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ADOLF HITLER
Anche se, al suo primo incontro con Mussolini nel 1934,
Hitler era il nuovo arrivato, all'epoca milioni di tedeschi vedevano già in lui
la personificazione della cultura germanica, malgrado il fatto che fosse
austriaco di nascita. Nato nel 1889, crebbe vicino Linz in Austria. A tredici
anni perse il padre (Alois Hitler), funzionario doganale dell'impero asburgico.
Cresciuto solo, sotto le affettuose cure della madre (Klara Hitler), sviluppò
un carattere solitario e ribelle. Non aveva molti interessi, solo il disegno lo
affascinava, tanto che a diciotto anni cercò di entrare all'Accademia di Belle
Arti a Vienna, senza peraltro riuscirvi. Morta la madre, finì con alloggiare in
dormitori pubblici, dati i magri guadagni che riusciva a racimolare dipingendo
insegne pubblicitarie e cartoline. Quelli erano anni infelici ma anche
formativi. Pigro, lunatico, avverso al mondo intero, era consumato da una grande
passione: parlare di politica.
Aveva una infinita ammirazione per la cultura tedesca poiché la Germania,
nazione forte e giovane, offriva un futuro molto più brillante di quanto non
potesse promettere l' Austria, indebolito com'era dalle tendenze nazionalistiche
dei suoi popoli. In particolare aveva in antipatia gli ebrei viennesi,
considerandoli una minaccia per il tessuto della cultura tedesca. Nella sua
mente gretta e forte, stimolata dall'antisemitismo endemico della stampa
scandalistica viennese, aveva elaborato una confusa spiegazione di quello che
era il male - come lui lo definiva - che affliggeva il mondo moderno: qualsiasi
vero ideale, qualsiasi buona forma di governo erano stati distrutti dalla
cospirazione mondiale degli ebrei che agivano attraverso le democrazie sociali,
il marxismo e il cristianesimo. Leggeva avidamente centinaia di libri,
assorbendo quei concetti che confermavano i suoi giudizi. Persone che lo hanno
conosciuto, lo ricordano come uomo tormentato, dallo sguardo allucinato, soggetto
a umori terribili che sfociavano in violente, amare diatribe. Nel 1913 Hitler
si trasferì a Monaco, città che amava, e quando scoppiò la Prima guerra
mondiale si arruolò nella fanteria tedesca, servendo come portaordini nelle
Fiandre dove rimase per quasi tutta la durata del conflitto. Non andò mai oltre
il grado di caporale, ma essendosi dimostrato soldato coraggioso gli fu
conferita la croce di ferro, di prima classe, decorazione concessa raramente a
un combattente del suo grado. Vittima di un attacco aereo con gas tossici,
nell'ottobre 1918 fu congedato per invalidità e rimpatriato in Germania.
Raggiunse Monaco attraverso un paese in rovine. Il governo repubblicano della
Germania del dopoguerra, denominato di Weimar, dalla città dove si era riunita per
la prima volta l'assemblea nazionale, era nello scompiglio. Da una parte l'ala
sinistra sperava nella rivoluzione mentre milioni di altri - specialmente i
reduci malcontenti come Hitler - non riuscivano ad accettare l'armistizio e
affermavano che la Germania era stata pugnalata alla schiena dai suoi stessi
politici repubblicani con la complicità di agitatori socialisti, degli ebrei e
degli speculatori di guerra. Il trattato di pace firmato a Versailles nel 1919
era considerato un ulteriore tradimento, Solo un nuovo movimento, sostenuto
dall'esercito, poteva ristabilire l'orgoglio nazionale tedesco.
La Baviera in particolare, il più grande degli stati tedeschi, era vicina alla
rivolta. Indipendente fino al 1866, con un suo proprio monarca fino all'anno precedente,
i cattolici della Baviera non amavano la Berlino protestante. Molti avrebbero
preferito l'unione della Germania meridionale con la cattolica Austria che,
dallo smantellamento dell'impero austro-ungarico, nel 1918 era diventata uno
stato indipendente.
Hitler fu assunto nel dipartimento politico dell'esercito e incaricato di
indagare su un esiguo gruppo dell'ala destra, il partito dei lavoratori
tedeschi. La cosa lo interessava perché i membri di questo gruppo - poche
dozzine di persone - dimostravano di essere ferventi patrioti che riflettevano
le opinioni diffuse nella polizia e nell'esercito bavaresi e miravano a
ottenere l'appoggio delle classi lavoratrici. Hitler accettò di far parte del
comitato del partito e fu addetto alla propaganda.
Nel suo nuovo ruolo Hitler mostro due doti di eccezione; sapeva organizzare la
gente e, come oratore, sapeva captare e tradurli in parole, i sentimenti delle
platee. Ciò gli consentiva di esprimere le loro stesse speranze e timori e così
personificare le loro più intime emozioni.
Ben presto fu lui a dominare il partito e, prendendo il nome di un piccolo
gruppo austriaco, lo ricostruì ribattezzandolo partito nazionalsocialista
tedesco dei lavoratori abbreviato in nazista. Sempre dalla stessa fonte prese
come simbolo del partito un antico motivo a croce, la svastica. Volle che il
saluto rituale fosse 'Heil' che oltre a significare salve evoca anche
concetti di integrità, salvezza e salute. Ma, cosa ancora più importante, formò
un esercito privato, una banda d'assalto conosciuta come Sturmabteilung o SA
che serviva a intimidire i suoi avversari politici. A capo aveva messo il
capitano Ernst Röhm, ufficiale dell'esercito locale, un duro dalla faccia
sfregiata. Questi convinse il suo ex comandante a prelevare somme dai fondi
occulti dell'esercito per acquistare un giornale locale ferocemente razzista,
il Völkischer Beobachter (L'osservatore nazionale). Sotto la direzione di
Alfred Rosenberg questa pubblicazione divenne il mezzo di divulgazione delle
vedute ultranazionaliste di Hitler.
Molto presto la situazione favorì lo sviluppo del partito. Il pagamento dei
danni di guerra dovuti ai vincitori della Prima guerra mondiale erano un onere
molto pesante, tale da determinare il crollo dell'economia tedesca. Per fare
onorare questi pagamenti, nel gennaio 1923 la Francia occupò il cuore
industriale della Germania, la Ruhr. In risposta, il governo appoggiò uno
sciopero generale e lo finanziò stampando denaro. Così, la valuta non dava più
fiducia e in pochi mesi sopravvenne una inflazione incontrollabile, la peggiore
nella storia tedesca. In novembre il tasso di cambio raggiunse
4.000.000.000.000 di marchi per dollaro. I risparmi non valevano più nulla, le
proprietà erano invendibili e il lavoro non dava frutti. Le fondamenta stesse
dello stato stavano crollando.
In queste circostanze di caos, molti in Baviera erano pronti ad appoggiare una
rivolta dell'esercito contro la repubblica. Hitler aveva già prospettato tale
eventualità a molte persone, anche al generale Erich Ludendorff, eminente
comandante nella Prima guerra mondiale che, a quell'epoca viveva da pensionato
a Monaco. Tuttavia, capi militari simpatizzanti consigliavano ai cospiratori di
attendere. Il tempo non era ancora maturo: il governo repubblicano dava segni
di riuscire, dopo tutto, a superare la crisi. Ma Hitler non si lasciò
dissuadere. Decise di prendere l'iniziativa, impadronendosi dei comando
dell'esercito, della polizia e del governo e di usare la Baviera come
trampolino al potere nazionale.
L'8 novembre 1923 un gruppo di funzionari governativi, capi militari e
impiegati dello stato si era riunito nella sala di una nota birreria di Monaco,
la Bürgerbräukeller, dove un personaggio dello stato bavarese teneva una
conferenza sulla giustificazione morale della dittatura. Dopo venti minuti
dall'inizio, venticinque SA armati irruppero nel locale, era il segnale che
Hitler attendeva, vicino a una colonna. Sparò un colpo al soffitto e gridò che
quello era l'inizio della rivoluzione nazionale. Relegò i funzionari in una stanza
nel retro e, tornando nei locali, dichiarò che avrebbe costituito un governo
nazionale con l'aiuto di Ludendorff. Il generale non era affatto al corrente
del complotto ma rapidamente informato acconsentì a dare il suo appoggio ai
nazisti. Si recò alla birreria dove Hitler, dopo un breve discorso acceso che
entusiasmò i suoi stessi ostaggi, liberò i funzionari.
Ma aveva sbagliato i suoi conti. La mattina dopo, quando con Ludendorff marciò
a capo di duemila uomini nelle strade della città diretto al ministero della
guerra bavarese, sicuro che la città gli si sarebbe arresa, trovò la strada
sbarrata dalla polizia. Nello scontro sedici nazisti persero la vita, gli altri
fuggirono ma furono poi arrestati. Ludendorff fu rilasciato, mentre Hitler e
parecchi altri furono messi in prigione.
Hitler mise a buon frutto il suo anno di galera. Leggeva voracemente e dettava
i suoi pensieri al suo camerata più intimo nonché compagno di cella, Rudolf
Hess. Da questa collaborazione nacque il libro che fu poi considerato la Bibbia
nazista, ovvero il Mein Kampf. In questa opera Hitler esponeva con parole
enfatiche i pensieri, le mire e i metodi che furono poi l'anima del nazismo.
Egli sosteneva che, nel passato, culture affermate, quali il mondo classico e
l'Europa medievale, erano state indebolite dall'effeminata e distruttiva etica
ebraico-cattolica che, aggravata da una opaca guida politica, aveva anche
infiacchito l'Europa del dopo-guerra. La cultura che poteva vitalizzarla era
quella germanica, o 'ariana' come Hitler la definiva.
Hitler, combinazione straordinaria di politico, filosofo e stratega militare.
Con alle spalle il partito nazista avrebbe riunito tutti i popoli di lingua
tedesca in un impero che doveva dominare le razze inferiori, in particolare gli
slavi, e avrebbe conquistato nuove terre all'est. In Russia, la Germania
avrebbe trovato il Lebensraum (lo spazio vitale) di cui aveva bisogno. La
Russia era la nemica naturale della Germania, ora più che mai, perché era in
balia di un'ideologia rivale, il marxismo dietro il quale, secondo Hitler, era
ovvia la presenza degli ebrei, l'incarnazione del male. La vera battaglia
sarebbe stata contro la Russia e contro Stalin.
La Russia doveva essere completamente annientata, le sue città rase al suolo e
il popolo assoggettato in schiavitù. In questo nuovo impero il «problema»
ebraico avrebbe trovato la sua «soluzione finale» con l'estirpazione totale
della cultura ebraica.
In confronto a questo grande piano di espansione all'est, la guerra con
l'ovest, per quanto probabilmente inevitabile, era questione di poca
importanza. Le democrazie liberali erano talmente debilitate che sarebbero
crollate spontaneamente. La Francia sarebbe stata sconfitta e nell'impresa
l'Italia sarebbe stata alleata. La Gran Bretagna, di fatto una nazione tedesca,
non avrebbe opposto alcuna resistenza e sarebbe giunta a un accordo. Per
realizzare queste ambizioni, Hitler intendeva guidare i tedeschi con il mezzo
della propaganda. «Essere un capo», diceva, «vuol dire saper muovere le masse».
Dato che per farlo non erano adatti mezzi razionali, occorreva usare la parola
per creare emozioni d'intensità isterica. Un capo doveva saper restituire alla
folla le emozioni della folla stessa, nutrirla dei propri sentimenti e
rafforzare le emozioni con toni perentori e fermi. Non dovevano esistere
esitazioni, debolezze o concessioni. Un capo doveva mentire, se ciò era utile
al suo scopo, e le menzogne dovevano essere grosse «poiché nelle grosse
menzogne c'è sempre una certa forza di credibilità».
Alla tecnica oratoria andavano aggiunti altri due elementi: apparato e rituale,
perché bisognava imprimere la percezione di un potere e una forza superiori a
quelli individuali, in modo da evitare che si facessero sentire voci avverse.
Era una visione barbara, e volutamente tale, perché Hitler era fermamente
convinto che solo con la barbarie la dinamica e sana cultura nuova poteva
rimpiazzare quella vecchia e degenerata. «Siamo barbari», proclamava con
orgoglio. «Vogliamo essere barbari. È un titolo onorevole. Daremo al mondo nuovo
vigore!». Questi piani avevano pochissime probabilità di attuazione poiché
quando fu rilasciato, nel dicembre 1924, Hitler sembrava politicamente finito.
Eppure, nel giro di nove anni, era pronto a riplasmare il suo paese e l'Europa
secondo la sua tremenda immagine.
APPROFONDIMENTI
Adolf Hitler nasce a Braunau, cittadina dell'Austria settentrionale, il 20 aprile 1889, da Alois (doganiere austriaco) e Klara Poelzl. Ricevuta l'istruzione primaria a Linz, nel 1907 tenta senza successo l'esame di ammissione all'Accademia della arti figurative di Vienna; la frustrazione delle aspirazioni artistiche lascia un forte segno nella sua personalità, come testimonia l'autentica ossessione con cui egli insisterà, negli anni della dittatura, ad autoproclamarsi 'un grande artista. Rimasto orfano di entrambi i genitori si trasferisce, alla fine del 1908, nella capitale austriaca, mantenendosi con lavori giornalieri e saltuarie prestazioni come disegnatore e acquerellista. E' nella Vienna scossa dall'agonia dell'Impero asburgico che acquisisce, come egli stesso affermerà nelle pagine autobiografiche del 'Mein kampf', le basi della propria formazione ideologica e politica: l'antisemitismo, l'odio antisocialista e il fanatismo nazionalista. Uomo politico e capo di governo tedesco; uno fra i più potenti dittatori del XX secolo, militarizzò completamente la Germania e scatenò la seconda guerra mondiale. Dopo aver fatto dell'antisemitismo l'elemento centrale della sua propaganda politica, trasformò il Partito nazista in un movimento di massa. Ordinò l'eccidio di milioni di ebrei e di altre popolazioni che considerava inferiori. Figlio di un doganiere austriaco, lavorò come decoratore fino allo scoppio della prima guerra mondiale (1914), quando si arruolò come volontario nell'esercito bavarese. Dopo la sconfitta della Germania, si iscrisse al Partito tedesco dei lavoratori, per partecipare alla ricostruzione del paese. Nell'aprile 1920 cominciò a lavorare a tempo pieno per il partito, ribattezzato Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, e l'anno successivo ne divenne il capo (Fuhrer) indiscusso. L' 8 novembre 1923, in un momento di confusione e debolezza del governo del paese, Hitler guidò un tentativo di colpo di stato in Baviera, il putsch di Monaco. L'esercito però non fu compatto nel sostenere l'operazione e il putsch fallì. Riconosciuto responsabile del complotto, Hitler venne condannato a cinque anni di reclusione, ridotti a otto mesi per un'amnistia generale. Durante la detenzione, dettò la sua autobiografia, Mein Kampf, nella quale espose i principi dell'ideologia nazista e della superiorità della razza ariana. Tornato in libertà, ricostruì il partito senza interferenze da parte del governo che pure aveva cercato di rovesciare. Quando ebbe inizio la grande depressione, nel 1929, molti tedeschi furono d'accordo con lui nell'attribuirne la responsabilità a un complotto ebreo-comunista. Con la promessa di creare una Germania forte, ricca e potente, Hitler attirò milioni di elettori. La sua capacità oratoria infiammava le masse: nelle elezioni del 1930 i seggi dei nazisti al Reichstag passarono dai dodici del 1928 a centosette. Durante i due anni seguenti il partito continuò a rafforzarsi, traendo vantaggio dalla crescente disoccupazione, dalla paura del comunismo, dalla risolutezza di Hitler e dalla debolezza dei suoi rivali politici. Ciononostante, quando Hitler fu nominato cancelliere (gennaio 1933), lo si riteneva ancora facilmente manovrabile. Giunto al potere, Hitler si trasformò rapidamente in un dittatore. Un parlamento sottomesso gli concesse pieni poteri ed egli fu in grado di asservire la burocrazia statale e il potere giudiziario alle esigenze del partito. I sindacati furono eliminati, migliaia di oppositori rinchiusi nei campi di concentramento e ogni minimo dissenso represso; l'organizzazione della polizia venne affidata a Himmler, il capo delle SS. Il 30 giugno 1934, nella 'notte dei lunghi coltelli', Hitler si liberò in modo violento degli elementi più radicali anche all'interno del suo stesso partito. In breve tempo, l'economia, i mezzi di comunicazione e tutte le attività culturali vennero poste sotto l'autorità nazista attraverso il controllo della lealtà politica di ogni cittadino, esercitato dalla Gestapo, la famigerata polizia segreta. La corsa al riarmo risolse temporaneamente il problema della disoccupazione e portò alla ricostruzione della potenza tedesca. Il disegno di Hitler mirava a distruggere le clausole del trattato di Versailles e nel 1936 il Führer ritenne che i tempi fossero maturi per dare inizio alla sua politica d'espansione Lebensraum (spazio vitale) ,inviò truppe nella smilitarizzata Renania, annetté l'Austria e una parte di Cecoslovacchia (Sudeti), ponendo le basi di un nuovo conflitto mondiale. La seconda guerra mondiale scoppiò nel settembre 1939, quando Hitler invase la Polonia, che aveva stretto un'alleanza con l'Inghilterra. Nel 1940 l'esercito tedesco occupò Danimarca, Norvegia, Olanda, Belgio e Francia, e nel giugno 1941 ebbe inizio l'attacco all'Unione Sovietica. Nel luglio successivo, Hitler incaricò Heydrich di elaborare la 'soluzione finale della questione ebraica': il drammatico genocidio che costò la vita a sei milioni di ebrei. A dicembre l'andamento della guerra cambiò direzione: la controffensiva russa respinse l'esercito tedesco, infliggendo gravissime perdite; Hitler rifiutò di autorizzare la ritirata. In quegli stessi giorni, gli Stati Uniti entrarono in guerra. Davanti all'avanzata degli eserciti nemici sia sui fronti europei che su quelli africani, Hitler - sopravvissuto a vari complotti orditi da ufficiali tedeschi che volevano porre fine ai combattimenti e all'annientamento della Germania - si suicidò il 30 aprile 1945. Con lui, nel bunker di Berlino, si tolse la vita Eva Braun, che Hitler aveva sposato il giorno precedente.
Adolf Hitler era un artista fallito, con scarsa istruzione ed emotivamente non equilibrato. Ma aveva il dono di essere un ottimo oratore che magnetizzava gli ascoltatori, e di nutrire un'assoluta fede nella propria visione del destino del popolo tedesco concepito come razza guida. Aveva anche un'abilità spietata nel dominare uomini e sentimenti, approffitando della spaventosa crisi economica tedesca, salì al potere nel 1933. I brutali eccessi del suop regime dittatoriale, quale la persecuzione degli Ebrei, rilevarono la barbarie in cui poteva ancora sprofondare l'uomo civilizzato.La caratteristica più persistente del nazismo fù la sua brutale irrazionalità. La democrazia era in fondo basata sulla ragione, sul compromesso, sulla tolleranza e sull' accettazione delle varie opinioni: ma questo linguaggio era incompresibile per Hitler. Solo a pensare in termini di sangue, egli disse, sta la forza di una nazione. I legami della razza ebbero un ruolo primario nella visione del Fuhrer: uno dei suoi scopi era infatti quello di unire tutti i popoli di origine tedesca nel Reich. Egli era convinto che questo Reich fosse destinato ad ottenere lo spazio vitale, o a combattere per esso, sia con l'espansione in Europa, sia conquistando le colonie che la Germania aveva perso durante la Prima Guerra Mondiale. Disprezzando le domocrazie per il loro decadimento, Hitler giocò sulle loro paure per raggiungere i propri fini. Nel 1933 la Germania era debole e disarmata, dopo pochi anni però aveva già costruito un esercito enorme e la più grande aviazione militare del mondo. La maggior parte dei statisti inglesi e francesi rifiutavano l'idea che la Germania fosse pronta a gettare il mondo in un'altra guerra. Per il timore dei rischi che avrebbe comportato una decisa opposizione alle aggressive richieste di Hitler venne intrapresa una politica di pace attraverso concessioni. Tale politica compromissoria raggiunse il culmine nel 1938 con la conferenza di monaco quando consenzienti la Gran Bretagna e la Francia, la Cecoslovacchia fù costretta a cedere alla Germania il territorio di lingua tedesca (Sudeti). Ma quando neppure tutte queste concessionisembrarono soddisfare Hitler, si comprese sempre meglio l'entità della minaccia che il nazismo costituiva per tutti i valori della civiltà occidentale. Una simile minaccia sembrò aumentare ulteriormente allorchè Hitler fù cointeressato alla guerra civile spagnola (1936-1939), che opponeva il governo repubblicano, sostenuto dall' Unione Sovietica, a una giunta militare comandata dal generale Franco con l'appoggio della Germania e dell'Italia. L'intervento di potenze straniere trasformò quello che sarebbe stato un conflitto locale in un campo di battaglia ideologico di importanza mondiale. Quando la guerra terminoò nel 1939 con la vittoria del generale Franco, nuovi e preoccupanti sviluppi attrassero l'attenzione del mondo sull'Europa centrale. In settembre Hitler ordinò l'attacco alla Polonia, dando così inizio alla Seconda Guerra Mondiale.
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