

In quest'ottica, quindi, la solitudine dovrebbe essere ormai solo un vago sentimento di malinconia, un recesso di poeticismo romantico, un ricordo evanescente.


Tuttavia il nostro è un mondo ben lontano dall'essere perfetto, pieno di contraddizioni e di problemi che toccano la sfera sociale ed economica, ma anche quella psicologica, ideologica, politica ed ecologica.

E allora, se la nostra non è una realtà semplicistica così come vuole l'apparenza (soprattutto l'apparenza mediatica), classificarla non è più un'operazione tanto facile: Zygmunt Bauman, sociologo britannico di origini ebraico-polacche definisce a ragione la società postmoderna una "società liquida", per indicarne l'intrinseca tendenza alla costante auto-metamorfosi:

"[.] Ciò che è liquido non ha e non può avere la stessa forma per lungo tempo, ed è soltanto il passaggio da un recipiente all'altro che ne ridetermina la forma [.]".


Gran parte delle difficoltà che l'uomo postmoderno si trova ad affrontare derivano dal passato, da ciò che eravamo.

La società postmoderna, infatti, non è segnata solo da una predisposizione al cambiamento, ma anche da una ripresa e una radicalizzazione di alcune caratteristiche peculiari della moderna società di massa, tipica dei totalitarismi e del periodo bellico e post-bellico.


Modernità e postmodernità pongono come un nuovo "malato" umanesimo, l'uomo al centro dell'universo in ogni fase della sua vita, ma non come individuo sensibile, autonomo e pensante, bensì come consumatore spersonalizzato, schiavo della logica del mercato e dominato dalla paura di esserne escluso.

Miliardi di consumatori, di numeri, che vivono soli, gli uni accanto agli altri.

































Il viaggio - Cecilia Vitiello

Ho sognato.

Credevo,

credevo che tutto fosse illuminato.

Camminavo in equilibrio su una corda

e ad occhi aperti bevevo il mondo.

Credevo di essere la più bella

e pensavo di esserlo per sempre.

Che bel viaggio magico

quello che ti porta a trovar le stelle,

là dove pensavo di essere.

Immersa nel fragore di un temporale

e nelle profondità del mare,

sulle praterie, sulle montagne,

pensavo di conoscere l'arrivo, la meta, la destinazione

del mio viaggio.


Credevo che le nuvole fossero morbide.

Non si può toccare la nuvola,

ma come puoi dire alla bambina

che è solo nebbia?

Camminavo su una corda.

La corda ha vibrato

come quella del pianoforte.

Suono greve è quello della caduta.

Rimarrà la cicatrice

solo un altro segno,

un sogno

fatto di spigoli

che di soffice non ha niente.

Ma tu non dire alla bambina

che in fondo

è solo nebbia.

Ben svegliata, ben tornata.



Inquadramento storico-sociale dell'argomento a partire dal saggio di Daniele Ungaro, Capire la società contemporanea, Carocci editore, 2001.



Nel saggio Capire la società contemporanea di Daniele Ungaro viene chiarito in che modo la società, intesa come insieme organizzato di individui che condividono fini, comportamenti e norme sociali, non sia né statica, né immutabile.

Una lunga serie di cambiamenti storici, sociali, economici e politici, infatti, culminati con la rivoluzione francese, ha fatto sì che la cosiddetta società tradizionale, indicativamente nata a partire dal medioevo, diventasse una società moderna.

Il passaggio dalla modernità alla postmodernità, invece, e quindi la formazione dell'attuale società postmoderna occidentale, avviene, sempre indicativamente, negli anni '70 del XX secolo, e dura fino ad oggi.



.FATTORI DI MODERNIZZAZIONE SOCIALE.


     Un ruolo fondamentale nella modernizzazione della società, lo ha avuto il processo di differenziazione funzionale, quel processo di specializzazione settoriale di determinati ambiti della società.

La società moderna risulta molto più differenziata e specializzata rispetto a quella tradizionale e la competenza tecnica diventa progressivamente un fattore più importante dell'autorità tradizionale e religiosa.

In altre parole si cerca e si ottiene una tecnicizzazione del mondo, che si afferma quando la scienza diventa una fonte di verità anteposta alla religione, sintomo di quello che Weber, uno dei padri fondatori dello studio moderno della sociologia, chiama un progressivo disincanto del mondo.


     La modernità è anche frutto dello sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa, che rende incredibilmente veloce la diffusione delle informazioni e che garantisce una maggiore mobilità dei messaggi.

I mass media hanno la capacità di "superare le distanze" e consentono una bidirezionalità delle informazioni, cioè la possibilità, per chi ne usufruisce, di interagire con essi.


     Espressione e conseguenza della differenziazione funzionale sono la rivoluzione e il capitalismo industriale, che muteranno profondamente il mondo del lavoro, sempre più soggetto al criterio economico dell'efficienza, della razionalità strumentale e della massimizzazione dell'utilità.

Vengono introdotte, infatti, le macchine nei processi di lavorazione e si accentua ancora di più la divisione del lavoro tra i proprietari dei mezzi di produzione e la forza lavoro salariata.


     Anche lo sviluppo dello stato-nazione con le sue istituzioni tipiche, sorto indicativamente a partire della rivoluzione industriale, è sintomo ed espressione di un processo di modernizzazione.

Nasce lo stato-macchina, apparato amministrativo burocratico e impersonale che si realizza attraverso una coscienza razionale e che si protegge attraverso forme tecniche del controllo sociale, atte a contrastare (attraverso l'allontanamento e la segregazione) i comportamenti antisociali dei suoi membri: lo stato-nazione pretende un'adesione consapevole ad un progetto comune (da qui la necessità di alcune istituzioni/strutture finalizzate ad ottenere il consenso).


     Il mondo moderno, inoltre, tecnicizzato e "disincantato", porta con sé la fine delle grandi narrazioni, la fine delle grandi visioni complessive del mondo e quindi una sfiducia, oltre che nella religione, nel sapere scientifico stesso.

Viene a cadere la considerazione positivistica della scienza moderna, ormai incontrollabile, come strumento di emancipazione rispetto alla religione e alla tradizione.




.FATTORI DI MODERNIZZAZIONE ECONOMICA.


Hanno subito profonde modifiche anche l'organizzazione del lavoro, che è espressione fondamentale del processo di differenziazione funzionale, e il relativo modello di produzione.

A partire dagli anni '70 si afferma un nuovo modello di produzione snella, il toyotismo, che va a sostituire un modello di produzione di massa, il fordismo, apparso agli inizi del secolo.


Il fordismo si basava su una produzione rapida di un ampio numero di beni, di qualità media e a basso costo, una produzione detta "just in case" (pronti ad ogni evenienza), che producesse indipendentemente dalle richieste dei consumatori.

Si fondava, quindi, su una domanda di mercato rigida e costante nel tempo.

Il processo lavorativo stesso era rigido, standardizzato e diviso in fasi, e l'organizzazione dei lavoratori era stabilita da una gerarchia altamente specializzata.


Questo modello produttivo era strettamente legato all'utilizzo della catena di montaggio, per cui l'operaio svolgeva sempre le stesse elementari mansioni che doveva ripetere continuamente nel più breve tempo possibile per ogni giorno lavorativo.

Ciò favoriva l'alienazione e la spersonalizzazione dei lavoratori e del processo lavorativo (cfr. Marx: alienazione rispetto al prodotto, rispetto a se stessi, rispetto agli altri).


Proprio per la sua estrema rigidità il fordismo entra in crisi, non soddisfando le esigenze di un nuovo fenomeno, il consumo opulento

Arricchendosi una fascia sempre più larga di popolazione, comincia a esserci una massiccia richiesta di beni di lusso e, quindi, la necessità di un nuovo modello di produzione che gestisca la variabilità della domanda di mercato.


L'introduzione della robotica e dell'informatica nel processo lavorativo sono anch'essi fattori che contribuiscono a mandare in crisi il fordismo e a far nascere il toyotismo.

Quest'ultimo modello tenta di produrre beni di qualità superiore, ma a costi inferiori, servendosi delle UTE - unità tecnologiche elementari -, cioè di un sistema di produzione a isole, dove ogni unità è una squadra in grado di svolgere l'intero processo produttivo e non più solamente una singola mansione elementare.


La produzione postfordista non solo riesce a soddisfare l'esigenza di qualità, ma anche a mantenere una produzione di massa e a venire incontro alla crescente variabilità a personalizzazione della domanda dei consumatori.

Infatti non utilizza più il criterio "just in case", ma si basa sul "prodotto venduto", cioè si produce ciò di cui il mercato ha effettivamente bisogno sul momento, quindi "just in time"


L'affermarsi di nuovi modelli produttivi postmoderni si accompagna anche all'imporsi del fenomeno della terziarizzazione.

L'incredibile sviluppo del terzo settore - il settore dei servizi -, dovuto all'arricchimento generale della popolazione, è allo stesso tempo un sintomo e una causa della crisi della modernità.

La terziarizzazione, infatti, comporta un incremento di figure professionali legate al fornimento di beni e servizi, ma anche il progressivo calo di lavoratori impiegati nell'industria e nell'agricoltura.


Il toyotismo, simbolo di un tipo di produzione snella, esige una crescente flessibilità dei processi lavorativi, dell'organizzazione, degli orari e del numero di lavoratori, spesso impiegati solo a tempo determinato.


Questo nuovo modello di sviluppo economico può essere definito turbocapitalismo, per la sua grande capacità di aumentare velocemente le ricchezze di determinati settori economici e ceti sociali dei paesi più ricchi, ma anche di emarginare i più deboli.


I rilevanti costi sociali derivanti dalla fine del lavoro dipendente, sicuro e a tempo indeterminato, si traducono in un sentimento costante di incertezza e di abbandono, cui contribuisce anche la crisi del Welfare State.


Il Welfare State, lo stato sociale o stato del benessere, che nasce storicamente con l'emergere delle contraddizioni dell'economia capitalistica, dovrebbe porre rimedio alle situazioni di disagio create dalla postmodernità ed eliminare le diseguaglianze sociali ed economiche fra i cittadini attraverso un sistema di protezioni, tutele e garanzie sociali.

Tuttavia, negli ultimi anni, quest'apparato statale è entrato in una crisi apparentemente irreversibile, poiché, sul fronte fiscale, l'esigenza di coprirne gli ingenti costi ha comportato una continua crescita della pressione tributaria.

Inoltre i maggiori benefici di questo costoso apparato - gravante sulle spalle di tutti, e quindi anche sui ceti più poveri - non sono andati per lo più ai veri bisognosi, ma hanno alimentato i redditi della classe media, la classe burocrate che gestisce il sistema.


In sintesi, nel processo di modernizzazione la vita umana diventa una semplice appendice della produzione e del consumo.

La domanda principale che l'uomo, prima moderno e poi postmoderno, si pone è: "come si deve essere?", piuttosto di "chi si deve essere?".



.FATTORI DI MODERNIZZAZIONE CULTURALE.



Nel passaggio dalla modernità alla postmodernità cambiano anche gli attori sociali.

Nella modernità questi erano esclusivamente produttori e soldati, la cui disciplina imponeva che si assumessero obblighi e responsabilità; nella postmodernità, invece, gli attori sociali diventano consumatori globali, soggetti all'omologazione culturale, e modelli di consumo uguali per tutti, che rifuggono ogni impegno definitivo, sempre alla ricerca di nuovi piaceri e di oggetti del desiderio da consumare.


Come si è visto per l'uomo postmoderno l'aumento della libertà individuale si accompagna alla riduzione della sicurezza sociale, ad un sentimento di solitudine e di incertezza esistenziale circa il proprio ruolo nel mondo e nella società.


Nel prossimo paragrafo tratterò proprio questo senso di smarrimento che pervade, in modi diversi, postmodernità e modernità.



Analisi psicologica dell'argomento a partire dal saggio La società dell'incertezza di Zygmunt Bauman, Il Mulino, 1999.




Nel saggio La società dell'incertezza, l'autore Zygmunt Bauman tenta di comprendere e descrivere il disagio che affligge la società occidentale nella modernità e nella postmodernità.


.LIBERTÀ e SICUREZZA.


La libertà è il nostro destino: una sorte che non può essere ignorata e che non ci abbandona mai.

Questo mondo ha subito un processo di radicale "aumento dell'incertezza", dimensione che esercita un impatto psicologico enorme e che incide su ogni aspetto dell'esistenza umana.


Una conseguenza della progressiva emancipazione dell'individuo, infatti, è la divisione sempre più profonda tra ricchi e poveri.

Poiché le spese per il Welfare State vengono tagliate, il costo della polizia, dei penitenziari, dei servizi di sicurezza, delle guardie armate e dei sistemi di allarme cresce a dismisura, mentre la povertà, ridefinita come problema di ordine o come problema medico-legale, sviluppa un sempre maggiore bisogno di risorse.

Di conseguenza, chi è già escluso, o chi si trova sulla soglia dell'esclusione viene sospinto a forza (e rinchiuso) all'interno dei muri invisibili, ma del tutto tangibili, che delimitano i nuovi territori dell'emarginazione.

Tagliare e restringere le libertà degli esclusi non aggiunge nulla alla libertà di chi è libero, ma anzi il piacere della libera scelta si dissolve, mentre si rafforzano la paura e l'angoscia.

La libertà di ogni individuo, e il suo pieno godimento, richiedono la libertà di tutti: perché ogni individuo possa affrancarsi dalla paura dell'indigenza, è necessario che tutti siano sgravati dalla povertà.



.LA PAURA.


L'umanità conosce la paura fin dagli inizi della sua storia e ogni epoca si è differenziata dalle altre per avere conosciuto forme particolari di paura, anche se le minacce sembrano essere state sempre le stesse.

Sigmund Freud le ha classificate in modo definitivo; per l'autore viennese, infatti, siamo minacciati dalla sofferenza da tre versanti: dal nostro corpo condannato al declino, dal mondo esterno la cui forza distruttiva può annientarci, dalle nostre relazioni con gli altri.

Ma dietro le tre forme di paura vi è la "madre di tutte le angosce", un denominatore comune a ogni realtà storico-sociale, che quotidianamente genera tutte le altre: la minaccia della fine, della morte.

La mente che padroneggia il tempo può considerarsi eterna, ma dimora in un corpo mortale, dimensione transitoria che annichilisce il senso di immortalità.

La prospettiva esistenzialista di Jaspers, che verrà trattata in seguito, si basa su una considerazione della morte proprio come situazione limite, la sperimentazione della nullità di qualsiasi progettualità.


Tutti gli esseri umani, nel corso della storia, hanno sperimentato (e sperimentano) la paura della morte, e hanno fatto ricorso ad alcune strategie per rendere questa paura sopportabile, spostando l'attenzione da ciò che è immodificabile - la morte -, a ciò su cui umanamente è possibile agire (raggiungendo obiettivi e risultati, intraprendendo dei progetti), negando spazio alle preoccupazioni e procurandosi piccole consolazioni.



.LA PAURA DELLA MODERNITÀ.


La modernità emerge come risposta agli effetti non previsti di una crisi di potere dati dal crollo dell'ancien régime e del sistema feudale, che davano all'uomo un forte senso di sicurezza.

Il terrore che deriva dal crollo del secolare ordine sociale è l'incertezza, cioè l'incapacità di comprendere, la paura dell'ignoto, l'inquietudine di individui ormai liberati dal peso della tradizione.


Un tentativo compiuto di esorcizzare questa paura è la realizzazione di un moderno Panopticon [dal greco "occhio che vede tutto"], un nuovo ordine sociale globale che colmi il vuoto lasciato da quello precedente e che si estenda a tutte le dimensioni dell'agire umano.

Per restaurare la certezza, eliminare la casualità e rendere i comportamenti dei propri membri regolari, prevedibili e "certi", il Panopticon si serve di quelle che P. M. Foucault, storico e filosofo francese, chiama "fabbriche dell'ordine sociale": istituzioni rigide - come scuole, ospedali, eserciti, industrie, famiglie, cliniche psichiatriche, prigioni - in cui si è completamente inseriti, o da cui si è completamente esclusi, regolamentate da diritti e doveri, e che esigono vigilanza e controllo.


La paura dell'incertezza viene quindi esorcizzata attraverso un "ripristino dell'ordine", una rigida regolamentazione a scapito della libertà individuale.

Di conseguenza è facile capire come la più grande paura della modernità fosse l'esclusione da questo nuovo ordine sociale globale, ove era richiesta una certa idoneità fisica e sociale.

L'idoneità era misurata in base alla salute e alla forza fisica, alla capacità di svolgere compiti produttivi: un uomo che non fosse stato in grado di lavorare o arruolarsi era un uomo essenzialmente fuori dalla rete del controllo sociale.

Inoltre avere un lavoro nella società moderna, significava dedicarsi pienamente ad una vita "regolare" e "virtuosa"; l'ozio, considerato come un vizio, era sintomo, infatti, di inadeguatezza e debolezza, tipico dei criminali e dei vagabondi.

La paura moderna può quindi essere declinata in paura della degenerazione fisica e della degenerazione morale, ossia della devianza.

L'uomo deve diventare approvigionatore di beni, che guadagna e che risparmia, che progetta la sua vita e "commisura i mezzi ai fini" secondo la logica dell'azione razionale (cfr. razionalizzazione rispetto allo scopo, Max Weber).

Il "regime della regolamentazione" ha quindi sostituito l'originaria paura moderna dell'incertezza con la paura della trasgressione delle norme, il timore della devianza e delle sanzioni.



.LA PAURA DELLA POSTMODERNITÀ.


Oggi non c'è più una grande richiesta né di forza lavoro né di soldati.

I lavori provvisori nel campo dei servizi, part-time, flessibili e scarsamente strutturati, hanno sostituito sempre di più i lavori industriali, del posto fisso, a tempo pieno.

Inoltre le fabbriche dell'ordine sociale e il Welfare State hanno subito un'irreversibile crisi e non sono più in grado di sostenerci e tanto meno di aiutarci ad esorcizzare la paura.

Nella società postmoderna l'uomo, malgrado sia più libero, si sente molto più solo rispetto a prima e la sua paura diventa ancora più profonda perché deve essere affrontata apertamente: la paura dell'incertezza deve essere respinta o neutralizzata solo dall'azione del singolo, da un frenetico sforzo di autoaffermazione.

L'individuo postmoderno, sfrattato dalla condizione di "abitatore" del Panopticon in cui era approvvigionatore di beni, si è ritrovato nella condizione di consumatore di merci, in cui assume il ruolo di collezionista di piaceri e di cercatore di sensazioni.

Il fallimento o l'impossibilità di autoaffermarsi genera un nuovo angosciante timore: la paura dell'inadeguatezza, che rimanda all'incapacità di acquisire la forma e l'immagine desiderate.

La paura della devianza si è quindi trasformata in quella che Horkheimer e Adorno chiamano "paura del vuoto", la paura di essere diversi e perciò isolati.





.IL CORPO.


Il corpo moderno del lavoratore/soldato era regolamentato e manipolato da forze esterne e costretto a compiere movimenti stabiliti.

Il lavoratore doveva dimostrare di avere la capacità di rispondere agli stimoli con il necessario vigore (capacità = salute; incapacità = malattia); capacità che dipendeva esclusivamente dall'alimentazione e dalla quantità di cibo sufficiente ad offrire energia  muscolare adeguata agli impegni lavorativi. Eccedere nella quantità era considerato un lusso e uno spreco, mentre "tenere da parte" era indice di saggezza.


Al di sopra della soglia di povertà, però, le esigenze e i bisogni del corpo cambiano: il corpo è considerato soprattutto un corpo che consuma.

Il corpo postmoderno è prima di tutto un recettore di sensazioni: assorbe esperienze, è uno strumento di piacere, è il corpo del benessere (fitness).

Mantenere una buona forma fisica, significa mantenersi pronti ad assorbire e a recepire stimoli.

Per questo la ricerca della perfetta forma fisica è afflitta da un'inquietudine difficile da evitare: la capacità del corpo di provare sensazioni intense è condannata a rimanere per sempre al di sotto di un ideale irraggiungibile, poiché nessuna cura o esercizio è in grado di fugare il sospetto corrosivo dell'insoddisfazione latente.

Il corpo recettore di sensazioni è un prodotto fai-da-te, e le sue disfunzioni sono infortuni autoinflitti: i rimedi devono essere ricercati e applicati in modo individuale.

Il corpo è diventato una "proprietà privata", ed è compito del proprietario averne cura, come fosse un custode. Ciò genera una "mentalità sotto assedio": il corpo e il suo benessere sono minacciati da ogni parte.






















Forse un mattino andando in un'aria di vetro - Eugenio Montale
Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Natale - Giuseppe Ungaretti

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto                                                          Non ho voglia

alberi case colli per l'inganno consueto. di tuffarmi

Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto                                                                 in un gomitolo
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto. di strade

Ho tanta

stanchezza
sulle spalle


Lasciatemi così

come una

Senza di te tornavo, come ebbro - Pier Paolo Pasolini cosa

non più capace d'esser solo, a sera                                                   posata

quando le stanche nuvole dileguano                                                                                                  in un

nel buio incerto.            angolo

Mille volte son stato così solo           e dimenticata
dacché son vivo, e mille uguali sere
m'hanno oscurato agli occhi l'erba, i monti Qui
le campagne, le nuvole. non si sente
Solo nel giorno, e poi dentro il silenzio altro
della fatale sera. Ed ora, ebbro, che il caldo buono
torno senza di te, e al mio fianco
c'è solo l'ombra. Sto
E mi sarai lontano mille volte, con le quattro
e poi, per sempre. Io non so frenare capriole di fumo

quest'angoscia che monta dentro al seno; del focolare

essere solo.




La Scuola di Francoforte è una scuola filosofica e sociologica neo-marxista emersa negli anni '20, il cui nucleo originario era formato per lo più da filosofi e sociologi tedeschi di origine ebraica.

La linea di pensiero che ha accomunato tutti gli esponenti risiede nella critica della società moderna con lo scopo di smascherarne le contraddizioni, e di riflettere sul rapporto tra l'esistenza degli individui e le caratteristiche della società tecnologica e consumistica del capitalismo avanzato.


La dialettica dell'Illuminismo, saggio filosofico del 1947 di M. Horkheimer e T. Adorno - due fondamentali personalità di questa scuola filosofica nel secondo dopoguerra -, compie una riflessione sull'Illuminismo inteso come categoria dello spirito, come modalità di approcciare la realtà razionale secolarizzata tipica dell'età moderna.


La dialettica è un metodo argomentativo della filosofia, un modo di procedere nel ragionamento partendo da una tesi e cercando di trovarne le contraddizioni interne, la sua antitesi, per giungere ove possibile, secondo la visione hegeliana della dialettica, a una soluzione e conciliazione, la sintesi.


Secondo i due autori, l'Illuminismo ha capovolto la sua tesi nella sua stessa antitesi, risolvendosi cioè nel suo opposto e, privo di una fase di sintesi, si è realizzato come dialettica diadica.


L'illuminismo, infatti, ha sostenuto l'autodeterminazione degli individui e, a questo scopo, ha imposto una razionalità scientifica e strumentale proponendosi di dominare tutto il mondo della natura con scopo utilitaristico: l'uomo illuminista è quindi caratterizzato da un'istanza di affrancamento della sua ragione dai vincoli della cultura tradizionale.

Questi, però, si è poi ritrovato solo fra i suoi simili e solo di fronte ad una natura esclusivamente ridotta ad oggetto di dominio, da cui egli stesso si è distaccato, estraniato e alienato.

Secondo Horkheimer e Adorno c'è, quindi, una perfetta corrispondenza tra logica del dominio e logica illuministica.


Nell'età moderna questa volontà di dominio e manipolazione è dovuta soprattutto all'evoluzione della scienza, della tecnologia e della ragione.

L'uomo occidentale porta a termine il progetto di asservimento della natura soltanto rinunciando a se stesso.


A parere dei due filosofi il mito di Ulisse può essere considerato come metafora della condizione dell'umanità alienata.

Rileggendo il canto XII dell'Odissea - che racconta il passaggio di Ulisse davanti alle sirene -, emerge il rapporto che c'è tra la razionalità occidentale e la rinuncia, il controllo di sé e il dominio della natura.


In questo brano Ulisse rappresenta l'eroe che è diventato adulto nella sofferenza, un Sé ormai indipendente e fornito di mentalità logico-razionale, distinto dagli altri e distaccato da una natura primigenia.

A questo Sé, che incarna il principio di identità, logico e maschile, si contrappongono le Sirene: figure femminili che ammaliano i marinai promettendo loro il piacere derivante dalla perdita del Sé e dalla ricongiunzione con la Natura, che rappresenta una sorta di passato mitico precedente la razionalità strumentale. Le Sirene, cioè, rappresentano la tentazione di un "ritorno all'origine", la tentazione di perdersi nel passato arcaico.

Ma il Sé indipendente è ormai strutturato secondo un rigoroso ordinamento lineare del tempo: il passato si separa dal presente e non è più ripetibile, ma solo utilizzabile come esperienza di vita, in vista del futuro da progettare.

Il Sé, spinto dallo sforzo di autoconservazione a rafforzare la propria identità, risulta attraversato contemporaneamente da una tendenza all'autoannullamento, alla negazione del Sé e dell'identità in vista di un ritorno all'indistinzione originaria, fonte di ogni felicità. Le Sirene, pertanto, incarnano anche quella che Freud chiama "la pulsione di morte", quella spinta a un ritorno allo stato originario e indistinto della materia.


L'astuzia di Ulisse, però, simbolo dell'Illuminismo, per la quale il protagonista riesce a resistere al pericolo distruttivo delle Sirene, finisce per ritorcersi contro l'eroe stesso.

Attraverso l'estraniazione dalla natura e la rinuncia al godere si afferma la moderna razionalità illuministica e borghese.

Ulisse organizza razionalmente la sua nave come una società in miniatura, finalizzata alla produzione: ai marinai vengono tappate le orecchie, affinché essi non sentano il canto delle Sirene e continuino a remare; Ulisse, invece, facendosi incatenare, si separa dall'attività lavorativa manuale e può godere della bellezza del canto delle Sirene.

Ma questo canto resta per lui, uomo solo e razionale, una triste reminiscenza di una felicità ormai irraggiungibile.




L'esistenzialismo è una corrente filosofica sviluppatasi nella prima metà del XX secolo, che ebbe un importante momento di evoluzione durante gli orrori della Prima guerra mondiale e nella crisi della coscienza intellettuale nella società di massa dell'immediato dopoguerra.


L'esistenzialismo rifletteva sul senso della vita, sui limiti e le possibilità della libertà individuale, incentrando queste riflessioni intorno alle domande: 'che cos'è l'essere?' e 'che cosa vuol dire esistere?'.


Fra le personalità più importanti di questa scuola di pensiero vi sono i filosofi M. Heidegger, J-P. Sartre e K. Jaspers che, in modalità diverse, focalizzano la loro riflessione sull'esistenza intesa come modo d'essere dell'uomo in riferimento alla società moderna.


Heidegger nel suo saggio Essere e tempo del 1927, realizza una celebre analisi dell'esistenza classificandone due tipi: l'esistenza autentica e l'esistenza inautentica.


L'uomo è l'unico che si pone domande sulla propria esistenza, che cerca di comprendere il senso della vita; è l'unico che può accogliere la rivelazione e il disvelamento dell'essere nel linguaggio poetico, artistico e filosofico e che, quindi, può raggiungere la verità.


Esistere deriva dal latino ex-sistere, emergere, esserci a partire da qualcosa, ed è, quindi, il risultato di un processo di determinazione.

L'esistenza autentica è il sorgere dall'indeterminato e il pervenire al vivere per la morte; è l'esistenza che assume su di sé la morte con funzione anticipatrice, non per ricercarla, ma per raggiungere la consapevolezza che il nulla è in noi, la coscienza che nullifica ogni progetto.


L'esistenza inautentica sceglie invece di non emergere, di perdersi nell'anonimato, nell'impersonalità e nella massa e vive di una costante progettualità, rinnegando la morte per paura.

L'inautenticità si distingue per tre elementi che le sono peculiari: la chiacchiera, la curiosità e l'equivoco.

La chiacchiera è la degenerazione del linguaggio autentico che non si apre all'essere ma si limita al quotidiano.

La curiosità è la degenerazione della meraviglia (da Aristotele) che si concretizzava nella ricerca di ciò che non si sa spiegare. La curiosità è impersonale, non è né empatica, né autentica.

L'equivoco nasce dalla curiosità e dalla chiacchiera, poiché, con un discorso ed un linguaggio impersonale, è facile che si verifichino errori e che non si realizzi una vera comprensione, ma che ci si limiti ad una comunicazione inautentica.



Queste due scuole di pensiero filosofico, la Scuola di Francoforte e l'Esistenzialismo, le cui analisi si focalizzavano sulla società moderna, possono essere riprese e considerate ancora attuali nella società postmoderna.

In entrambi i periodi, infatti, seppure, come si è visto, per cause e in modalità diverse, l'uomo si è trovato ad avere a che fare con un crescente senso di spaesamento e di sopraffazione e con un sentimento di precarietà costante e di impotenza.

Se nella società di massa questo si traduceva maggiormente nella paura di "uscire dal seminato", di essere esclusi dalla normalità accettata e condivisa, e nella postmodernità, invece, si declina di più nel bisogno di sentirsi adeguati, ambedue i periodi hanno il potere di renderci profondamente soli nell'affrontare questo tipo di difficoltà.


Il rimedio che ci viene offerto è quello di rispettare certi obblighi sociali quali sottomettersi all'omologazione culturale, abbandonarsi al consumo opulento e condividere la mediocrità spersonalizzante della maggioranza, che ci rende sì inautentici e spesso infelici, ma che ci lascia però aggrappati all'illusione di non vivere in solitudine.

Le Sirene tentavano Ulisse con un facile piacere: la perdita del Sé, il lasciarsi andare ad un'esistenza inautentica e un ritorno all'indeterminato, e forse in questo senso va riletto il piacere distruttivo delle Sirene, come la promessa di non restare solo, di essere accettato, di condividere una felice falsità collettiva; ma mentre l'eroe se ne privava con stoica rassegnazione, come un dovere da affrontare da uomo fornito di mentalità logico-razionale, NOI, esseri umani della società postmoderna, possiamo astenercene in senso liberatorio.


Dovremmo finalmente essere liberi di decidere non "cosa" essere, non "come" essere, ma "chi" essere.

Avere la consapevolezza degli effetti che hanno su di noi i mass media, il contesto sociale e il mercato che ci impone standard di consumo, può renderci in grado di scegliere una via individuale, un modo autentico di condurre la nostra esistenza.










T. S. Eliot - Gli uomini vuoti

Un penny per il vecchio Guy

[The Hollow Men

A penny for the old Guy]


Siamo gli uomini vuoti Nell'altro regno della morte
Siamo gli uomini impagliati Svegliandoci soli
Che appoggiano l'un l'altro Nell'ora in cui tremiamo
La testa piena di paglia. Ahimè! Di tenerezza
Le nostre voci secche, quando noi Le labbra che vorrebbero baciare
Insieme mormoriamo Innalzano preghiere a quella pietra infranta.
Sono quiete e senza senso
Come vento nell'erba rinsecchita
Gli occhi non sono qui
O come zampe di topo sopra vetri infranti                                                          Qui non vi sono occhi
Nella nostra arida cantina In questa valle di stelle morenti
In questa valle vuota
Figura senza forma, ombra senza colore, Questa mascella spezzata dei nostri regni perduti
Forza paralizzata, gesto privo di moto; In quest'ultimo dei luoghi d'incontro
Noi brancoliamo insieme
Coloro che han traghettato Evitiamo di parlare
Con occhi diritti, all'altro regno della morte Ammassati su questa riva del tumido fiume
Ci ricordano - se pure lo fanno - non come anime Privati della vista, a meno che
Perdute e violente, ma solo Gli occhi non ricompaiano
Come gli uomini vuoti Gli uomini impagliati. Come la stella perpetua

Rosa di molte foglie

[.] Del regno di tramonto della morte

La speranza soltanto Degli uomini vuoti.
Questa è la terra morta
Questa è la terra dei cactus [.]
Qui le immagini di pietra
Sorgono, e qui ricevono E' questo il modo in cui finisce il mondo
La supplica della mano di un morto E' questo il modo in cui finisce il mondo
Sotto lo scintillio di una stella che si va spegnendo. E' questo il modo in cui finisce il mondo
E' proprio così Non già con uno schianto ma con un lamento.


Ho infine voluto approfondire l'argomento della solitudine di massa con una documentazione sulle nuove tossicodipendenze, seguendo una mia ipotesi - in riferimento alla crescita del commercio di una nuova droga, la Ketamina, sostanza dispercettiva il cui effetto è quello di dissociare il corpo dalla mente - per cui, chi usufruisce di questo nuovo tipo di droga, riducendosi alla sola dimensione del corpo scisso dalla mente, si isola e si allontana sempre di più dalla società.

Ho svolto la ricerca allo Spazio Giovani del Poliambulatorio Roncati con operatori sociali del Ser.T (Servizio TossicoAlcoldipendenze) di Bologna, appoggiandomi al testo di Miguel Benasayag e Gérard Schmit, L'epoca delle passioni tristi.


Gli esseri umani abusano di droghe da moltissimo tempo, a partire dall'alcool fino alla più moderne sostanze chimiche.

Non è possibile trovare una causa, un perché definitivo e assoluto che spieghi questa dipendenza sfrenata da stupefacenti, ma certamente la solitudine di massa può essere una piccola parte di quel perché.


Citando le parole de L'epoca delle passioni tristi di Miguel Benasayag e Gérard Schmit, trovo conferma di quanto la società postmoderna senta il peso di quella solitudine e alienazione da cui scappiamo omologandoci l'uno all'altro: «[.] viviamo in un'epoca dominata da quelle che Spinoza chiamava "le passioni tristi".

Con questa espressione il filosofo non si riferiva alla tristezza del pianto, ma all'impotenza e alla disgregazione.

In effetti constatiamo il progresso delle scienze e, contemporaneamente, dobbiamo fare i conti con la perdita di fiducia e con la delusione nei confronti di quelle stesse scienze [.]» che non sanno più « "dissipare le tenebre dell'incertezza" ».


Una realtà che non ci appartiene e che ci rende impotenti e spaventati, è una realtà da cui vogliamo fuggire.

Questo spiega l'incredibile aumento, negli ultimi anni, di sostanze illegali anestetizzanti: preferisco dormire, preferisco non guardare e non sapere, stacco il cervello e continuo a rimandare.

La Ketamina è una via di fuga. La Ketamina è una droga solitaria.






.KETAMINA: storia, definizione ed effetti.


Sintetizzata in Michigan (USA) nel 1962, brevettata nel 1963 e classificata tra gli stupefacenti dal 1997, la Ketamina viene commercializzata illegalmente soprattutto da due anni a questa parte (in Italia).

La Ketamina è un anestetico dissociativo o dispercettivo per uso veterinario con proprietà allucinogene.



Anestetico: deprime il sistema talamo-corticale e riduce la frequenza cardiaca/respiratoria e la pressione arteriosa. Stimola però il sistema limbico e la formazione reticolare; mantiene, cioè, sia i riflessi oculari sia quelli laringei e aumenta tutte le secrezioni (saliva, lacrime, secrezioni tracheo-bronchiali). Si tratta dell'unico anestetico capace di permettere il respiro autonomo della persona sedata.

Sostanza dispercettiva o dissociativa: può provocare allucinazioni e alterazione delle percezione; ha il potere di dissociare il corpo dalla mente sconvolgendo l'orientamento spazio-temporale.


Conosciuta con il nome di Keta, Ket, Ketty, Vitamina K, Special K, Kech, si può sniffare, iniettare, fumare o assumere sotto forma di pasticca.


La Ketamina non dà né piacere fisico, né buon umore, né energia: solo inizialmente procura un leggero stato di euforia, seguito quasi immediatamente dall'effetto dissociativo che provoca un progressivo distacco della mente sia dal corpo che dalle emozioni, tanto più potente quanto più è forte la dose, che rende difficile la coordinazione dei movimenti e il controllo dei vari sensi, e che causa una percezione di se stessi e della realtà paradossalmente tanto lucida quanto allucinata, tanto alienante quanto accomodante.

Già con 30-40mg i suoni e le immagini paiono distorcersi e frammentarsi ritmicamente; essendo un effetto assolutamente singolare, anche consumatori abituali di allucinogeni sono stati presi da profonde crisi di panico. Andando oltre si perde progressivamente il senso del tatto, del tempo, delle cose e della propria identità, e si ha la sensazione di essere trascinati fuori dal proprio corpo fino a raggiungere, attraverso una sorta di viaggio extradimensionale (80-120mg, dosaggi sub-anestetici), le cosiddette esperienze di "pre-morte' o di "viaggio ai confini della morte" - near death experience -, una morte apparente vissuta ad occhi aperti, accompagnata da illusorie visioni del futuro - flashforward -.


Nel caso in cui si presenti il bad trip (viaggio cattivo), l'esperienza può diventare traumatica, causando una grande sofferenza psicofisica che può continuare anche per molto tempo, con possibilità di induzione inconscia al suicidio.


Con un uso continuato di Ketamina, oltre ad una lenta scomparsa degli effetti psichedelici che lasciano solo l'effetto sedativo della sostanza, non si escludono danni

permanenti al sistema nervoso.
In caso di overdose si possono avere arresti cardiaci e gravi danni cerebrali.


Ha una breve durata d'azione (circa 40-60 minuti) e produce un effetto pressoché immediato.


Effetti possibili dati dall'abuso di Ketamina:


     difficoltà/incapacità di parlare;

     insensibilità al dolore,

     perdita del senso dello spazio, dell'equilibrio e della realtà;

     freddo, prurito, vertigini

     problemi digestivi (nausea, vomito);

     intensa attività onirica e talvolta psicosi allucinatoria;

     perdite di coscienza;

     disturbi di ordine psichico (ansia, attacchi di panico) e neurologico (paralisi momentanee);

     riduzione delle capacità mnestiche, in particolare della memoria a breve termine;

     aumento del consumo cerebrale di ossigeno, con incremento del flusso ematico cerebrale e della pressione intracranica;

     danni permanenti al sistema nervoso centrale (ad alti dosaggi - 40 mg/KG -);

     arresto o collasso cardiaco (è un rischio in caso di dosaggio eccessivo).




















La storia dell'umanità può essere considerata come un lungo processo di trasformazione fatto di tappe progressive: l'insieme di tutte le scoperte, le guerre, i genocidi, gli avvenimenti e i cambiamenti sociali, culturali, economici, politici e ideologici succedutisi nella vita dell'essere umano.

La figura dell'intellettuale ha subito, nel corso della tempo, questo stesso processo di trasformazione di ruolo e nella considerazione sociale.


In passato, per esempio, l'intellettuale faceva parte dei ceti egemoni o ne era un collaboratore ed un protetto.

Durante il Rinascimento, infatti, periodo di grande splendore artistico e letterario, l'intellettuale era richiesto e corteggiato da ogni generoso mecenate per la sua capacità fabulatrice e per le sue arti, ed era una figura immancabile.

La sua funzione era quella di elaborare l'ideologia dei gruppi dominanti e di mediare il consenso verso il potere.


A partire dalla rivoluzione economica determinata dall'industrializzazione, e con la Rivoluzione Francese che sconvolge gli assetti secolari politici dell'Ancien Régime, però, la società cambia radicalmente.

L'avvento della modernità e di tutte le sue contraddizioni stravolgeranno profondamente anche il ruolo dell'artista.


Nel nuovo sistema borghese, infatti, l'intellettuale perde la sua posizione privilegiata e, considerato  un individuo improduttivo e inutile, è costretto a trovarsi un'occupazione per vivere.

Declassato, posto ai margini della società, frustrato, incompreso, umiliato e risentito, l'intellettuale assume un atteggiamento critico, rivoluzionario e anticonformista verso i nuovi valori dominanti del guadagno, del calcolo razionale e della produttività, cogliendo così le ambiguità del suo tempo.


Il personaggio 'Charles Baudelaire' rappresenta proprio questo fenomeno: ha alimentato il mito del bohèmien, amante dei piaceri notturni, dell'assenzio e delle novità in fatto di costumi e di arte.

Baudelaire incarna quella visione di gioventù romantica dedita all'eccesso e alla poesia, cupa e rivoluzionaria, un artista ed un poeta maledetto, figura che segna ancora profondamente la visione dell'intellettuale e del poeta ai giorni nostri.






"Je t'aime ainsi! Comme un astre éclipsé qui sort de la pénombre"


Poète maudit, bohème et génial.

Romantique, parnassien, symboliste, surréaliste. Charles Baudelaire est tout cela à la fois: il est impossible de le classer.

Il représente le point d'aboutissement des tendances classique et romantique, il ouvre les portes de la poésie moderne.


.LA VIE.

Né à Paris le 9 avril , Charles Baudelaire perd son père à l'age de 6 ans. Un an plus tard, sa mère se remarie avec le comandant Jacques Aupick

Il déteste ce beau-père, général de division, ambassadeur et sénateur qui le prive de l'affection maternelle.

Rebelle à toute autorité, il se sera placé au lycée de Lyon, puis au lycée Louis-Le-Grand.

Baudelaire mène une vie en opposition aux valeurs bourgeoises représentées par sa mère et son beau-père. Celui-ci, jugeant la vie de son beau-fils 'scandaleuse', décide de l'envoyer en voyage vers les Indes


De retour à Paris, Charles prend possession de l'héritage que lui a laissé son père, mais il le dilapide immédiatement, cédant au goût du luxe. Il fréquente alors Jeanne Duval, une mulatresse Antillaise qui le rend syphilitique.

Sa famille n'acceptant pas ce choix de vie et sa mère décide de le placer sous tutelle financière. Chaque mois Charles reçoit une petite parte de l'héritage. Sa vie sera désormais empoisonnée par des difficultés financières. Obligé de travailler pour vivre, Charles devient journaliste et critique d'art.

Il se réfugie dans le dandysme, il tente plusieurs fois de se suicider et il s'adonne aux paradis artificiels (hashisch, opium, et vin).

Il publie, en juillet 1857, son oeuvre majeure très controversée Les Fleurs du Mal, condamnée pour immoralité.

Il part en Belgique, mais en 1866 il est atteint d'une paralysie générale et il rentre à Paris, où il meurt le 31 août . Il est enterré au cimetière Montparnasse


.Les thèmes: Spleen et Idéal


Baudelaire a fait entrer dans la langue française un mot anglais: spleen.

Spleen est un mot du vocabulaire médical qui signifie « humeur noir », il désigne un état d'ame négatif: ennui, angoisse de l'existence, dégoût du tout.

Mais l'ame aspire à l'Idéal aussi, son exact contraire: c'est l'appel vers la vertu, le rêve de la beauté.

« Il y a dans tout homme, [.] deux postulations simultanées, l'une vers Dieu, l'autre vers Satan. » écrit Baudelaire dans Mon cour mis à nu: l'homme se débat et tente d'échapper au spleen, mais comment y échapper ?


L'amour.

Trois femmes et trois formes d'amour s'offrent au poète: l'amour charnel représenté par Jeanne Duval, la mulatresse, l'amour spirituel incarné par Mme Sabatier et l'amour fraternel dont la gratifie Marie Daubrin.


Les «paradis artificiels».

Baudelaire s'est adonné à l'ivresse, à la drogue, dont il apprécie les pouvoirs hallucinatoires.


Le voyage réel.

Le poète rêve d'échapper à son univers oppressant en partant loin. Le voyage réel se nourrit de souvenirs exotiques. Mais l'homme porte en soi son spleen, il ne peut pas lui échapper, le voyages n'est pas une libération, mais une simple évasion passagère.


Le voyage de l'imagination.

Le véritable voyage ne permet pas à l'homme malheureux de sortir de son Ennui, la mort peut livrer les clefs d'un monde nouveau et inconnu, une nouvelle forme de voyage.




La beauté.

Pour dépasser sa profonde angoisse existentielle, le poète a seulement le voyage rêve dans un pays de l'au-delà, l'incarnation de l'Idéal, où règne la Beauté.


Par le rêve et par l'écriture, le poète est capable d'atteindre un monde idéal où la seule morale est celle de l'esthétique: Les Fleurs du mal mélangeait le beau et le sordide. Le titre même la volonté de trouver dans le ténèbres du Mal la splendeur des Fleurs, « d'extraire la Beauté du Mal ».



.La fonction de la poésie.


La poésie c'est l'instrument pour pénétrer au-delà du réel et révéler un univers parfait.

Avec les correspondances Baudelaire peut voir dans les choses les symboles d'un monde spirituel.

Le sensation se confondent: « Les parfums, les couleurs et le sons se répondent ».

La poésie ne consiste donc pas à imiter la nature, mais à déchiffrer les symboles: c'est là la mission du poète.


.LES INFLUENCES.


Baudelaire est proche des romantiques pour l'expression du Moi, des émotions et des passions, mais aussi pour le goût du noir et de l'horreur et pour le thème de l'Ennui.


Le poète parisien fréquente les poètes adeptes de l'Art pour l'Art et il a aussi une inspiration classique pour la perfection de la forme et le culte de la beauté.



.SON CHEF-D'OUVRE: Les Fleurs du mal


Les Fleurs du mal comportent 129 poèmes. Tous retracent l'itinéraire spirituel de Baudelaire, écartelé entre la tentation du Mal et une aspiration vers le Bien et l'Idéal, une bataille  de la chair avec l'esprit, de l'enfer avec le ciel, de Satan avec Dieu.

Tout cela provoque chez le poète un profond dégoût de vivre, un sentiment de mélancolie et d'angoisse: le spleen.


La structure.

Le livre comprend six sections.


  1. Spleen et Idéal: prise de conscience de l'Ennui devant le monde réel, oscillation constante entre l'aspiration vers l'idéal et les rechutes dans le spleen.

  1. Tableaux parisiens: peinture de la ville moderne et des souffrance des gens.

  1. Le vin: évasion dans l'ivresse qui provoque l'oubli.

  1. Les Fleurs du Mal: évasion dans les paradis artificiels.

  1. Révolte: le poète se révolte contre Dieu et invoque Satan.

  1. La mort: la mort vue comme ultime recours.


Quelques poèmes.

On peut aussi classer les différents poèmes des Fleurs du Mal par thèmes:


     Philosophie de la vie Au lecteur; Bénédiction; L'albatros; Les phares; La Beauté; Les aveugles; Un voyage à Cythère.


     Rêves et voyages La vie antérieure; L'invitation au voyage; Paysage; Le Voyage.


     Les femmes aimées

Jeanne Duval: Parfum exotique La Chevelure; Les Bijoux; Le serpent qui

Danse; Remords posthume.

Madame Sabatier: Que diras tu ce soir

Marie Daubrun: Chant d'automne Moesta et errabunda


     Paris Le Crépuscule du matin; Le Cygne.


     Mal et horreur Une charogne Le Vin de l'assassin; Une martyre; Femmes damnées.


     Fureur Le reniement de saint Pierre


     Mélancolie Spleen; Le Cygne; L'horloge


     Le temps et la mort La Mort des amants.


     Sur la voie du symbolisme Correspondances; Harmonie du soir.







"C'è molta speranza, ma nessuna per noi."



.LA VITA.

Franz Kafka, figlio di Hermann Kafka e di Julie Löwy, entrambi di estrazione borghese e di origine ebraica, nasce il 3 luglio , a Praga.

La sua formazione letteraria si basa soprattutto sui classici: i filosofi greci da una parte, e i classici di letteratura tedesca e francese dall'altra.

In giovane età il suo pensiero viene inoltre influenzato dal socialismo e dal darwinismo.

Nel 1906 si laurea in giurisprudenza e comincia a lavorare come impiegato a Praga delle Assicurazioni Generali di Trieste.

Scrivere è una passione cui può dedicarsi solo nel tempo libero, poiché il padre gliene rimproverava l'inutilità e l'improduttività.

Il rapporto conflittuale con il padre, imponente e autoritario, mina irrimediabilmente la personalità del giovane Franz e i disagi psicologici che ne derivano emergono nei suoi scritti.

Per un periodo, nel 1923,  si trasferisce a Berlino, per allontanarsi dall'influenza della famiglia e potersi dedicare alla scrittura.

Malato di tubercolosi dal 1917, si trasferisce a Vienna per farsi curare e qui muore il 3 giugno , dopo una lunga agonia.



.I TEMI.

I temi cari a Franz Kafka riguardano soprattutto i conflitti che animano la sua personalità, i disagi che derivano dalla brutalità del padre e le accuse che egli gli rivolge di parassitismo, di debolezza, di inettitudine al matrimonio e agli affari, pilastri su cui si reggeva la società borghese dell'epoca.

Inoltre, essendo contemporaneo di Freud, il giovane Franz viene considerevolmente influenzato dalla poderosa opera dell'autore viennese (Studi sull'isteria, 1895; L'interpretazione dei sogni, 1900; Psicopatologia della vita quotidiana, 1901; Tre saggi sulla Teoria Sessuale, 1905; Il caso del piccolo Hans Sulla psicoanalisi. Cinque conferenze, 1910; Totem e tabù, 1913; Al di là del principio del piacere, 1920; Psicologia collettiva e analisi dell'io, 1921), e nei suoi scritti emergono diversi elementi della teoria psicoanalitica come l'inconscio, il complesso edipico, le nevrosi e la considerazione del sogno come rappresentazione dei propri desideri e paure.


Franz Kafka rappresenta la crisi del modus vivendi di un mondo ipocrita e falsamente moralista; descrivendo in quasi tutte le sue pubblicazioni lo stesso ambiente in cui vive, l'autore compie un'implacabile critica al perbenismo della società praghese, i cui valori dominanti sono quelli del successo e del guadagno. Il tema della metamorfosi, dell'alienazione e i motivi della privazione dell'io, dell'impotenza e della colpa rappresentano l'incapacità di affrontare una realtà di questo tipo, che s'impadronisce dell'individuo fino a distruggerlo.




.TECNICHE NARRATIVE.


L'autore boemo si serve spesso della tecnica narrativa dell'inversione, capovolgendo i piani narrativi del reale e dell'irreale.

Kafka rappresenta come realmente accaduti degli avvenimenti impossibili, mentre la realtà, con cui si perde ogni forma di contatto, rimane priva di consistenza e significato.

La dimensione dell'assurdo si estende all'intera esistenza, permeandone anche le manifestazioni più normali e comuni, dipingendo una quotidianità grottesca dagli aspetti onirici.

Proprio perché impalpabile, indeterminata e priva di senso, l'angoscia diventa uno stato d'animo assoluto, opprimente e incombente.

.BIBLIOGRAFIA.


Racconti

Descrizione di una battaglia, Beschreibung eines Kampfes, 1904-1905.

La condanna, Das Urteil, 1913.

Blumfeld, un vecchio scapolo, Blumfeld, ein älterer Junggeselle, 1915.

Davanti alla legge, Vor dem Gesetzt, 1915 (un primo frammento del romanzo Il processo).

La Metamorfosi, Die Verwandlung, 1915.

Nella Colonia Penale, In der Strafkolonie, 1919.

Un medico di campagna, Ein Landarzt, 1918.

Un messaggio dell'Imperatore, Eine kaiserliche Botschaft, 1918.

Un digiunatore, Ein Hungerkünstler, 1924.

Giuseppina la cantante o il popolo dei topi, Josephine, die Sängerin, oder Das Volk der Mäuse, 1924.


Romanzi

Il Processo, Der Prozess, 1925.

Il Castello, Das Schloß, 1926.

America, Amerika, 1927.


Varie

Lettera al Padre, Brief an den Vater,

Diari

Otto quaderni in Ottavo, Entstehungszeitraum der Oktavhefte




Le sue opere più famose sono i racconti La Metamorfosi e Un digiunatore, e i romanzi Il Processo, America, e Il Castello. Quasi tutte rimasero incompiute, a dimostrazione della difficoltà kafkiana di risolvere il proprio conflitto interiore attraverso la scrittura.


.LA METAMORFOSI.



La metamorfosi, Die Verwandlung, 1915.


Una vita di malessere, l'incubo che ci imprigiona e ci aliena, quando non è possibile capire se ciò che appare è realtà, sogno o allucinazione della lucida follia in cui abitiamo, segno di una sofferenza impotenza apatia ansia.

Brindo alla solitudine, alla decadenza e all'autodistruzione. Inquietudine che corre su ogni riga, su ogni parola. Frustrazione, senso di perdita delle proprie tradizioni, genialità, incapacità di riconoscersi, angoscia di trasformazione, cattiveria, pietà.

È Franz Kafka, è il suo mondo di inettitudine, surreale ed onirico e nello stesso tempo crudelmente concreto, i cui significati più profondi rimangono celati.


Un uomo qualunque, con la sua famiglia qualunque, nella sua casa qualunque, una mattina si sveglia nelle sembianze di un enorme scarafaggio.

E subito si adatta a questo suo nuovo mostruoso corpo, senza sgomento alcuno.

Gregor Samsa è un uomo infelice che conduce un'esistenza infelice, senza soddisfazioni, che non ha altro nella vita se non il lavoro di commesso viaggiatore, lavoro faticoso e frenetico che detesta, ma in fondo "così deve essere", perché la famiglia ha bisogno di soldi, perché è suo dovere, giorno dopo giorno, senza sosta, senza cedimenti.

"[.] Indistinguibili il cielo grigio e la grigia terra [.]"


Costantemente sottomesso al padre e al datore di lavoro, in una vita che non gli appartiene, impotente e apatico ai limiti dell'inumano, Gregor l'inetto si perde: l'uomo che non è più uomo, è oggetto, è automa, è animale.


La sua famiglia, inorridita e attonita, reagisce violentemente alla metamorfosi del proprio rampollo, rinchiudendolo e negandogli affetto e libertà: conflitti brutali con il padre e terrore da parte della madre; la sorella, Grete, è l'unica che, con spirito di sacrificio, prende il coraggio di portargli da mangiare e di spezzarne, di tanto in tanto, il terribile isolamento.

Ma poco e niente riesce a rallegrare l'insetto-umano, costretto a passare le giornate strisciando sulle pareti della sua stanza, sempre più stanco, sempre più debilitato, con il fiato spezzato, incapace di riprendersi la propria vita.

Smettere di lottare significa morire lentamente ogni giorno un po' di più di una triste agonia, significa arrivare già morti alla morte.


Ormai considerato come un peso che grava sul nucleo familiare, Gregor viene presto abbandonato a se stesso, ripudiato e respinto, mentre Grete Samsa è costretta a prenderne il posto e a mantenere economicamente i genitori già pensionati.


Il desiderio di liberarci di qualcuno o di qualcosa quando non ci è più utile è una peculiarità dell'uomo fornito di mentalità logico-razionale, del lavoratore efficiente, di individui stanchi ed esasperati, poco inclini alla compassione e all'amore.


Liberarsi di Gregor in fondo non è una crudeltà: egli è un mostro, una nullità, un inutile fardello.

Ma ucciderlo non è necessario, poiché presto, infatti, troveranno l'insetto-umano senza vita, più solo che mai, lì nella sua casa, circondato dalla sua famiglia.


Ed è subito passato, Gregor è già un ricordo. È ora possibile ricominciare una nuova esistenza e superare la crisi finanziaria grazie a Grete e il suo matrimonio d'interesse, perché "così deve essere", perché è suo dovere.









Nightmare - Cecilia Vitiello

Rielaborazione di "Un Sogno" di Franz Kafka.



Ninnananna che vuole essere dolce e mi abbandona in un letto di fiele, sono colei che non è gelosa del fratello artificiale perché sa che egli deve morire, balla, balla pure, triste fratello di vetro, tanto ti uccideranno.

Sono in fuga dalla risata beffarda di un pazzo che vuole la mia gioia, mi lancio nel vuoto e volo e combatto per non farmela strappare mentre un gatto mi ricopre di graffi, nero, poverino, non sa di essere sfortunato, come sventurata è la strega che lo possiede, innamorata del corpo morto di un uomo da lei assassinato, amore profano che IO devo impedire, fin sull'Isola dei Morti ti vengo a cercare.

Sono l'ingannata che deride lo stolto Giullare che non ha saputo truccare bene le carte, nemmeno l'imbroglione sai fare, e proprio mentre rido le carte mutano davanti a me e un asso diventa un quattro, un sette diventa un due e come una bambina batto i piedi e urlo "No, non voglio!" e al risveglio con il fiato grosso e il cuore che tambura come una bambina la voglia di mamma, accorgendomi che se piango nel sogno piango anche nella realtà e non c'è luogo dove andare, non c'è dove in cui nascondersi e quindi urla urla, bambina mia, sfogati, è un incubo che corre è un incubo che vive.

E di dolce non mi è rimasto più niente, eppure rido sull'amaro e rimuovo.

























https://www.alleanzacattolica.org/idis_dpf/voci/w_welfare_state.htm

https://membres.lycos.fr/chx/baudelaire/index.htm

https://it.wikipedia.org/wiki/Intellettuale

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Daniele Ungaro, Capire la società contemporanea; Carocci editore, 2001.

Zygmunt Bauman, La società dell'incertezza; Il Mulino, 1999.

M. Horkheimer e T. Adorno, La dialettica dell'Illuminismo; Einaudi, 1997.

Miguel Benasayag Gérard Schmit L'epoca delle passioni tristi; Feltrinelli, 2004.

Charles Baudelaire, I fiori del male; Baldini Castoldi Dalai editore, 2005.

Franz Kafka, La metamorfosi e tutti i racconti pubblicati in vita; Feltrinelli, 2004.
























































" [.] Siamo i figli di mezzo della storia, non abbiamo né uno scopo né un posto. Non abbiamo la grande guerra né la grande depressione. La nostra grande guerra è quella spirituale, la nostra grande depressione è la nostra vita. [.] Siamo cresciuti con la televisione che ci ha convinto che un giorno saremmo diventati miliardari, miti del cinema, rock stars. Ma non è così. E lentamente lo stiamo imparando. E ne abbiamo veramente le palle piene. [.] Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca, non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli, non sei i tuoi vestiti di marca, sei la canticchiante e danzante merda del mondo! Le cose che possiedi alla fine ti possiedono. [.] Respingo i principi base della civiltà, specialmente l'importanza dei beni materiali. [.] Sentite balordi, non siete speciali, non siete un pezzo bello, unico e raro. Siete materia organica che si decompone come ogni altra cosa. Siamo la canticchiante e danzante merda del mondo. Facciamo tutti parte dello stesso mucchio di letame. [.] Omicidi, crimini, povertà. Queste cose non mi spaventano. Quello che mi spaventa sono le celebrità sulle riviste, la televisione con cinquecento canali, il nome d'un tizio sulle mie mutande, i farmaci per capelli, il viagra, poche calorie [.]"



Tyler Durden, la filosofia del Fight Club.




"Signori, benvenuti al Fight Club. Prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club. Seconda regola del Fight Club: non dovete parlare mai del Fight Club. Terza regola del Fight Club: se qualcuno grida basta, si accascia, è spompato, fine del combattimento. Quarta regola: si combatte solo due per volta. Quinta regola: un combattimento alla volta, ragazzi. Sesta regola: niente camicia, niente scarpe. Settima regola: i combattimenti durano per tutto il tempo necessario. Ottava ed ultima regola: se questa è la vostra prima sera al Fight Clubdovete combattere!"



Fight Club, regia di David Fincher, 1999]



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