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Gran Bretagna
(inglese Great Britain)
propriamente Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland), Stato che comprende l'isola maggiore dell'Arcipelago britannico (ripartita in Inghilterra, Galles e Scozia), l'Irlanda del Nord e circa 5000 isole minori.
Superficie: 244.110 km
Popolazione: 55.488.000 ab.
Capitale: Londra.
Lingua: prevale l'inglese, ma nella Scozia, nell'Irlanda e nel Galles permangono gruppi di parlata celtica.
Religione: prevalgono i protestanti (anglicani in Inghilterra e presbiteriani in Scozia); 10% cattolici; 1% ebrei; minoranze musulmane.
Unità monetaria: sterlina.
Confini: l'Irlanda del Nord confina con l'Eire; per il resto confini marittimi: a nord, nord-ovest, sud-ovest l'Oceano Atlantico, a ovest il Mare d'Irlanda, a sud-ovest il Canale di Bristol, a sud la Manica, a est il Mare del Nord.
Ordinamento: monarchia costituzionale. Capo dello Stato è il sovrano. Il potere esecutivo è esercitato dal Governo, presieduto dal Primo ministro (nominato dal sovrano nella persona del leader del partito di maggioranza). Il potere legislativo spetta al Parlamento, che è bicamerale (Camera dei Lords, di 982 membri, e Camera dei Comuni, di 650 membri, eletti per 5 anni con suffragio universale diretto). Amministrativamente l'Inghilterra e il Galles sono divisi in contee, la Scozia in regioni e l'Irlanda del Nord in distretti.
n Morfologia. La Gran Bretagna è caratterizzata da un profilo costiero molto articolato, con penisole e lobi separati da profonde insenature che si corrispondono dai due lati, in modo da creare istmi, che diminuiscono d'ampiezza verso nord. Tali insenature hanno a volte carattere di estuario (Tamigi, Humber), a volte di fiordo (firth: per esempio, il Firth of Forth, il Firth of Clyde e il Solway Firth, che separa la Scozia dall'Inghilterra). Nell'area dell'Inghilterra la Cornovaglia e il Galles, separati dal Canale di Bristol, formano due ampie penisole. La parte sudorientale è in prevalenza pianeggiante. Il rilievo consta di gruppi e massicci separati (North West Highlands, Grampiani, Cheviot o Uplands meridionali, monti Pennini, monte del Cumberland), residui di catene molto antiche; l'altezza diminuisce da nord a sud (Ben Nevis nella Scozia, 1343 m; monte del Cumberland, 978 m; monti Pennini, 973 m).
n Clima. Prevale un clima temperato fresco, oceanico, con inverni tiepidi, estati fresche, umidità costante. Le piogge, che cadono in ogni stagione, diminuiscono da ovest a est, con valori massimi nel Cumberland e minimi nel bacino di Londra. Caratteristiche le nebbie e le foschie: Londra ha solo 40 giorni sereni all'anno.
n Idrografia. Anche se mancano grandi bacini fluviali, i fiumi britannici sono ricchi d'acqua, spesso ampi e navigabili nel corso inferiore (condizioni favorevoli sono: il regime regolare, il declivio uniforme, la scarsa pendenza, la modesta velocità, le foci a estuario). Principali fiumi: Tamigi, Severn (che si apre nel Canale di Bristol), Humber (sul cui estuario è Kingston-upon-Hull), Tyne (fiume di Newcastle-upon-Tyne), Mersey. Nella Scozia, il fiume maggiore è la Clyde. La Scozia ha un gran numero di laghi: stretti e allungati, incassati, spesso molto profondi, sono detti loches (il più vasto è il Loch Lomond). Ricco di laghi è anche il Cumberland.
n Vegetazione. La costante umidità favorisce la vita delle piante, mentre la contrastano la violenza dei venti e l'eccessiva acidità del suolo. Prevalgono le praterie: solo il 5% del terreno è coperto da boschi. Vaste estensioni della Scozia, dei Pennini, del Galles e della Cornovaglia sono coperte da brughiere o da torbiere.
n Popolazione. L'esistenza di grandi costruzioni megalitiche attesta che la Gran Bretagna è stata popolata fin da epoca remota. Verso il 600 a. C. vi affluirono popolazioni celtiche. In seguito venne colonizzata dai Romani, che disseminarono le parti pianeggianti di campi militari (onde la frequenza di città il cui nome termina in chester=castrum) e costruirono grandi muraglie per difendersi dai bellicosi abitanti della Scozia. Nel V sec. il Paese venne occupato dagli Angli e dai Sassoni. Nell'XI sec. gruppi di Normanni, provenienti dalla Francia settentrionale, conquistarono la Gran Bretagna e fondarono uno Stato monarchico, fondendosi con gli Anglo-Sassoni. Le antiche parlate celtiche sopravvivono nelle alte terre scozzesi, nel Galles e in Irlanda.
n Città. La Gran Bretagna ha un gran numero di centri urbani, spesso vicini tra loro. Oltre che nella zona di Londra, la popolazione s'addensa nei bacini carboniferi del Galles (Cardiff, Swansea) e di Newcastle-upon-Tyne, nelle Lowlands scozzesi (Glasgow, Edimburgo) e nelle aree industriali del Lancashire (industrie tessili: Liverpool e Manchester), di Leeds e Bredford (industria laniera), di Birmingham e di Sheffield (industrie metalliche e meccaniche). Un programma di rinnovamento urbano, allo scopo di mantenere intatte le caratteristiche del paesaggio, ha portato alla costruzione delle 'città nuove' (new towns).
n Economia. La grande rivoluzione industriale, sviluppatasi tra i secc. XVIII-XIX con largo anticipo rispetto al resto del mondo occidentale, ha garantito a lungo alla Gran Bretagna una posizione di preminenza nel sistema economico-finanziario internazionale; l'evolversi del quadro politico ha tuttavia progressivamente ridimensionato il suo ruolo, specialmente dopo l'abbandono dei domini coloniali e la crescita delle nuove potenze industriali (USA, Germania, Francia prima; più recentemente Giappone e Italia). Dopo la seconda guerra mondiale si è dunque operata una profonda ristrutturazione del sistema economico-produttivo nazionale, inizialmente basata su un massiccio programma di nazionalizzazioni (Banca d'Inghilterra, settore siderurgico ed energetico, trasporti e telecomunicazioni), al quale si affiancava un processo di concentrazione delle maggiori imprese, specialmente nei settori chimico, meccanico, alimentare e petrolifero. Si procedeva contemporaneamente alla costruzione di un sistema di garanzie sociali (welfare state) nei settori della casa, sanità e istruzione teso a moderare l'impatto sociale del processo di ricostruzione e razionalizzazione dell'economia. Gli anni Ottanta sono stati dominati dalla svolta liberista dei governi del primo ministro M. Thatcher, che ha varato vasti piani di privatizzazione dei servizi e delle imprese statali, smantellando nel contempo il welfare state. Le difficoltà incontrate nel processo integrativo con il resto dell'Europa comunitaria testimoniano l'importanza che tutt'oggi ricoprono i rapporti preferenziali con i Paesi del Commonwealth. La produzione agricola (2% del PIL) assicura la metà circa del fabbisogno alimentare con la produzione di grano, orzo, avena e patate, mentre la Gran Bretagna è autosufficiente per i consumi di carne, formaggi e latte. Nel settore energetico, dopo il declino della produzione carbonifera, la scoperta nel 1975 dei giacimenti petroliferi nel Mare del Nord e un vasto programma nucleare hanno permesso la copertura del fabbisogno interno e il rilancio della siderurgia, con effetti benefici sul settore meccanico (di precisione, elettronica, aeronautica). Definitivamente in crisi appaiono invece i settori cantieristico, automobilistico e tessile. Tuttora centrale l'attività finanziaria, con la Borsa di Londra centro di importanza mondiale. Nel 1994 (6 maggio) è stato inaugurato il collegamento ferroviario diretto con la Francia sotto la Manica (Eurotunnel).
Due spedizioni condotte da Giulio Cesare nel 55 e 54 a. C. resero tributari a Roma i Celti del bacino del Tamigi, che con la parte meridionale dell'isola, conquistata dall'imperatore Claudio, costituì la provincia di Britannia (54 d. C.); il dominio romano si estese successivamente verso ovest e verso nord: qui, ai confini della Caledonia (Scozia), il vallum Hadriani e il vallum Antonini ne segnarono l'estremo limite. Angli e Sassoni, venuta meno la difesa romana, invasero l'isola (VI sec.), costituendo regni d'impronta germanica, presto cristianizzati per opera di monaci guidati dall'abate Agostino (VI sec.), che fissò la prima sede episcopale a Canterbury. Nel IX sec. il regno del Wessex predominò nella confederazione dei sette Stati costituenti l'Eptarchia. I Danesi, dopo un secolo di incursioni, conquistarono il Paese nel 1013; nel 1066 vi sbarcavano i Normanni di Guglielmo il Conquistatore, che diedero all'Inghilterra ordinamento feudale. Alla prima dinastia normanna succedette la dinastia angioina dei Plantageneti, con Enrico II (1154-1189), che cumulò vasti possessi nella Francia occidentale (Normandia, Bretagna, Angiò) e in Irlanda. Gli insuccessi subiti dal figlio Giovanni Senzaterra ad opera dei Francesi diedero occasione ai nobili laici ed ecclesiastici d'imporre al potere regale le restrizioni contenute nella Magna Charta libertatum (1215) e nelle Provvisioni di Oxford (1258); successivamente l'alleanza dei nobili con la borghesia cittadina impose alla corona la convocazione del primo Parlamento (1265), distinto poi da Edoardo III nelle due Camere dei Lords e dei Comuni (1284). Annesso il Galles nel 1284, il regno d'Inghilterra fu impegnato nella guerra dei Cent'Anni (1337-1453) contro la Francia, alla cui corona i Plantageneti aspiravano: al termine del conflitto i possessi inglesi in Francia erano ridotti alla sola Calais, persa definitivamente sotto Maria la Cattolica (1558). La rivalità fra i due rami della casa reale, Lancaster e York, portò alla guerra delle Due Rose (1455-1485), conclusasi con l'ascesa al trono di Enrico VII Tudor (unico erede dei Lancaster e sposo di una York), restauratore dell'assolutismo monarchico; questo risultò ulteriormente rafforzato dall'Atto di Supremazia (1534) con il quale Enrico VIII Tudor operò il distacco della Chiesa inglese da Roma, perfezionato dal successore Edoardo VI con l'istituzione della Chiesa anglicana episcopale. Sotto Elisabetta I (1558-1603) la distruzione dell'Invincibile Armata del re spagnolo Filippo II sancì l'inizio del predominio marittimo dell'Inghilterra, che si espresse anche nella fondazione della prima colonia in terra americana (Virginia) e nel rafforzamento del ruolo inglese di prima potenza commerciale del mondo grazie alla moltiplicazione delle basi di appoggio lungo le rotte atlantiche e per l'Estremo Oriente. L'ascesa al trono (1603) di Giacomo Stuart, erede della corona di Scozia e d'Inghilterra, portò all'unificazione personale dei due regni, mentre la sua politica di repressione delle minoranze puritane e cattoliche alimentò un flusso costante di emigrazione verso le colonie nordamericane (fondazione della Nuova Inghilterra). La soppressione delle libertà tradizionali operate dal successore Carlo I suscitò la reazione del Parlamento (petizione dei diritti, 1628) e condusse alla guerra civile e al crollo della monarchia. O. Cromwell, capo delle milizie puritane, assunti poteri dittatoriali, riprese la politica elisabettiana di potenza e di espansione coloniale (Atto di navigazione, 1651). Alla sua morte, la restaurazione monarchica portò al trono Carlo II (1660), durante il cui regno furono emanati il Test Act, che interdisse ai cattolici i pubblici uffici, e l'Habeas corpus (1679), a tutela della libertà personale. Le tendenze assolutistiche e filocattoliche di Giacomo II spinsero il Parlamento a deporlo ('gloriosa rivoluzione') e a offrire la corona d'Inghilterra a Guglielmo (III) d'Orange-Nassau, statolder d'Olanda, garantendosi la firma di una Dichiarazione dei diritti che dava base costituzionale all'istituto parlamentare (1689). L'Atto di Unione del 1707 tra Inghilterra e Scozia sanciva la nascita della Gran Bretagna, governata, a partire dal 1714, dalla dinastia degli Hannover. Nei decenni successivi si accentuò il carattere parlamentare del sistema politico britannico, con l'azione del primo ministro dipendente dai voti dei due partiti presenti nelle assemblee legislative, i whigs e i tories, rappresentanti della nobiltà terriera e dell'alta borghesia cittadina e mercantile. Innovativa fu anche l'intensa attività inglese in politica estera, dove il coinvolgimento nelle guerre europee perseguì il duplice intento di mantenere l'equilibrio tra le potenze continentali e di estendere i propri possedimenti in Europa (Gibilterra), America (Canada, Nuova Scozia, Ohio, Florida) e Asia (India). Nel 1783 tuttavia il conflitto apertosi con le 13 colonie nordamericane si concludeva con il riconoscimento della loro indipendenza. Con lo scoppio della Rivoluzione e lo stabilirsi dell'egemonia francese, la Gran Bretagna assunse la funzione di guida delle coalizioni antifrancesi sino alla sconfitta di Napoleone, assicurandosi al Congresso di Vienna il possesso di Malta, delle Ionie, di Helgoland, della Colonia del Capo, di Ceylon e di parte delle Antille. Il formidabile sviluppo economico seguito alla rivoluzione industriale, avviatasi in Gran Bretagna con notevole anticipo rispetto al resto del mondo occidentale, fece da sfondo al lungo regno della regina Vittoria (età vittoriana, 1837-1901), caratterizzatosi per l'attuazione di profonde riforme interne (leggi elettorali; adozione del libero scambio) e una decisa politica imperialistica, inaugurata dal primo ministro conservatore B. Disraeli, che portò al consolidamento e all'ampliamento dell'impero coloniale in Asia (Hong Kong, 1842), in Oceania (Nuova Zelanda, 1840), in Africa (Natal, Africa australe, 1840; Egitto, 1882). Nel 1876 l'India fu elevata a impero, mentre nel 1878 l'Inghilterra acquistava Cipro e con la vittoria contro i Boeri (1889-1901) il Transvaal e l'Orange. Agli inizi del XX sec. sarebbe stata accordata alle più progredite colonie l'autonomia già concessa al Canada nel 1867 (Unione Australiana, 1901; Nuova Zelanda, 1907; Unione Sud-Africana, 1910). L'attenzione per le relazioni interne al sistema imperiale si accompagnò a un disimpegno dalle vicende europee ('splendido isolamento'), mentre nella madrepatria si assisteva al rafforzarsi del movimento sindacale (trade unions) e alla nascita del Partito laburista (1906), che s'inseriva nella tradizionale alternanza al governo tra Partito conservatore e Partito liberale (eredi, dopo la riforma elettorale del 1832, dei tories e dei whigs): nel 1922 J. MacDonald guidava il primo ministero laburista nella storia della Gran Bretagna. Il sorgere della potenza economica e militare della Germania indusse tuttavia la Gran Bretagna a una collaborazione politica con la Francia ('intesa cordiale' del 1904) e la Russia, divenuta alleanza militare allo scoppio del primo conflitto mondiale (Triplice intesa). Alla fine della guerra la Gran Bretagna accrebbe il proprio impero coloniale con parte delle colonie tedesche d'Africa e del Pacifico e acquistò posizione egemone nel Medio Oriente, dove aveva promosso la rivolta araba contro i Turchi. Nel 1921 fu costretta da una sanguinosa insurrezione a riconoscere l'indipendenza dell'Irlanda (ad eccezione dell'Ulster) e nel 1922 a rinunciare al mandato sull'Egitto, pur conservando il diritto di presidiare il Canale; sulla spinta della crisi economica del '29 e della necessità di garantirsi un sistema preferenziale di rapporti commerciali e finanziari, nuovi rapporti furono stabiliti con i Dominions con la costituzione del Commonwealth (Statuto di Westminster, 1931; Conferenza di Ottawa, 1932). Nel 1936 l'Egitto otteneva l'indipendenza e nel Sudan si dava vita ad un sistema di condominio anglo-egiziano. Falliva invece il tentativo di ostacolare la conquista italiana dell'Etiopia, invocando l'applicazione di sanzioni economiche secondo lo statuto della Società delle Nazioni. La Gran Bretagna seguì sino al 1939 una politica conciliativa verso la Germania, ma le dichiarò guerra dopo l'aggressione alla Polonia. Durante il secondo conflitto mondiale, guidata da W. Churchill, ebbe grande influenza nel determinare l'azione politico-militare degli Alleati nello scacchiere afroeuropeo e in quello asiatico, ma nel dopoguerra la tradizionale preminenza sulla scena internazionale dovette cedere di fronte all'affermarsi delle due superpotenze statunitense e sovietica. Dopo la fine del conflitto dovette concedere l'indipendenza a molte colonie e a vari Paesi dell'Impero (India, Stati africani) e ritirare le truppe dalla zona del Canale di Suez (1955). Promotrice con gli USA dell'ONU (1942), vi detiene un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza; con gli USA e con i Paesi dell'Europa occidentale nel 1949 costituì la NATO; inoltrò domanda di ammissione al MEC, incontrando l'iniziale opposizione della Francia gollista; riprese le trattative nel 1970, entrò nella CEE nel 1972, senza peraltro rinunciare alla particolare relationship con gli USA e il Commonwealth, manifestando ampie riserve sui progetti di una più effettiva integrazione europea a livello economico, finanziario, politico e militare. I governi di Margaret Thatcher (primo ministro dal 1979 al 1990) hanno avviato il Paese, sulla base di un programma rigidamente neoliberista che ha smantellato il welfare state messo a punto dai governi laburisti degli anni Settanta, sulla strada del risanamento dell'economia. Nel 1982 la Gran Bretagna ha sostenuto vittoriosamente una guerra con l'Argentina per il controllo delle isole Falkland. La successione di M. Thatcher (dimessasi nel 1990 in seguito a disaccordi interni al governo in materia di integrazione europea) con J. Major (confermato nelle elezioni del 1992) non ha avuto effetti sensibili sulla linea di governo in politica interna e in politica estera. Nel 1994 dopo la dichiarazione unilaterale di sospensione della lotta armata da parte dell'IRA, sono stati avviati i colloqui per la pacificazione dell'Ulster, a cui ha dato un notevole impulso l'elezione di Tony Blair avvenuta nel 1997. Nell'aprile 1998 si è così arrivati alla firma dell'accordo di Stormont che fissa gli indirizzi politici dell'autonomia irlandese.
Dopo la letteratura del periodo anglosassone (v. Anglosassoni), la conquista normanna (1066), con il relativo apporto della cultura francese, provoca profondi mutamenti linguistici e favorisce una fioritura letteraria. Fino al XIII sec. tre lingue vengono qui usate: l'anglonormanno (il francese parlato a corte), il latino della cultura ufficiale e l'inglese della cultura popolare. Il primo grande poeta in inglese è Geoffrey Chaucer (XIV sec.), i cui Racconti di Canterbury presentano un quadro quanto mai vivo dell'Inghilterra medievale. Per circa un secolo e mezzo dopo la morte di Chaucer, il panorama letterario conosce un periodo di stasi. Notevole importanza hanno, in questi anni, le ballate popolari e i poemi allegorico-didattici. Il Rinascimento, che coincide con i regni di Elisabetta I e di Giacomo I, è preceduto da una vigorosa ripresa culturale all'insegna della riconsiderazione dei testi sacri e dello studio dei classici, che ha il suo rappresentante più insigne in Tommaso Moro. La letteratura elisabettiana e giacobita presenta quattro aspetti distinti: letteratura cortigiana (sir Philip Sidney ed Edmund Spenser); letteratura dotta (Francesco Bacone); letteratura raffinata (John Lyly e l'eufuismo, la poesia metafisica di John Donne e dei suoi seguaci e l'elaboratissima prosa dell'Anatomia della malinconia di R. Burton e della Religio Medici di Thomas Browne); letteratura drammatica, che, iniziata sin dal Medioevo con i misteri, le moralità e gli interludi, aveva avuto i suoi pionieri in Th. Sackville, Th. Kyd, R. Greene, G. Peele e Ch. Marlowe, per culminare nell'opera suprema di William Shakespeare e gloriosamente continuare nelle opere di Ben Jonson, Beaumont e Fletcher, G. Chapman, J. Marston, Th. Dekker, Th. Heywood, Th. Middleton, C. Tourneur, J. Webster, J. Ford, sino, estremo epigono, a J. Shirley, quando il prevalere della fazione puritana condusse, nel 1642, alla chiusura dei teatri. Le travagliate vicende politiche ebbero chiaro riflesso nella letteratura, che dette, da un lato, l'aggraziata lirica cortigiana dei Cavalier Poets, che operarono alla corte di Carlo I e furono sostenitori fedeli della monarchia (Thomas Carew, John Suckling, Richard Lovelace e Robert Herrick), e la fervida lirica religiosa di George Herbert, Richard Crashaw, Henry Vaughan e Thomas Traherne e, dall'altro lato, oltre a quel testo fondamentale che è la Versione autorizzata della Bibbia (1611) e alla poesia profana di Andrew Marvell, la severa poesia e la maestosa prosa polemica di John Milton. Nel 1660 John Bunyan, puritano fervente, pubblicò il popolare Viaggio del pellegrino, cui si contrappose la satira antipuritana di Samuel Butler con Hudibras. Il massimo esponente della Restaurazione fu comunque John Dryden, poeta lirico e satirico e drammaturgo copioso. Particolarmente intensa fu, nella seconda metà del XVII sec., la produzione drammatica, orientata in massima parte verso la commedia di costume: si distinguono G. Etherege, W. Wycherley, J. Vanbrugh, G. Farquhar e soprattutto W. Congreve. Alla tragedia, oltre al Dryden, si dedicarono N. Lee e Thomas Otway. Nella prosa filosofica si passa dal materialismo razionalistico di Thomas Hobbes all'empirismo di John Locke e all'idealismo di G. Berkeley. La rivoluzione del 1688, che portò la borghesia alla ribalta della vita politica, favorì il sorgere del romanzo realistico di vita contemporanea, i cui primi esempi sono da ricercare in alcuni romanzi di Daniel De Foe, quali Moll Flanders o Lady Roxana, seguiti dall'opera di H. Fielding e di T. Smollet, mentre il romanzo sentimentale si afferma con le opere di S. Richardson, O. Goldsmith, L. Sterne. Accanto alla produzione narrativa, la coscienza morale del XVIII sec. si rispecchia nella prosa sciolta e brillante di R. Steele e J. Addison, e soprattutto nella satira aspra e impietosa di J. Swift. Nella filosofia, D. Hume porta alla conclusione scettica le premesse dell'empirismo. Nella poesia elegiaca di Blair e di Young, di Collins e di Thompson e di Gray e, ancora più, nei poemi ossianici di Macpherson appaiono fermenti preromantici. Poeti quali R. Burns e W. Blake possono considerarsi già romantici, anche se la loro opera precedette di qualche anno quella di S. T. Coleridge e W. Wordsworth, le cui Ballate liriche furono il manifesto ufficiale del Romanticismo inglese. La seconda ondata romantica fu rappresentata da Byron, da Shelley e da Keats. Il massimo rappresentante della narrativa romantica, W. Scott, fu iniziatore di quel romanzo storico che aveva avuto i suoi albori preromantici alla fine del XVIII sec. (H. Walpole, C. Reeve, A. Radcliffe e altri). Ancora garbatamente settecentesca appare invece l'opera di J. Austen. Con l'ascesa al trono della regina Vittoria (1837), si verificò una ricca fioritura narrativa, attestata dai nomi delle sorelle Ch. e E. Brontë, di Dickens e di Thackeray, di G. Eliot e di E. Gaskell, di Ch. Read e di A. Trollope. Nella storiografia si distinsero Macaulay e Th. Carlyle; nella critica M. M. Arnold; nella filosofia, J. Stuart Mill. Verso la fine del secolo ebbe inizio la reazione antivittoriana, che trovò espressione nei romanzi di G. Meredith, nelle teorie di W. Pater e nell'opera di scrittori decadenti quali O. Wilde e Ch. A. Swinburne. La lirica religiosa trova espressione in Coventry Patmore, cattolico, e in Christina Georgina Rossetti, protestante, che aveva aderito alla corrente preraffaellita; mentre il gesuita G. M. Hopkins prelude ai più arditi sperimentalismi novecenteschi. Alla svolta del secolo, Samuel Butler rinnova la saggistica, R. L. Stevenson e J. Conrad riprendono con esiti suggestivi il romanzo d'avventura, Th. Hardy si collega alla corrente del pessimismo europeo. A. Bennett, R. Kipling, H. G. Wells e J. Galsworthy paiono invece più legati a momenti particolari ed effimeri della cultura europea, mentre nell'opera dell'irlandese W. B. Yeats, Nobel 1923, la poesia inglese trova una delle sue più alte espressioni. Il 1922 vide apparire due opere di capitale importanza, il romanzo Ulisse di J. Joyce e il poemetto La terra desolata di Th. S. Eliot, che danno inizio alla letteratura novecentesca propriamente detta. Emergono sugli altri i nomi di D. H. Lawrence, V. Woolf, E. M. Forster, K. Mansfield tra i narratori, di G. K. Chesterton, H. Belloc, A. Huxley, G. Orwell nella saggistica, mentre nel dramma si afferma la satira caustica e paradossale di G. B. Shaw. La poesia post-eliotiana ha in W. H. Auden, C. Day Lewis, S. Spender, L. Mac Neice, E. Muir, W. Empson, G. Barker, insieme con il 'romantico' gallese Dylan Thomas, impetuoso e immaginifico, i suoi rappresentanti migliori. Nella narrativa, si affermano i cattolici G. Greene ed E. Waugh, insieme con E. Bowen, I. Compton-Burnett, L. G. Durrell, mentre, sia nel dramma sia nel romanzo, le voci più rappresentative del pessimismo e della polemica sociale del secondo dopoguerra sono quelle dei cosiddetti angry young men, o 'giovani arrabbiati' (J. J. Osborne ne è il caposcuola). Dalla fine degli anni Settanta scrittori come J. McEwan, J. Barnes hanno messo in discussione il clima plumbeo creato dall'amministrazione thatcheriana. Negli anni Novanta il clima letterario inglese è apparso ulteriormente vivacizzato da autori di origine straniera come S. Rushdie e K. Ishiguro così come da nuove voci britanniche quali A. Byatt e dalle opere di H. Pinter e M. Spark.
Tipici del II millennio a. C. sono i monumenti funebri megalitici, tra cui quello grandioso di Stonehenge presso Salisbury. Numerosi sono i resti di edifici costruiti dai Romani e la loro influenza appare determinante anche per l'architettura anglosassone (v. Anglosassoni), nella parte meridionale dell'isola, mentre nel nord prevalgono influssi di origine irlandese. Caratteristiche ben individuate hanno l'architettura romanica, affermatasi dopo l'invasione normanna, e più ancora quella gotica (coro della cattedrale di Canterbury, 1174; abbazia di Westminster, 1245), praticamente vitale fino al XVII sec. La cultura rinascimentale italiana e lo stile palladiano, introdotti in Inghilterra da I. Jones, momentaneamente messi in ombra dall'elaborazione di un barocco locale da parte di C. Wren (l'urbanista di Londra e il progettista delle sue chiese), riprendono il sopravvento nell'architettura georgiana, raggiungendo effetti di particolare sensibilità nelle opere di R. e J. Adam. Nel corso del XIX sec., accanto all'imperante classicismo, si sviluppa la corrente romantica, che sbocca nel neo-gotico, a sua volta gradualmente superato dal ritorno al Rinascimento inglese in un oscillante e disordinato eclettismo. Tra le due guerre mondiali, e particolarmente tra il 1930 e il 1940, la presenza in Inghilterra di E. Mendelsohn e di W. Gropius ha accelerato il processo di assimilazione di tecniche e di espressioni moderne, applicate soprattutto a realizzazioni industriali e sociali, mentre numerosi edifici privati si ispirano ancora allo stile georgiano. Scarsissimi sono in Gran Bretagna i resti di pitture e di affreschi medievali, distrutti in gran parte dalla Riforma e dall'iconoclastia puritana del XVIII sec.; particolarmente preziose e raffinate le vetrate delle cattedrali gotiche (secc. XIII-XV) e le miniature (X-XIV). La pittura inglese, legata dal XIII al XVII sec. a influssi francesi, fiamminghi e olandesi e alla presenza di grandi artisti stranieri (Holbein, Rubens, Van Dyck), tra il XVIII e il XIX sec. matura con caratteri originali nella ritrattistica (W. Hogarth, Th. Gainsborough, J. Reynolds, H. Raeburn, Th. Lawrence, W. Blake) e nel paesaggio (R. Wilson, J. Crome, J. Constable, W. Turner, Th. Girtin, J. S. Cotman); particolare sviluppo raggiungono in questo periodo le varie tecniche d'incisione. Verso il 1890, superato il gusto preraffaellita di D. G. Rossetti, W. H. Hunt, Ford Madox Brown, E. Burne-Jones, gli artisti inglesi si orientano verso la pittura francese di Manet e, dopo il 1911, verso quella di Cézanne, Gauguin e Van Gogh, che ebbe influenza determinante sul gruppo New English, poi sostituito come gruppo d'avanguardia dal London Group. Dopo il vorticismo di W. Lewis, si sviluppano, accanto alle correnti tradizionalista (Euston Road Group) e neoromantica, l'espressionismo (F. Bacon), l'astrattismo (B. Nicholson, I. Hitchens) e il surrealismo (G. Sutherland). Tipicamente inglesi sono la produzione di sculture in alabastro per altari (secc. XIV-XV) e la scultura funeraria, soprattutto nel Medioevo e nel Rinascimento. Nel XVII sec. ebbero personalità originale N. Stone e G. Gibbons. Molti scultori notevoli operarono tra la fine del XIX e gli inizi del XX sec.: essi testimoniano un cambiamento del gusto dalla suggestione classica verso esperienze naturalistiche. Tra gli artisti vanno ricordati J. Epstein, H. Moore, B. Hepworth, R. Butler, L. Chadwick, K. Harmitage.
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