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Le origini della borsa
Disciplina giuridica
I principali mercati della Borsa Italiana
Titoli quotati
Strumenti derivati
Gli indici di borsa
Le Borse estere
Le grandi piazze finanziarie
Nuovo Mercato e New Economy
Trading online
Mercato Americano
Mercato Inglese
La ripresa economica dopo il primo dopoguerra
Il boom economico statunitense
Il boom diventa crisi
Il 'giovedì nero' e la 'grande crisi'
L'esportazione della crisi in Europa
Roosvelt e il 'New Deal'
I punti fondamentali del 'New Deal'
Il nuovo ruolo dello Stato nell'economia
Accenno alla opera principale di JOHN STEINBECK - 'FURORE'-
Azioni
Diritti e obblighi delle azioni
Obbligazioni
Natura e funzioni
Modalità del prestito obligazionario
L'organizzazione degli obligazionisti
Natura giuridica dei titoli azionari
Bot
Ctz
Btp
Cct
Titoli di debito pubblico varie classificazioni
Sistemi e modalità di emissione
Conversione dei prestiti
Ammortamento del prestito
L' origine viene fatta normalmente risalire al Collegium Mercatorum (quinto secolo avanti Cristo), cioè a un settore del Foro Romano dove si svolgeva un'attività per certi versi molto simile agli odierni scambi di valori mobiliari. Tuttavia, senza andare troppo indietro nel tempo fino a scomodare la storia romana, sembra che il termine Borsa (ma su questo non tutti gli storici concordano) derivi dal nome di una antica famiglia di banchieri fiamminghi, i Van der Burse. I quali avevano come stemma di casato tre borse e il curioso marchio era scolpito sul frontale del loro palazzo, nel quale si radunavano spesso gli uomini d'affari del tempo per trattare le lettere di credito. C'è anche chi vorrebbe questa famiglia di origine italiana, per l'esattezza veneta. Il cognome, in sostanza, sarebbe stato proprio Borsa. Diventato Van der Borse quando un ramo di questa famiglia si trasferì stabilmente in Olanda. Un fatto è comunque certo: la Borsa è nata e si è sviluppata con il commercio. La prima Borsa con caratteristiche abbastanza vicine a quelle odierne è quella di Anversa, sorta nel 1531. Quella di Milano, che è sempre stata considerata la più importante del nostro paese risale al 1808. Le altre, invece, sono nate secondo il seguente ordine cronologico : 1600 Venezia; 1775 Trieste; 1801 Roma; 1810 Napoli; 1850 Torino; 1855 Genova; 1861 Bologna; 1862 Palermo. Oggi tutte queste borse non sono più operative. Quella di Milano nella centralissima piazza degli Affari (un indirizzo diventato sinonimo di mercato mobiliare, come Wall Street a New York) ospita vari uffici. A partire da quello del Consiglio di Borsa, l'ente che si è trasformato in società privata a cui è demandata la gestione amministrativa del mercato. L'antico salone delle grida, invece, è oggi adibito a manifestazioni e mostre.
Il termine borsa valori indica oggi un mercato per la compra-vendita di titoli di società, strumenti finanziari e valute estere. Le borse valori, originariamente erano accessibili a tutti coloro che volessero comprare o vendere ma ben presto si capì che per rendere eseguibili le contrattazioni era necessaria una organizzazione formale e di conseguenza l'accesso alla borsa e le sue attività vennero regolate con apposite norme. L'attuale impianto giuridico della borsa italiana è stabilito dal TUF, il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, nel quale sono state inserite diverse disposizioni europee contenute nella direttiva europea sui servizi di investimento (direttiva EuroSim). L'attuale disciplina prevede che l'organizzazione della borsa e degli altri mercati abbia carattere di impresa e sia affidata a società per azioni, anche senza scopo di lucro; queste società di gestione, sottoposte alla sorveglianza della Consob, deliberano il regolamento del mercato; inoltre precisa il ruolo delle società di gestione e cosa il regolamento del mercato deve determinare. Sempre secondo il TUF è la Consob che deve rilasciare l'autorizzazione all'esercizio dei mercati regolamentati una volta accertata la sussistenza dei requisiti e appurata la conformità del regolamento di borsa con le discipline europee.
L'organo istituzionale al vertice del mercato mobiliare è il Ministero del tesoro, che esercita la sua competenza generale con l'emanazione di decreti; mentre la funzione di vigilanza è affidata alla Consob la Banca d'Italia ha compiti di controllo. Le società di gestione che sono state costituite in questi anni sono: la Borsa Italiana s.p.a., MTS s.p.a., MIF s.p.a.; ma l'attuale disciplina prevede la possibile creazione di altre società che volessero entrare in competizione.
La Borsa Italiana s.p.a. gestisce la borsa valori, il mercato ristretto (che negozia titoli che aspirano a essere quotati in borsa) e l'IDEM (Italian Derivates Market) dove vengono negoziati i futures e le option. La borsa valori a sua volta è divisa i diversi mercati: MTA è il mercato telematico azionario, MOT è il mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato a cui si è affiancato l'EuroMOT, MCW è il mercato dei Coverd Warrant, MPR è il mercato dei contratti a premio ed infine l'ultimo mercato creato è il TAH (Trading After Hours) che dal 15 maggio consente contrattazioni di titoli fino alle 20 e successivamente fino alle 22 in modo da continuare le contrattazioni fino alla chiusura del NASDAQ.
Quando si parla di circuito telematico, si intende la rete di computer su cui si scambiano le azioni delle società quotate sul listino ufficiale di Borsa. Si tratta del mercato principale di Piazza Affari, dove il tipo di negoziazione che si svolge è detto "in continua". Ciò significa che, per tutte le ore in cui la borsa è aperta, in qualunque momento la domanda e l'offerta di azioni si possono incrociare per concludere compravendite. Gli intermediari inseriscono nei loro computer le proposte di negoziazione, cioè manifestano la loro disponibilità a comprare o vendere un determinato quantitativo di azioni a un determinato prezzo.
Nel mercato telematico azionario si negoziano, per quantitativi minimi (lotti minimi) o loro multipli, contratti di compravendita, relativi ad azioni, obbligazioni convertibili, diritti di opzione, warrant e covered warrant. I quantitativi minimi sono stabiliti dalla Borsa Italiana.
La giornata sul circuito telematico è scandita da una serie di fasi:
Il mercato Ristretto è una nicchia della Borsa i cui viene trattato un gruppo sempre meno consistente di azioni. In passato era considerato una sorta di anticamera del mercato principale, ma oggi sembra destinato a scomparire: molti dei titoli che vi erano quotati sono passati al mercato principale, è nato così il Nuovo Mercato per le piccole e medie imprese, e i requisiti per l'accesso al mercato principale sono oggi meno severi di un tempo. Nel Mercato Ristretto non esiste la fase di negoziazione; ci sono solo la preapertura (gli intermediari immettono le loro proposte), la validazione (il computer controlla e convalida) e l'apertura in cui si incrociano domanda e offerta. Il prezzo così fissato è il prezzo della giornata.
Idem
Sull'Idem (Italian Derivates Market), il mercato italiano dei derivati, si scambiano contratti di future sull'indice di borsa Mib30 e Midex, contratti di opzione sempre sul Mib30 e i contratti di opzione su singoli titoli quotati.
A seconda dell'emittente, i titoli quotati nel mercato mobiliare si possono distinguere in titoli pubblici e titoli privati: i titoli pubblici sono buoni del debito pubblico emessi dallo Stato (BOT, BTP, CCT, CTZ .) mentre i titoli privati possono consistere in azioni od obbligazioni di società quotate in borsa.
I titoli di Stato o pubblici sono emessi dallo stato per finanziare il proprio fabbisogno e rappresentano il vero debito che lo Stato contrae nei confronti dei sottoscrittori. Le quantità e la tipologia delle emissioni vengono stabilite dal ministero del Tesoro mentre il collocamento avviene tramite un sistema di asta, effettuato dalla Banca d'Italia; all'asta partecipano direttamente banche Sim mentre i risparmiatori partecipano in modo indiretto tramite gli intermediatori finanziari egli uffici postali. A partire dal 4 gennaio 1999 tutte le emissioni sono denominate in euro e i titoli quotati precedentemente sono stati convertiti in euro. Il passaggio dei titoli da Lire in Euro a portato un modifica rilevante per quanto riguarda la quantità minima di titoli che si possono vendere o comprare: da 5 milioni è passata a 1000 euro (quasi 2 milioni) dal 4 gennaio 1999.
Strumenti derivati
Future
Il future è uno strumento comunemente considerato atipico, in quanto nessuna norma del nostro ordinamento fornisce una precisa definizione di tale prodotto. Solo la Banca d'Italia, con l'emanazione delle istruzioni per la compilazione dei bilanci degli enti creditizi e finanziari, ha fornito il significato e la definizione da attribuire a questo strumento.
Il future è uno strumento derivato standardizzato con cui una parte si impegna a ricevere o a consegnare ad una data futura determinate attività, oppure a versare o riscuotere un importo determinata, a un prezzo prefissato sulla base di un indicatore di riferimento, definito strumento finanziario sottostante.
I contratti future vengono quotati presso borse specializzate. L'introduzione di questi prodotti nell'ambito del sistema di contrattazione nei mercati regolamentati ha determinato l'esigenza di standardizzare e rendere omogenei gli accordi bilaterali. Pertanto oggi si parla di prodotto standardizzato, in quanto un qualsiasi future viene contratto fra due parti, secondo condizioni prefissate in ordine a quantitativi minimi delle contrattazioni, modalità di contrattazione dei titoli, modalità di quotazione, calcolo delle variazioni giornaliere e scadenze. Conseguenza di questo processo di standardizzazione è il notevole grado di liquidità intrinseco a tali prodotti, reso possibile dal facile acquisto o dalla facile vendita dei contratti medesimi, che vengono quotati giornalmente.
I contratti future sono schematicamente riconducibili a due grandi categorie:
commodities futures: rappresentano impegni di acquisto o di vendita di merci a largo mercato;
financial futures: rappresentano impegni sui valori mobiliari. Fra questa tipologia di prodotti rientrano:
interest rate future: sono contratti che contengono l'impegno di acquistare o vendere a termine titoli a reddito fisso;
currency future: sono contratti che contengono l'impegno di acquistare o vendere a termine valuta estera;
stock index future: sono contratti che contengono l'impegno a consegnare o ritirare a termine il differenziale tra il valore dell'indice di borsa alla stipula del contratto e il valore dello stesso indice alla scadenza prestabilita.
Option
Sono contratti che attribuiscono ad una parte, dietro pagamento di corrispettivo, il diritto, ma non l'obbligo, di acquistare o di vendere una determinata attività, o strumento sottostante, ad un certo prezzo ed a una determinata scadenza, oppure di riscuotere un importo determinato in base all'andamento di un indicatore di riferimento. Nella transazione intervengono due parti denominate holder e writer; si dice holder il venditore e writer l'acquirente.
L'oggetto del contratto può essere rappresentato da merci, titoli, future, valute, tassi di interesse o indici di borsa. Con l'opzione gli operatori formulano ipotesi in ordine all'evoluzione futura dei prezzi di un determinato prodotto finanziario; l'oggetto della contrattazione è il diritto ad esercitare una data facoltà di acquisto o di vendita. L'utilizzo di questi strumenti ha natura prettamente speculativa, infatti la posizione fra l'acquirente e il venditore dell'opzione è del tutto asimmetrica. La parte acquirente dell'opzione ha il diritto di esercitare o meno l'opzione; per lui il rischio finanziario è limitato ad un ammontare massimo prestabilito che è dato dal prezzo dell'opzione; se l'esercizio dell'opzione si rivela conveniente e sufficiente non esercitarla, rimanendo esposti solo per il costo dell'opzione. Il suo guadagno per contro è potenzialmente illimitato. Viceversa, chi vende l'opzione, nel caso di esercizio della medesima da parte dell'acquirente, è obbligato a eseguire la prestazione; pertanto è teoricamente esposto ad un rischio illimitato e a un guadagno che trova un limite nel valore convenuto dell'opzione.
Le opzioni sono di due tipi:
call option: è il contratto in base al quale all'acquirente, a fronte di un premio, è attribuito un diritto, ma non l'obbligo, di acquistare un ammontare predefinito di un'attività finanziaria ad una certa data;
put option: all'acquirente è attribuita la facoltà, a fronte della corresponsione di un premio, di dichiarasi venditore di una data attività finanziaria ad una scadenza prefissata.
Le option si possono dividere in base la natura dello strumento sottostante in:
currency option: attribuiscono il diritto di vendere o comprare valuta estera;
stock index option: sono opzioni su indici azionari;
option su titoli di stato: che, come dice il nome, hanno per oggetto titoli di stato.
Warrant
I warrant sono strumenti finanziari che conferiscono ai detentori la facoltà di sottoscrivere o di acquistare o di vendere, alla o entro la data di scadenza, un certo quantitativo di azioni contro versamento di un importo prestabilito o da stabilire, secondo criteri prefissati nel caso di warrant per sottoscrivere o per acquistare e, viceversa, incassando un importo prestabilito o da stabilire nel caso di warrant per vendere.
Generalmente i warrant sono usati come strumenti accessori per rendere più interessanti emissioni di prestiti obbligazionari convertibili e operazioni di aumento di capitale della società emittente.
Pur essendo sempre collegato a un'operazione principale, il warrant può avere vita autonoma e un suo mercato, qualora sia previsto dal regolamento di emissione o sia ritenuto implicitamente ammissibile. Infatti il regolamento di emissione può prevedere che il warrant circoli separatamente dal titolo principale, con possibilità di autonoma negoziazione.
Il warrant ha un largo mercato soprattutto nei casi in cui esso sia riferito a società primarie e con buone prospettive economico-reddituali. Il prezzo del warrant sul mercato secondario è essenzialmente funzione dei seguenti parametri:
prezzo di esercizio e quotazione di mercato dell'azione di compendio;
periodo previsto per l'esercizio della facoltà;
aspettative sull'andamento della Borsa e soprattutto dell'azione di compendio.
Covered warrant
Verso la fine degli anni Ottanta il warrant fu presentato sul mercato svizzero e tedesco, utilizzando però come sottostante di riferimento indici di Borsa e valute; era quindi possibile assumere una posizione ribassista (put) oltre a quella tradizionalmente rialzista (call).
Al 1992 risale la prima emissione di covered warrant destinata agli investitori istituzionali del mercato italiano: la Citybank aveva quotato warrants call e put sul cambio dollaro/lira. Da allora il mercato secondario interbancario, estendendosi progressivamente anche verso investitori individuali, si è sviluppato con ritmi di crescita talmente elevati che nel 1998 il mercato italiano dei derivati (Idem) è arrivato a quotare nel listino ufficiale della borsa di Milano i covered warrant, negoziati sul mercato telematico azionaria (MTA). Per il gran numero di emissioni i principali quotidiani finanziari pubblicano una selezione dei titoli più scambiati nell'ultima seduta di Borsa.
La negoziazione è analoga a quella di qualunque titolo quotato sul mercato telematico, il che garantisce una maggiore trasparenza e facilità di accesso al prodotto, con conseguente aumento dei volumi trattati. Di fatto il warrant è un'opzione cartolarizzata, cioè incorporata in un titolo negoziabile ufficialmente quotato che attribuisce il diritto ma non l'obbligo a comprare (warrant call) o vendere (warrant put) una certa di quantità di una attività finanziaria o di una merce (sottostante9 a un prezzo prefissato (base o strike price) entro una certa data (americano) o a una certa data (europeo). La quantità di sottostante che si ha diritto di acquistare o vendere è determinata dal multiplo. Rispetto a quelli tradizionali, i covered warrant hanno la caratteristica di essere emessi da intermediari finanziari e non dalle stesse società che emettono i corrispondenti titoli azionari.
Gli indici di borsa
Gli indici di Borsa servono per misurare ogni giorno l'andamento dei prezzi delle azioni; sono strumenti più o meno sofisticati che registrano il rialzo o il ribasso delle quotazioni di Piazza Affari. In Borsa esistono diversi indici, ciascuno dei quali misura l'andamento dei prezzi a modo suo; per questo, capita spesso che l'andamento di un indice sia diverso da quello di tutti gli altri.
Gli indici di Borsa sono ponderati, cioè tengono conto delle dimensioni delle singole società quotate; la misura borsistica delle dimensioni di una società quotata è la capitalizzazione, che si ottiene moltiplicando il numero di azioni in circolazione di una società per il loro prezzo di mercato.
Mibtel
Il Mibtel è nato all'inizio del 1994, ma è diventato l'indice più importante di Borsa, preso da tutti come punto di riferimento per misurare l'andamento dei prezzi. È un indice continuo, viene cioè calcolato una volta al minuto, tenendo conto della continua variazione dei prezzi delle azioni, in modo che se ne possa seguire l'andamento durante tutta la seduta di Borsa.
Mib30
Il Mib30 è simile a un altro indice, il Comit30, e misura i prezzi delle azioni dal 31 dicembre 1992. Il Mib30 non misura però l'andamento di tutta la borsa, ma soltanto quello delle trenta azioni più importanti in termini di valore di mercato (capitalizzazione) e di scambi. Anche il Mib30 come il Mibtel è un indice continuo, e, alla fine della giornata l'indice è calcolato sull'ultimo prezzo di ciascun titolo che compone il paniere.
Il paniere dei 30 titoli che compongono l'indice Mib30 viene generalmente rivisto due volte all'anno (nei mesi di marzo e settembre), escludendo le tre società con il valore più basso in termini di scambio e capitalizzazione e aggiungendone tre nuove che presentino scambi e capitalizzazione superiori a quelli delle tre escluse. Viene anche aggiornato in occasione di operazioni straordinarie sulle società facenti parte dell'indice (es. scissioni).
Midex
L'indice Midex è formato da un paniere di titoli rappresentativi delle 25 società italiane che presentano scambi e capitalizzazione immediatamente inferiori a quelli inclusi nel Mib30; pertanto nella sua composizione possono essere presenti anche società che provengono dal Mib30, il cui tasso di capitalizzazione sia sceso; viceversa se un titolo del Midex si attesta su valori di capitalizzazione abbastanza elevati può entrare a far parte del paniere delle 30 blue chips.
Comit
L'indice Comit è analogo al Mib, cambiano i dettagli, qualche accorgimento, ma nella sostanza è un indice basato sui prezzi ufficiali della giornata, e dunque viene calcolato una volta al giorno.
L'indice Comit è il più "anziano" tra gli indici correntemente utilizzati dagli esperti: la sua serie storica risale al 1972. Per questo motivo è ancora molto utilizzato dagli analisti tecnici, cioè coloro che studiano i grafici per capire quale sarà la futura evoluzione della Borsa.
Gli indici settoriali
Gli indici settoriali misurano l'andamento dei prezzi delle azioni appartenenti a un ben definito comparto del listino, come per esempio quello assicurativo o quello bancario. Gli indici settoriali sono divisi in 6 macrosettori:
materie prime ( risorse di base e petrolio);
beni di consumo ( auto, beni di consumo durevoli, media, tessili e beni di lusso, trasporto e turismo);
beni di consumo non ciclici (alimentari e farmaceutico);
finanziari (banche assicurazioni e altri servizi);
industriali (chimici, costruzioni, elettromeccanici e altri);
servizi di pubblica utilità (telecomunicazioni, energia).
Le Borse estere
Le famiglie italiane storicamente hanno sempre investito sempre molto poco all'estero, anche sono stati sciolti i vincoli della normativa valutaria, l'impiego del risparmio oltre frontiera è rimasto ai minimi termini. Dal 1990, anno in cui è stata recepita la direttiva comunitaria volta alla liberalizzazione dei movimenti di capitali, ci si è avviati verso la piena libertà valutaria; in pratica da allora ciascun residente può trasferire i propri soldi in un altro Paese.
A questa scarsa propensione all'investimento estero bisogna aggiungere la resistenza delle famiglie italiane all'impiego in azioni, complici gli elevati rendimenti dei titoli di Stato che, fino al 1996, hanno disincentivato l'impiego del risparmio in capitale di rischio. Così anche negli anni della crisi valutaria e della svalutazione della lira, la maggior parte dei flussi di capitali che le famiglie dirottavano all'estero sono stati impiegati in obbligazioni, o altre forme di investimento a reddito fisso, mentre era scarsissima la quota del portafoglio destinata alle azioni estere.
Ma è ragionevole presumere che la scala delle preferenze di investimento dell'italiano medio stia cambiando notevolmente per diverse ragioni:
La globalizzazione
La prima ragione di questa inversione di tendenza è l'ormai compiuto processo di globalizzazione, ovvero la creazione di un unico, grande mercato finanziario su scala mondiale. A questo processo hanno contribuito diversi fattori, come il cambiamento della mentalità operativa, la caduta dei vincoli normativi valutari e la tecnologia, potente veicolo in grado di consentire una diffusione globale delle informazioni e una omogeneizzazione delle tecniche d'investimento.
Gli effetti della globalizzazione sono molteplici; tra i più evidenti vi è il fenomeno della quotazione degli stessi titoli su più mercati (come l'Eni, trattata sia a Milano sia a New York) e quello della quotazione di società su mercati stranieri (come Fila e Natuzzi a Wall Street).
L'evoluzione degli strumenti
La seconda ragione è l'evoluzione degli strumenti di investimento e in particolar modo dei prodotti del risparmio gestito. I fondi comuni sui mercati esteri hanno reso accessibile una molteplicità di opportunità di investimento anche ai risparmiatori che non investirebbero mai al di fuori dei confini nazionali. Questi prodotti in Italia hanno avuto finora un discreto successo, ed è presumibile una loro ulteriore espansione in futuro. Il perché è da ricercare nella caduta dei rendimenti delle obbligazioni nel 1996, discesa accompagnata dal calo dell'inflazione e dal cammino verso l'Unione monetaria europea. In regime di tassi di interesse basso è normale che aumenti la propensione delle famiglie a diversificare le forme finanziario di impiego dei risparmi.
Le grandi piazze finanziarie
Soltanto pochi anni fa grandi piazze finanziarie per l'investitore individuale erano irraggiungibili. Oggi, invece, grazie all'integrazione dei mercati, questi importanti centri finanziari sono sempre più a portata di mano, e il progressivo utilizzo di strumenti elettronici di contrattazione e di comunicazione degli ordini consente di abbassare commissioni e costi operativi per un investimento all'estero. Ecco, allora, che l'attenzione dei risparmiatori si rivolge sempre più spesso al di fuori di un orizzonte domestico alla ricerca delle opportunità più vantaggiose, delle condizioni migliori di efficienza e di liquidità del mercato. Inoltre, la scelta di collocare all'estero una quota del proprio portafoglio finanziario rappresenta l'elemento centrale di una strategia volta a ripartire i rischi e a migliorare la performance dei propri investimenti. Investendo sui mercati esteri si ha la possibilità di scegliere le blue chips del mercato, ovvero i titoli delle società leader nel mondo per capitalizzazione borsistica.
New York
New York è la più grande piazza finanziaria del mondo. Le due maggiori Borse valori, il New York Stock Exchange (Nyse) e il NASDAQ, che da anni si contendono la supremazia, hanno una capitalizzazione complessiva pari a 16.000 miliardi di dollari. Tali dimensioni è pari circa 30 volte quella raggiunta dal mercato azionario italiano. La caratteristica principale del mercato statunitense è di essere fortemente internazionalizzato. Nel listino del Nyse sono quotate circa 500 società straniere di cui 11 italiane. Una presenza simile caratterizza gli scambi del NASDAQ e dell'Amex, la terza borsa statunitense. In pratica, attraverso il mercato nordamericano è possibile investire nelle principali azioni di tutto il mondo. Normalmente i titoli esteri sono quotati anche nelle rispettive Borse domestiche, e i prezzi sono del tutto allineati nelle diverse piazze finanziarie, con le oscillazioni dovute soltanto al diverso fuso orario che caratterizza le contrattazioni. Gli scambi si chiudono a New York quando in Italia sono le ore 22. l'equilibro nei prezzi delle azioni, indipendentemente dal mercato nel quale vengono quotate, dipende dal fatto che eventuali dislivelli sono immediatamente pareggiati dagli intermediari con operazioni di arbitraggio. Tali operazioni, generalmente eseguite a fini di copertura dagli investitori istituzionali, o speculativi. Una specificità della Borsa statunitense consiste nel fatto che, nel caso delle società estere, non vengano normalmente quotate azioni, ma una sorte di certificati sostitutivi di queste chiamati ADR (American depositary receipt ). Gli ADR rappresentano la proprietà di un singolo titolo o di un numero determinato di titoli e sono emessi da banche che normalmente hanno in deposto fiduciario i titoli sottostanti.
Il ricorso agli ADR si spiega con la necessità di uniformare i titoli alla normativa del mercato statunitense, spesso più rigida di quelle adottate negli altri Paesi.
Occorre considerare, a questo proposito, che i bilanci della società Usa sono classificati con regole contabili specifiche diverse da quelle in vigore nei Paesi europei, Italia compresa. È possibile che un'aziende risulti in attivo se classificata con i criteri americani, e mostri invece bilanci in deficit adottando gli standard continentali (o viceversa).
Anche le regole di trasparenza americane sono differenti; una differenza che va a vantaggio degli investitori, poiché le società quotate sono obbligate a rendere periodicamente pubblici numerosi dati sulla proprio attività. Ad esempio, è obbligatorio pubblicare bilanci trimestrali; tale regola è entrata in vigore in Italia nel 2000.
Tokyo
Quella di Tokyo è la maggiore delle otto Borse valori giapponesi. Le contrattazioni hanno preso avviò nell'aprile del 1948, con la rinascita dell'attività economica nipponica dalle macerie della seconda guerra mondiale. Il listino iniziale comprendeva 485 azioni, con una capitalizzazione totale di 122 milioni di yen. Alla fine del 1997 erano diventate 1.805 azioni con una capitalizzazione totale di 281 trilioni di yen.
Le azioni domestiche sono distinte in due sezioni. Nel listino principale sono comprese le società che quotano più di 20 milioni di azioni, hanno un numero minimo di azionisti e possono vantare requisiti minimi riguardanti scambi e capitalizzazione, devono inoltre possedere bilanci in utili. Nel listino secondario, gli standard sul capitale e sulla platea degli azionisti sono meno rigidi e il vincolo della redditività è assente. Ogni anno la Borsa valuta le società ed effettua nel caso trasferimenti dalla prima alla seconda sezione, o viceversa.
Londra
Non si può parlare di Borsa senza citare Londra, dove la borsa come strumento moderno di finanziamento delle attività economiche, è nata con la rivoluzione industriale del XVIII secolo. Le sue origini si rintracciano nelle contrattazioni organizzate nelle caffetterie da quanti raccoglievano le "scommesse" di investimento in società anonime di capitale. L'incremento di queste negoziazioni informali spinse i brokers a concentrare le proprie attività in un luogo fisico chiamato Stock Exchange. Avveniva nel 1773. Da allora è stata una crescita continua fino ai giorni nostri, in cui la piazza finanziaria londinese è per importanza la terza al mondo dopo New York e Tokyo. Londra dopo New York è anche la piazza finanziaria più internazionalizzata al mondo con 516 compagnie estere quotate.
Le azioni straniere sono trattate in un circuito ad hoc, il Seaq international, in cui operano 50 intermediari (market makers), che espongono le quotazioni di circa 1.000 strumenti finanziari.
Francoforte
L'avvio dell'unione monetaria ha promosso la Borsa tedesca come piazza finanziaria di primaria importanza su scala continentale, al punto di mettere in discussione , in alcuni segmenti del mercato, la consolidata leadership di Londra. Ma quello che ha rappresentato il vero punto di svolta nella crescita del mercato tedesco è stata la privatizzazione di Deutsche Telekom e la fusione, avvenuta nel 1998, tra le due case automobilistiche Daimler e Chrysler, che ha trasferito a Francoforte il nuovo ponte di comando del nuovo aggregato societario.
Attualmente a Francoforte sono quotate 3.576 società, con una capitalizzazione complessiva di 1.046 miliardi di euro. Le contrattazioni vanno dalle 8 alle 17; il principale indice della Borsa tedesca è il Dax, un paniere che include le 30 principali azioni del listino.
Nuovo Mercato e New Economy
Il nuovo mercato è il mercato regolamentato destinato alla negoziazione di azioni ordinarie di emittenti nazionali ed esteri ad alto potenziale di sviluppo.
Anche in Italia le piccole e medie imprese ad alto tasso di crescita hanno finalmente accesso ai mercati finanziari; a partire dal 29 gennaio 1999, infatti, è divenuto operativo in nuovo mercato che è entrato a far parte del circuito europeo EURO.NM, che già comprendeva i nuovi mercati di Francoforte, di Parigi, di Bruxelles e di Amsterdam.
Gli obbiettivi di tale mercato sono di:
creare un canale di finanziamento appositamente progettato per rispondere ai bisogni di imprese giovani e dinamiche con elevati tassi di crescita e ambiziosi progetti di sviluppo;
fornire una visibilità europea alle società italiane ad alto tasso di crescita, con tutti i vantaggi connessi a una quotazione domestica.
Il nuovo mercato si rivolge pertanto a:
società operanti in settori innovativi e ad alta tecnologia con fabbisogni finanziari legati a un progetto o ad un programma di sviluppo;
società operanti in settori tradizionali con innovazioni di prodotto, di processo o distributive che comportano una crescita significativa;
società gestite da manager - imprenditori che cercano partnership per programmi ambiziosi di sviluppo;
società già quotate su altri mercati che desiderano allargare la loro base azionaria domestica.
Il nuovo mercato è organizzato e gestito dalla Borsa Italiana S.p.A. secondo le norme previste nel regolamento deliberato dall'assemblea ordinaria della stessa società il 4 dicembre 1998 e ritenuto dalla Consob idoneo ad assicurare la trasparenza del mercato, l'ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori.
Alla negoziazione del nuovo mercato possono essere ammessi, su domanda dell'emittente, e sempre che siano soddisfatte determinate condizioni, le azioni ordinarie emesse da società nazionali o estere.
Possono essere ammesse alle negoziazioni le azioni ordinarie rappresentative del capitale di emittenti che abbiano pubblicato e depositato, conformemente al proprio diritto nazionale almeno un bilancio di esercizio, eventualmente anche consolidato, relativo ad almeno un esercizio annuale. Gli emittenti devono avere sottoposto il bilancio a revisione contabile a sensi dell'art. 156 del TUF o della corrispondente disciplina di diritto estero applicabile. L'ammissione alle negoziazioni non può essere disposta se la società di revisione ha espresso un giudizio negativo o si è dichiarata impossibilitata a esprimere un giudizio.
Il patrimonio netto contabile dell'emittente al momento della presentazione della domanda di ammissione alle negoziazioni deve essere di ammontare pari ad almeno 3 miliardi di lire o importo equivalente in euro. Ai fini dell'ammissione alle negoziazioni, le azioni devono soddisfare il requisito della sufficiente diffusione che si presume realizzata quando le azioni siano ripartite tra il pubblico o presso investitori professionali per almeno il 20% del capitale, rappresentato da azioni ordinarie.
Trading online
Il trading online consente di effettuare l'acquisto e la vendita di titoli di Borsa in tempo reale, attraverso una semplice connessione al Web. L'idea di trading online ebbe origine nel 1982 per opera di un fisico americano, Bill Porter - fondatore di E-trade (https://www.etrade.com) il più grande operatore di mercato della rete - che la sperimentò sui primi servizi telematici ben prima della diffusine di internet. L,obbiettivo di Porter era dare possibilità a tutti gli investitori di operare autonomamente in Borsa, facoltà che fino a quel momento era prerogativa dei soli mediatori professionali. Negli Stati uniti e in atri paesi d'Europa è già un fenomeno, in Italia lo sta diventando velocemente; sono sempre più numerosi gli Istituti di Credito e le Società di Intermediazione Mobiliare che mettono a disposizione degli utenti della Rete i propri servizi online, dal controllo del proprio conto corrente all'opportunità di "giocare in borsa".
Per operare direttamente da casa o dall'ufficio con il proprio computer ed effettuare la compravendita di titoli online sulla piazza italiana è necessaria la preventiva autorizzazione dei gestori del servizio. L'attivazione del servizio presso una banca richiede l'apertura di un conto corrente presso uno degli istituti che hanno già attivato il servizio di trading online (se però la banca presso la quale l'utente possieda già un conto corrente è abilitata ai servizi online, è sufficiente richiedere il modulo apposito. Questo conto fungerà da riferimento per le operazioni di trading online ma potrà essere utilizzato dall'utente anche per le operazioni tradizionali. Attualmente, la maggior parte dei gestori (società o banche) non richiede un importo minimo per la fruizione del servizio e la somma del investimento rimane a discrezione dell'utente. L'attivazione del servizio presso una Società di Intermediazione Mobiliare si effettua invece tramite un bonifico bancario indirizzato alla SIM stessa; il versamento comporta l'istituzione di un proprio dossier titoli nel quale vengono prelevati e versati i proventi delle transazioni effettuate. Nel caso in cui il cliente avesse attivati il servizio di home banking nella banca dove effettua il bonifico potrà effettuare l'operazione completamente online. In entrambi i casi, all'utente vengono fornite una user ID (nome in codice del cliente) e una password con le quali operare online sui mercati italiani, e anche in mercati internazionali se la SIM scelta lo permette.
A seconda della società scelta, l'utente potrà avere a disposizione due soluzioni diverse per cominciare a operare. Alcuni gestori distribuiscono ai loro clienti una soluzione software, composta da un Cd contenente il programma che l'utente dovrà installare sul proprio computer per attivare e gestire il servizio. Altre mettono a disposizione dei loro clienti una soluzione browser, vale a dire l'indirizzo della pagina internet (URL) alla quale gli utenti potranno accedere unicamente digitando i dati identificativi dei quali sono stati forniti. Il servizio di trading online abilita l'utente a effettuare transazioni su azioni e obbligazioni del mercato italiano e sta progressivamente allargando l'offerta anche a mercati europei come quello francese o quello tedesco, sino ad arrivare a quello statunitense. L'utente che effettua un'operazione di compravendita agisce in pochi secondi direttamente sul mercato azionario. La funzione della banca o della società che offre il servizio è limitata al passaggio dell'ordine sul mercato borsistico e non implica alcuna altra attività; naturalmente l'utente online non potrà trarre vantaggio dalla esperienza di chi svolge professionalmente attività di consulenza. Il trading online offre inoltre alcuni vantaggi non immediatamente evidenti rispetto al servizio tradizionale, come la possibilità di attaccare il prezzo (aggiudicarsi l'azione al prezzo migliore) nel momento stesso in cui è possibile farlo ed è vantaggioso farlo.
-La ripresa economica
-Il boom economico statunitense
-Il boom diventa crisi
-Il "giovedì nero" e la "grande crisi"
-L'esportazione della crisi in Europa
-Roosvelt e il "New Deal"
-Il nuovo ruolo dello Stato nell'economia
La ripresa economica dopo il primo dopoguerra
Alla fine degli anni '20 i traumi prodotti dalla prima guerra mondiale sembravano essere superati: l'indebitamento pubblico e l'inflazione andavano riassorbendosi, la distensione franco-tedesca apriva una prospettiva di pace e di relazioni stabili, e il sistema produttivo statunitense continuava ad espandersi in modo sostenuto
L'economia americana aveva tratto molti vantaggi dalla guerra:
era stata favorita la sua posizione di primo paese produttore e "banchiere" del mondo
superata la fase recessiva dell'immediato dopoguerra il sistema produttivo americano aveva saputo riconvertirsi alla domanda dei mercati internazionali, al contrario di quelli europei, che si erano quasi esclusivamente concentrati a produzioni belliche
Ciò avvenne in presenza di numerosi fattori positivi
forte mercato interno
razionalizzazione dei processi produttivi e innovazioni tecnologiche che hanno portato a un incremento enorme della produttività oraria
I settori industriali trainanti furono quelli automobilistico, degli elettrodomestici, delle fibre sintetiche.
La produzione ottenuta era diffusa su larga scala, anche grazie ai sistemi di vendita rateale.
La bilancia commerciale era in forte attivo: l'economia americana era infatti molto legata a quella europea, in quanto gli ingenti prestiti che gli USA concedevano all'Europa stimolavano la sua ripresa economica, e quindi la sua domanda di beni; la produzione statunitense era perciò molto superiore alla capacità di assorbimento interno.
Dal punto di vista politico, gli USA erano guidati dal partito repubblicano. La linea politica di questo partito era rivolta al protezionismo e all'isolazionismo: il governo adottava una politica economica decisamente liberista sul piano interno, in modo da favorire l'iniziativa privata, e protezionistica sul piano internazionale, in modo da difendere la produzione nazionale.
L'euforia e l'ottimismo derivati da boom economico misero in moto comportamenti che ebbero come risultato il crollo del mercato borsistico americano.
La grande crescita del sistema industriale fece aumentare grandemente non solo i profitti, ma anche il valore delle azioni, e l'aspettativa di poter realizzare grandi guadagni con la compravendita azionaria; da ciò derivò una corsa sfrenata alla speculazione azionaria, cioè all'acquisto di azioni per lucrare sul loro incremento di prezzo. Ma questo incremento era sempre di più legato al gioco della domanda borsistica che agli effettivi risultati delle imprese.
Nel 1929 maturò la crisi: la saturazione del mercato interno statunitense si intrecciò con la decisione delle maggiori banche di distogliere finanziamenti dall'Europa per concentrarli sulla speculazione di borsa.Ciò ha portato ad una contemporanea caduta della domanda interna ed esterna, compromessa sia dalla caduta dei finanziamenti americani, sia dalle misure protezionistiche che molti paesi adottavano come risposta a quelle statunitensi.
La crisi finanziaria causata dal crollo della borsa di New York, esplose il 24 ottobre del 1929, il celebre "giovedì nero", quando a fronte dei primi sintomi di recessione del sistema industriale, si verificò una frenetica corsa alla vendita di azioni, cosa che, secondo il gioco della domanda e dell'offerta, causò lo sgretolamento dei prezzi delle azioni. Questo shock produsse un effetto a catena su tutti i settori economici e tutte le classi sociali: la rovina economica di molti finanzieri causò la chiusura di migliaia di aziende industriali e commerciali, e il licenziamento di milioni di lavoratori dipendenti.
Le misure politiche adottate dal governo repubblicano, furono poche e inefficaci: vennero poste barriere d'ingresso alle importazioni e vennero bloccati i finanziamenti all'estero, e ciò provocò il tracollo del commercio internazionale e la crisi finanziaria di molti Stati, soprattutto europei.
La "grande crisi" andò quindi a colpire anche l'Europa.
La ripresa delle economie europee fu immediatamente arrestata dalla crisi americana, e il sistema produttivo venne messo in ginocchio dal collasso del sistema bancario e dei sistemi monetari. L'esportazione della crisi avvenne quando le banche statunitensi chiesero il pagamento dei crediti che avevano concesso all'estero. Grandi banche tedesche ed austriache fallirono, e ciò provocò una contrazione del credito, e molte industrie, non potendo più ricevere finanziamenti, furono costrette a chiudere. I Paesi più colpiti furono quelli che avevano avuto maggiore necessità dell'aiuto delle banche statunitensi, in particolare la Germania, che aveva fatto ampio ricorso al credito americano, dopo il piano Dawes.
La sterlina inglese era sull'orlo del collasso (le riserve auree della Banca d'Inghilterra erano esaurite) e venne svalutata; ciò destò grande sensazione in quanto era sancita la decadenza commerciale della Gran Bretagna. Per la Gran Bretagna le conseguenze della crisi furono comunque attenuate dall'esistenza di un mercato protetto, costituito dall'impero britannico.
Le conseguenze per gli altri Paesi furono meno gravi:
La Francia non aveva avuto bisogno di finanziamenti e aveva un commercio interno in grado di sopperire alla contrazione di quello internazionale
In Italia l'industria era poco sviluppata, così come i suoi rapporti con il mercato mondiale
In piena crisi, le misure adottate dal governo repubblicano (contrazione della spesa pubblica, riduzione del numero di dipendenti pubblici, delle prestazioni sociali e degli investimenti in opere pubbliche), non furono assolutamente efficaci. Alle elezioni del 1932 viene eletto presidente il democratico Franklin Delano Roosvelt, che fin da subito dichiarò di voler inaugurare un "nuovo corso", una nuova strategia fondata sull'intervento diretto dello Stato nell'economia, con l'obiettivo di sostenere la ripresa economica e l'aumento dell'occupazione.
supporto all'azione sindacale per cercare di indurre un aumento dei livelli salariali, allo scopo di ridare fiato ai consumi
grandioso programma di investimenti in opere pubbliche, per assorbire occupazione
riforme di carattere sociale, finalizzate a una redistribuzione del reddito
leggi a tutela dei lavoratori
riduzione dell'orario di lavoro
incentivi agli agricoltori per ridurre la produzione e salvaguardare i prezzi, e crediti per riscattare le proprietà ipotecate
il mercato borsistico e il sistema bancario furono sottoposti a controlli
abbassate le tariffe doganali e per sostenere le esportazioni, svalutato il dollaro
I risultati ottenuti dal "new Deal" furono notevoli; tuttavia una piena ripresa economica si verificò solo con l'aumento della produzione dovuto alle produzioni belliche, verificatosi nell'imminenza della seconda guerra mondiale.
Il verificarsi della grande crisi ha provocato un ripensamento delle teorie economiche, con una decisa critica al liberismo assoluto, il laissez-faire. L'economia, abbandonata a se stessa, era precipitata in un baratro da cui occorreva farla uscire attraverso una diversa linea di politica economica. Fu soprattutto l'economista inglese John Maynard Keynes a sostenerne la necessità.
Keynes sosteneva che lo Stato non doveva intervenire solo per alleviare la disoccupazione attraverso lavori pubblici, ma anche concedendo crediti a basso interesse e favorendo una politica di alti salari, intesa ad accrescere il consumo, e quindi ad allargare il mercato interno. Allo stesso modo, occorreva favorire una redistribuzione del reddito, introducendo imposte progressive, che colpissero le rendite improduttive.
Per Keynes, comunque, lo Stato non doveva assumere le funzioni dei capitalisti privati, ma solo correggere gli squilibri e le distorsioni di un'economia priva di regole.
Titoli privati:
L'Azione è un documento e in particolare un titolo di Credito che rappresenta o " incorpora" la qualità di socio, ossia la posizione di parte nel contratto di Società. La divisione del capitale sociale in Azioni è elemento caratterizzante del tipo della Società per Azioni.
L'Azione corrisponde alla frazione minima di capitale sociale che occorre sottoscrivere per acquistare la qualità di Socio: essa è perciò INDIVISIBILE.
Se più persone sono comproprietarie di una stessa azione, esse debbono esercitare i diritti inerenti al titolo mediante un rappresentante comune, mentre sono solidalmente responsabili delle obbligazioni derivanti da esso. L'Azione deve, a norma dell'Articolo2354 c.c., necessariamente contenere:
La denominazione, la sede e la durata della società
La data dell'atto costitutivo e della sua inscrizione, e l'ufficio del registro delle imprese dove la Società è inscritta
Il suo valore nominale e l'ammontare del capitale sociale
L'ammontare dei versamenti eseguiti se si tratta di azione non interamente liberata
I diritti e gli obblighi particolari ad essa inerenti.
Nel sistema del Codice Civile, le Azioni possono essere nominative oppure al portatore, a scelta dell'azionista, salvo che all'atto costitutivo non ne esiga la nominatività o questa sia imposta dalla circostanza che le azioni non siano interamente liberate, se non che ragioni di ordine fiscale hanno suggerito il principio della nominatività obbligatoria dei titoli azionari: L'articolo 1 della Legge 9 Feb. 1942 n° 96, stabilisce che " Le Azioni delle Società aventi sede nello stato devono essere nominative". La regola della nominatività obbligatorio non vige però per quella nuova categoria di Azioni introdotta con la riforma del '74, che sono le Azioni di risparmio prive del diritto di voto, che la Società può emettere sia come Azioni nominative, sia come Azioni al portatore.
I possessori di Azioni al Portatore, si legittimano all'esercizio dei diritti sociali, con la semplice presentazione del titolo, mentre i possessori di Azioni nominative, si legittima, mediante l'intestazione a loro favore contenuta nel titolo e nel registro dell'emittente.
Il trasferimento delle Azioni si attua per volontà, esclusivamente dell'alienante e dell'acquirente: La qualità di parte nel contratto di Società, si trasmette da un soggetto all'altro, senza necessità del consenso della Società. E' ciò che fa della quota di SPA un valore di scambio destinato ad una rapida circolazione. L'annotazione del trasferimento nel libro dei soci richiesta per la legittimazione dell'acquirente delle Azioni all'esercizio dei diritti sociali è un atto dovuto da parte della società. A questi principi, tuttavia, l'atto costitutivo può derogare: ai sensi dell' art. 2355 c.c. comma 3°, esso " può sottoporre a particolari condizioni l'alienazione delle azioni nominative". Dalla norma emerge anzitutto, come l'atto costitutivo possa limitare, ma non vietare l'alienazione delle azioni: La Azione è per valutazione legislativa, un titolo necessariamente destinato alla circolazione.
Le " particolari condizioni " cui l'atto costitutivo può sottoporre l'alienazione delle Azioni nominative possono consistere in primo luogo nella previsione di determinate condizioni personali per l'appartenenza alla società: così l'atto costitutivo può richiedere quale condizione per l'appartenenza alla Società una data cittadinanza o la residenza in un dato luogo etc .
Le " particolari condizioni" potevano in passato consistere nella necessità che l'acquirente delle Azioni conseguisse il gradimento della Società.
La clausola di gradimento era molto diffusa soprattutto nelle Società di Assicurazioni e in quelle Bancarie. La validità della clausola di gradimento è stata vivacemente contestata perché vista come un ostacolo alla libera disponibilità delle proprie azioni da parte degli Azionisti. La riforma del '85 ha introdotto all'articolo 22, il principio secondo cui " sono inefficaci le clausole degli atti costitutivi di SPA, le quali subordinano gli effetti del trasferimento delle Azioni al mero gradimento di Organi Sociali". Le Azioni possono essere validamente alienate, con effetto tra le parti, anche a favore di persone che non rivestano le condizioni richieste dall'atto costitutivo.
Il mancato rispetto delle << particolari condizioni>> di cui all'articolo 2355 comma 3° c.c. vale solo ad impedire che l'acquirente delle Azioni ottenga l'inscrizione nel libro dei soci, e quindi la legittimazione ad esercitare i diritti sociali. Si preoccuperà perciò delle clausole in esame solo chi abbia acquistato le azioni, al fine di esercitare i relativi diritti, non se ne preoccuperà invece chi comperi Azioni in borsa al solo scopo di speculare sulle oscillazioni della quotazione dei titoli.
Diverso discorso vale per un'altra clausola che viene fatta rientrare tra quelle consentite dall'articolo 2355 comma 3°: è la clausola di prelazione, con la quale l'atto costitutivo impone al socio che voglia cedere le proprie Azioni di offrirle prima in vendita agli altri soci, indicando le condizioni di vendita e il nome del terzo disposto ad acquistare a quelle condizioni, in quanto consentita dall'Art. 2355 comma 3°, la prelazioni tra soci, viene considerata come prelazione legale, e dunque reale; la vendita delle Azioni a terzi in violazione della clausola è nulla.
Si suole distinguere fra diritti patrimoniali e diritti amministrativi dell'Azionista: i primi sono il diritto agli utili e alla quota di liquidazione, il diritto di opzione il diritto di recesso, gli altri sono il diritto di intervento in assemblea e di voto, il diritto, limitatamente agli azionisti assenti o dissenzienti di impugnare le deliberazioni assembleari invalide, il diritto di denuncia al collegio sindacale, di fatti censurabili, il diritto di prendere visione del progetto di bilancio di consultare il libro dei soci e il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell'assemblea, altri diritti appartenenti a questa seconda categoria, sono riconosciuti all'azionista solo in quanto rappresenti da solo o con altri azionisti una data percentuale del capitale sociale: così il diritto di chiedere la convocazione dell'assemblea, il diritto di ottenere che il collegio sindacale indaghi su fatti denunciati, il diritto di denuncia al tribunale delle gravi irregolarità commesse dagli amministratori e dai sindaci.
Si debbono poi aggiungere alla facoltà di disporre dell'azione stessa: il diritto di alienare l'Azione, il diritto darla in pegno, o in usufrutto. Unico obbligo inerente all'Azione è quello di eseguire il conferimento, nei modi e nei tempi stabiliti. Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto; non gli è invece, interdetto l'esercizio, degli altri diritti sociali.
L'articolo 2348 c.c. recita : " le Azioni devono essere di eguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti. Si possono tuttavia creare categorie di azioni fornite di diritti diversi con l'atto costitutivo o con successive modifiche di questo".
Una di queste speciali categorie di Azioni è quella delle categorie privilegiate: ai loro possessori è riconosciuta una più elevata partecipazione agli utili annuali e alle ripartizione del patrimonio netto risultante dalla liquidazione.
Queste Azioni hanno diritto di voto normalmente soltanto nelle assemblee straordinarie ( quelle in cui si discutono le modificazioni dell'atto costitutivo) mentre non hanno diritto di voto nelle assemblee ordinarie e quindi non partecipano alla gestione sociale . I loro possessori hanno comunque il diritto di impugnare anche le deliberazioni d'assemblea ordinaria . Un altra categoria è quella delle azioni di risparmio, emesse da società con azioni ordinarie quotate in borsa.
Sono privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale ma prive del diritto di voto e, anzi, dello stesso diritto di intervenire in assemblea e di chiederne la convocazione. Il " privilegio " delle azioni di risparmio è regolato da specifiche disposizioni di legge :
a) in sede di ripartizione degli utili, la legge assicura, a titolari un dividendo minimo pari al 5% del
valore nominale nella distribuzione annuale degli utili, prima della ripartizione degli utili netti alle
altre azioni. Il dividendo deve superare del 2% l'interesse delle azioni ordinarie rispetto al valore
nominale.
b) In sede di liquidazione della società è riconosciuto il diritto di prelazione sul rimborso del valore nominale dell'Azione: l'attivo potrà essere ripartito tra gli altri soci solo dopo che siano stati integralmente rimborsati gli azionisti di risparmio.
c) La riduzione del capitale sociale, per perdite non importa riduzione del valore nominale delle Azioni di risparmio, se non per la parte che eccede il valore nominale complessivo delle altre Azioni. L'Azione di risparmio presenta determinate caratteristiche: - è priva del diritto di voto, di intervento in assemblea; - viene emessa al portatore a meno che non sia interamente liberata, nel qual caso l'emissione nominativa è obbligatoria; - il possessore ha diritto di ricevere in opzione altre azioni di risparmio di nuova emissione nel caso di aumento di capitale sociale.
Le Azioni di risparmio, unitamente alle azioni a voto limitato non possono superare la metà del capitale sociale dell'ente. Oltre alle Azioni di cui sopra abbiamo anche le Azioni di godimento che sono emesse in seguito ad una riduzione di capitale sociale; esse non attribuiscono il diritto di voto nelle assemblee e conferiscono all'azionista il diritto d'intervento in assemblea, il diritto d'opzione e quello di impugnazione delle deliberazioni assembleari. L Azioni di godimento attribuiscono a termine dell'articolo 2353 c.c. , il diritto di partecipare agli eventuale utili - che residuano dopo il pagamento delle azioni non rimborsate - con un dividendo pari all'interesse legale, in caso di liquidazione della società, le Azioni di godimento concorrono nella ripartizione del patrimonio sociale residuo, ossia dopo che siano state rimborsate le altre azioni al loro valore nominale. Le Azioni a favore dei lavoratori, costituiscono una forma di " risparmio forzato" e vengono assegnate ai prestatori di lavoro, sotto forma di gratificazione ( per un valore corrispondente agli utili che l'ente intende distribuire). Ultima categoria di Azioni speciali da considerare è quella delle Azioni con " Prestazioni accessorie" che impongono oltre che all'obbligo dei conferimenti , anche quello di prestazioni non consistenti in denaro ( come cose, lavoro, o finanziamenti) esse hanno il requisito delle inalienabilità, ossia non possono essere trasferite senza il consenso dei soci amministratori; in oltre, esse nascono con la stipulazione del contratto sociale.
NATURA E FUNZIONI
Le obbligazioni sono, come le azioni, titoli di credito: titoli nominativi o al portatore; e sono come le azioni titoli di massa ossia titoli emessi in serie, identici fra loro e destinati al grande pubblico degli investitori.
L'emissione delle obbligazioni, è una forma di etero-finanziamento caratteristica delle società per azioni e delle società in accomandita per azioni. La differenza tra obbligazione e azione è giuridicamente nettissima.
L'azione dà al soggetto che la sottoscrive la posizione di socio. L'obbligazione pone invece il suo possessore nelle posizione di creditore della società.
Il contratto la cui posizione attiva, viene incorporata nel titolo è un contratto di credito in sostanza un muto. L'obbligazionista non è un membro della società, e non è partecipe dei risultati di questa.
Questi schemi generali hanno però una portata limitata. La distinzione tra obbligazionista e azionisti appare già molto meno netta se si fa riferimento ai portatori di azioni di risparmio. Vi sono poi delle
Obbligazioni che invece, si avvicinano alle azioni: ad es. le obbligazioni in cui si dà un interesse proporzionato ai risultati della società, le C.D. obbligazioni parametrate. Si è poi creata con la legge 216, una figura economicamente intermedia, cioè le obbligazioni convertibili in Azioni.
L'obbligazionista acquista delle obbligazioni e quindi ha un diritto di credito nei confronti della società, però in base ad un programma determinato ha diritto ad una certa scadenza, di convertire queste obbligazioni in azioni, cioè di cessare di essere creditore e di diventare socio.
LE MODALITA' DEL PRESTITO OBBLIGAZIONARIO
La possibilità di emettere obbligazioni è un " privilegio" riservato alle SPA e in accomandita per azioni, è anzi l'estensione a queste ultime di un privilegio spettante originariamente allo stato e tuttora largamente esercitate da quest'ultimo, con l'emissione di titoli del debito pubblico o da altri enti pubblici. In questa più vasta categoria dei titoli di debito, le obbligazioni di società si distinguono, quali titoli di debito privati. La loro emissione è subordinata ad una serie di garanzie, imposte a protezione del pubblico degli investitori:
a) Le obbligazioni non possono essere emesse per somma eccedenti il capitale versato ed esistente secondo l'ultimo bilancio approvato, ed il capitale sociale non può successivamente all'emissione di obbligazioni, essere ridotto se non in proporzione delle obbligazioni già rimborsate.
Il limite del capitale versato ed esistente può essere superato, solo le obbligazioni sono garantite da ipoteca su immobili di proprietà sociale, sino a 2/3 del valore di questi, o quando l'eccedenza dell'importo delle obbligazioni rispetto al capitale è garantita da titoli nominativi o garantiti dallo stato.
b) L'emissione di obbligazioni deve essere deliberata dall'assemblea straordinaria; la relativa deliberazione deve essere depositata entro 30 gg presso l'ufficio del registro delle imprese con le eventuali autorizzazioni richieste. L'atto costitutivo o una sua successiva modificazione può attribuire agli amministratori per un periodo massimo di 5 anni la facoltà di mettere in una o più volte e fino ad un ammontare predeterminato, obbligazioni anche convertibili. Per l'emissione di obbligazione superiore a 100 MDL ( anche se deliberata o effettuata a più riprese) è necessaria l'autorizzazione del Ministro del tesoro sentita la Banca D'Italia. Ciscuna obbligazione deve a norma dell'art. 2413 indicare:
La denominazione, l'oggetto e la sede della società, con l'indicazione dell'ufficio del registro delle imprese, presso il quale la società è inscritta.
Il Capitale sociale versato ed esistente al momento dell'emissione
La data della deliberazione dell'assemblea e della sua inscrizione nel registro
L'ammontare complessivo delle obbligazioni emesse, il valore nominale di ciascuna, il saggio degli interessi, e il modo di pagamento e di rimborso.
L'ORGANIZZAZIONE DEGLI OBLIGAZIONISTI
L'obbligazionista non è solo un creditore della società, egli diventa nel momento stesso in cui sottoscrive l'obbligazione , membro di un gruppo organizzato la cui disciplina è determinata dal codice civile.
L'organizzazione del gruppo si articola in una assemblea degli obbligazionisti che a sua volta nomina di triennio in triennio un rappresentante comune, anche non obbligazionista.
All'assemblea degli obbligazionisti spetta, in particolare di deliberare sulle modificazioni delle condizioni del prestito; sulla proposta di amministrazione controllata e di concordato; e più in generale sugli altri oggetti di interesse comune degli obbligazionisti. Il che significa che l'obbligazionista non può individualmente opporsi alla modificazione delle condizioni contrattuali originariamente pattuite: egli può solo dare in assemblea il suo voto contrario, ma sarà poi vincolato dalla deliberazione presa dalla maggioranza. Al singolo obbligazionista non è solo impedito di agire individualmente nei confronti della società a tutela dei propri diritti. Gli sono, tuttavia consentite solo quelle azioni individuali che siano compatibili con le deliberazioni prese dall'assemblea. L'assemblea degli obbligazionisti è regolata con rinvio alle norme sulla assemblea straordinaria delle SPA. Alla società mittente è assicurata la possibilità di una certa ingerenza, nell'assemblea degli obbligazionisti: l'assemblea può essere convocata oltre che dal rappresentante comune degli obbligazionisti anche dagli amministratori della società, quando l'uno o gli altri lo ritengono necessario o quando ne è fatto richiesta da tanti obbligazionisti che rappresentino il 20° dei titoli.
All'assemblea possono assistere gli amministratore e i sindaci con facoltà di parola, non è invece consentito di portare per le obbligazioni eventualmente possedute dalla società.
NATURA GIURIDICA DEI TITOLI AZIONARI
L'Azione è nella sua materialità un bene mobile, che può formare oggetto di diritti e del quale si può disporre come di qualsiasi altro bene mobile, del quale si può essere proprietari o possessori, Proprietari singoli o comproprietari, che si può vendere, permutare, donare, costituire in pegno, o in usufrutto etc.
E' un bene a sé stante, distinto dai beni che compongono il patrimonio sociale, ma è un bene a sé stante che, pur tuttavia " rappresenta" una frazione del capitale sociale. L'Azione ha un proprio valore nominale pari al quoziente della divisione del capitale sociale delle azioni, ma assume anche, nel corso della vita della società un valore reale, che può essere maggiore o minore di quello nominale e che si ricollega al maggiore o minor valore acquistato rispetto al capitale dal patrimonio sociale e più in generale all'andamento economico della società.
Nella sua funzione " rappresentativa " di quote di partecipazione alla società l'azione è un titolo di credito: essa rappresenta o " incorpora " la quota di partecipazione del socio, allo stesso modo con cui la cambiale e l'assegno " incorporano" un diritto di credito. Dagli altri titoli di credito l'azione differisce per la particolare complessità della situazione giuridica che essa incorpora, non si tratta come nella cambiale o nell'assegno, di un singolo diritto di credito destinato ad essere esercitato con un unico atto, ma si tratta di una posizione contrattuale della posizione di parte nel contratto di società, implicante una pluralità di diritti ( il diritto di voto, agli utili etc.) suscettibili di ripetuti atti di esercizio, implicante oltre che diritti anche obbligazioni ( come l'obbligazione di eseguire il conferimento promesso). L'azione è un titolo di credito e ad essa si applicano perciò tutte le norme sui titoli di credito, ma è un titolo di credito causale e perciò privo del requisito della " letteralità" ad esso non si applica la norma secondo la quale " il debitore può opporre al possessore del titolo soltanto le eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo" ( art. 1993 comma 1° C.C.) Si ritiene che la società emittente possa esigere dal compratore dell'azione i versamenti ancora dovuti, anche se sull'azione non è fatta menzione del fatto che essa non è interamente liberata.
SEGUE: L'ORGANIZZAZIONE DEGLI OBBLIGAZIONISTI
Al rappresentante comune spetta di dare esecuzione alle deliberazioni dell'assemblea di tutelare gli interessi comuni degli obbligazionisti nei rapporti con la società, di rappresentare gli obbligazionisti nelle procedure concorsuali della società. E gli è organo necessario dell'organizzazione degli obbligazionisti ( tant'è che, se non lo nomina l'assemblea degli obbligazionisti provvede a nominarlo il presidente del tribunale su domanda di uno o più obbligazionisti o degli amministratori della società) e la sua necessarietà si spiega per l'esigenza della società di avere sempre dinanzi a se un interlocutore abilitato a trattare per conto degli obbligazionisti.
-Generalità: Il debito pubblico è la risultante cumulativa dei prestiti (al netto dei rimborsi ) che lo Stato e gli altri Enti, che appartengono al settore pubblico contraggono periodicamente per far fronte ai saldi negativi di Bilancio (Deficit).
Il saldo di Bilancio del settore Pubblico è costituito dalla differenza tra le somme che affluiscono al settore Pubblico in un dato periodo di tempo a titolo di Imposte e Tasse e le Spese Pubbliche.
Un Saldo negativo significa che altri settori dell'economia hanno acquisito Titoli di Credito, nei confronti del Settore Pubblico o che esso è stato finanziato mediante ricorso a creazioni di mezzi monetari, di solito nella Forma di Assunzione di Debito nei confronti dell'Istituto di emissione.
Un Saldo Negativo(o Positivo), comporta un peggioramento ( o un miglioramento) delle pre-esistente posizione Finanziaria del Settore Pubblico nei confronti degli altri settori dell'economia, posizione che si può definire come la Somma Algebrica, nel tempo dei Saldi di Bilancio del Settore.
L'ammontare del debito Pubblico in un dato istante coincide con la posizione Finanziaria del Settore ora definita, che è di solito Negativa,.
TITOLI DEL DEBBITO PUBBLICO, VARIE CLASSIFICAZIONI:
I Titoli Rappresentativi del Debito Pubblico si differenzia per la diversa scadenza. Se hanno infatti forme di debito liquide per eccellenza come la creazione di base monetaria, che può essere infatti pensata come un debito non gravato da interessi, Titoli a breve scadenza, come i buoni ordinari del Tesoro, Titoli Obbligazioni a più lunga scadenza e infine Titoli Obbligazionari irredimibili.
Dal punto di vista dei sottoscrittori dei Titoli del debito il Prestito Pubblico può essere assorbito da settori dell' economia Nazionale, oppure può essere emesso all'estero.
Il debito Pubblico Estero, non ha oggi tuttavia un rilievo notevole. Tra i Sottoscrittori Interni le Categorie più rilevanti sono la Banca Centrale, le Aziende di Credito, Le Famiglie e le Imprese. Il Debito Pubblico dello Stato, viene classificato in Debito consolidato, Redimibile e fluttuante.
Il Debito consolidato è costituito da Titoli Obbligazionari per i quali la data del rimborso, non è prefissata al momento dell'emissione, ma è lasciata alla discrezionalità dello Stato. Il debito Redimibile è costituito da Titoli a Medio e Lungo Termine, per i quali è prevista una data di scadenza e il cui Servizio è distribuito nel tempo secondo prefissati piani di ammortamento. Appartengono a questa categoria i Buoni Poliennali del Tesoro e i Certificati di Credito. Il Debito Fluttuante è costituito da Titoli di credito a breve scadenza ( i Buoni Ordinari del Tesoro a 3-6-12 mesi) o anche semplicemente da debiti nei confronti di istituzioni monetarie e finanziarie ai quali non corrisponde una emissione di Titoli ( e fra questi il Canale principale è il conto di Tesoreria aperto presso la Banca d'Italia). Esaminiamo brevemente le varie specie di Titoli del debito pubblico:
I Buoni Ordinari del Tesoro rappresentano i cosiddetti Titoli a breve (a 3-6-12 mesi) emessi dallo Stato. Questi Titoli fruttano un interesse che viene calcolato come differenza fra il prezzo di emissione e il prezzo di rimborso.
I Certificati di Credito del Tesoro hanno una scadenza Pluriennale (sono quindi Titoli a lungo Termine) e il tasso d'interesse varia ogni 6 mesi secondo a come varia il Tasso dei BOT Semestrali, maggiorato di un Tot chiamato SPREAD ( divario); l'interesse viene pagato ogni 6 mesi.
I Certificati del Tesoro a cedola zero, sono così chiamati, non perché pagano un interesse zero;nello stile BOT , l'interesse sta nella differenza fra il prezzo a cui sono emessi e il prezzi a cui saranno rimborsati dopo 18 o 24 mesi.
I Buoni del Tesoro Poliennali, sono Titoli a Tasso fisso, la cui durata và da 3 a 30 anni. Per tutta la durata pagheranno un cedola (es. 4%, fissata all'inizio, quando il Titolo viene emesso).
I Certificati del Tesoro, con opzione danno al risparmiatore la possibilità dopo un certo numero di anni ( di solito alla metà della vita del titolo) di trasformare il titola a tasso fisso in un altro, a tasso fisso più basso predeterminato al momento dell'emissione; oppure, se vede che l'operazione non gli conviene, gli si dà la possibilità di chiedere il rimborso anticipato.
Tutti questi Titoli sono Denominati in Euro dal 1° Gennaio 1999. Il Debito Pubblico Italiano è uno dei più grandi del mondo. Il rapporto tra debito pubblico e Prodotto interno lordo (PIL) è cresciuto notevolmente negli ultimi anni in un ottica di lungo periodo,. Che abbraccia tutto l'arco temporale successivo alla Storia d'Italia post-unitaria, possiamo osservare che la crescita del Rapporto Debito - PIL ha assunto proporzioni analoghe solo in altre 3 fasi, che hanno coinciso rispettivamente, la prima con l'impetuosa crescita della spesa Pubblica che ha contrassegnato i primi 35 anni di storia unitaria, le altre due con gli anni delle guerre Mondiali.
Pertanto l'attuale fase di grande espansione di Debito Pubblico assume carattere del tutto atipico, proprio perché non riconducibile a vicende eccezionali.
Oggi oltre il 50% del Debito Pubblico è costituito da Titoli a tasso fisso e a lunga scadenza.
Lo Stato può emettere il debito pubblico offrendo direttamente ai Sottoscrittori i Titoli ( Emissioni Diretta ) o collocandoli presso intermediari ( Emissione indiretta), oppure può seguire un Sistema Misto per cui un consorzio di Banche colloca i Titoli presso il pubblico per conto dello Stato, ne garantisce un minimo di sottoscrizione. Con l'emissione diretta lo Stato corre il rischio ove non calcoli esattamente il tasso effettivo di interesse e le condizioni offerte ai sottoscrittori siamo peggiori di quelle del mercato, di non riuscire di coprire interamente l'ammontare richiesto al mercato.
Con l'emissione indiretta cioè collocando l'intero ammontare del debito preso una Banca ad un consorzio di Banche che lo sottoscrivono interamente ed in proprio, salvo a collocarlo successivamente a poco sul mercato, lo Stato ricopre contro il rischio ricordato, ma naturalmente deve corrispondere un " aggio"alle Banche.
Tale aggio consiste nella differenza tra il prezzo di acquisto dei titoli da parte delle Banche ed il prezzo superiore al quale essi vengono successivamente collocati sul mercato.Il sistema misto è quello che viene generalmente seguito.
Consiste nell'offerta diretta ala pubblico da parte dello Stato attraverso gli sportelli Bancari, mentre un consorzio di Banche garantisce il collocamento dell'intero ammontare dei titoli, assumendosi in proprio l'eventuale somma non sottoscritta dal pubblico.
Quando si parla di conversione, in un termine generale, si allude ad una operazione con cui lo Stato muta ( facoltativamente ed obbligatoriamente ) le condizioni del proprio debito.Una prima conversione può riguardarvela scadenza dei Titoli ( rinnovo). Lo Stato che alla scadenza o prima ancora della scadenza di un prestito non sia in grado di procedere alla sua estinzione, offre ai vecchi sottoscrittori un prestito nuovo a scadenza più lunga, contro versamento non di una somma di denaro, ma dei vecchi titoli che in tal modo rimangono estinti.
Talvolta, per l'accumularsi di prestiti a scadenza brevissima, lo Stato può fare un'operazione di consolidamento di portata molto ampia e non limitata ad un solo tipo di titolo. Una seconda conversione concerne il " Tasso di Interesse ". Se il tasso di Interesse sul mercato, scende al di sotto di quello esistente, nel momento in cui il prestito viene emesso, lo Stato può offrire al possessore del titolo un'alternativa: o accettare il rimborso del prestito ( se si tratta di consolidato irredimibile) o il rimborso anticipato ( se si tratta di debito a scadenza fissa) oppure accettare una riduzione dell'interesse
Salvo la forma ormai superata, del debito irredimibile, nelle altre formule il debito deve essere rimborsato. Da questo punto di vista, si possono avere prestiti a scadenza fissa, prestiti ad annualità temporanee e prestiti ammortizzabili. Con i primi lo stato si obbliga a rimborsare il capitale alla data convenuta al momento dell'emissione.
Con le annualità temporanee, che assumono forme che si avvicinano al mutuo vero e proprio, lo Stato procede al rimborso del capitale gradatamente.
Secondo un piano di ammortamento prestabilito assieme agli interessi annui, lo Stato rimborsa a ciascun sottoscrittore anche una quota di capitale, cioè ciascun sottoscrittore ogni anno, percepisce oltre l' interesse anche una quota annua d'ammortamento del capitale. E' un sistema che aumentando l'onere del Bilancio Pubblico, consente però di garantire l'estinzione del debito nel termine previsto. Nei Prestiti ammortizzabili le obbligazioni emesse vengono estinte per sorteggio annuo, al loro valore nominale, analogamente a quanto avviene per le obbligazioni private. Anche qui si procede secondo un piano di ammortamento prestabilito, normalmente con annualità costanti
QUAL'E' IL LIMITE DEL DEBITO?
Non esiste un "numero" valido per tutti i Paesi e tutte le Stagioni. Il limite di un debito, per una famiglia come per un'impresa o uno Stato, è dato dalla capacità di servirlo senza troppa pena.
Quello che si può dire è che lo Stato fa pagare le imposte per fornire servizi pubblici; se oltre a spendere per i Servizi pubblici, deve spendere molto anche per servire il dibito anche con gli interessi, si avrà una ( o tutte e due ) delle seguenti conseguenze:
-BISOGNA AUMENTARE LE IMPOSTE
-BISOGNERA' RIDURRE I SERVIZI PUBBLICI
Come si vede nessuna delle due alternative è appetibile.
Quindi il vero limite del debito sta nel malessere che provoca nella società: Un alto debito crea tensioni, o perché deve accompagnarsi ad una alta pressione fiscale, o perché coloro che godono dei servizi pubblici ( cioè tutti) li vedono deteriorarsi dal momento che lo stato deve distogliere risorse verso il servizio del debito. Si creano anche problemi sulla distribuzione dei redditi: Coloro che pagano le imposte, che servono a pagare gli interessi, non sempre coincidono con coloro che ricevano gli interessi. Il debito pubblico è comunque un debito che il Paese deve a se stesso. Lo stato e tutti noi, quindi se lo stato è indebitato, ognuno è indebitato. Un indice di sopportabilità del debito pubblico è dato dalla capacità di mantenerlo, quanto meno costante in quota di PIL. Qualora il peso del debito Pubblico invece continuasse ad aumentare, vi sono diversi modi di uscire dalla spirale del Deficit. Nella storia ci sono vari esempi, alcuni virtuosi altri viziosi di uscita dalla spirale, soffocante del DEFICIT-DEBITO-INTERESSI.
Passiamoli brevemente in rassegna:
-LA VIA DELLA CRESCITA: questa è stata la strada intrapresa da numerosi paesi nel dopoguerra, quando l'impeto della ricostruzione portò ad un forte aumento del PIL. La possiamo chiamarla " Via del denominatore ", nel senso che si alleggerisce il peso del debito pubblico, rafforzando il denominatore del rapporto "DEBITO-PIL". Anche in tempi di pace questa è la via " VIRTUOSA " scelta d alcuni paesi per liberarsi di un alto debito pubblico.
-LA VIA DELL'INFLAZIONE: Questa è la via più comoda per i governi incapaci di percorrere l'arduo sentiero del risanamento. Si intende un'inflazione" GALOPPANTE " che schiaccia il debito e polverizza i risparmi investiti in titoli.
L'inflazione insomma, è un bene per i debitori perché spazza via il valore del debito. A prezzo naturalmente, di gradi ingiustizie e di grandi tensioni. Se vogliamo anche la via dell'inflazione è una " Politica del denominatore " nel senso che rimpicciolisce il peso del debito allargando a dismisura il PIL: solo che questo allargamento non è reale e virtuoso, come nella via della crescita, ma nominale e vizioso.
-LA VIA DEL RIPUDIO: Dal denominatore al numeratore il ripudio del debito agisce sul debito stesso , dicendo semplicemente : non c'è più. L'arma del ripudio del debito è molto delicata, perché lo stato la può adottare solo se è sicuro che non avrà più bisogno di ricorrere al risparmio dei cittadini, che naturalmente si guarderebbero bene dal rinnovare il credito allo stato. Ed è un'arma inconcepibile oggi giorno( anche se ancora succede: il Governo Russo vi ha fatto ricorso nel '98, perché colpisce al cuore quella certezza dei contratti che proprio lo stato deve sostenere con un quadro giuridico appropriato.Di solito il ripudio assume forme più Soft, come il consolidamento o la RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO.
-LA VIA DEL RISANAMENTO: Questa dopo la via crescita è la seconda delle forme " virtuose " di uscita dalle spirali umilianti del debito. E' la via per esempio scelta dall'Italia quando dopo la firma del trattato Maastricht, prese l'impegno di rispettare le condizioni richieste per entrate nell'Unione Monetaria Europea. Per il risanamento occorre agire su due versanti:
SUL SALDO PRIMARIO (entrate e spese diverse dagli interessi ) che deve essere portato in una situazione di avanzo permanente in modo da dare un contributo sostanzioso al pagamento degli interessi.
SULLE SPESE PER INTERESSI, che devono essere ridotte abbattendo il debito, gestendo più efficacemente il debito steso, convincendo i sottoscrittori dei titoli, a premiare gli sforzi di risanamento con tassi d'interesse più bassi.
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