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Inquinamento




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INQUINAMENTO

(PARTE 1S)


Complesso di effetti nocivi che si ripercuotono sulla biosfera e quindi sull'uomo, dipendenti dall'azione di fattori di alterazione (inquinanti) degli equilibri esistenti, liberati per lo più come sottoprodotti dell'attività umana nell'aria, nell'acqua e nel suolo.



Sostanze inquinanti


Le sostanze inquinanti liberate nella biosfera sono per lo più prodotte dall'attività umana nel suo vario articolarsi: biologica (rifiuti organici), domestica (riscaldamento e immondizie), industriale (in particolare i settori chimico, petrolchimico, cartario, metallurgico ed energetico), agricola (letame, fertilizzanti artificiali, pesticidi), di relazione (trasporti, in particolare quelli su gomma). Va ricordato che oltre all'i. diretto ne esiste uno indiretto, dovuto a modificazioni degli inquinanti primari le quali si verificano in particolari condizioni ambientali; spesso i prodotti che si liberano risultano più tossici e di più vasto raggio d'azione degli inquinanti originari: così, p. es., per effetto catalitico della radiazione ultravioletta dei raggi solari su ossidi di azoto e idrocarburi insaturi, presenti nelle emissioni delle raffinerie e nei gas di scarico degli autoveicoli, si formano dei perossidi, come il perossiacetilnitrato e l'ozono, che costituiscono il cosiddetto smog fotochimico che ha effetti dannosi sia sull'uomo sia sulla vegetazione. A seconda dell'ambiente contaminato si usa comunemente distinguere l'i. in atmosferico, dell'acqua e del suolo.



Inquinamento atmosferico


Responsabili principali dell'i. atmosferico sono i veicoli con motore a scoppio, le industrie, le centrali termoelettriche, il riscaldamento domestico, gli impianti per l'incenerimento dei rifiuti, specie se privi di adatti impianti di abbattimento delle polveri e di depurazione dei fumi. Tra gli agenti inquinanti principali vanno menzionati: fumi, fuliggini, ceneri e polveri emessi dagli impianti di riscaldamento, dai camini delle fabbriche, dagli impianti di incenerimento dei rifiuti, da cementifici, cave e miniere; composti gassosi dello zolfo, in particolare l'anidride solforosa, scelta come parametro di valutazione del grado di i. atmosferico (che proviene dalla combustione di carboni fossili, specie di mediocre o cattiva qualità, del coke e di oli combustibili pesanti, dalla produzione dell'acido solforico, dalla lavorazione di molte materie plastiche, dall'arrostimento delle piriti, dalla desolforazione dei gas naturali), il solfuro di idrogeno (dovuto ai processi di desolforazione dei petroli in genere e delle benzine in particolare e dei gas naturali) e i maleolenti tiofene e mercaptani emessi da raffinerie e cokerie; ossido di carbonio, l'inquinante gassoso più diffuso che deriva dall'incompleta combustione di sostanze contenenti carbonio, soprattutto carboni e idrocarburi, mentre per combustione completa si forma anidride carbonica; ossidi di azoto, presenti nei gas di scarico degli autoveicoli o dovuti alla fabbricazione di acido nitrico e nitrati; idrocarburi, incombusti o piroscissi, presenti nei gas di scarico degli autoveicoli; ozono, presente nello smog fotochimico, attorno agli impianti elettrici ad alta tensione e nei gas di scarico di motori a scoppio al minimo; piombo in varie forme volatili, diffuso dai gas di scarico degli autoveicoli alimentati con benzine etilate, contenenti cioè piombo tetraetile come additivo antidetonante; vari acidi inorganici e organici (solforico, cloridrico, fluoridrico, bromidrico, acetico, fumarico, tannico, ecc.) liberati nelle combustioni o in cicli industriali diversi; prodotti radioattivi artificiali dovuti, oltre che alle esplosioni atomiche, a lavorazione di sostanze radioattive per l'utilizzazione pacifica dell'energia nucleare, all'impiego di nuclidi radioattivi nella ricerca scientifica, nell'industria, in campo medico e in agricoltura. A questi inquinanti artificiali si aggiungono le normali impurità atmosferiche naturali come polline, spore, polveri sollevate dal vento, polveri cosmiche, ceneri vulcaniche o prodotte da incendi di boschi e foreste, particelle saline liberantisi dalla superficie marina, ecc. Le conseguenze dell'i. atmosferico sono purtroppo difficilmente suscettibili di un controllo tempestivo e molto spesso vengono riferite a cause diverse. Elevate fasi di inquinamento sul lungo periodo, che spesso danno luogo a fenomeni di intossicazione collettiva, hanno spesso conseguenze catastrofiche su interi ecosistemi. In particolare, per l'uomo e i Vertebrati, gli idrocarburi si sono rivelati potenti cancerogeni, favorendo tra l'altro l'insorgere di tumori polmonari. Inoltre, assieme all'ossido di carbonio e al piombo tetraetile, concorrono, a livello cellulare, al blocco enzimatico della catena respiratoria. Quanto allo smog fotochimico sopra citato, oltre a effetti irritanti e tossici sull'uomo (occhi e vie respiratorie) provoca danni particolarmente gravi alla vegetazione. Il perossiacetilnitrato è infatti responsabile del blocco enzimatico della fotosintesi e l'ozono, esaltando la respirazione dei vegetali, provoca un abnorme depauperamento delle loro sostanze nutritizie; particolarmente insidiosi sono anche diversi gas e fumi di scarico industriale (p. es. i solventi), in quanto, a livelli già tossici per l'organismo, non sono facilmente percepibili ai sensi. Particolarmente inquietante è infine l'i. dell'atmosfera da prodotti radioattivi. I radionuclidi, costituenti il cosiddetto fallout, si depositano al suolo, grazie anche alle precipitazioni atmosferiche, ed entrano a far parte della catena alimentare dell'ecosistema. Si ritiene che ambienti scarsamente provvisti di elementi nutritivi assorbono più facilmente i nuclidi radioattivi; questi ultimi, entrando nei cicli biogeochimici, vengono fissati dai vegetali e di qui passano, concentrandosi nei tessuti, ai consumatori primari, secondari, e così via, fino all'uomo con tutte le conseguenze che ne derivano. È stato provato, p. es., che alcuni costituenti radioattivi del fallout (lo stronzio 90 e il cesio 137), assorbiti dal suolo (fattore di concentrazione=1) e fissati dalla vegetazione (fattore di concentrazione=21), si ritrovano poi accumulati in alte dosi (fattore di concentrazione=714) nel tessuto osseo di erbivori, come pecore, cervi, renne costituendo quindi un pericolo per le popolazioni umane consumatrici di latte e carne di questi animali. La misura dell'i. atmosferico si effettua rilevando la concentrazione dei principali inquinanti in apposite stazioni di rilevamento, situate in modo da non essere direttamente influenzate dalle emissioni di zone industriali o di grossi agglomerati urbani; i valori rilevati vengono confrontati sia con i valori massimi ammissibili, sia con quelli della 'concentrazione di fondo' misurati in stazioni poste a quote molto elevate e lontane dalle fonti di i., secondo i suggerimenti dell'O.C.S.E. In Italia esse sono situate a Monte Cimone (nell'Appennino Tosco-Emiliano, a 2163 m di quota) e alla Testa Grigia (sul Monte Rosa sopra Cervinia, a 3480 m). I valori rilevati in queste stazioni, oltre a essere molto bassi, sono pressoché costanti. Altre stazioni di rilevamento sono installate in vari punti delle città, dove è molto elevata la concentrazione di inquinanti prodotti dagli autoveicoli e dai processi di combustione (SO , CO , NO , O ), concentrazione spesso accentuata da particolari condizioni, quali l'assenza di vento e di pioggia e l'inversione termica. Di solito vengono stabiliti due livelli di allarme, ai quali dovrebbero corrispondere provvedimenti volti a riportare i valori entro i limiti stabiliti. L'i. atmosferico può essere ridotto migliorando la qualità dei combustibili (desolforazione); favorendo l'uso di combustibili 'puliti' (metano) e abbattendo polveri e fuliggini contenute nei gas di scarico degli impianti termici, prima di immetterli nell'atmosfera; migliorando l'isolamento termico degli edifici, per ridurre la quantità di calore richiesta; ricorrendo a impianti di teleriscaldamento e di cogenerazione (produzione combinata di elettricità e di calore) che consentono un più efficace controllo delle emissioni inquinanti. Per quanto riguarda l'i. prodotto dalla circolazione si tende a ridurre la circolazione urbana favorendo l'uso di mezzi pubblici; è stata ridotta la quantità di piombo tetraetile aggiunto alle benzine come antidetonante, in attesa di eliminarlo completamente.



Inquinamento delle acque


Fino a che l'industria era inesistente, o allo stato embrionale, ancora non esistevano detersivi e fertilizzanti chimici e gli agglomerati urbani erano ben lontani dalle dimensioni attuali, i processi di autodepurazione dell'acqua e del suolo sono stati sufficienti a evitare l'i. delle acque. L'aumento della popolazione, lo sviluppo industriale e la diffusione dell'impiego di prodotti chimici in tutte le attività umane hanno provocato un notevole aumento della quantità dei liquami e una radicale modifica della loro composizione: non si tratta più di sostanze organiche facilmente biodegradabili, ma di una miscela di sostanze organiche e inorganiche, alcune delle quali molto dannose ed estremamente difficili da eliminare. Le acque interne risultano inquinate da scarichi industriali, agricoli e urbani. Gli inquinanti diffusi negli effluenti industriali sono principalmente composti chimici in soluzione o sotto forma di emulsione e schiume: acidi e basi forti, sali minerali (particolarmente di cromo, zinco, cadmio, rame, nichel, piombo, sali ammoniacali e inoltre cloruri, fluoruri, solfuri, cianuri, solfiti e idrosolfiti), idrocarburi, catrame, oli vegetali e grassi, fenoli, amidi e zuccheri, coloranti, ecc.; inoltre sono presenti materiali solidi di varia dimensione e di natura organica o minerale (colloidi, residui della lavorazione del legno e della carta, scarti e residui delle industrie alimentari, sabbie, pietrisco, ecc.) e radioisotopi. Negli effluenti urbani prevalgono invece sostanze organiche putrescibili più o meno contaminate da forme microbiche patogene e parassitarie, e schiume da detersivi e saponi. L'immissione di scarichi agricoli apporta soprattutto sostanze nutritive e biocide per dilavamento di fertilizzanti e pesticidi dai campi. L'i. marino risulta, oltre che dal deflusso delle acque interne inquinate, dallo scarico diretto operato, senza efficaci depurazioni, da industrie e insediamenti urbani costieri e dall'eliminazione di rifiuti da parte di ogni tipo di naviglio. Va inoltre tenuto conto che gran parte degli inquinanti atmosferici finisce prima o poi per precipitare in mare. Il mare risulta gravemente contaminato anche a notevolissima distanza dalle coste; l'inquinante più diffuso è il petrolio a causa della pratica delittuosa di scaricare in mare dalle petroliere le acque di lavaggio delle cisterne, del ripetersi di incidenti e di naufragi che coinvolgono petroliere, dell'estrazione di petrolio dalle piattaforme continentali. Una forma di i. delle acque destinata a diffondersi sempre più è quella termica, in gran parte dovuta al crescente impiego di acqua nei processi di raffreddamento industriali, specie nelle centrali termoelettriche e nucleari, ma non meno gravi sono gli effetti degli scarichi termici delle acciaierie, degli zuccherifici, delle fabbriche di alluminio e, in genere, di tutti i numerosi processi industriali che richiedono, alla fine della lavorazione, lo smaltimento del calore residuo. L'aumento della temperatura dell'acqua ha, come primo effetto, la diminuzione della solubilità dell'ossigeno; inoltre accelera tutti i processi di sviluppo della vita acquatica, accentuando i fenomeni di eutrofia. Lungo il corso dei fiumi si possono formare sbarramenti termici, che impediscono la risalita dei pesci. Recenti esperienze hanno però appurato che gli effetti più gravi dell'i. termico sono dovuti agli improvvisi abbassamenti di temperatura che provocano, negli animali ormai adattati a un ambiente più caldo, i cosiddetti 'stress freddi', che possono persino essere letali; questi fenomeni sono comuni a valle delle centrali elettriche quando si sospende l'attività produttiva. L'i. delle acque naturali sia marine sia interne presenta una genesi abbastanza complessa. Fondamentale per la vita delle biocenosi acquatiche è la presenza di sufficiente ossigeno disciolto; qualora vengano immesse nelle acque sostanze organiche in forti dosi, esse vengono demolite da batteri aerobi e trasformate in sostanze più semplici tramite l'utilizzazione di una certa parte dell'ossigeno disciolto; se poi vengono liberati elementi inquinanti in concentrazioni più massicce, verrà consumato dall'attività batterica aerobia sia tutto l'ossigeno disciolto nell'acqua sia quello via via assorbito dall'ambiente esterno; in seguito si instaurerà una popolazione batterica anaerobia, indifferente all'assenza di ossigeno e capace di demolire i composti organici trasformandoli in sostanze nocive, letali per la vita della biocenosi acquatica vegetale e animale. Anche lo scarico di composti tossici e di rifiuti di origine industriale è fatale agli organismi acquatici: 0,14 mg/l di solfato di rame sono già sufficienti a uccidere una trota per asfissia a livello branchiale; solfuri, cianuri e ammoniaca invece ne determinano l'asfissia a livello del circolo sanguigno e delle cellule in genere. I detergenti, che sovente ricoprono con uno spesso strato schiumoso intere superfici d'acqua, per la loro complessa struttura chimica a catene ramificate difficilmente vengono aggrediti e degradati dai batteri in composti più semplici e meno nocivi; tali sostanze pertanto alterano fortemente le caratteristiche fisiche dell'acqua, modificandone la tensione superficiale e provocando la scomparsa, tra l'altro, della flora acquatica, del plancton e, con essi, dei componenti di tutta la piramide trofica. Ciò provoca, oltre all'estendersi di larghi strati superficiali di materie in decomposizione, con relativi miasmi e colorazioni varie, la diffusione in acque sia dolci sia marine di batteri e virus (del tifo, della dissenteria, del colera, dell'epatite virale, ecc.) e l'assorbimento di questi microrganismi patogeni da parte di molluschi destinati all'alimentazione (quali mitili, ostriche e altri lamellibranchi eduli) e allevati in prossimità di sbocchi di scarichi con conseguente pericolo di gravi epidemie. Gli strati superficiali di petroli e altri idrocarburi costituiscono infine vere e proprie barriere impermeabili tra aria e acqua, impedendo il disciogliersi dell'ossigeno atmosferico nell'ambiente liquido e provocando la morte per asfissia dell'intero ecosistema sommerso. Tali sostanze recano danni anche alle spiagge, alla vegetazione litoranea e alla fauna acquatica di superficie: agli uccelli marini, p. es., che, invischiati nei densi strati oleosi, trovano spesso la morte per insufficiente termoregolazione corporea e per avvelenamento. Una nuova forma di i. delle acque del mare è costituita dalla formazione di mucillagini. Verificatasi soprattutto nell'alto Adriatico, non ne è ancora stata individuata la causa e non si sa con certezza se il fenomeno si sia o meno già verificato in passato. La presenza delle mucillagini, essendo limitata alla stagione balneare, reca danno soprattutto all'industria turistica, fondamentale per l'economia di molte zone. Particolarmente grave è l'i. che si verifica nei bacini lacustri in cui il rimescolamento tra ipolimnio ed epilimnio e il ricambio idrico siano piuttosto lenti. Nonostante i laghi siano relativamente più resistenti dei fiumi ai fenomeni di i., se questi oltrepassano un certo limite, si hanno conseguenze che durano anche decine d'anni dopo la completa cessazione degli scarichi inquinanti. Tale è la situazione che si verifica nel lago d'Orta, dove il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha in corso un esperimento di risanamento accelerato mediante immissione di ingenti quantità di carbonato di calcio.



Inquinamento acustico


Si tratta di una forma di i. ancora non molto studiata: è caratteristica delle grandi città, di alcune industrie e di particolari attività (p. es. aeroporti). Lo studio dei suoi effetti, sull'uomo e sull'ambiente, è solo agli inizi: vivissimo è l'allarme suscitato in tempi recenti dalle acquisizioni sulla patologia del rumore. Indagini sono in corso anche sul piano ecologico in quanto sorgenti intense di rumore agiscono negativamente sulla fauna locale non solo inducendola ad allontanarsi, ma altresì provocando su di essa danni fisiologici e, probabilmente, genetici. Inoltre la frequenza e l'intensità dei suoni diffusi sembra intervengano anche sulla crescita e sviluppo dei vegetali e, probabilmente, della microfauna, per lo meno di quelle aree non urbanizzate dove vengono installati centri industriali le cui apparecchiature sono particolarmente rumorose e finora prive di efficace isolamento acustico e di dispositivi antivibranti. Recentemente le grosse industrie hanno dimostrato un notevole interesse per i nuovi sistemi di assorbimento e di contenimento del rumore prodotto da macchine e impianti; inoltre l'uso di automatismi e di robot ha consentito di allontanare gli operatori dalle zone di alta rumorosità (e, in generale, dai punti dove maggiore è la presenza di fattori nocivi alla salute). Quasi del tutto insoluto è ancora il problema dell'i. acustico delle città: si spera di ridurlo costruendo nuove linee metropolitane (sia interrate che a raso, ma su ruote gommate) e scoraggiando, in vari modi, l'uso delle auto private nelle zone di maggior traffico. Per quanto riguarda gli aeroporti, i nuovi progetti di aerei puntano non solo a una riduzione dei costi di esercizio, ma anche alla riduzione del livello di rumore al decollo; inoltre l'uso degli aeroporti più vicini alle zone densamente abitate è già vietato agli aerei più rumorosi.



Inquinamento del suolo


Risulta soprattutto dall'accumulo di rifiuti solidi e liquidi prodotti da attività domestiche e industriali e dall'uso non sempre accorto nelle attività agricole di fertilizzanti e pesticidi. Circa i rifiuti solidi urbani si possono distinguere quelli organici putrescibili a rapida decomposizione, temibili perché favoriscono la proliferazione di insetti e di roditori, vettori di malattie, e quelli non o lentamente biodegradabili, come materie plastiche, legno, carta, composti metallici, ganghe, materiali da demolizione, ecc. Gli scarichi industriali immessi direttamente nel terreno possono portare, se questo non è impermeabile, alla contaminazione delle falde acquifere pregiudicandone la potabilità. L'impiego massiccio di fertilizzanti favorisce per dilavamento del suolo condizioni di eutrofizzazione delle acque. I concimi chimici, inoltre, contengono come impurità tracce di sostanze tossiche (arsenico, cadmio, piombo, rame) che si accumulano nel suolo; oltre ad alternarne l'equilibrio naturale esse possono passare nelle parti commestibili dei vegetali, che possono così diventare pericolosi per la salute. Anche i pesticidi provocano interferenze gravi negli ecosistemi. Tali sostanze tossiche (DDT e simili) si ritrovano concentrate negli organismi di Vertebrati e Invertebrati, dopo esser passate attraverso tutte le tappe della catena alimentare, dai vegetali ai consumatori. Servirà di esempio il caso della crescente rarefazione di uccelli predatori, nel cui organismo è stata rilevata un'altissima concentrazione di pesticidi assunti con l'alimentazione e responsabili della completa sterilità di questi animali.



Meteorologia e inquinamento


Le concentrazioni degli inquinanti in aria dipendono non solo dal numero e dalla intensità delle sorgenti di i. e dalla distanza da tali sorgenti, ma soprattutto dalle condizioni meteorologiche locali (per i fenomeni di i. a scala locale) e dalle condizioni meteorologiche locali e a grande scala (per i fenomeni di i. a grande distanza dalle sorgenti). Per i fenomeni di i. a scala locale l'influenza maggiore sul trasporto e la diffusione atmosferica degli inquinanti è dovuta all'intensità del vento, alle condizioni di turbolenza (meccanica e termodinamica) dei bassi strati atmosferici e a effetti meteorologici particolari quali le brezze (di mare o di monte), l'incanalamento del vento in valli strette, o nelle strade delle zone urbane, ecc. Per i fenomeni di i. a grande scala, l'influenza maggiore sul trasporto e la diffusione degli inquinanti è dovuta alle variazioni del vento con la quota (shear del vento), alle condizioni di barotropicità o di baroclinicità dell'atmosfera, alla turbolenza a grande scala determinata dalle aree cicloniche e anticicloniche. In genere, a parità di emissione di inquinanti dalle sorgenti, le concentrazioni in aria a piccola scala (zone urbane, zone industriali, ecc.) sono minori quando il vento è moderato o forte e l'atmosfera è instabile nei bassi strati, oppure quando il vento è debole o assente ma vi è forte insolazione con cielo sereno e sole alto sull'orizzonte. Viceversa, le concentrazioni diventano elevate quando vi è inversione del gradiente termico verticale o in condizioni di alta pressione di notte e con vento debole, oppure in condizioni di nebbia persistente che provoca processi di accumulo di inquinanti in aria, a volte molto pericolosi per la salute umana.



Clima e inquinamento


L'aumento del tenore di anidride carbonica nella troposfera, in conseguenza dell'incremento del consumo di combustibili e del diboscamento attuato per far posto a nuovi spazi agricoli, non è insignificante, essendo passato, nell'arco di un secolo, da 290 a 320 ppm (parti per milione) e prevedendosi per il 2000 valori tra 375 e 400 ppm. Dato che è soprattutto la presenza, seppur nel complesso modesta, di anidride carbonica e di vapor acqueo nella troposfera che, trattenendo la maggior parte del flusso di energia termica irradiata dal suolo in conseguenza del fenomeno noto come effetto serra, regola la temperatura del globo, una variazione sensibile della percentuale di anidride carbonica non può non avere ripercussioni climatiche: infatti da più parti si è messo in relazione l'aumento dell'anidride carbonica nell'atmosfera con l'aumento della temperatura media mondiale accertato durante i cento anni precedenti il 1940. Da allora però, nonostante l'anidride carbonica continui a essere immessa nell'atmosfera in quantità sempre maggiori, la temperatura media mondiale ha mostrato una leggera diminuzione che viene interpretata come conseguenza dell'aumentato potere riflettente, o albedo, della Terra, dovuto all'intensificarsi dell'intorbidimento atmosferico da parte dei fumi e delle polveri prodotti da attività industriali e agricole e da eruzioni vulcaniche particolarmente ricche di polveri (p. es. quella del Pinatubo, nelle Filippine, del 1991). Va ricordato che le particelle di fumi e polveri, agendo da nuclei di condensazione per il vapor acqueo, favoriscono la formazione di nubi che aumentano ulteriormente l'albedo. Gli effetti della torbidità atmosferica si manifestano soprattutto negli strati più bassi e in specie nelle aree altamente industrializzate con notevole riduzione della visibilità e aumento di foschie, nebbie, nuvolosità e precipitazioni, al punto che le città industriali hanno un numero di giornate nuvolose e piovose superiore a quello delle campagne circostanti. A causa dei contrastanti effetti dovuti all'aumento del tenore di anidride carbonica da una parte e alla nuvolosità e torbidità atmosferica dall'altra e inoltre delle attuali incomplete conoscenze del ruolo dei numerosi fenomeni geofisici che intervengono nel bilancio di radiazione della Terra, è impossibile stabilire con sicurezza quali siano le conseguenze a lunga scadenza di questi mutamenti indotti dall'uomo sull'atmosfera. Un'altra conseguenza dell'i., con riflessi sul clima valutati dagli scienziati in modo controverso, è l'accumulo di calore di scarto liberato nell'atmosfera dalle varie attività produttrici di calore: per alcuni la quantità di calore somministrata all'ambiente è già superiore a quella smaltibile per irradiazione nello spazio e quindi la temperatura è destinata a salire con profonda alterazione del clima nell'arco di qualche decennio, per altri l'aumento di calore può essere compensato da attività che elevino l'albedo come l'espandersi delle superfici di cemento e di asfalto delle aree urbane o l'estendersi dei deserti. In definitiva non si sa molto sul complesso meccanismo di interazioni che regola l'ambiente fisico e sulla portata delle interferenze climatiche prodotte dagli inquinamenti atmosferici. Solo il controllo sistematico della dispersione e delle modalità di trasporto degli inquinanti, delle variazioni dei valori di torbidità atmosferica, anidride carbonica e vapor acqueo, e in definitiva di tutto ciò che ha effetti sull'albedo, condotto su scala mondiale con l'aiuto di adatti satelliti meteorologici, potrà fornire più precise indicazioni sull'effettiva portata dell'alterazione dell'ambiente fisico.



Inquinamento e degrado del patrimonio culturale


Gravi sono le conseguenze dell'i. per le città ricche di testimonianze del passato e costrette ad avere anche un ruolo industriale, come dimostra il deleterio connubio tra Venezia e Porto Marghera: sulla città lagunare l'i. agisce in conseguenza del ristagno dei rifiuti gassosi emessi dalla fascia industriale circostante con un'intensità mille volte superiore a quella valutata solo trent'anni fa. L'enorme e scarsamente tutelato patrimonio artistico e monumentale italiano ha sofferto al riguardo danni colossali e incalcolabili dal punto di vista economico. Ma il fenomeno ha purtroppo ormai portata mondiale: ad Atene, p. es., sono risultati gravemente compromessi i marmi del celeberrimo Partenone e degli altri monumenti dell'Acropoli.


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