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( Dal XIV sec. al XVII sec. )
Introduzione.
Il XIII sec. fu per l'Italia un periodo di cambiamenti sul piano dell'assetto politico.
Con il declino del Comune e con la conflittualità causata dall'introduzione della figura del podestà, si giunse presto all'insediamento di Signorie, che solitamente ottenevano un riconoscimento da parte dell'imperatore o del papa, trasformandosi in Principati.
Così a partire dal XIII sec. le Signorie si diffusero in tutta l'Italia centro-settentrionale.
Un'altra trasformazione di carattere politico e territoriale fu provocata dalla politica di espansione attuata in questo periodo dalle maggiori Signorie. La conseguenza di ciò fu una semplificazione della carta politica dell'Italia, con la presenza di pochi grandi Stati regionali: uno di questi fu il Ducato di Savoia.
Oggi con il termine Savoia si indica la regione storico-geografica della Francia Sudorientale compresa tra il Delfinato a Sud e a Sud-Ovest, il corso del Rodano a Ovest, il lago di Ginevra a Nord e la catena delle Alpi Occidentali a Est.
Dall' XI sec. Costituì con Umberto I Biancamano un importante Principato esteso sino alla Valle d'Aosta. Nel corso del XIII sec. il centro politico ed economico si andava gradualmente spostando dal versante francese delle Alpi a quello italiano. Le strutture amministrative furono fissate durante il sec. XIV, infatti, diventa Ducato nel 1416, quando il conte Amedeo VIII ricevette il titolo ducale dall' imperatore Sigismondo di Lussemburgo.
(Il sovrano che aveva convocato nel 1414 il concilio di Costanza)
Dal sec. XVI il Ducato fu una provincia dello Stato Piemontese, poi di quello Sardo. Successivamente la sua dinastia governò il Regno d'Italia e fu anche titolare del Regno di Cipro e Gerusalemme.
Al fondatore Umberto I succedettero inizialmente i conti di Moravia-Savoia, poi Tommaso I; da questo la dinastia si divide in più rami. Così a Tommaso I succedono parallelamente Amedeo IV, Pietro II, Filippo I e Tommaso II.
Infatti, i dissidi tra i discendenti maschi sfociarono nella spartizione dei possedimenti famigliari, promossa da Amedeo IV, che investì il fratello Tommaso II della signoria feudale sul Piemonte iniziando la separazione tra i domini cisalpini e i transalpini, che durò fino al 1418. Ad Amedeo IV succedette il figlio Bonifacio I, che regnò per poco tempo e dal quale il potere passò in mano a Pietro II, fratello di Amedeo IV e Tommaso II. Nel 1268 a Pietro II succedette un altro fratello, Filippo I, alla cui morte prese il potere Amedeo V (il Conte Grande). Questi, per evitare possibili conflitti con altri eredi, diede a Ludovico I il feudo di Vaud e una parte del Piemonte al nipote Filippo I di Savoia-Acaia. Tra la fine del XIII sec. e l'inizio del seguente i domini sabaudi si estesero notevolmente grazie ad Amedeo V e al nipote. Molti territori furono conquistati in Piemonte mediante la partecipa zione alle guerre tra i Marchesi di Saluzzo e Monferrato, Asti e gli Angioini: Fossano, Cavallermaggiore, Mondovì, Cherasco e Savigliano alcuni dei paesi che caddero nelle mani dei Savoia. Non sale al potere, invece, Tommaso III figlio di Tomm. II per la minore età o perché indisponibile a causa di un rapimento.
Ad Amedeo V succedettero prima il figlio Edoardo, poi Aimone, dal quale il potere passò ad Amedeo VI (il Conte Verde) che nel 1359 ricongiunse il Vaud alla contea ed iniziò un'ambiziosa e fortunata politica di espansione e prestigio, continuata dal figlio Amedeo VII .
Questa politica prevedeva la formazione di un grande Stato alpino esteso dal Col di Tenda al Sempione, dal Rodano al Po, con uno sbocco nel mare.
Amedeo VI, approfittando degli scontri tra Biella e Vercelli si impossessò prima di numerosi luoghi attorno alle due città, poi di Cuneo e della stessa Biella, cominciando appunto un'avanzata nel Piemonte meridionale alla ricerca di uno sbocco nel mare.
Il Conte Verde si impegnò anche a rafforzare l'unità dei territori sotto il potere della monarchia, territori che fino a quel momento si trovavano isolati e sparsi disordinatamente.
Lo fece rinunciando anche ad alcuni possedimenti ma acquistandone degli altri, come il Genevese, il Gex e il Faucigny, attraverso guerre ed assedi contro i rivali di sempre: i Delfini e i Genevesi.
Al territorio dei Savoia mancava la Signoria di Villars Dombes e una piccola porzione che apparteneva ai Beaujeu. Questi ne fecero omaggio ad Amedeo VI, ma non al figlio, che pure combatté a lungo per richiamarli al dovere.
Della Signoria di Villars vennero in potere del nipote Amedeo VIII, in seguito all'acquisto fatto nel 1402, solo le città di Villars e Loyes oltre che alcuni luoghi dispersi.
L'espansione incominciata dal Conte Verde prosegue con il figlio Amedeo VII (il Conte Rosso) che, salito al potere nel 1383, grazie all'appoggio dei Grimaldi contro i Durazzo ottiene la città di Nizza (1388) e lo sbocco nel Mar Tirreno. Lo stesso Conte Rosso proseguì anche la politica di alleanza con la Francia, combattendo contro l'Inghilterra e parteggiando per l'antipapa Clemente VII (che provocò lo scisma d'occidente), riuscendo ad occupare temporaneamente Sion e il Vallese e domando con l'appoggio dei Visconti una ribellione nel Canavese.
Ad Amedeo VII segue il figlio Amedeo VIII (il Pacifico) nel 1391 e nel corso del suo lungo periodo i domini sabaudi raggiunsero la massima estensione. Infatti, oltre a conquistare i territori del Villars riuscì ad eliminare una secolare incuneatura straniera nei domini, in seguito a cessioni dei conti di Ginevra e a vendite effettuate a suo favore. Dall'imperatore Sigismondo ottenne la sovranità su Ginevra e il titolo di duca di Savoia (1416);
acquisì quindi i territori piemontesi del ramo Savoia-Acaia, estinto nel 1418. Con un'abilissima politica di accordi e di mediazioni tra Visconti, Venezia e Firenze, l'imperatore d'oriente acquistò Vercelli (1427) e il Monferrato (1433-34), consolidando lo Stato sabaudo.
Legò il suo nome, più che alle conquiste, alla riorganizzazione legislativa dei suoi stati, emanando un corpo di leggi nel 1430 (Decreta ducalia Sabaudia).
Nel 1434 lasciò lo Stato al figlio Ludovico, ritirandosi nel monastero di Ripaglia. Eletto antipapa dal Consiglio di Basilea, assunse il nome di Felice V, rinunciando al titolo di Duca, ma abdicò nel 1449.
Ludovico (Principe di Piemonte), al potere dal 1434, alla morte del fratello maggiore Amedeo, candidato alla successione, fu costretto a cedere alla Francia il Valentinois (1445) e a stipulare il Trattato di Cleppiè (1452), che riconosceva di fatto la supremazia francese sul Ducato. In contrasto con Francesco Sforza per la detenzione al Ducato milanese, dopo la morte di Filippo Maria Visconti (1447), fu costretto a riconoscerne la successione.
Con Ludovico e ancor di più con suo figlio, lo sprovveduto politicamente Amedeo IX (il Beato) il Ducato sabaudo decadde sotto la pressione sempre più forte della Francia. Egli infatti lasciò il governo alla moglie Iolanda di Valois, che fu però contrastata da Filippo II (il Senzaterra), fratello di Amedeo IX.
Iolanda fu anche reggente per il giovane figlio Filiberto I (il Cacciatore). A questo succedette nel 1482 il fratello Carlo I (il Guerriero), sotto la tutela di Luigi XI di Francia.
Carlo I cercò di salvaguardare l'indipendenza del suo Ducato dalle ingerenze francesi, tentando invano di imporsi sul Marchesato di Saluzzo e sposando la figlia di Guglielmo VII (il Paleologo), erede del Monferrato.
Egli così risollevò per breve tempo il prestigio del Ducato in Piemonte, ma la sua opera fu troncata dalla morte (1490) e non continuata dal figlio minorenne Carlo Giovanni Amedeo, per il quale tenne la reggenza la madre Bianca di Monferrato e con il quale si estinse la discendenza maschile di Amedeo IX.
Nel 1496 la corona passò a Filippo "Senza Terra", ormai al termine della sua vita, spesa per gran parte nei tentativi di ottenere il trono, e da lui al figlio Filippo II (Il Bello) nel 1497. All'inizio del secolo XVI Carlo III (o II "Il Buono") succedette al fratello Filippo II "Il Bello",
nel pieno delle lotte tra la Francia e gli Asburgo e non seppe destreggiarsi tra i contendenti con l'abilità consueta ai suoi predecessori, fino a perdere alcuni territori.
Nel frattempo il secondo fratello, Filippo, divenne duca di Nemours, creando la linea collaterale dei Savoia-Nemours che si estinse nella seconda metà del XVII secolo.
Alla morte di Carlo III, avvenuta oscuramente a Vercelli nel 1553, non ci furono immediati successori, ma si dovette aspettare fino al 1559, quando suo figlio Emanuele Filiberto (Testa di Ferro), al comando degli spagnoli, sconfisse i francesi nella decisiva battaglia di San Quintino. Grazie alla successiva pace di Cateau-Cambresis, potè rientrare in possesso, sia pure gradualmente, dello Stato sabaudo, facendolo così risorgere.
In realtà, Emanuele Filiberto non lo riebbe per diritto di conquista o per principio di legittima ereditarietà, bensì come dote della Corona francese che, insieme alla Spagna, si trovò spossata da lunghe guerre e per questo motivo decise di creare uno stato cuscinetto tra loro, cedendo il Piemonte ai Savoia.
Il Ducato al tempo di Emanuele Filiberto.
E. F. rinnovò le relazioni internazionali dello Stato e spostando la capitale in Piemonte, a Torino, ne trasformò radicalmente la struttura politica-economica-sociale. Sostituì un governo assoluto al regime dei suo predecessori, nel quale le congregazioni degli stati limitavano l'esercizio della sovranità. Riconobbe tuttavia in altri istituti dei limiti ai suoi poteri, mantenendo i parlamenti e i senati.
Per il rinnovamento dell'economia e per dare incremento all'agricoltura fece progettare un vasto piano di irrigazione del Piemonte. Con altri provvedimenti incoraggiò l'immigrazione dei contadini non regnicoli e tentò di elevare quelli sotto il potere del Regno con l'affrancazione dei servi della gleba, ma questo tentativo di riforma sociale non diede grandi risultati.
I popoli sabaudi in genere, e quelli del Piemonte in specie, erano di origine assai poco industriosa e per introdurre le industrie nello stato il duca dovette offrire asilo e privilegi ai fuorusciti e agli stranieri, che con capitali o con speciali abilità si stabilissero nei suoi stati: dando così origine alla vita industriale moderna in Piemonte.
Rese in questo modo il paese più ricco, diede un assetto più stabile alle finanze e le entrate salirono.
Senza gravare sull'erario e senza suscitare apprensioni nelle due grandi potenze confinanti, creò un'organizzazione militare caratterizzata da una facile mobilitazione e fondò il sistema difensivo sabaudo su una fortificazione, concepita in modo da controllare tutti i lati dello stato.
Poco prima di morire nel 1580, il duca "Testa di Ferro" intuì di poter utilizzare la Svizzera come perno della sua politica di neutralità e di sicurezza tra Francia e Spagna e con varie alleanze politiche e militari riuscì a compiere questo piano di ricostruzione territoriale.
Dopo Emanuele Filiberto la successione proseguì con Carlo Emanuele I (1580-1630).
Si ingaggiò allora una lotta diplomatica tra l'ambasciatore straordinario francese e l'ambasciatore spagnolo per accaparrarsi ciascuno per la sua nazione il giovanissimo successore. In ultimo prevalse il partito spagnolo e nel 1585 Carlo Emanuele celebrò le sue nozze con Caterina, figlia di Filippo II, da cui ottenne una ricchissima dote e la promessa di soccorrerlo se Berna avesse reagito a un colpo di mano sabaudo su Ginevra, che si presentava con probabilità di successo. L'impresa sfumò quando Enrico III avvertì la città.
Carlo Emanuele concentrò le sue aspirazioni sul marchesato di Saluzzo, occupato da milizie protestanti francesi, e nel 1588 l'invase e se ne rese padrone. Carlo Emanuele aveva un altro progetto d'impresa su Ginevra. Attraverso rinforzi svizzeri poté bloccare la reazione dei Ginevrini e dei Bernesi e costringere Berna alla pace di Noyon proclamata nel 1589 e porre il blocco a Ginevra. Inoltre nel 1590 invase la Provenza e ne assunse il governo.
Cominciò quindi una delle più belle guerre di montagna che la storia militare ricordi.
Il Lesdiguieres costrinse le truppe sabaude a togliere l'assedio da Ginevra e le obbligò ad abbandonare la Provenza. Per i tre anni seguenti Carlo Emanuele e il Lesdigueires si logorarono in una guerra di assedi sulle Alpi e alla fine si venne alla tregua di Barrault nel 1595 e alla capitolazione di Bourgoin presso Lione nello stesso anno. Successivamente per un patto non rispettato da Carle Emanuele i francesi invasero la Bresse e la Savoia , mentre i Ginevrini distruggevano il forte di Santa Caterina. S'interpose il papa e per opera del suo legato fu firmata quella famosa pace di Lione nel 1601, che assicurò al Ducato di Savoia Saluzzo e altre terre del Piemonte e diede alla Francia la Bresse, il Bugey, il Valromey e il Gex, e che aveva l'importanza strategica e politica di stringere di più la Spagna al Ducato. Negli anni successivi Carlo Emanuele si vide svaniti i suoi disegni spagnoli e sentì finalmente la vocazione italiana della sua casa. Si legò così con Enrico IV nella lega di Brosolo nel 1610, che doveva procurare la Savoia alla Francia e il Milanese con il titolo regio a casa Savoia.
Alla morte di Francesco Gonzaga, genero di Carlo Emanuele, il fratello Ferdinando assunse il possesso del Monferrato, ma presto il duca, non d'accordo, piombò con le sue truppe presso la città e occupò diversi paesi vicini. La sua azione fu contrastata dalle milizie spagnole che volevano impedire al duca ogni ulteriore progresso e nel 1613 si venne alla convenzione di Milano. Ma questa non fu rispettata da Ferdinando e si stava giungendo nuovamente alle mani allorché la Spagna impose il disarmo completo dei contendenti, condizione che Carlo Emanuele non accettava. Cominciò quindi la lotta tra il duca e il gigante spagnolo.
L'esercito di quest'ultimo riuscì ad occupare Oneglia, gli Spagnoli furono però presto vinti e firmarono il primo trattato di Asti nel 1614, che non fu però ratificato da Filippo III. Così la guerra riprese e le truppe sabaude furono disfatte. Si giunse poi al secondo trattato di Asti nel 1615, con cui l'integrità degli stati sabaudi entrò a far parte degli stati europei e italiani.
Successivamente il duca di Savoia si era diviso il Monferrato col governatore di Milano, don Gonzalo di Cordova. L'imperatore Ferdinando, che era d'accordo con loro, pose sotto sequestro imperiale gli stati di Mantova e Monferrato e Carlo Emanuele occupò S.Damiano, Torino, Moncalvo e Alba, mentre don Gonzalo assediava Casale.
Ma intanto il cardinale Richelieu si concentrava nella questione della successione di Mantova e Monferrato e, prima di scendere in Italia, tentò di ottenere l'alleanza con il duca di Savoia. Uno dei suoi figli più sagaci, Tommaso di Carignano, consigliò di considerare la sicurezza degli stati sabaudi e di dare liberamente il passo ai Francesi. Carlo Emanuele non volle cedere per un punto d'onore e dovette finire col ripiegarsi, dopo una sconfitta in Val di Susa.
Col trattato di Susa del 1629 il duca si impegnava a riconoscere Carlo di Nevers signore di Mantova e di Monferrato. Così, Carlo Emanuele, lasciò uno stato impoverito economicamente e ridotto territorialmente, a vantaggio della Francia, che vi esercitò una vasta influenza sino alla fine del sec.XVII. Si giunse così al completo fallimento dell'opera di Carlo Emanuele, che lasciò il ducato sull'orlo della rovina. Egli fu però un grande educatore politico e infuse nei popoli sabaudi il senso dell'indipendenza dello stato e la morale di fedeltà al principe.
La situazione mutò quando gli successe Vittorio Amedeo I nel 1630. Egli sentiva la necessità di doversi piegare alla forza strapotente della Francia. Ottenne l'armistizio di Rivalta, che fu il preludio dei trattati di Cherasco, che costituirono la base dei rapporti franco-sabaudi per mezzo secolo e che andavano notevolmente a vantaggio della potenza francese.
Da allora in poi il ducato divenne un satellite della corona francese. Vittorio Amedeo rese ancora più completo l'isolamento del ducato perdendo ogni contatto con la Spagna e con Venezia. Egli però favorì una certa fortuna nella diplomazia dei secoli sucessivi caldeggian-do il principio di neutralità d'Italia: infatti, approssimandosi il momento in cui doveva scoppiare apertamente la lotta tra Francia e Spagna, egli prevedeva che non vi avrebbe tratto nulla di vantaggioso e intendeva legarsi agli altri stati italiani e proclamare la loro neutralità alla guerra. Ma ciò andava contro i trattati di Cheresco e Richelieu obbligò Vittorio Amedeo a tener fede agli impegni. In nome della libertà d'Italia, si concluse una lega offensiva e difensiva per tre anni tra il re di Francia, il duca di Savoia, il duca di Mantova e il duca di Parma per assalire e conquistare il Milanese.
Nel 1637 Vittorio Amedeo morì improvvisamente e lasciò il trono al piccolo figlio Francesco Giacinto. Solo dopo un anno, nel 1638, gli successe il fratellino Carlo Emanuele II, quando la lotta franco-spagnola si complicò con la guerra civile tra Madama Reale e i principi cognati, il cardinale Maurizio e Tommaso di Carignano, che si concluse nel 1642.
Successivamente Carlo Emanuele II tentò di riconquistare delle terre perse ma la sua impresa fallì. Partecipò allora alla congiura di Raffaele dalla Torre, che fu però scoperta e caddero i tentativi di conquista di Oneglia e del marchesato di Zuccarello.
Il duca, profondamente amareggiato morì nel 1675.
Bibliografia:
Enciclopedia Treccani, enciclopedia Zanichelli, enciclopedia multimediale Rizzoli Larousse,
sito Internet https://utenti.tripod.it/monarchia.htm
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