La
commedia plautina è una palliata, vale a dire una
libera traduzione dei modelli greci: i drammi della commedia nuova (ornea); essa è una tipica commedia d'intreccio con la
solita trama, di un giovanotto innamorato a corto di soldi e d'ingegno, che per
raggiungere il suo scopo deve ricorrere all'arte del servo (il deus ex macchina
del dramma).
I
personaggi sono anch'essi dei tipi in pratica, non hanno conflitti, pentimenti,
contraddizioni: il giovane è sempre innamorato, il vecchio sempre avaro e
dissoluto, il servo sempre astuto e ribaldo, la cortigiana sempre avida e
dispendiosa. Trame e personaggi sono quelli della commedia nuova, ma nel
processo di rielaborazione, Plauto, ha perduto per via alcune caratteristiche
dei modelli: tecnica drammatica sapiente e accorta, un certo approfondimento
psicologico, il senso delle sfumature, tendendo verso gli aspetti comici e
spettacolari.
Plauto
non è solo un traduttore, magari geniale, egli soverchiando e violentando il
modello, trasformando da serio e pensoso in buffo e comico, ha spostato il
centro d'interesse, ha reso centrale il personaggio del servo, che con le sue
ribalderie, il suo amorale cinismo e i suoi mille giochi di parole è il vero
protagonista della commedia plautina.
Per
ciò va riconosciuta la gran distinzione dai modelli e la sua originalità per la
creazione di un teatro diverso, vivace e festoso, tutto basato sulla
straordinaria espressività della lingua e sulla ricchezza dei metri. Egli
inventa i cantica, parti sono cantate da attori, che sostituiscono i canti
corali diventando semplici intermezzi musicali nella nea
perduti nella palliata. Con la grande estensione data alle parti cantate e a
quelle occupate dalla musica, la commedia plautina
rivela un secondo importante elemento d'originalità, scostandosi molto
dall'andamento piano e discorsivo dei modelli, avvicinandosi all'opera buffa
moderna.
In
Plauto si fonde l'abilità molto greca più la comicità italica, popolare e
plebea (atellana)