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Eutanasia
Eutanasia indica una morte serena, naturale o provocata con mezzi adatti non tutti leciti e ammessi, per alleviare o abbreviare sofferenze in ammalati gravi e inguaribili; è una pratica medico-legale condannata dalla religione e dal diritto positivo, consistente nel determinare la morte di una persona molto sofferente e per la quale non esistono, nei limiti della scienza umana, speranze di miglioramento e di salvezza. L'eutanasia è stata una delle problematiche discusse dalla nostra società dal punto di vista etico, religioso, giuridico. Dal punto di vista etico bisogna anteporre il fatto che esistono due forme di eutanasia: 1°) una forma cosiddetta attiva e 2°) una passiva. Nella prima il medico, accogliendo la richiesta di un ammalato terminale, per il quale non vi siano più speranze, non solo di guarigione o miglioramento, ma di attenuazione delle sofferenze, somministra un farmaco ad azione letale dopo avergliene fatto sottoscrivere la richiesta. La seconda, invece, consiste nel sospendere quella terapia abituale che serve a prolungare la vita e quindi le sofferenze del paziente. A tale scopo però bisogna fare un'importante distinzione fra sospensione della terapia della malattia causa della morte e sospensione della terapia di malattie concomitanti o intercorrenti. Esemplificando: in un ammalato di cancro che volge al termine e che abbia nello stesso tempo una malattia diabetica, la sospensione della terapia di quest'ultima conduce rapidamente a morte, ma non può essere considerata eutanasia, perché la vera causa della morte con le sue sofferenze è il cancro e non il diabete. Lo stesso può dirsi della terapia nutrizionale parenterale. Ne esiste anche un'altra che è Una variante dell'eutanasia attiva é il cosiddetto 'suicidio assistito', che si verifica quando un medico o un'altra persona fornisce del veleno ad un ammalato, che ne abbia fatto richiesta, ed assista a che esso venga ingerito dal richiedente, senza prestare alcuna collaborazione. Da quanto esposto si deduce che il problema dell'eutanasia non investe soltanto l'aspetto etico, morale e filosofico del singolo ammalato o degli operatori sanitari (rispondere o meno alla disperata invocazione d'aiuto da parte dei sofferenti), ma riveste anche un aspetto giuridico che riguarda sia il legislatore (punibilità o meno di chi presta la propria opera per l'eutanasia) che i responsabili delle varie categorie professionali, nonché le commissioni nazionali o sovranazionali per i diritti dell'uomo e dell'ammalato. Si può fin d'ora affermare che tutti gli Organi competenti si sono espressi contro l'eutanasia, consentendo soltanto la sospensione del cosiddetto accanimento terapeutico, misura con la quale si intende la messa in atto di provvedimenti assistenziali, strumentali e medicamentosi, tendenti a prolungare artificialmente la vita, anche in assenza di qualsiasi speranza di guarigione o sopravvivenza.La dottrina della Chiesa muove da punti fermi quali:
Pio XII ebbe a dire: 'Per quanto concerne il paziente, egli non è padrone assoluto di se stesso, del proprio corpo, del proprio spirito. Non può dunque disporne liberamente. Per quanto riguarda i medici, nessuno al mondo, nessuna persona privata, nessuna umana pietà, può autorizzare il medico alla diretta distruzione della vita; il suo ufficio non è di distruggere la vita ma è di salvarla'.Sul concetto di dignità della morte Paolo VI afferma: 'Tenendo presente il valore di ogni persona umana, vorremmo ricordare che spetta al medico essere sempre al servizio della vita ed assisterla fino alla fine, senza mai accettare l'eutanasia, né rinunciare a quel dovere squisitamente umano di aiutarla a compiere con dignità il suo corso terreno'. Lo stesso Paolo VI si pronuncia contro l'accanimento terapeutico affermando: 'In tanti casi non sarebbe una tortura inutile imporre la rianimazione vegetativa nell'ultima fase di una malattia incurabile? Il dovere del medico consiste piuttosto nell'adoperarsi a calmare la sofferenza, invece di prolungare più a lungo possibile con qualunque mezzo e a qualunque condizione una vita che va naturalmente verso la sua conclusione'.Anche altre confessioni religiose si esprimono contro l'accanimento terapeutico facendo spesso riferimento alla non esistenza de: 'l'obbligo di mantenere in vita una persona con mezzi straordinari quando non c'è nessuna speranza di guarigione (lettera dei Vescovi d'Inghilterra e del Galles).Contro la liceità dell'eutanasia si sono espresse anche Organizzazioni sanitarie internazionali, e perfino l'Assemblea del Consiglio d'Europa con la raccomandazione 779/1976 sui diritti dei malati e dei morenti. Precisamente l'articolo 7 esclude l'eutanasia attiva con queste parole: 'Il medico deve sforzarsi di placare la sofferenza e non ha il diritto, anche nei casi che sembrano disperati, di affrettare intenzionalmente il processo naturale della morte'. Analoga posizione è espressa dal Codice Italiano di Deontologia Medica, che all'articolo 40 recita: 'In nessun caso, anche se richiesto dal paziente o dai suoi familiari, il medico deve attivare mezzi tesi ad abbreviare la vita di un ammalato. Tuttavia, nel caso di malattia a prognosi sicuramente infausta, il medico può limitare la propria opera all'assistenza morale ed alla prescrizione ed esecuzione della terapia atta a risparmiare al malato inutili sofferenze'.E' recentissimo il pronunciamento in favore dell'eutanasia da parte della Chiesa Calvinista.
Dal punto di vista legislativo, in Italia l'eutanasia, specie quell'attiva è considerata alla stregua di un omicidio
volontario anche se con le attenuanti. L'articolo 579 del codice penale afferma
' chiunque causi la morte di un uomo con il consenso di lui, é punito con
la reclusione da
A mio parere l'eutanasia non è sbagliata come pratica perché nella maggior parte dei casi il voler tenere in vita una persona arriva alla fine ad essere un accanimento dell'uomo che desidera essere al pari di Dio, quindi all'accanimento terapeutico. Si deve capire che è giusto lasciare andare una persona che non è morta solo perché tenuta in vita da delle macchine che fanno battere il suo cuore, il fatto che ad una persona batta il cuore non determina che questa persona sia in vita o voglia vivere. A volte è meglio la fine di una vita che vivere una vita di prigionia.
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