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"Senza la musica, la vita sarebbe un errore" (F. Nietzsche)
GRECO
"I greci antichi avevano un concetto di musica più ampio del nostro: il termine 'mousikè', connesso alle Muse, non indicava solo l'arte dei suoni, ma comprendeva tutte le attività collegate alle Muse, come la drammaturgia, la poesia, la danza [.]"
La musica moderna occidentale affonda le sue radici direttamente nella musica greca antica: le notizie che abbiamo a riguardo sono quelle tramandateci da Plutarco, che oltre alle più famose biografie delle "Vite parallele", affronta l'argomento nel 'De musica', in cui tratta l'argomento sotto l'aspetto dell'informazione storica e del significato culturale di quest'arte nella Grecia antica. Questa impostazione distingue il trattato plutarcheo da altri scritti sulla musica pervenutici dall'antichità, per lo più limitati a problemi tecnici o teorici. Se pensiamo che della produzione della musica greca antica, che pure fu vastissima, non ci è rimasto quasi nulla, la testimonianza di questo breve trattato di Plutarco diventa la nostra unica fonte su questo argomento. La civiltà greca ha assorbito dalle più antiche culture mediorientali, soprattutto egizia, assiro-babilonese ed ebraica, alcuni principi fondamentali, rielaborati filosoficamente, che vogliono la musica alla base delle più importanti teorie cosmogoniche e metafisiche. Afferma da subito che i greci antichi avevano un concetto di musica più ampio di quello a cui si faceva riferimento nel suo tempo: il termine 'mousiké', connesso alle Muse, non indicava solo l'arte dei suoni, ma comprendeva tutte le attività collegate alle Muse, come la poesia, la drammaturgia, l'arte, la danza, l'astronomia. I poeti lirici, come Saffo e Pindaro, i drammaturghi, come Eschilo, Sofocle ed Euripide, erano anche i compositori delle musiche che accompagnavano i canti e i coreografi delle danze che venivano eseguite durante le rappresentazioni sceniche. La cultura greca antica attribuiva alla musica un significato profondo, legato a concezioni religiose, etico-psicologiche e filosofiche. La musica era molto usata nella vita dei greci: durante le feste pubbliche venivano eseguite composizioni corali che avevano nomi specifici: l'imeneo era il canto di nozze, l'inno era il canto in onore degli dei o di uomini eccellenti, il ditirambo era un canto dionisiaco. "Il grande Omero - egli afferma - ci ha insegnato che la musica è utile all'uomo. Volendo mostrarci che in effetti serve in numerosissime circostanze, ci ha presentato Achille che calma la sua collera contro Agamennone per mezzo della musica insegnatagli dal savio Chirone. - più avanti ci indica anche le circostanze più appropriate per la pratica della musica, avendo scoperto che essa è l'esercizio più idoneo, sia per la sua intrinseca utilità che per il piacere che procura, allo stato d'inattività". La musica ha quindi un potere particolare sull'animo, e anzi può addirittura ricostruire l'armonia turbata del nostro animo: e qui nasce uno dei concetti più importanti dell'estetica musicale, il concetto di catarsi, che induce alla meditazione, alla riflessione e che libera dalle cure quotidiane. Nel "De Musica", Plutarco affermava che il musicista per essere veramente tale doveva conoscere oltre che le tecniche della composizione e dell'armonia anche tutte le altre discipline scientifico-sperimentali, matematiche, filosofiche, perché "l'armonista, cioè il musicista che conosce solo la sua disciplina è un uomo limitato". La ricerca musicale, quindi, doveva essere estesa in ogni campo e sintetizzata in uno stato d'animo lirico che canta la gioia per la ricerca completa della verità. Di conseguenza la musica è ricerca della verità, e la verità è musica. La cultura greca elabora rigidi schemi di pratica musicale che vengono disciplinati da leggi dello Stato, per la profonda influenza che si ritiene possano avere nella società. La musica diventa così oggetto di educazione sistematica non per il suo valore intrinseco, che oggi definiremmo estetico, ma per il suo valore strumentale in funzione di fini etici. Musica e poesia costituiscono molto spesso un'unica attività; gli antichi aedi, erano quasi sempre raffigurati ciechi, quasi che una diminuzione del peso dei sensi, gli consentisse una più alta forma di contemplazione della verità.
LATINO
"[.] mentre parlava così, accompagnava la sua voce tanta seduzione, accarezzava l'aria vibrante un suono così dolce, che avresti pensato di sentir cantare nel vento il coro delle Sirene"
Occasione di divertimento tramite la musica in Grecia era anche il simposio: lo scrittore latino Petronio riprende questo motivo distorcendolo completamente , evidenziando nel "Satyricon" come a Roma chi la facesse da padrone fosse una rozzezza senza eguali. Petronio è una figura emblematica avvolta nel mistero: adesso si accetta però che sia vissuto sotto l'età neroniana e che abbia lavorato presso la corte dell'imperatore per la sua grande raffinatezza. Si attribuisce a lui il SATYRICON, e da cui si prendono proprio gli elementi che fanno intuire la sua vita in quegli anni: il gusto per la vita dei bassifondi (che Nerone in incognito frequentava) e la presenza della Presa di Troia per omaggiare il poema sulla guerra di Troia di Nerone.
SATYRICON: sono pervenuti solo i libri dal 14 al 16 e intero solo il 15, che coincide con la cena al simposio di Trimalcione. Il narratore è interno e coincide con il protagonista, quindi non con l'autore: è Encolpio, un giovane che discute con il maestro di retorica Agamennone sulla problematica della decadenza dell'oratoria. Durante le sue avventure, Encolpio viaggia anche con Ascilto e Gìtone, tra cui c'è un triangolo amoroso: si troveranno subito invischiati in riti in onore del dio Prìapo (che simboleggia il sesso maschile; ruolo importante nelle storie narrate da Encolpio) ad opera della matrona Quartilla. Quando riescono a fuggire dalla matrona, i tre partecipano al banchetto organizzato dal ricco liberto Trimalcione, caratterizzato dalla sconvolgente rozzezza: anche in questo caso riescono a fuggire per un evento fortuito. Il triangolo amoroso però adesso si viene a rompere perché Encolpio e Ascilto hanno un litigio, e questi se ne va portando con sé Gìtone. Quindi Encolpio incontra in una pinacoteca il poeta anziano Eumolpo, che fa sfoggio delle sue doti poetiche recitando la Presa di Troia, che però non trova accoglienza positiva. Da qui in poi il poeta vagabondo entrerà a far parte dei racconti, accompagnando sempre Encolpio e, una volta ritrovato Gìtone, diventando suo rivale amoroso. I tre si imbarcano su una nave mercantile il cui padrone Lica, già in viaggio, si rivela essere nemico di Encolpio: si vuole vendicare a tutti i costi per una qualche precedente avventura ma l'intervento di una tempesta salva nuovamente i protagonisti, spazzando in mare Lica e facendo affondare la nave. I tre personaggi si ritrovano da soli sulla riva di Crotone, dove è in atto la caccia all'eredità: qui Eumolpo progetta di impersonare un vecchio facoltoso e d far recitare ai suoi due compagni la parte dei suoi schiavi. Encolpio ha un'avventura con una donna di nome Circe, ma lo abbandonano le sue facoltà sessuali perché perseguitato dal dio Prìapo: si sottomette quindi a pratiche magiche per poi riottenere di colpo la sua virilità. Intanto i crotoniani stanno per scoprire il raggiro di Eumolpo, che progetta ancora un espediente: per ottenere la sua eredità, bisognerà cibarsi del suo cadavere. Nonostante questo, i cacciatori di testamenti sono pronti farsi cannibali. Proprio qui si interrompono i frammenti di testo pervenuti.
Il Satyricon non rientra nel genere del romanzo, e anzi sembra proprio prendere in giro il romanzo greco: se proprio in questo l'amore è preso in modo serio e la ragazza che era allontanata dall'amato fino a fine storia preservava la sua castità, adesso il sesso è presente sempre in modo esplicito ed è motivo di comicità; anche l'amore omosessuale che impregna l'opera di Petronio muove le distanze da quello che era l'amore romantico di una coppia ragazzo-ragazza del romanzo greco. In poche parole il Satyricon è l'antiromanzo greco: si colloca infatti tra le fabulae milesiae, ovvero tra quella letteratura caratterizzata da comicità e amoralità iniziata da Aristìde nel I secolo a.C. (Milesiakà). Un esempio di fabula milesia all'interno del Satyricon è quello del racconto della Matrona di Efeso, della vedova inconsolabile che cede alle voglie di un soldato e che pur di proteggerlo crocefigge la salma del marito. Con questa Petronio vuole dire fondamentalmente una cosa: che gli uomini sono degli sciocchi e le donne sono pronte a cedere, senza quindi nessuna idealizzazione della realtà. Oltre alla complessità della struttura dell'opera, con le varie fabulae che si vanno ad intrecciare (per questo ritroviamo dei personaggi citati ad inizio racconto che poi si eclissano), c'è anche un certa complessità della forma: si vanno ad alternare frequentemente versi in prosa e versi poetici, questi ultimi affidati in massima parte ad Eumolpo. Per questo al Satyricon è stata fatto rientrare come genere anche nella satira menippea, di cui l'esempio temporalmente più vicino era stato riscontrato in Seneca con l'Apokolokyntosis, ma le differenze sostanziali erano la lunghezza dell'opera e il fatto che Seneca s'era scagliato contro un personaggio defunto ben preciso (Claudio).
FILOSOFIA
"[.] voi che credete nella musica dionisiaca, sapete anche che cosa significa noi la tragedia: in essa abbiamo rinato, dalla musica, il mito tragico - e in questo potete dimenticare ciò che è più doloroso!"
Altra fonte di musica derivata dalla cultura greca è senz'altro rappresentata dallo studio filologico effettuato dal filosofo tedesco Nietzsche e approfondito nella sua opera "Nascita della tragedia", in cui distingue i caratteri apollinei (razionali) e dionisiaci (irrazionali). Con questa coppia di opposti, che si concretizza in altre sottocoppie di opposti come luce-oscurità, forma-caos, serenità-inquietitudine, il filosofo tedesco intende innanzitutto i due impulsi di base dello spirito e dell'arte greca. L'apollineo, che scaturisce da un impulso alla forma, si esprime nelle forme limpide e armoniche della scultura e della poesia epica; il dionisiaco, che scaturisce dagli impulsi istintivi quali le funzioni vitali, si esprime nell'esaltazione creatrice della musica. Quando Dioniso vive è Apollo a dormire, viceversa quando Apollo si rappresenta ed è in superficie, Dioniso è 'sotterraneo': il dionisiaco è un continuo ciclo 'vita-morte-vita', attraverso il quale tutte le arti sono state create e si sono modificate. Nietzsche quindi identifica il periodo della tragedia attica (la tragedia di Sofocle ed Eschilo) come il periodo in cui apollineo e dionisiaco erano armonizzati tra loro, e la grande tragedia manifesta un perfetto accoppiamento fra apollineo e dionisiaco (che è la vera anima della tragedia). Questo periodo è però soppiantato dal seguente teatro di Euripide, in cui la sintesi tra apollineo e dionisiaco è soffocata dal prevalere dell'apollineo. Però Nietzsche attribuisce la colpa sostanzialmente a Socrate e a al Cristianesimo. Accusa Socrate perché secondo questi l'uomo si identifica con l'apollineo, ed in questo modo l'anima della tragedia viene annullata completamente perché l'uomo non si trova più di fronte alla scelta "apollineo-dionisiaco": questa idea socratica è anche alla base del pensiero occidentale, che condanna l'irrazionalità in favore della razionalità. Altro colpevole della morte della tragedia è quindi il Cristianesimo, che ha contribuito a formare una società in cui l'istintività non riesce a trovare spazio. Sebbene Nietzsche mostri simpatia verso la figura di Cristo, considerandolo un "santo anarchico", definisce l'opera del Cristianesimo "grande menzogna", proprio per la sua prerogativa di seguire solo ed esclusivamente la razionalità. È per questo che il filosofo tedesco si auspica che la vera tragedia possa rinascere, esortando gli artisti del suo tempo a ritrovare lo slancio istintivo che solo il carattere dionisiaco può offrire. Ma il vero uomo ideale che vive dionisicamente, Nietzsche lo identifica col "superuomo", che è ormai consapevole della morte di Dio (in quanto più nessuno crede in lui ma non se ne rende ancora conto, a parte il filosofo): egli afferma la vita accettandone la sofferenza, il dolore e le contraddizioni che l'accompagnano con gioioso (dionisiaco) amore per l'esistenza; è un creatore di valori ed è per questo privo di valori fissi e immutabili, vivendo al di là del bene e del male. Il superuomo è soprattutto colui che vuole 'l'eterno ritorno dell'uguale'. Tale concetto comporta nel pensiero di Nietzsche non tanto una visione cosmologica e fatalistica per cui ogni evento ritorna eternamente, quanto una nuova prospettiva di adesione alla vita: quella per cui il superuomo vive l'attimo presente in modo tale da desiderare di riviverlo sempre. Il superuomo si distingue inoltre perché accetta e dispiega la propria 'volontà di potenza', anziché mascherarla come fa colui che è schiavo del risentimento morale. La volontà di potenza non va intesa semplicemente come volontà di dominio o di sopraffazione, ma come volontà che tende continuamente a potenziarsi e accrescersi, in un rapporto dinamico nei confronti della vita.
ITALIANO
"Ricercando me stesso, non ritrovavo se non la malinconia. Ricercando il mio silenzio, non ritrovavo se non la mia musica"
Strettamente connesso al superuomo nietzschiano, anche nel poeta italiano Gabriele d'Annunzio si ritrova un legame con la musica, che non è da rintracciare nell'ormai abusata "La pioggia nel pineto" e nella sua personalità esteta. Bensì questo rapporto estetico-ritmico-sensuale con la musica è evidente in un'opera come il Notturno (1918), composta in prosa durante un particolare momento di sofferenza del poeta, costretto alla cecità, che i medici credevano senza ritorno. Ed è proprio il Notturno a poter essere considerato una grande composizione drammaturgica, la tragedia dell'uomo D'Annunzio, dell'eroe sofferente che raggiunge, forse, momenti di poeticità anche più alti rispetto addirittura alle sue liriche più famose. Il rapporto tra Gabriele D'Annunzio e la musica fu caratterizzato da un legame intenso, che in ogni caso non intaccò il primato delle lettere, ma forse si affiancò alla naturale propensione per la poesia, superando le conoscenze e l'interesse per le arti figurative. Già in tenera età, infatti, il D'Annunzio si esercitò sulla tastiera del pianoforte paterno; Gabriele, tuttavia, non riuscì mai a superare le difficoltà tecniche per essere considerato un vero 'genio' musicale sia nell'esecuzione, sia nella composizione. Questa 'impotenza' a realizzare personalmente il discorso musicale non gli impedì, probabilmente con l'aiuto di un musicista di talento rimasto sinora ignoto, di difendere con sicurezza Wagner contro le tesi di un Nietzsche che ormai non ha più rapporti con il vecchio amico musicista. Il D'Annunzio, quindi, era soprattutto un appassionato, un amante della musica. Così i suoi scritti 'diaristici', dove la 'prosa notturna' raffigura un ridimensionato eroe, un uomo anche assalito da paura, malinconia, dolore, angoscia, e dove la poesia alta lascia il posto a una prosa musicale sincera e a una voglia di confessare le proprie emozioni, costituiscono una ricerca interiore raffigurata spesso con immagini e tagli impressionistici: 'Ricercando me stesso, non ritrovavo se non la mia malinconia. Ricercando il mio silenzio, non ritrovavo se non la mia musica', si legge nel Notturno. E appunto nel racconto dei suoi mesi di 'clausura' e privazione della luce, nel suo diario 'notturno' s'intravede un D'Annunzio poeticamente musicista, con forme liricamente sciolte e risultati in prospettiva 'moderni', più vicini al nostro sentire. Tuttavia gli eccessi impressionistici, che portano con sé inevitabilmente una costruzione ad effetto, di tono artificioso, sono compensati dalla trasfigurazione, nella lotta contro la morte e contro le tenebre, di un D'Annunzio che raggiunge lo stadio 'uomo' e la poesia realmente eroica, dove l'eroe è un sé più umano.
STORIA
"[.] comprendiamo lo spirito della musica, che sorta dalla coscienza più intima del poeta, si libra sopra di lui e lo guida sulla strada della redenzione"
Questo nuovo superuomo drasticamente ridimensionato, e quindi questo eroe che finalmente acquisisce i tratti somatici di un uomo normale con le sue inquietudini e le sue emozioni più intime è assimilabile ai personaggi di Wagner, che non si limitano a rappresentare teatralmente qualcosa, ma sono quel qualcosa. Vi ruota intorno un oscuro apparato ideologico che nel corso degli anni è stato oggetto di molteplici interpretazioni, talora caricandolo di significati talvolta contraddittori e oltrepassando di gran lunga le intenzioni dell'autore stesso. Ma è soprattutto nel campo della politica che Wagner dedica i suoi pensieri, cambiandone continuamente il senso a seconda della teoria che più lo influenza. In Opera d'arte dell'avvenire - il più importante dei suoi libri teorici, scritto durante la rivoluzione che lo vide fisicamente al fianco di Bakunin - si schiera in favore del comunismo e spiega come la distinzione del singolo può avere senso solo se vista in funzione del popolo, e dunque l'egoismo non può soddisfarsi pienamente che nel comunismo. In altre parole, solo la comunità può dare senso all'individuo, e solo in relazione alla comunità il diverso può definirsi come tale. Wagner, dunque, non condanna le singole doti individuali e il loro distinguersi dalla massa, ma le sostiene se queste hanno come fine l'amore e l'accrescimento spirituale del popolo. Ovviamente egli parla di uno spirito artistico, dove l'arte è il fine supremo a cui tutto dovrebbe mirare. L'enigmatico tema della Redenzione d'amore che chiude la Tetralogia, simboleggia la redenzione del mondo attraverso la musica, incarnata dal mito dell'eterno femminino (incarnato dallo spirito della musica che nato dalla coscienza più intima del poeta si libra sopra di lui e lo guida sulla strada della redenzione). A questo punto, però, non è chiaro che cosa Wagner intendesse per "redenzione del mondo", se cioè simboleggiasse la fratellanza universale o piuttosto la fratellanza esclusiva del popolo tedesco. In questo caso l'ideologia politica che ne deriverebbe porterebbe al nazionalsocialismo e al suo sogno di redimere l'umanità sotto la sacra fiamma dello spirito germanico: il richiamo dell'amore patriottico e il desiderio di rispondervi in termini universali. A tale ambizione, storicamente parlando, sarebbe bastata l'avvilente sconfitta della Germania durante la Prima Guerra Mondiale e il fortissimo desiderio di rivalsa nutrita contro il giudaismo, contro "l'internazionale comunista" e contro la tirannia del capitalismo. Il mito, fino a quel momento rinchiuso nel pacifico mondo dell'arte, si sarebbe realizzato proprio in funzione di tale desiderio. Non c'è dubbio che Wagner fosse personalmente un antisemita. Ecco allora che nel suo capolavoro "Tetralogia" l'amore incestuoso tra i personaggi Siegmund e Sieglinde rappresenterebbe la nascita di una razza superiore (i figli del dio nordico Wotan) e dove lo stesso fallimento della 'grande idea' di Wotan rappresenterebbe il supremo sacrificio dello spirito germanico di fronte all'avversità del mondo. Poi la forza del filtro magico che rivela ai protagonisti la vera natura del loro inconsapevole amore, fino ad allora confuso dalla falsità del mondo esteriore (dove per 'natura dell'inconsapevole amore' si dovrebbe intendere la purezza della loro vera anima, la purezza dello spirito tedesco in opposizione alla menzogna di tutto ciò che è straniero). Infine Parsifal, il dramma sacro per eccellenza, che Hitler stesso - grande ammiratore di Wagner - considerava come uno dei fondamenti dell'ideologia nazista: la casta confraternita dei custodi del Santo Graal incarnerebbe il popolo ariano, minacciato dalla corruzione e dal desiderio impuro. Naturalmente siamo sempre nel campo della supposizione, poiché Tristano e Isotta abiurano ogni ambizione di gloria e di potenza, Parsifal è un eroe passivo, mentre la 'grande idea' di Wotan potrebbe essere benissimo scaricata da ogni allusione alla Germania e ribaltata in chiave progressista, laddove egli dice che il suo pensiero è rivolto a tutto ciò che non è ancora avvenuto, e non più alla tradizione.
INGLESE
"Stravinskij is perhaps the only composer who has raised rhythm in itself to the dignity of art"
Meanwhile, in Europe the Modernism was born as an anti-victorian reaction in which the modern artists criticized the lack of representing an individual personality and consciousness. But Modernism was not a monolitic movement: in this were included many divergent theories which were all characterized by the overthrow of traditional artistic conventions. These developments in music find their most representative in Igor Stravinskij, whose works with dissonances into harmonies were compared to Picasso's works. Stravinskij was a russian-born composer, pianist and conductor, considered by many to be the one of the most important and influential composer of the 20th century. The most important aspect of Stravinskij's works, aside from his technical innovations including in rhythm and harmony, is the so called "changing face" of his compositional style, while always keeping a distinctive essential identity; anyway he himself was inspired by different cultures, languages and literatures. Another characteristic of his compositions was the use of motivic development, means the use of musical figures that are repeated in different guises throughout a composition or section of a composition. But Stravinskij is well-known for his distinctive use of rhythm: according to criticism he is perhaps the only composer who has raised rythm in itself to the dignity of art. Thanks to him the rhythmic structure of music became more fluid and in a certain way spontaneous. But the premiere of his most famous "The rite of spring" provoked a scandal and a riot, because changed radically the way to conceive a composition right for the new idea of rhythm. However, this will transform the way in which subsequent composers thought about rhythmic structure. Again in this composition, we find another important aspect of his way to compose: exploiting the extreme ranges of instruments, and in particular the extreme upper reaches of the bassoon to simulate the symbolic awakening of a spring morning.
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