ILLUMINISMO
Alla fine del
Settecento, quando ormai il concetto storiografico di Illuminismo era già
entrato a far parte della vita intellettuale dell'Europa alle soglie della
Rivoluzione francese, il filosofo tedesco Immanuel Kant, chiamato (era il 1784)
sulle pagine della "Rivista mensile di Berlino" a rispondere alla domanda Che
cos'è l'Illuminismo?, poneva interamente la questione sul piano di una
rinascita del metodo e di una nuova razionalità. Con un chiaro riferimento alla
funzione critica e analitica che la ragione aveva assunto nel quadro di una
rinnovata azione intellettuale e in una prospettiva scientifica, Kant scriveva
che l'Illuminismo "è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve
imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto
senza la guida di un altro". La risposta di Kant tendeva a mettere in risalto
il carattere di rottura dell'Illuminismo rispetto al passato, il fatto cioè che
esso ha rappresentato nella società civile un reale progresso del sapere e una
forte emancipazione del pensiero moderno. Nel solco aperto dai saperi tecnici
cinquecenteschi e dalla rivoluzione scientifica del Seicento, il patrimonio del
razionalismo europeo contribuì nel XVIII secolo alla radicale trasformazione
dei saperi e delle conoscenze: cambiarono le prospettive del sapere e lo stesso
significato della scienza, nacquero discipline nuove (antropologia,
psichiatria, sociologia, economia politica) che si affermarono
indipendentemente dai tradizionali ambiti in cui fino ad allora erano rimaste
circoscritte, si attuò uno stretto legame tra gli intellettuali e la realtà
politica e amministrativa del loro tempo. L'impegno filosofico dei lumi aprì un
ambito di riflessione intorno all'idea che soltanto una ragione analitica e critica
dei fenomeni potesse liberare e emancipare le enormi potenzialità del pensiero:
in questo senso la ragione dei moderni si sottraeva al dominio dell'auctoritas
e alla tradizione e poteva risolvere a suo favore la querelle degli antichi e
dei moderni circa la superiorità del pensiero e lo sviluppo delle conoscenze.
Il sistema delle
scienze agì, durante il Settecento, nel senso di una completa rifondazione dei
presupposti teorici e del metodo di indagine. Le concezioni metafisica e
teocentrica vennero messe sotto accusa soprattutto in rapporto alle concezioni
materialistiche e meccanicistiche che rovesciarono i pregiudizi antropocentrici
e il bagaglio delle credenze popolari. I contributi di Pierre Bayle, di cui si
ricorda il Dictionnaire historique et critique, di Fontenelle, di Condillac
(fondamentale, oltre al Saggio sull'origine delle conoscenze umane del 1747, è
il Trattato delle sensazioni, del 1753), di La Mettrie (L'uomo-macchina è del
1748), di Holbach (la sua opera maggiore, il Sistema della Natura, ebbe grande
importanza per la formazione del materialismo di Leopardi), spostarono
l'attenzione sopra un'analisi scientifica della natura intesa non più come
effetto divino ma come prodotto della materia e di rapporti di forza.
Nell'ambito del
pensiero illuminista, soprattutto francese, le teorie materialistiche accettate
e teorizzate da Helvétius, La Mettrie e Holbach rappresentarono una
radicalizzazione anti-teologica del concetto di natura. Respingendo ogni
prospettiva finalistica e metafisica della realtà, in cui non c'era più posto
per una soluzione religiosa ai problemi dell'uomo nel mondo, il materialismo
tendeva a dare una spiegazione scientifica del mondo e dei rapporti che lo
governano: la realtà appariva come un insieme di concatenazioni deterministiche
di cause ed effetti, legate tra loro da rapporti di necessità, all'interno
delle quali la centralità dell'uomo veniva ridotta a un semplice pregiudizio e
a un errore volutamente costruito dalla religione. In questo senso il
materialismo di fatto sostituiva la metafisica dell'anima con un altro pensiero
ugualmente totalizzante, quello della materia. Se il punto di partenza del
materialismo settecentesco era costituito dalla dottrina fisiologica di Julien
Offroy de La Mettrie (1709-1751), per il quale la materia sarebbe dotata di
estensione, movimento e sensibilità, determinando cioè anche il pensiero, il
passaggio conclusivo verso un ordinamento morale del materialismo avveniva con
le dottrine di Paul Henri Dietrich barone d'Holbach (1723-1789), che nel
Sistema della Natura (1770) individuava un legame puramente fisico e causale
tra uomo e natura, affermando tra l'altro che la felicità, la libertà, il
piacere dipendono soltanto dalla materia. Lo sforzo che l'uomo compie
nell'affermazione di una società giusta dipendeva quindi da una emancipazione
dai pregiudizi religiosi e morali del passato, ostacoli questi ultimi della
vera felicità dell'uomo. In questo modo il materialismo veniva a coincidere con
un aspetto molto importante del pensiero illuminista: la condanna cioè di ogni
forma di religione dogmatica, di credenze e false opinioni che ostacolano il
corso della ragione. Gli illuministi non negarono totalmente il ricorso alla
religione, ma contrapposero il concetto di religione naturale, una forma di
religione positiva e tollerante in cui si riconosceva l'esistenza di un
principio ordinatore, a quello di religione positiva, fondata invece sulla
tradizione, sull'affermazione del potere, sul fanatismo.
Fortemente
collegato alla tradizione scientifica e sperimentale seicentesca, le teorie del
sensismo vennero elaborate dapprima in Inghilterra, dove il rappresentante più
significativo fu il filosofo John Locke (1632-1704), e quindi passarono in
Francia, in Germania e in Italia. Alle origini del sensismo vi è anzitutto una
teoria della conoscenza, secondo la quale tutti i dati a disposizione del
sapere dipendono dall'esperienza e dalla sensazione: da questo deriva il metodo
induttivo, per cui soltanto dall'analisi dei dati sensibili si può risalire
alle leggi generali. Dal sensismo derivarono anche la critica delle idee
innate, un nuovo concetto di ragione intesa come strumento di controllo e di
correzione della conoscenza scientifica e dei fenomeni sociali.