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Intervista a Galileo Galilei
VITA DI GALILEO
(Anno Domini 1633; Galileo Galilei sta costeggiando l'Arno, a Pisa, per fare ritorno alla sua dimora, dopo il Vespro serale.
Alto, un po' curvo sotto il peso degli anni, avanza con passo incerto a causa dell'incombente cecità.
Improvvisamente si ferma, siede su un ceppo e con lo sguardo pare scrutare il sole ormai fioco all'orizzonte.
Mi avvicino cauta, un po' intimorita da quest'uomo fiero e risoluto).
IO - Mi perdoni Messere, vorrebbe ascoltarmi e rispondere a qualche domanda?
GALILEO - Cosa vuoi sapere? E' parecchio che più nessuno mi rivolge questioni, mi considerano tutti un nemico, un sovvertitore, non mi permettono neppure di scrutare il cielo.
IO - Già il cielo! Che coraggio ha avuto a confutare il sistema Tolemaico con l'affermazione che la terra ruota intorno al Sole ed i pianeti non sono contenuti in una calotta cristallina. Come ha avuto l'idea di creare un telescopio per scrutare le stelle?
GALILEO - Non è stata un'idea originale, mi sono infatti avvalso di uno strumento ideato in Olanda, atto a far vedere le cose lontane perfettamente così come se fossero state vicine; osservando poi gli artigiani occhialai adoperare vetri a forma di lente per correggere i difetti visivi, ne ho migliorato le potenzialità, allungando il corpo del tubo e giustapponendo i cristalli.
Sono riuscito così a scrutare il cielo più profondamente e con deduzioni matematiche, basandomi sulle affermazioni di un frate polacco, un certo Copernico, ho capito che la terra non poteva essere immobile al centro dell'universo, ma a svolgere un ruolo di centralità era il sole, intorno al quale giungevano a ruotare i pianeti e lo stesso globo terrestre.
Grazie agli studi matematici ho potuto altresì appurare la mobilità degli astri che circoscrivevano orbite ben determinate.
IO - A lei spetta dunque il merito incomparabile di essersi servito di tale apparecchio per la ricerca astronomica, di aver avuto fiducia nella verità di ciò ch'esso faceva osservare, di avergli dato insomma piena cittadinanza entro la scienza.
GALILEO - Si, ma è certo stato più semplice scoprire i quattro satelliti di Giove, le macchie della luna o le fasi di Venere, che non fare accettare la Mia Verità!
Avevo concepito l'ambizioso programma di farmi pubblico paladino della nuova teoria copernicana, nell'illusione di riuscire a rimuovere ogni ostacolo d'ordine filosofico e teologico, aprendo definitivamente la via al trionfo della scienza nel mondo moderno ma non hanno creduto all'evidenza dei fatti, hanno avuto timore di ciò che non hanno saputo comprendere.
Io non ho mai pensato di negare le verità contenute nelle Sacre Scritture o di peccare di eresia, il mio scopo è sempre stato quello di alleviare la fatica dell'esistenza umana, chiarendo, sebbene solo parzialmente, i dubbi che da secoli l'affliggono. Se prima questi erano colmati dalla fede, ora solo la scienza li può risolvere.
IO - Il suo è stato, insomma, un ardito piano di politica della cultura?
GALILEO - Si, e mi sono dedicato con tale entusiasmo d'avere più interesse per esso che non per qualsiasi scoperta particolare: matematica, fisica o astronomica che fosse.
Neppure la pestilenza è riuscita a fermare la mia ricerca e non vi riuscirà l'Inquisizione.
IO - Non ha forse abiurato pubblicamente le sue teorie?
GALILEO - Si, ma come ho già spiegato al mio discepolo prediletto Paolo Sarti, meglio sporcarsi le mani che averle vuote.
Rinnegando le mie teorie ho avuta salva la vita, una vita che verrà spesa fino all'ultimo respiro perché i posteri possano avvalersi delle mie nuove scoperte.
IO - Nuove scoperte?
GALILEO - Nuove scoperte! Sto lavorando alla stesura de I Discorsi: opera articolata in quattro giornate, i cui temi spaziano dalla costituzione della materia agli atomi fisici e agli indivisibili geometrici, dalla condensazione alla rarefazione, dalla natura dei fluidi alla velocità della luce, dalla struttura degli animali alla natura, alla funzione delle ossa cave, ed altro ancora.
IO - Ma questo è il vero inizio della scienza moderna!
GALILEO - Grazie, significa che lei crede nel mio lavoro, è la conferma che la mia decisione è stata quella giusta.
(Mi accomiato dal grande scienziato che merita un posto di primo piano per la sua caparbietà, il vigore e la chiarezza delle sue opere scientifiche, con le quali ha gettato le basi delle odierne concezioni).
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