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Musica: la scienza dell'arte - tesina




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Musica: la scienza dell'arte


Tesina

Introduzione


La scelta di questo argomento è dovuta principalmente al mio spontaneo e profondo interesse per il mondo della musica. Fin da bambino ho sempre apprezzato il suono degli strumenti musicali, studiando pianoforte. La vera svolta si ebbe però quando mi appassionai alla musica rock ed incominciai a suonare la chitarra, strumento che precedentemente avevo preso in scarsa considerazione. Studiando da autodidatta ed apprendendo le varie tecniche man mano che imparavo nuove canzoni, ho riscoperto il mondo della musica secondo un punto di vista differente da quello puramente didattico secondo il quale mi era stato insegnato il pianoforte. Così mentre progredivo nello studio della chitarra (inizialmente acustica, in seguito elettrica) ho cominciato a domandarmi quali fossero le basi fisiche che permettevano il funzionamento dello strumento o la resa di alcuni effetti particolari. L'ispirazione per questa tesina è giunta infatti da congetture effettuate durante le lezioni di fisica delle onde, in particolare sulle onde stazionarie e gli armonici, argomento che ho sviluppato in maniera autonoma, solamente tramite ragionamenti che Karl Popper avrebbe definito per congetture e confutazioni.


La musica non ha però ovviamente solo una valenza puramente fisica e scientifica. Per me e per molte persone essa ha significato molto nei momenti più difficili, è stato ciò che ha permesso di andare avanti, di superare e di dimenticare gli ostacoli che naturalmente ci si pongono dinnanzi nel cammino della nostra vita. Così durante lo studio della filosofia ho incontrato pensatori, quali Kant, Schelling e Schopenhauer, che attribuivano all'arte, ed in particolar modo alla musica, un ruolo molto importante, che rispecchiava la visione che personalmente ho riguardo ad esse. Nonostante i filosofi sopraccitati non ascoltassero ovviamente musica rock, il loro modo di percepire la musica in sé è molto simile al mio e perciò ho voluto proporlo come argomento secondario della presente tesina.


Infine, fui molto colpito da The Rime of the Ancient Mariner, il capolavoro di Samuel Taylor Coleridge, la cui trama e significato simbolico hanno attratto particolarmente la mia attenzione. Sapevo che questo testo era stato reinterpretato in una canzone da uno dei miei gruppi preferiti, gli Iron Maiden, e, dato l'interesse per entrambi gi aspetti (musica e letteratura), decisi di analizzare l'intera ballata e di operare anche un'analisi musicale della canzone, confrontandole e osservando come la band sia stata in grado di trasformare sotto forma di suoni alcuni concetti della mente.


















Fisica




Introduzione


Le onde sono definite come la propagazione di un movimento attraverso lo spazio e un mezzo. Tra i vari tipi di onde quali le onde elettromagnetiche e le onde luminose, ritroviamo anche le onde sonore.


Incominciamo la nostra analisi delle onde, ed in particolare di quelle sonore con un importante teorema:


Teorema di Fourier Qualsiasi onda periodica può essere vista come combinazione lineare di curve sinusoidali


Dunque si possono analizzare e onde prendendo come riferimento una semplice curva sinusoidale. Definiamo ora alcuni importanti concetti riguardanti le onde: dato un istante t fissato si esegua il grafico posizione - ampiezza dell'onda, esso risulta essere una curva sinusoidale per ciò affermato in precedenza. Si dicono creste i punti più alti della curva sinusoidale e gole quelli più bassi; la distanza tra due creste o due gole consecutive, nel grafico preso in considerazione, è detta lunghezza d'onda e si indica con la lettera greca λ, la distanza tra l'asse x e una qualsiasi cresta o gola è detta ampiezza dell'onda e si indica con la lettera A.

Data invece una posizione x fissata, se si traccia il grafico tempo - ampiezza dell'onda, la distanza tra due creste o gole consecutive è detta periodo dell'onda e si indica con la lettera T.

La velocità dell'onda è definita secondo la formula:


v = λ/T


Introducendo il concetto della frequenza υ, data dal reciproco del periodo, la velocità può anche essere scritta nel seguente modo:


v = λ υ


Per un'onda che si propaga in una fune, come ad esempio la corda di una chitarra, la velocità dell'onda è data dall'espressione:


v = (T / μ) ½


Dove T non indica il periodo bensì la tensione della corda e μ la densità lineare, ovvero la massa della fune per ogni metro di essa, ricavabile dunque moltiplicando la densità volumica caratteristica del materiale della fune presa in considerazione per l'area di sezione della fune.


ρ = m/V = m / (l A) = μ / A dunque μ = ρ A


Ora che abbiamo introdotto i concetti fondamentali delle onde, è possibile scrivere l'equazione generale di un'onda piana viaggiante (si utilizza per convenzione la funzione seno, ma la descrizione dell'onda può essere fatta ugualmente con la funzione coseno, sapendo che


cos α = sin ((π / 2) - α)


dunque l'equazione generale di un'onda viaggiante è:


ψ (x, t) = A sin ( 2 π ( x / λ ± t / T ))


Introducendo i valori ω (pulsazione) e k (numero d'onda), ovvero


ω = 2π / T = 2 π υ        e k = 2π / λ


si può scrivere l'equazione in maniera semplificata, ovvero:


ψ (x, t) = A sin ( kx ± ωt )


L'equazione assume segno + per un'onda progressiva mentre segno - per un'onda regressiva. Con l'introduzione della pulsazione e del numero d'onda si può esprimere la velocità d'onda in un ulteriore modo:


v = ω / k


Onde Sonore e Musica


Quando il suono si fa musica?

Analizzando il cosiddetto rumore bianco, ovvero il rumore che si sente quando si sintonizza una radio fm su una frequenza intermedia tra due stazioni radio, si nota che il suono varia, nel tempo in maniera del tutto accidentale e correlata, senza alcuna ripetizione periodica. Analizzando poi l'intensità sonora in relazione alle frequenze, si nota che sono presenti tutte le frequenze che variano a caso nel tempo. Basta però manipolare leggermente il suono in modo da renderlo meno "piatto", e modificarne l'ampiezza in modo da renderlo in una qualche maniera leggermente periodico, per ottenere il suono delle onde e della risacca che si infrange sul mare. È forse questo un passo nella direzione della musica? In realtà per parlare di vera e propria musica in genere sono altre le leve che vengono mosse da un a melodia apprezzabile, che riguardano la sfera psichica ed emozionale, ma anche in qualche modo quella fisica (chi non ha mai avuto la sensazione di pelle d'oca ascoltando un brano con una particolare carica emotiva o con un particolare significato soggettivo?). Come vedremo più avanti molti filosofi hanno visto nell'arte e in particolare nella musica la più alta forma di rappresentazione da parte dell'uomo. Per ora ci limiteremo agli aspetti puramente fisici della musica e del suono.


Il primo strumento musicale degno di nota fu inventato dai greci e fu chiamato monocordo, formato da una sola corda a estremi fissi posizionata sopra una cassa di risonanza, con un ponticello scorrevole che permette di spostare uno degli estremi della corda in qualsiasi punto intermedio. Grazie a questo semplice strumento i greci riuscirono a ricavare un nesso tra la lunghezza della corda e l'altezza del suono emesso, il risultato fu che, a tensione fissa, l'altezza del suono è inversamente proporzionale alla lunghezza da parte della corda che è in azione. Più esattamente, la lunghezza d'onda fondamentale del suono emesso è pari al doppio della lunghezza della corda vibrante (questo argomento verrà approfondito in seguito nell'analisi delle onde stazionarie e delle armoniche), dunque, rielaborando la formula della velocità d'onda si ha che:


υ = v / λ    = v / 2L


Questo strumento permise di individuare importanti aspetti, fondamentali per la musica:


Intervallo: se si mantiene costante il rapporto tra le lunghezze delle corde oscillanti, rimane costante il rapporto tra le altezze dei suoni, dunque non varia il loro intervallo.


Ottava: si dice ottava l'intervallo tra un suono emesso dalla corda in assenza di ponticello mobile e il suono emesso dalla corda quando il ponticello è posizionato a metà della corda stessa. Il termine ottava è stato introdotto in seguito alla scoperta della scala naturale, che tra una nota di un'ottava e una dell'ottava consecutiva consta di sette intervalli, cinque di un tono e due di un semitono; in realtà, tra due ottave consecutive vi è una differenza di dodici semitoni, ma le diverse culture hanno diverse suddivisioni dell'ottava.


Altri intervalli notevoli: uno dei rapporti più importanti è quello di quinta perfetta, che corrisponde a un rapporto di 3/2 tra le lunghezze della corda vibrante ed ha un'importanza fondamentale nella chitarra elettrica distorta, in quanto rapporto base per la formazione dei cosiddetti power chords.

In seguito vi è l'intervallo di quarta perfetta, dove il rapporto delle lunghezze è di 4/3. Molto tempo più tardi Tolomeo scoprirà i rapporti degli intervalli di terza maggiore (5/4), e sesta maggiore (5/3).



Osservando gli intervalli musicali notevoli, si rileva che tutti essi corrispondono a note la cui frequenza è multipla di una certa fondamentale υ1, ossia sono in rapporto armonico con essa:


Nota

Intervallo




Unisono


Ottava


Ottava + 5a perfetta


Due Ottave


Due Ottave + 3a Maggiore


Due Ottave + 5a perfetta


Effetto speciale


Tre Ottave







L'armonica di rapporto 7 risulta stonata rispetto alla fondamentale ed è dunque spesso evitata, anche se alcune volte può essere volutamente utilizzata per creare un effetto speciale.




Scala pitagorica


Il primo sperimentatore di una scala musicale diatonica (ovvero composta da sette note, i corrispondenti dei tasti bianche del pianoforte) fu Pitagora, basandosi sulle esperienze avute con il monocordo. La sua procedura si basava sul fatto che considerava come intervalli perfetti quelli di quinta ed ottava (metodo utilizzato anche dai Cinesi duemila anni prima con l'uso di canne sonore) e fu presumibilmente la seguente.

Considerando la scala di Do maggiore, si prenda in esame una nota prescelta, ad esempio il Fa4, e ci si innalzi di quinte in modo da ottenere progressivamente le note Do5, Sol5, Re6, La6, Mi7, Si7. Queste note corrispondono ad una scala di Do maggiore (tasti bianchi del pianoforte da Do a Do), se il Do e il Sol venissero abbassate di un'ottava, il Re e il La di due e il Mi e il Si di tre. Il procedimento, formalizzato matematicamente, dunque, consiste nel moltiplicare la frequenza del Fa per 3/2 (rapporto di quinta) e sue potenze in base all'intervallo, e dividere la frequenza ottenuta per 2 (intervallo di ottava) o sue potenze in base alla differenza di ottave tra il Fa di partenza e la nota considerata. Una facile rappresentazione è contenuta nella tabella seguente.





Fa

Do

Sol

Re

La

Mi

Si

x

x (3/2) / 2

x (3/2)2 / 2

x (3/2)3 / 22

x (3/2)4 / 22

x (3/2)5 / 23

x (3/2)6 / 23




Se non si fossero operati gli ultimi due innalzamenti di quinta si sarebbe ottenuta una scala pentatonica, la scala maggiormente utilizzata per effettuare assoli, in quanto ha maggiore assonanza con le varie melodie.

Per ottenere i rapporti tra una nota e l'altra basta solamente effettuare i rapporti tra le frequenze, tenendo come 1 la frequenza del do, le altre di seguito risultano essere quelle elencate nella tabella seguente, comparate con i rapporti delle frequenze della scala diatonica di massima armonia, detta di giusta intonazione o scala naturale.







Nota

Do

Re

Mi

Fa

Sol

La

Si

Do'

Pitagorica









Naturale










Si nota come nonostante l'eleganza formale del procedimento di Pitagora, alcune note risultino di poco dissonanti con la scala naturale in quanto, come visto in precedenza, Pitagora non aveva considerato abbastanza armonico l'intervallo di terza maggiore che invece, come è stato visto, è uno dei rapporti base della musica tonale.



Scala tolemaica


Tolomeo, vissuto in Egitto nel II secolo a.C. , provò a fissare un punto nel monocordo ad 1/5 della corda e fece vibrare la parte più lunga, il rapporto tra una nota così ottenuta e la nota emessa dalla corda vuota risulta essere di 5/4, ovvero il rapporto dell'accordo di terza maggiore: da ciò cominciò a costruire una scala generando dal Do di partenza il Mi (terza maggiore) e il Sol (quinta perfetta). Venne poi aggiunto anche il Fa già conosciuto (4/3), e per le ultime due note ci si appoggiò ai concetti di quarta e di quinta perfette: il La sta sopra il Mi di una quarta perfetta, il che porta al rapporto col Do uguale a (5 / 4) (4 / 3) = 5 / 3 , il Si invece sta sopra il Mi di una quinta perfetta, il che porta a (5 / 4) (3 / 2) = 15 / 8. La scala così costruita non è altro che la moderna scala naturale o di giusta intonazione.

Tolomeo

 



Il Cent


Per esprimere al meglio l'intervallo tra due note, nel 1885 venne introdotto dall'inglese Alexander Ellis il Cent, che ricorre al logaritmo in base dieci delle frequenze, cosicché il rapporto tra loro corrisponde sempre al medesimo intervallo in Cent, in base alle note proprietà dei logaritmi secondo le quali:


Log ( A / B ) = Log A - Log B


Log ( AB ) = Log A + Log B


Log ( An ) = n Log A


In questo modo risulta anche più facile sommare due intervalli in quanto per le proprietà appena elencate, un intervallo in cent è dato dalla somma degli intervalli che lo costituiscono. Al rapporto di ottava, pari a 2, si fanno corrispondere 1200 cent, il che rende le dodici note della scala naturale a temperamento equabile (vedi in seguito) separate da 100 Cent l'una dall'altra. Sapendo ciò, i Cent associati ad un dato intervallo, il cui rapporto di frequenze sia R, sono dati dalla proporzione:


Numero di cent / 1200 = Log R


Alla luce di ciò si possono esprimere le due scale, Pitagorica e Naturale o Tolemaica, secondo gli intervalli in cent, per notare meglio le leggere differenze tra le due scale (vedi tabella seguente).




Nota

Do

Re

Mi

Fa

Sol

La

Si

Do'

Pitagorica









Intervallo tra note contigue (R)










Naturale









Intervallo tra note contigue (R)













Uso storico delle due scale ed evoluzione


Nonostante la scoperta da parte di Tolomeo di questa serie di note con la massima consonanza possibile tra loro, però, durante i secoli bui del medioevo, le idee di Pitagora vennero tenute in vita fino all'arrivo della polifonia, al fine di salvaguardare il patrimonio di cultura greca che durante quel periodo veniva dimenticato. Colui che garantì che la scala pitagorica non cadesse nell'oblio fu Severino Boezio, conosciuto come l'unico scrittore romano ancora in grado di leggere il greco. La scala Pitagorica fu utilizzata specialmente nella musica liturgica, nella quale ogni alternativa possibile alla scala pitagorica veniva inizialmente contrastata, basti pensare che il Pontefice Giovanni XXII dispose in un editto del 1324 che la musica ecclesiastica si basasse esclusivamente su ".accordi di ottava, di quinta e di quarta, capaci di arricchire la melodia ed accompagnare il semplice canto ecclesiastico". La storia progredì comunque e col tempo si adottò la scala tolemaica, anche se fu chiamata opportunisticamente scala giusta. Un altro passo importante per la storia della musica fu intrapreso dal belga Josquin Després, nato attorno al 1400, che cominciò ad introdurre il concetto di tonalità, ovvero l'esistenza di una nota centrale che funga da tonica, sulla quale tutta una melodia è imperniata, con eventuali deviazioni, ma sicuri ritorni. Va inoltre aggiunto che la nuova musica che si andò a formare non fu presumibilmente dettata dai canoni matematici e scientifici che ispirarono Pitagora o Tolomeo, ma dalla prassi musicale e dalla teoria scaturite dall'osservazione dei loro studi.



Musica tonale e musica modale


Vista l'asimmetria data dalle scale illustrate, i valori di semitono o comunque quelli differenti di tono non sono in posizione simmetrica l'uno rispetto all'altro, il che determina che una scala costruita sul Do suonata a partire dal Re, ad esempio, non risulta essere uguale ad una scala maggiore di Do, in quanto i semitoni risultano posizionati differentemente. Quindi il Do di partenza è una nota fondamentale della scala, su cui si basa tutta la melodia, chiamata Tonica, in grado di importanza al fianco della tonica si posiziona la quinta perfetta, chiamata Dominante, verso la quale solitamente si ha un movimento di tensione della melodia e dalla quale poi si ritorna alla tonica (situazione di quiete). Vi sono intervalli con più affinità con la tonica o la dominante, uno di questi ultimi è la sottodominante, ovvero l'intervallo di quarta. Dunque la musica tonale si può esprimere come quella musica che ha per fulcro centrale una nota di riferimento (tonica appunto) che determina l'intera tonalità del pezzo musicale dalla quale la melodia si può discostare ma poi per forza farvi ritorno. La musica modale fu sperimentata per la prima volta e principalmente dai greci e consiste invece nel prendere in considerazione anche le scale suonate a partire da una nota non dominante arrivando alla stessa nota dell'ottava successiva. Si possono sperimentare queste scale scegliendo uno dei tasti bianchi del pianoforte, eccetto il La o il Do, che darebbero vita rispettivamente alla scala minore e maggiore, e suonando i tasti bianchi fino alla stesa nota dell'ottava successiva. L'uso di queste scale all'orecchio moderno dà l'idea di una melodia arcaica, indefinita, creando effetti molto particolari utilizzati in passato ad esempio nei canti gregoriani e molto spesso anche nel blues. Queste scale sono chiamate appunto scale modali e prendono nomi a seconda della nota di partenza: la scala maggiore prende il nome di scala ionica, la modale partendo dal Re si chiama scala dorica, dal Mi scala frigia, dal Fa scala lidia, dal Sol scala misolidia, dal La si ha la scala minore naturale, chiamata eolia, dal Si la scala locria. I nomi di queste scale fanno notare in maniera evidente la loro provenienza dal mondo greco. In relazione alla musica tonale è possibile enunciare il seguente teorema.



Il teorema fondamentale dell'armonia


Da notare è il fatto che risulta molto più facile per i musicisti accordare armoniche dalla seconda alla sesta, mentre risulta necessario un alto grado di sofisticazione per accordare armoniche come la settima, l'undicesima o la tredicesima. Dunque si può dire che non si ha difficoltà ad accordare l'armonica di ordine N se questa ha come fattori primi i numeri 2, 3 e 5, caratterizzanti, rispettivamente, l'ottava, la quinta perfetta e la terza maggiore, mentre se N contiene fattori primi di ordine 7, 11, 13 o ancora maggiore, l'armonica risulta fuori tono con la fondamentale. Dunque, se due note possono essere entrambe accordate con la fondamentale, risulta che possono per forza essere accordate anche tra loro. Ne segue che è dunque possibile accorare l'intervallo tra la N - esima e la M - esima armonica se il rapporto tra M e N è del tipo 2x3y5z, con x, y, e z numeri interi positivi, negativi o nulli. Ad esempio, l'intervallo di terza minore è esprimibile con un rapporto di frequenze uguale a 6/5, che è anche possibile scrivere come 21315-1 = 6/5        Dunque la terza minore è identificabile con la terna (1, 1, -1). Si arriva così alla conclusione che nella musica tonale, ogni intervallo può essere espresso nella forma 2x3y5z , con x, y e z interi positivi, negativi o nulli. Gli intervalli più importanti della musica tonale vengono dunque calcolati col metodo delle terne.




Intervallo

Rapporto

x

y

z






Ottava





Quinta perfetta





Terza Maggiore





Quarta perfetta





Sesta minore





Sesta Maggiore





Terza minore








Il teorema fondamentale dell'aritmetica afferma che un numero intero può essere espresso come prodotto di fattori primi in uno e un solo modo, dunque ad ogni intervallo della musica tonale si può assegnare un'unica terna x, y, z.


Teorema fondamentale dell'armonia Ogni intervallo della musica tonale si può esprimere in uno e un solo modo come combinazione di ottave, quinte e terze maggiori.


Ciò sta a significare che questi tre intervalli sono tra loro incommensurabili, ed è quindi inutile cercare di ignorarne uno dei tre. Dunque si può dire che il suono ha tre dimensioni e che l'eliminazione di una di esse può portare solo a confusione; in uno spazio musicale bidimensionale, infatti, la musica risulterebbe molto più opaca ed amorfa. La tridimensionalità del suono sta a significare che quando si ascolta una sequenza di note, consideriamo le loro altezze relative secondo una relazione che non ha un solo grado di libertà, bensì tre. Per verificare ciò si prendano in considerazione gli intervalli di terza maggiore e di quarta diminuita: la prima è uno degli intervalli fondamentali, identificato dalla terna (-2, 0, 1), mentre la seconda si può ottenere scendendo di una terza maggiore, salendo di un'ottava e scendendo di nuovo di una terza maggiore, identificato invece dalla terna (5, 0, -2); tra i due intervalli vi è lo stesso numero di semitoni. Nonostante ciò, però, la distinzione armonica tra i due intervalli è decisiva in quanto nello spazio musicale rappresentano due vettori totalmente differenti. Si nota così come non sia importante solo l'altezza relativa delle note di una certa melodia, ma anche altri importanti fattori che tengano conto dei tre elementi della terna che determina l'intervallo.







Inconvenienti delle scale Pitagorica e Naturale; il temperamento Equabile


Le scale trovate da Pitagora e Tolomeo avevano però alcuni significativi difetti: nella scala pitagorica, infatti, ricavando le note accidentate presenti tra gli intervalli di tono, tutti uguali in questa scala, pregio che la naturale non ha, si ottiene una frequenza che differisce dagli intervalli di semitono della scala diatonica, ad esempio l'intervallo tra il Mi e il Fa; il rapporto tra i due diversi semitoni risulta essere uguale a 1,0136, il che equivale a 24 cent. Ciò porta a piccoli inconvenienti come una leggera dissonanza e soprattutto al fatto che dodici quinte non corrispondano a sette ottave; altro punto a sfavore della scala pitagorica è inoltre la scarsa consonanza nell'intervallo di terza maggiore, che eccede leggermente il valore di 5/4, quello di massima consonanza. La scala naturale, invece, ha il problema di non avere tutte le quarte e le quinte perfette, e soprattutto di avere due valori per l'intervallo di tono, il che porta a problemi di conseguenza anche sul semitono e sull'adattamento in caso di cambi di tonalità, per i quali è necessario raccordare l'intero strumento. Considerando poi la sequenza Do - La - Re' - Sol - Do, essa dovrebbe riportare al Do di partenza, essendo costruita innalzando di una quarta e un a sesta e poi abbassando di due quinte, invece riporta ad un valore di frequenza pari ad 81/80, leggermente maggiore di uno.

Si pensò, infine, nel Cinquecento, di proporre una scala temperata, con valori aggiustati per le note, che permettesse di suonare in qualsiasi tonalità e risolvesse i problemi derivanti dalle scale utilizzate precedentemente. Il primo più famoso teorizzatore di ciò fu Joahnn Sebastian Bach che, con la raccolta Il clavicembalo ben temperato, nel quale ogni pezzo veniva eseguito in tutte le tonalità delle scale cromatiche temperate in modo maggiore e minore. Si giunse così a concepire (il vero inventore è ignoto) il temperamento equabile a dodici note, nel quale, pur rinunciando alle condizioni ottimali di armonia, si creano degli intervalli musicali separati allo stesso modo per qualsiasi nota scelta come tonica. Tutti gli intervalli di semitono sono fissati a 100 cent, e quelli di tono corrispondono di conseguenza a 200 cent; ciò è ottenuto dividendo l'ottava Do - Do', intervallo pari a 1200 cent, in dodici parti uguali (vedi immagine alla pagina seguente). Chiamando R il rapporto tra due note adiacenti, partendo dal Do a cui si attribuisca la frequenza uguale a uno, risulta che la frequenza del Do dell'ottava superiore (R12), debba essere il doppio della frequenza del Do partenza, quindi:


R12 = 2


Da cui si ottiene il rapporto R tra un semitono e l'altro


R = (2)1/12 = 1,05946


Rapporto che corrisponde appunto a 100 cent.

Gli intervalli favoriti dalla scala a temperamento equabile sono quelli di quinta e di quarta, praticamente uguali a quelli della scala naturale, mentre si hanno differenze abbastanza marcate per gli intervalli di terza maggiore e di terza minore, anche se appena percettibili. Nonostante questi piccoli disguidi, la scala a temperamento equabile permette però di passare da una qualsiasi tonalità ad un'altra senza alcun problema. È possibile dividere inoltre l'ottava in più di dodici intervalli, creando temperamenti ad esempio a 19 e 31 note, molto meno usati di quello a dodici, secondo la relazione:


N = 5x + 2y


Dove N indica il numero degli intervalli uguali che si ottengono, e x/y è il rapporto tra il tono intero e il semitono. Per il temperamento a dodici intervalli basta prendere x = 2 e y = 1, infatti il tono è doppio del semitono. Usando altri valori come ad esempio x = 3 e y = 2 o x = 5 e y = 3, si possono ottenere temperamenti rispettivamente a 19 e 31 note, che differenziano i diesis dai bemolle oppure inseriscono i valori di doppio diesis o doppio bemolle. Ad ogni modo, il temperamento a dodici note, anche per la maggiore semplicità ed intuitività di utilizzo, è di gran lunga il più utilizzato nella musica moderna.































La scala cromatica a temperamento equabile. Si possono notare che la circonferenza è divisa in dodici parti uguali (semitoni) e come l'intervallo R sia uguale a 100 cent, secondo la relazione illustrata in precedenza.

 








Altri concetti generali sulle onde: interferenza, intensità sonora ed effetto Doppler


  • Interferenza: quando due onde di ampiezza uguale provenienti da sorgenti differenti si incontrano, esse possono dare vita a fenomeni di interferenza che può essere distruttiva o costruttiva: nel primo caso, le due onde si incontrano sovrapponendo l'una la cresta e l'altra la gola (sono dunque esattamente fuori fase), quindi la somma delle loro ampiezze risulta essere zero, non causando alcuna perturbazione e facendo percepire all'orecchio, nel caso di onde acustiche, il segnale minore possibile, se invece sono perfettamente in fase si parla di interferenza costruttiva, in quanto le ampiezze delle onde si sommano, facendo giungere all'orecchio il maggior segnale possibile.

Date due sorgenti uguali, puntiformi ed in fase S1 e S2 (vedi figura), per avere informazioni riguardo al tipo di interferenza che si incontra in un certo punto P, è necessario conoscere la differenza dei cammini tra la prima sorgente e il punto considerato e a seconda sorgente e il punto P, chiamiamo questo intervallo Δx, mentre la distanza della più vicina sorgente la chiameremo R. Se Δx contiene un numero pari di mezze lunghezze d'onda, significa che quando manca R cammino ad entrambe le onde, esse sono perfettamente in fase e dunque si avrà interferenza costruttiva anche nel punto P. Se invece Δx contiene un numero dispari di mezze lunghezze d'onda, quando manca R cammino ad entrambe le onde esse saranno in controfasce, e quindi si avrà interferenza distruttiva in P. In simboli:


Δx = 2n (λ / 2) = n λ              Interferenza Costruttiva

Δx = (2n + 1) (λ / 2)              Interferenza Distruttiva




















  • Intensità sonora: l'intensità sonora è definita come la Potenza media per unità di area con la quale l'energia è trasmessa all'onda, in simboli:

I = Pot / A      (Unità di misura: W/m2)


In alcuni casi si può considerare che alcune sorgenti emettano il suono isotropicamente, ovvero in maniera uguale in ogni direzione, se ciò accade, la superficie di diffusione del suono è da considerarsi quella di una sfera di centro la sorgente, quindi si può scrivere la seguente relazione, che lega intensità sonora alla distanza dalla sorgente:


I = Pot / 4πr2


Si nota che, come si fa esperienza ogni giorno, che l'intensità sonora diminuisce all'aumentare della distanza dalla sorgente sonora. L'intensità sonora, inoltre, dipende dall'ampiezza dell'onda in forma quadratica. L'ampiezza del suono più alto tollerabile dell'orecchio umano corrisponde ad un valore di 10-5 m, mentre quella del suono più basso ad un valore di 10-11 m. Dunque la gamma di ampiezza, effettuando il rapporto tra massimo e minimo udibile, dell'orecchio umano è di 106, quindi la gamma delle intensità, variando con il quadrato dell'ampiezza, porta ad un valore di 1012, il che significa che l'orecchio umano è adattabile ad un'enorme gamma di intensità sonore. Per semplificare la trattazione di una così vasta gamma di valori si ricorrono ai logaritmi, introducendo il concetto di livello sonoro. Dato I0 = 10-12 W / m2, come limite minimo dell'udibilità umana, l'intensità sonora è definita come:


β = Log ( I / I0 ) (Unità di misura: Bel)


β' = 10 Log ( I / I0 )  (decibel)


In questo modo, de I = I0, il rapporto vale 1 e il logaritmo di 1 è 0 bel, limite minimo dell'udito. Nella tabella seguente si trovano alcuni valori principali di intensità sonora.


Sorgente

Livello sonoro (dB)



Soglia dell'udito (udito sano)


Stormir di foglie, respiro umano a 3 m


Sussurri a 5 m


Quartiere abitato di notte


Ambiente domestico, teatro a 10 m


Conversazione, ufficio rumoroso, radio


Traffico intenso a 5 m, radio ad alto volume


Aspirapolvere a 1 m


Camion pesante a 1 m


Martello pneumatico a 2 m


Motosega a 1 m


Concerto Rock o Heavy Metal


Soglia del dolore


Colpo di fucile a 1 m


Motore di un jet a 30 m


Motore di un missile a 30 m


All'interno di un tornado


Krakatoa





Effetto doppler: Quando una sorgente sonora si avvicina o si allontana da un ricevente, emettendo un suono, oppure quando un ricevente si avvicina o allontana da una sorgente emittente un suono, oppure entrambe le cose, si ha che la frequenza emessa dalla sorgente è diversa da quella che giunge al ricevente, secondo la formula:


υ = υ0 ( ( c ± vR ) / ( c + vS) )


Dove υ indica la frequenza percepita dal ricevente, υ0 la frequenza emessa dalla sorgente, c la velocità del suono, uguale a circa 343 m/s, vR la velocità del ricevente e vS la velocità della sorgente. Nei casi di avvicinamento del ricevente e avvicinamento della sorgente si utilizzano i segni + a numeratore e - a denominatore, viceversa se entrambi si allontanano. Si nota che all'avvicinarsi della sorgente o del ricevente la frequenza aumenti, mentre all'allontanarsi di uno dei due la frequenza diminuisca. L'effetto Doppler non si applica solo alle onde sonore ma anche le onde elettromagnetiche, le onde radio e la luce visibile, ma l'effetto applicato alle onde sonore è quello di cui si fa maggior esperienza nella vita quotidiana, basti pensare alle sirene di un'ambulanza nel traffico cittadino.



Onde stazionarie


Un'onda stazionaria è un'onda avente dei punti fermi di oscillazione detti nodi, dove il mezzo propagatorio dell'onda è permanentemente a riposo, che nel tempo mantiene sempre la medesima posizione. Un'onda stazionaria può essere generata dall'interferenza di due onde sinusoidali di medesima ampiezza e lunghezza d'onda che si muovono in versi opposti lungo una corda o lungo un mezzo come l'aria. Prendiamo per chiarezza due onde sinusoidali uguali in tutto fuorché per il verso di propagazione, siano esse:


y1 (x, t) = A sin ( kx - t )                           y2 (x, t) = A sin ( kx + t )


L'onda risultante viene così ad essere:


y (x, t) = y1 (x, t) + y2 (x, t)              = A sin ( kx - t ) + A sin ( kx + t )


Utilizzando le formule di prostaferesi secondo le quali


sin p + sin q = 2 (sin ((p + q)/2) cos ((p - q)/2))


Si ottiene l'equazione seguente, che descrive un'onda stazionaria:


y (x, t) = ( 2A sin (kx)) cos (ωt)

La quantità 2A sin (kx) può essere considerata come il valore dell'ampiezza dell'onda nella posizione x, si nota come nell'onda stazionaria, a differenza delle onde sinusoidali in moto, l'ampiezza vari a seconda della posizione, infatti l'onda stazionaria rimane ferma (detta appunto stazionaria), e dunque ad ogni posizione corrisponde un'ampiezza differente. Prendendo come modello un'onda stazionaria formata da una corda, può essere che essa sia fissa ad entrambi gli estremi, solo ad uno o a nessun estremo. La situazione di una corda non fissa ad un estremo può essere esemplificata da una corda fissata ad un'asta tramite un anello che possa scorrere senza attrito su e giù per l'asta. Nel caso di una corda a due estremi fissi, l'onda stazionaria può essere creata dando un impulso ad una delle estremità, che giunge all'altro estremo fisso (che perciò deve essere un nodo) che dunque, per la terza legge di Newton, esercita una forza uguale e contraria sulla corda formando un altro impulso di verso e segno opposto a quello di partenza che, come è stato visto in precedenza, forma un'onda stazionaria. Se un estremo è invece libero, l'impulso viene respinto senza cambio di segno, così da formare un'onda stazionaria differente dalla precedente, in quanto le ampiezze si sommano e non vi è un nodo nell'estremo mobile. Per una corda a due estremi mobili valgono le medesime considerazioni fatte per la corda ad estremi fissi. Affinché si crei un'onda stazionaria su di una corda ad estremi fissi è necessario che ai due capi della fune vi siano dei nodi, dunque, facendo riferimento alla figura sopra illustrata, L = λ / 2 , dove L è la lunghezza della fune e λ la lunghezza d'onda dell'onda. Per ottenere altri tipi di onde stazionarie è necessario creare altri nodi all'interno della fune, dunque per avere un nodo a metà della fune si avrà che L = λ , per formare due nodi rispettivamente ad 1 / 3 e a 2 / 3 della fune sarà necessario che L = (3 / 2) λ . Sintetizzando queste considerazioni si trova che per ottenere un'onda stazionaria su una corda ad estremi fissi


L = n ( λ / 2 )             dunque      λ = 2L / n


Dove n è un numero appartenente all'insieme dei numeri naturali privato dello zero. La frequenza corrispondente a onde stazionarie su di una fune ad estremi fissi, dunque, dato che  v = υ λ , quindi υ = v / λ , si ha che


υ = ( v / 2L ) n


Le frequenze che si possono ricavare dalla formula sovrastante sono dette frequenze di risonanza, in quanto solo a dette frequenze è possibile che si formi un'onda stazionaria sulla fune presa in considerazione. Per n = 1 l'onda formatasi si dice onda fondamentale o prima armonica, per n = 2 seconda armonica e le altre di conseguenza; n viene detto numero armonico. Lo stesso principio si applica ad una colonna d'aria a due estremità aperte.

Per una fune ad un'estremità mobile o una colonna d'aria ad un'estremità libera, esistono invece solamente le armoniche dispari, in quanto all'estremità non fissa ci deve essere sempre una cresta o una gola, e non un nodo, come illustrato nella figura a fianco, e dunque si avranno solamente armoniche dispari secondo la formula:


L = (2n + 1) λ / 4


Il che porta a scrivere la velocità e la frequenza per onde stazionarie ad un estremo libero, rispettivamente


v = (4L / (2n + 1)) υ              e          υ = ((2n + 1) / 4L) v


Gli strumenti musicali a corde, come la chitarra o il violino, e a fiato, come ad esempio il clarinetto o il flauto, si basano tutti principalmente sulle onde stazionarie, e si vedrà più avanti un ulteriore applicazione della teoria di questo tipo di onde nella creazione di armonici naturali od artificiali sulla chitarra. Le differenze tra i vari strumenti sono date innanzitutto dalla lunghezza dello strumento stesso o della parte vibrante dello stesso, in quanto minore è la lunghezza, più alto sarà il suono emesso (maggior frequenza; si veda la figura sottostante), mentre il timbro caratteristico di ogni strumento musicale è dato dalla miscela delle armoniche, in quanto alcuni strumenti fanno risaltare maggiormente alcune armoniche rispetto ad altre. Da aggiungere inoltre è che il suono dell'armonica fondamentale viene detto appunto fondamentale, mentre le armoniche superiori vengono definite ipertoni e contribuiscono appunto alla modificazione del timbro dello strumento. Gli strumenti musicali hanno differenti estensioni, il pianoforte è quello con il maggior numero di note possibili, mentre altri invece sono molto limitati, di seguito sono riportati dei valori di estensione della maggior parte degli strumenti musicali più comuni e la loro frequenza corrispondente.

Studio di uno strumento a corde: la chitarra


La patria natia della chitarra è la Spagna, paese dal quale si diffuse poi in tutta Europa e in seguito in tutto il mondo divenendo uno degli strumenti più conosciuti e suonati in tutto il mondo. Si sostituì velocemente, dal 1700 circa, al Liuto, dalla diteggiatura più complicata e meno intuitiva, grazie alla voce e al timbro più morbidi. Addirittura Stradivari, grande costruttore di violini, costruì alcune chitarre, il cui numero non supera però la dozzina. Il disegno attuale non differisce molto da quello concepito già nel 1500, parlando ovviamente di chitarra classica. Le chitarre si suddividono infatti in tre grandi insiemi: chitarre classiche, chitarre acustiche e chitarre elettriche. Le prime due differiscono soprattutto per le differenze tra le corde, più staccate e in nylon (le prime tre) per la chitarra classica, e più vicine e in acciaio per la chitarra acustica. Quest'ultima inoltre spesso possiede una cassa di risonanza più grande e un manico leggermente più lungo. Della chitarra elettrica si parlerà esaurientemente più avanti. Lo strumento è munito di sei corde, accordate per quarte, a parte la seconda e la terza, che differiscono di una terza maggiore, come illustrato di seguito.


Corda














Nota

Mi2

La2

Re3

Sol3

Si3

Mi4



Esiste anche un tipo di chitarra chiamata chitarra bassa, normalmente con le ultime quattro corde della chitarra normale, ma più spesse ed accordate un'ottava sotto rispetto alla chitarra (frequenza minima 41,2 Hz, Mi1). Esistono anche modelli di chitarre con sette od addirittura otto corde che arrivano rispettivamente al Si1 e al La1 (frequenza minima 55 Hz) ed anche chitarre basse (la maggior parte elettriche) a cinque (aggiunta di un Si0) o addirittura a sei corde (aggiunta di un Si0 e un Do4 più comunemente). Nel caso di chitarre acustiche o classiche, l'aggiunta di una o più corde gravi fa sì che si debba apportare un irrobustimento della cassa per ispessimento. Uno studio fatto su due chitarre di alta qualità e della medesima marca porta a concludere che la chitarra a 8 corde risulta subire una perdita di voce e brillantezza nelle note dell'ottava centrale e nelle prime di quella superiore, diretta conseguenza dell'indebolimento dei modi fondamentali, a bassa frequenza, della tavola armonica. È dunque necessario, al fine di ottenere la migliore sonorità possibile, valutare non solo l'estensione di uno strumento, per la quale la chitarra ad otto corde sarebbe favorita, ma anche il tipo di melodia che si vuole suonare e la tonalità della stessa. Questo problema si pone, anche se in maniera minore, anche nelle chitarre elettriche, in quanto, con l'aggiunta di corde più gravi, è necessario adattare i pickup a sonorità differenti, il che può influire sulla qualità sonora della chitarra nei toni medi. Il problema è però di più facile risoluzione per strumenti elettrici, in quanto è possibile costruire pickup adatti specificatamente a chitarre a sette corde che non facciano perdere sonorità allo strumento nel range precedentemente citato.

Il ponte ha funzione di cordiera ed è fissato direttamente alla tavola armonica, a differenza del violino, le tavole superiore e di fondo (i due piani della cassa di risonanza) non sono distanziate da un'anima, piccolo cilindro di legno usato nel violino per reggere la pressione del ponticello, distanziare le due tavole e sincronizzare la vibrazione di queste ultime; ma una ricca incatenatura interna alle tavole, avente configurazione differente a seconda del tipo di costruttore (si veda immagine a fianco come esempio di un tipo di incatenatura).



La regola del 18


Quali regole si seguono per costruire un manico di chitarra? Si sa che ad ogni tasto deve corrispondere la differenza di un semitono rispetto a quello precedente, il che significa, in base al temperamento equabile, che la frequenza aumenti del fattore R = 21/12 , come è stato visto in precedenza. Considerando costante la velocità del suono sulla corda al variare della frequenza secondo l'equazione   v = (T / μ)1/2 , ed essendo la lunghezza d'onda inversamente proporzionale alla frequenza, il fattore 21/12 si può applicare a denominatore anche alla lunghezza d'onda, dunque ogni avanzamento di tasto deve corrispondere ad un accorciamento pari a R della corda attiva. Osservando la figura sottostante, detta L la lunghezza tra capotasto e ponte, il tasto n - esimo, contato a partire dal capotasto deve essere posizionato ad una distanza Ln = L / Rn , dove Ln è la lunghezza della corda attiva. Detta ΔLn la distanza tra due tasti consecutivi, si ha che il rapporto tra la lunghezza di un tasto e la corda rimanente risulta essere:


Ln / Ln = ((L / Rn) - (L / Rn+1)) / (L / Rn) =


= 1 - (1 / R) = 0,056127



Dato che Ln decresce al crescere di n, ΔLn deve diminuire di conseguenza, perciò i tasti della chitarra man mano che ci si avvicina al ponte diventano sempre più piccoli. In più essendo:




Si introduce la cosiddetta regola del 18, che afferma che ogni tasto deve stare ad 1 / 18 della corda libera lasciata dal tasto che lo precede. L'approssimazione a 18 porta un errore di restringimento dell'ottava di 12 cent, al limite della percepibilità da parte dell'orecchio umano. Un problema che può sorgere, soprattutto per chitarre con corde in metallo (elettriche e acustiche) è la possibile variazione di tensione della corda causata dal suo schiacciamento contro il tasto, che quindi porta ad un suono leggermente più alto del normale e dunque sgradevole. Questo inconveniente può essere compensato aumentando di poco la lunghezza delle corde libere rispetto al valore L utilizzato per graduare il manico, l'allungamento deve essere però differenziato, in quanto sono le corde basse e quindi più spesse a subire più marcatamente questo inconveniente.


La chitarra elettrica


La necessità di suonare strumenti per sempre più numerosi spettatori ha portato a considerare la necessità di amplificare gli strumenti musicali, non solo per aumentare il volume del suono emesso, ma anche, in alcuni casi, per trasformarlo aggiungendo effetti di vario tipo. Vari modi sono utilizzati per amplificare strumenti, il più semplice consiste nel posizionare un microfono nelle vicinanze del luogo di fuoriuscita principale del suono oppure all'interno dello strumento stesso. Un altro modo per amplificare uno strumento è l'utilizzo di un pickup, ovvero strumenti capaci di tradurre una vibrazione meccanica, e non acustica, in un segnale elettrico da inviare all'amplificatore, essi possono essere posti ad esempio nella chitarra acustica elettrificata presso il ponte, o nel caso di strumenti a fiato vicino all'imboccatura. I pickup possono però anche essere posti in prossimità delle parti vibranti dello strumento, come ad esempio la corda. In questo caso si ha un vero e proprio strumento elettrificato, incapace di suonare senza l'ausilio di un apparato elettronico. La chitarra elettrica si basa esattamente su questo ultimo mezzo di amplificazione, e anche se senza amplificatore è possibile suonarla come una chitarra acustica, le differenze di suono tra una chitarra elettrica e un'altra si avvertono solamente quando collegate ad un amplificatore. Il primo inventore di una chitarra nella quale il segnale era catturato da pickup fu Adolph Rickenbacker, nel 1931. Di seguito dal 1935 la nota marca Gibson iniziò a sperimentare simili prototipi, seguita nel 1946 da Paul Bigsby e Merle Travis e nel 1948 da Leo Fender, che introdussero elementi importantissimi come, ad esempio, il corpo senza alcuna cassa di risonanza (solid body), con forma adattata così da garantire il comodo raggiungimento del ventesimo tasto. In seguito, nel 1953, la Fender creò la famosissima Stratocaster, che diverrà nel corso del tempo un'icona della chitarra elettrica, grazie alla sua forma innovativa, l'introduzione del ponte mobile e dei controlli di volume e di tono; e lo strumento maggiormente utilizzato per generi come il Blues o il Jazz, grazie al suono più cristallino garantito dalla presenza di pickup single coil (vedi in seguito). L'unica sua rivale fu la Gibson Les Paul, creata nel 1952, avente differente forma, più vicina a quella introdotta da Paul Bigsby e Merle Travis, anche se più arrotondata, e sonorità, grazie all'utilizzo di pickup humbucker. Essa venne ed è tuttora maggiormente utilizzata nell'ambito della musica Rock.




I pickup

Con l'utilizzo di pickup, la resa del suono è inevitabilmente inferiore a quella naturale, in quanto si perdono molte sfumature, grazie a essi è però invece possibile manipolare il suono mentre passa dallo strumento all'amplificatore con l'ausilio di specifici pedali ed effetti (vedi in seguito). I pickup delle chitarre elettriche sono composti da piccoli cilindri di materiale magnetico posti sotto le corde, uno ciascuno, avvolti da numerose spire di filo conduttore che collegano lo strumento all'amplificatore. Il campo magnetico del magnete induce un polo nord e un polo sud magnetici sulla corda, che deve essere metallica. Questa corda ha dunque un campo magnetico proprio, ed oscillando cambia il flusso del campo magnetico sulle bobine, creando dunque una fem indotta secondo la legge di Faraday - Neumann - Lenz, secondo la quale:


femi = - dΦ(B) / dt


ovvero l'opposto (in quanto il flusso del campo magnetico, secondo Lenz, si oppone alla causa, quindi dato che la corda vibra alternativamente in alto e in basso, la fem indotta cambierà continuamente segno) della derivata del flusso del campo magnetico rispetto al tempo. Quando la corda oscilla avvicinandosi ed allontanandosi dalla spira, la corrente indotta cambia verso con la stessa frequenza delle oscillazioni della corda, inviando così il segnale di frequenza dell'oscillazione all'amplificatore. I pickup si suddividono principalmente in single coil ed humbucker: nei primi i nuclei magnetici sono avvolti in un'unica bobina di filo di rame, essi producono un suono cristallino e limpido, ma sono molto sensibili ad ogni fonte elettromagnetica, in quanto è sufficiente l'interferenza di una lampadina per creare del rumore di sottofondo. Gli humbucker sono stati concepiti in alternativa ai single coil ovviando al problema del rumore unendo due pickup single coil in versi opposti e cancellando così, dato che hanno polarità elettrica opposta (sono dunque in controfase), il rumore. Grazie all'utilizzo di due pickup in uno il suono prodotto dagli humbucker ha potenza doppia, ma perde o riduce alcune armoniche a frequenze più alte in quanto le spire di filo conduttore sono in posizioni leggermente differenti lungo le corde. Alcune leve selettrici di pickup sono in grado di selezionare solamente uno dei due single coil che compongono l'humbucker, creando un suono simile a quello di un single coil. il pickup humbucker ha dunque un suono più corposo e scuro, garantendo un maggiore livello di distorsione (si veda in seguito). La maggior parte di gruppi Heavy Metal utilizza infatti chitarre dotate di almeno un humbucker per ottenere dosi massicce di distorsione. I pickup, essendo disposti a diversa distanza dal ponte, raccolgono, ciascuno, una terna di segnali di differente ampiezza: ad esempio, considerando le differenti armoniche derivanti dalla vibrazione della corda secondo il modello dell'onda stazionaria, si nota che il pickup più vicino al manico è più sensibile alla prima armonica, ancor più alla seconda, meno alle seguenti, il pickup più vicino al ponte, di conseguenza, è poco sensibile alle prime due armoniche, mentre lo è maggiormente nei confronti delle altre. Di conseguenza risulta che il timbro dello strumento risulta differente se si attivano differenti pickup. Ciò risulterà fondamentale anche nella produzione di armonici (si veda in seguito). Il chitarrista avrà dunque la possibilità di miscelare i suoni a suo piacimento tramite l'apposita levetta settrice dei pickup.


Onde stazionarie e armonici


Le corde della chitarra, di qualsiasi tipo ovviamente, non sono altro che corde fissate a due estremi fissi, e sono quindi assimilabili ad onde stazionarie. È importante non confondere la pressione di un tasto sul manico della chitarra con la creazione di un nodo sulla corda. Infatti se si preme un qualsiasi tasto si va solamente ad accorciare la lunghezza della corda e di conseguenza la lunghezza d'onda dell'onda stazionaria su di essa. In aggiunta a ciò, in realtà la corda quando vibra non vibra solamente secondo la prima armonica, ma secondo una miscela di esse, che come visto in precedenza, caratteristica il timbro dello strumento. Un'applicazione dei principi delle onde stazionarie consiste nella creazione di armonici sul manico della chitarra. Si distinguono vari tipi di armonici, si analizzeranno di seguito gli armonici naturali, gli armonici artificiali e gli armonici "tapped".

La creazione di armonici naturali consiste nel posizionare il dito delicatamente sopra la corda senza premerla contro il manico in posizioni notevoli della stessa, ovvero nei sottomultipli interi della sua lunghezza (vedi figura a pagina seguente): in questo modo il dito va a creare un nodo nella corda e le armoniche che si creeranno saranno differenti dall'onda di partenza, in quanto se ne eliminano alcune. Per fare alcuni esempi, se il dito viene posizionato esattamente a metà della corda, punto evidenziato dal capotasto del dodicesimo tasto, si crea un nodo a metà della corda (seconda armonica) il che è evidenziato anche dal fatto che, a differenza di quando si preme un tasto, la corda emette un suono anche se plettrata dalla parte opposta rispetto al normale. In questo modo vengono eliminate le armoniche dispari (vedi figura a lato) e soprattutto quella fondamentale, mentre vengono esaltati differenti ipertoni, e dunque si ha una variazione di suono, che risulta essere di un'ottava superiore rispetto al suono emesso dalla corda vuota e caratterizzato da una timbrica differente rispetto a quella che si avrebbe pigiando il tasto corrispondente all'aumento di un'ottava del suono considerato. La nota aumenta precisamente di un'ottava perché, essendo


v = λ υ


A velocità costante risulta che lunghezza d'onda e frequenza sono inversamente proporzionali, e dato che, se si aggiunge un altro nodo all'onda stazionaria, la nuova lunghezza d'onda λ1 risulta essere la metà di quella originale, si ha dunque:


λ υ = λ1 υ1 ma       λ1 = λ / 2 dunque


λ υ = (λ / 2) υ1


Semplificando λ e riarrangiando l'equazione risulta essere:




Come è stato visto nei paragrafi precedenti, il rapporto 2 tra frequenze corrisponde ad un intervallo di un'ottava. Esiste la possibilità di creare altri armonici naturali, posizionando il dito a 2 / 3 della lunghezza della corda (settimo o diciannovesimo tasto), ad 1 / 4 (quinto o ventiquattresimo tasto) o anche a 1 / 5 (quarto tasto), più però ci si avvicina al manico o al ponte (non vi è differenza se da una parte o dall'altra), più risulta difficile trovare il punto esatto per la creazione dell'armonico e dunque solitamente si utilizzano solamente gli armonici sopra elencati, che portano rispettivamente alla creazione di note di un'ottava e una quinta superiore (rapporto uguale a  3 / 2 . 2 = 3), di due ottave (rapporto frequenze uguale a 4) o di due ottave e una terza maggiore superiori all'originale (rapporto uguale a 5 / 4 . 4 = 5). Questi suoni vengono maggiormente enfatizzati dalla chitarra elettrica in quanto l'aggiunta di speciali effetti come la distorsione può introdurre nuove armoniche e facilitare la produzione di armonici naturali, ma soprattutto artificiali e tapped. Basti pensare che nella chitarra classica risulta difficoltoso produrre, ma anche udire, un armonico naturale al quinto tasto. Come visto in precedenza, i pickup sono sensibili a differenti tipi di armoniche, il che significa che, dato che il pickup vicino al manico è più sensibile alla prima e alla seconda armonica, esso enfatizzerà la produzione di armonici al dodicesimo tasto, mentre il pickup al ponte evidenzierà e faciliterà la produzione degli altri armonici.

Gli armonici artificiali, invece, si basano su un meccanismo differente. Il nodo viene creato sfiorando la corda con il polpastrello del pollice della mano destra subito dopo che la corda viene plettrata, se ciò avviene su uno specifico nodo, si silenzieranno la fondamentale e tutti gli iperoni che non hanno un nodo in quella posizione. Questa tecnica è più difficoltosa rispetto alla precedente in quanto richiede una certa dose di abilità nell'esecuzione del movimento e nell'essere in grado di plettrare la corda in corrispondenza di un possibile nodo, ed inoltre può essere utilizzata solamente con l'ausilio di overdrive o distorsione, che aggiungono altre armoniche al suono e ne amplificano l'effetto. Questa tecnica è però più versatile della precedente in quanto è applicabile meno alle corde vuote, ma in pratica ad ogni nota sul manico della chitarra. Per le note più basse è spesso necessario plettrare la corda leggermente più verso il manico rispetto al normale, in quanto la corda è più lunga e i suoi sottomultipli sono di conseguenza più grandi. Solitamente l'armonica che si coglie è o la terza o la quarta per note basse o medie, mentre per note alte maggiormente la seconda e la terza, in quanto la lunghezza della corda attiva diminuisce sempre più. Aggiungendo a questi armonici un buon effetto vibrato, si creano suoni ancora più particolari, utilizzati da numerosi chitarristi rock e heavy metal, primo tra tutti Zakk Wylde.

Infine, gli armonici tapped vengono chiamati così in riferimento alla tecnica del tapping: essa consiste nell'utilizzare la tecnica del legato con la mano sinistra, ovvero la produzione di note senza l'ausilio del plettro, mentre con la mano destra si vanno a premere di tasti sul manico, creando un effetto molto suggestivo e particolare, di cui primo sperimentatore fu Eddie Van Halen. Gli armonici tapped consistono nel suonare una nota con il plettro e di seguito andare a posizionare il dito predisposto al tapping della mano destra (indice o medio), esattamente a metà della corda attiva, ovvero dodici tasti sopra la nota originale, senza però andare a schiacciare la corda sopra il tasto, ma sfiorandola leggermente sopra la parte metallica del tasto in modo da formate un nodo un quel punto. In teoria è possibile creare anche armonici posizionando il dito su altre posizioni che siano divisori interi della lunghezza della corda attiva, ma essendo questa tecnica ancor più difficile della precedente, in quanto è necessaria una grande abilità nel trovare il punto nodale esatto, soprattutto nelle note più alte, e nello sfiorare in maniera corretta la corda, è molto difficoltoso creare altri tipi di armonici tapped, anche se i chitarristi più esperti sono in grado di farlo.















Uso di effetti sulla chitarra elettrica


Come accennato in precedenza, il fatto che il segnale sonoro debba passare dai pickup ad un amplificatore permette che esso venga modificato durante il tragitto, grazie all'utilizzo di appositi pedali, testate o preamplificatori in grado di modificare le onde sonore per ottenere determinati effetti che permettono ad un semplice strumento come la chitarra di acquisire una gamma di suoni molto vasta. I principali effetti che si andranno ad analizzare saranno l'overdrive, la distorsione, il riverbero, il delay o eco, il chorus e lo wha wha.


Overdrive


L'overdrive è il più semplice effetto applicabile ad una chitarra elettrica, in quanto non necessita di uno specifico pedale per essere prodotto. Esso si crea portando il volume del segnale in entrata ad un valore alto rispetto alla potenza dell'amplificatore: in questo modo esso, costruito per lavorare a bassi segnali, va in saturazione creando dunque un suono sovraccaricato e distorto. Dell'overdrive si può fare facilmente esperienza collegando un lettore cd a delle casse per pc ad esempio, ed alzando al massimo il volume di entrambi gli oggetti. In questo caso si dice che le casse "grattano", proprio per l'effetto di saturazione del segnale. Negli amplificatori per chitarra questo effetto è meno sgradevole, anzi piacevole, il che portò l'overdrive ad essere uno degli effetti più utilizzati per la chitarra elettrica, anche se poi per comodità fu anche esso riprodotto con pedali appositi. L'effetto in questione in sostanza dunque prevede una riduzione dell'ampiezza dell'onda entrante in maniera non lineare, mantenendo il picco all'interno del range; l'onda mantiene però più o meno la sua forma originaria (soft clippng), quindi le sonorità dell'overdrive saranno comunque calde e corpose. Da notare che l'overdrive è l'unico effetto analogico, riproducibile anche senza pedali o ausili di altro tipo esterni.


Distorsione


La distorsione è un'esasperazione del concetto di overdrive. In questo caso le onde non solo vengono diminuite in ampiezza, ma vengono poi "tagliate" alle estremità (hard clipping), trasformando le onde sinusoidali in onde molto simili ad onde quadre, e dunque introducendo molte più armoniche rispetto al suono originale in quanto per ottenere onde quadre è necessario operare numerose combinazioni lineari di onde sinusoidali (vedi teorema di Fourier). Il segnale distorto avrà dunque una timbrica più tagliente ed aggressiva dell'overdrive, e la presenza di un maggior numero di armoniche rende possibile la più facile creazione di armonici naturali, artificiali o tapped. La grande aggiunta di armoniche data dalla distorsione, però, rende quasi impossibile l'uso di accordi pieni, in quanto si crea un suono completamente sporco e poco piacevole. Per ovviare a ciò, nella chitarra elettrica distorta si utilizzano prevalentemente i cosiddetti power chords, ovvero accordi formati dalla nota principale, la nota superiore di una quinta e la nota di un'ottava superiore, ovvero con i due intervalli con maggiore affinità secondo le scale viste in precedenza. La distorsione porta anche una lunga persistenza del suono, spesso poco gradevole, che viene risolta con la tecnica del palm muting, che consiste nel posizionare il palmo della mano che plettra la corda all'inizio delle corde sul ponte, stoppandole leggermente; grazie a questa tecnica si hanno suoni molto più definiti e potenti.


Riverbero e Delay o Eco


Il riverbero è il classico effetto che si ode quando si entra in uno spazio molto grande e ogni suono viene amplificato e seguito da altri suoni simili, il che è causato dalla riflessione dei suoni dagli ostacoli presenti nell'ambiente. Considerato che l'orecchio umano percepisce due suoni distinti solo se intervallati da 1 / 10 di secondo e che la velocità del suono a condizioni standard è pari a 340 m/s, se l'ostacolo è a meno di 17 m dalla sorgente, il che  significa che il suono compie un tragitto di andata e ritorno pari a 34 m, si parla di riverbero, in quanto il tempo è minore di 0,1 s, mentre se l'ostacolo è più lontano di 17 m si parlerà di eco o Delay, ovvero due suoni distinti. Il tipo di riverbero non dipende solo però dalla distanza dell'ostacolo ma anche dal materiale dell'ostacolo, infatti vari materiali hanno differenti coefficienti di assorbimento sonoro, il che porta ad avere diversi tipi di riverberanza a seconda dell'ambiente. Ciò portò il fisico Wallace Clement Sabine, nel 1898, a proporre la formula del tempo di decadimento del riverbero oltre la soglia dell'udibilità. Detto V il volume dell'ambiente in m3, c la costante matematica pari a 0,161 , S la superficie totale della stanza in m2, e a il coefficiente medio di assorbimento delle superfici della stanza, si ha che il tempo di decadimento del riverbero T è uguale a


T = cV / aS


aS prende il nome di assorbimento totale e viene espresso in unità di misura chiamate sabine, in onore al teorizzatore della legge sopra enunciata.

Il riverbero viene utilizzato nella musica per simulare l'esecuzione in ambienti ampi o per garantire maggiore profondità ad un suono. Per la chitarra elettrica spesso il riverbero è un effetto inserito nell'amplificatore e viene creato da molle, ma esistono anche specifici pedali per creare un riverbero digitale. Il riverbero a molle si basa sul fatto che il segnale sonoro viene trasformato in impulso meccanico, fatto passare attraverso spirali metalliche (molle appunto) di una certa lunghezza e poi ritrasformato in segnale acustico, cosicché il suono che attraversa le molle risulta essere in leggero ritardo rispetto all'originale, e miscelato ad esso crea l'effetto di riverbero. Il tempo di ritardo è però stabilito già a priori dalla lunghezza della molla, quindi esso non è modificabile e con questo modo non è possibile creare l'effetto dell'eco o Delay. Nel riverbero digitale, invece, il suono viene digitalizzato e catturato all'interno di memorie RAM, dalle quali poi viene riconvertito in segnale analogico ed emesso con il ritardo desiderato, producendo anche l'effetto di eco. Il problema più grande del riverbero digitale è il fatto che spesso il suono nel passaggio da analogico a digitale e viceversa perde alcune qualità originali; per ovviare a questo inconveniente è stato inventato un riverbero basato su una catena di numerosissimi condensatori, che raccolgono il segnale analogico come cariche sulle armature, passandolo da un condensatore all'altro fino alla fine della catena in un certo tempo, che sarà quello del ritardo desiderato. Spesso i musicisti utilizzano l'effetto del Delay digitale per creare suoni particolari, e grazie ai controlli semplici utilizzati permette di scegliere il tempo di ritardo, affinché ad esempio possa essere a tempo con il ritmo del pezzo musicale, il numero massimo di echi e il volume di questi ultimi.


Chorus


Come ricorda la parola, il chorus ricrea nello strumento una sorta di coro di varie voci, leggermente differenti tra loro. Per ottenere ciò si mischia il segnale originale con altri più ritardati, come spiegato in precedenza, e anche con frequenze leggermente differenti, secondo l'effetto Doppler, in modo da creare piccole dissonanze come in un coro di voci umane. Ciò crea un una miscela di suoni dalla grande coloritura timbrica e vene utilizzato spesso sulla chitarra elettrica  pulita per ottenere suoni molto eterei, sognanti, o per rendere il suono più cristallino.



Wha Wha


Lo Wha Wha è un effetto molto particolare che viene utilizzato dalla maggior parte dei chitarristi dei più svariati generi musicali,  dal Blues all'Heavy Metal, dal Reggae al Pop. Esso si basa sull'eliminazione e sul graduale reinserimento delle frequenze alte, attuato tramite uno speciale potenziometro a pedale, che permette, tramite la pressione più o meno accentuata dello stesso, di regolare la quantità di frequenze alte da rimuovere od aggiungere. L'effetto può essere inserito o eliminato tramite uno speciale pulsante e regolato tramite l'apposito pedale. Il suono dell'effetto ricorda vagamente quello di un bambino che piange o di un miagolio, e perciò la marca Dunlop, maggior produttrice di pedali Wha Wha, nominò il suo prodotto Cry Baby. Esistono anche pedali Wha Wha digitali, che applicano un effetto specifico ad ogni suono, senza possibilità di scegliere il tipo di suono tramite il pedale d'espressione, e anche l'Auto Wha, un pedale che modifica il tono automaticamente, in relazione al volume della nota suonata.









Altre applicazioni fisiche nella chitarra e conclusioni

Basandosi sul fatto che la velocità dell'onda dipende dalla frequenza in fora diretta e la velocità dell'onda su una fune dalla tensione di quest'ultima in forma quadratica diretta, si può affermare che variando la tensione della corda si possa produrre un suono con frequenza più alta, e quindi più alto: questo è il principio fondamentale del bending e del vibrato. Il primo consiste nel tirare la corda perpendicolarmente ad essa per ottenere note più alte, tecnica molto utilizzata nella chitarra, al fine di ottenere sfumature differenti. Più o meno lo steso principio si applica nell'effetto del vibrato, che consiste infatti nel far vibrare leggermente il dito contro il tasto quando si esegue una nota, creando un'alterazione periodica del timbro e della frequenza,  al fine di aggiungere al suono musicale una maggior gradevolezza, dolcezza e ricchezza tonale. Può essere utilizzato inoltre per mascherare errori di intonazione o instabilità del livello sonoro, oppure anche per prolungare il suono prodotto, in quanto si aiuta la corda a vibrare per più tempo. Alcune chitarre sono dotate del ponte tremolo, mobile e dotato di leva: esso non va confuso con l'omonimo effetto, che modula le ampiezze dell'onda, ma corrisponde anch'esso ad un modo per effettuare bending e vibrati, aggiungendo la comodità di poter anche diminuire la tensione della corda abbassando dunque la frequenza ed ottenere effetti molto suggestivi, ancor di più se accompagnati da armonici.


È incredibile notare come in qualsiasi implicazione musicale, dalla creazione dei semplici rapporti tra le note alla vera e propria produzione di suoni, abbia un ruolo fondamentale la fisica e lo studio non solo delle onde sonore, ma anche dei circuiti, dell'elettromagnetismo ed altro. Il semplice fatto che in quasi qualunque azione che l'Uomo svolge siano implicati dei fenomeni fisici, senza che ne sia consapevole, e che la maggior parte dei fenomeni del mondo siano governati da leggi matematiche sottolinea la natura completamente razionale dell'uomo e dell'ambiente che lo circonda. Quando qualcuno suona uno strumento, dunque, non fa solo musica, ma anche fisica.

















The Rime of the Ancient Mariner




Introduction


The famous English heavy metal band Iron Maiden, in its fifth album named Powerslave, released in 1984, performed a song called The Rime of the Ancient Mariner, which gives musical shape to the homonymous ballad written in 1798 by Samuel Taylor Coleridge. So many other bands, especially in the heavy metal landscape, did the same job reinterpreting literary masterpieces in music. Various examples can be given: the American thrash metal band Metallica with For whom the bell tolls (Ernest Hemingway), the progressive metal band Symphony X with Paradise Lost (John Milton), again Iron Maiden and also the epic metal band Nightwish with The Phantom of the Opera (Gaston Leroux) and finally again Iron Maiden with Brave new World (Aldous Huxley). These are the most famous songs that have a direct reference to literature, maybe there are so many others, as far as literature and music are exceedingly wide fields. I chose to analyze Coleridge's ballad because among the ones quoted before it seemed to me the most particular and interesting.



Samuel Taylor Coleridge (1772 - 1834)


The artist was born on the 21st October 1772 in Devonshire; at the age of ten he attended the Hospital School in London as a consequence of his father's death, and then went to Cambridge, where he unfortunately never graduated. He lived during the period of the French Revolution, and his relationship with the poet Robert Southey made him enthusiastically sympathise with the Republican ideals. After the disillusionment caused by the failure of the Revolution, he and Southey planned to establish a utopian society in Pennsylvania, under the name of Pantisocracy, where every economic activity was done in common, private ownership was cancelled, in order to provide peace and freedom and create the best possible environment for everyone. As can be imagined, this dream never became reality, and soon the poets abandoned this idea. As he suffered of chronic rheumatism, doctors prescribed him opium to ease his bodily pains, but this brought Coleridge to a complete addiction to that drug. In 1797 he met the poet William Wordsworth, with whom started a very close relationship, that brought to the creation of the collection of poems Lyrical Ballads, which with its second edition in 1798, in which a preface was added, became the manifesto of English Romanticism. In this collection was included The Rime of the Ancient Mariner, that is considered Coleridge's masterpiece. Because of his abuse of opium, many of his writings remained uncompleted, as the poem Christabel, set in the Middle ages and about a girl under a witch's spell, and the fragment Kubla Khan, a dream - like poem supposedly written under the influence of drug. In 1799 he reached Wordsworth and his sister in the Lake District, and then he had a furious argument with his friend and moved to Malta, hoping to enhance his physical conditions in a warmer weather. He then came back to London, where he began a career lecturing in literary concerns and in journalism, and produced his first prose work Biographia Literaria in 1817, a classic test of literary criticism and autobiography where he also explained the poet's task, that in his opinion, contrasting with Wordsworth, consists into writing about extraordinary events in a credible way. He died on the 25th July 1834. According to Coleridge, imagination has a basic role for the literary production: he distinguished between primary imagination and secondary imagination. The former is the individual power to produce images and to give order and shape to chaos and material perception. The latter consist instead in the power to build new worlds and use the primary imagination to give a sense of reality to these unreal worlds. The view of nature Coleridge had was different from William Wordsworth's one: he didn't view nature as a source of consolation and happiness or a moral guide; moreover, he didn't identify nature with the divine because of his strong Christian faith. His vision of the nature is a sort of Neo Platonic reinterpretation: nature is just a reflection of a perfect world of "ideas" that belongs to God: this feature brings to the fact that there must be a huge respect for Nature, as something that belongs to God and that God created. This theme will form the basic structure of The Rime of the Ancient Mariner and the key concept to understand the whole poem.



The Rime of the Ancient Mariner: the plot


The ballad is divided into seven parts and contains two narratives: one consists into a sort of stage directions written on the right side of the page, that help the reader focus the attention on the setting and introduce the characters, the other is the poem itself, told by the point of view of the mariner.


Part 1 During a wedding, an old man stops one of three wedding guests, and starts to tell his story: at the beginning the wedding guest doesn't want to hear the tale, but the bright eyes of the mariner mesmerize him, and he's forced to listen the sailor's story. He talks about his wanderings in the sea with his ship and his crew. They are driven to the South Pole by a terrible storm and there they are trapped by the ice, then they behold an Albatross, which is "received with great joy and hospitality". The bird brings good luck to the ship, as he makes the ice break under the keel, and follows the ship as it returns northward through the ice and mist. Then the mariner inexplicably kills the Albatross with his crossbow.


Part 2: As the mariner kills the bird, his shipmates cry against what he's done, as they thought it was a bird of good omen. But then the fog clears, the crew justify him, and they make themselves accomplices of the crime. The ship then goes on northward until it reaches the line: there the sea is completely calm and "the Albatross begins to be avenged". The crew is insanely thirsty: they feel the presence of a ghost that is the personification of revenge: the Spirit of the South Pole, who followed the ship seeking for vengeance. In order to punish the mariner, the crew decides to hang the dead bird on his neck.


Part 3             The sailors are paralyzed by the thirst for a few days, but then, looking westward the mariner beholds a shape in the sky, that seems a ship. He tries to cry out to make the boat aware of their presence, but his mouth is so dry that he cannot speak ("With throats unslaked, with black lips baked, we could not laugh nor wail"). He decides so, in order to get his lips wet, to bite his arm and suck the blood. The initial relief of the crew turns immediately in terror as they realize the ship moves with neither wind nor tide: it is indeed a skeleton ship, where lie two wraiths: Death and Life-in-Death. These two play dice in order to decide the crew's destiny: the former wins all the crew, while the latter the old mariner. One by one his shipmates fall under Death's power, while he remains alive, feeling his sailors' souls floating next to him.


Part 4             The wedding guest starts to fear the ancient mariner, as he thinks he's a ghost, but the old man assures him he's a living man and keeps on telling his story. He's forced to stay seven days among the corpses of his fellow mates, in a state of great frustration as he's not allowed to die. Moreover, he cannot forget his act has caused the death of all his crew: he tries to close his eyes, but the curse lives on inside the dead bodies' eyes. He then watches in the rotten sea and despites its creatures, but then something changes. He begins to feel the beauty of the shining moon, of the crystalline sky and of the calm sea. Seeing the beautiful water snakes swimming and twirling in the sea a "spring of love gushed from his heart" and he blesses them. As a sign of respect for Nature, the curse starts to break and the Albatross falls from his neck, sinking like lead into the sea.



Part 5             The sleeping mariner is rewarded for his love for Nature with cold rain, that pleasantly refreshes him after a long time he hadn't drunk. The ship then inexplicably begins to move, as there is not wind, and some corpses of his shipmates rise and silently help him control the boat: "The body of my brother's son / stood by me, knee to knee: / the body and I pulled at one rope, / but he said nought to me". The ship is moved by the Spirit of the South Pole till it reaches the line, meanwhile the sailors' spirits reunite next to the mast and produce each one a divine sound which creates a fabulous and heavenly symphony. But the Spirit of the South Pole still seeks revenge, and so leads the ship again southward, the mariner faints and when he awakes hears two supernatural voices that discuss about his destiny: "The man hath penance done, / and penance more will do".


Part 6              The Angelic forces make the mariner's ship sail without wind faster than anything, he is made faint and sleep as he couldn't stand such a speed, in this part the tale is told employing the Two Voices' point of view as the mariner has lost his senses. But when he wakes up he still cannot bear the sight of his mates' deadly eyes, then at last the curse expiated and he beholds the coast of his native country. Finally the angelic spirits of his crew lift up from the dead bodies and reveal their heavenly forms of light; the ship is spotted by the Pilot, his boy and the Hermit of the Wood, who try to reach it with a little boat. The Mariner is very happy to see the Hermit, as he hopes he can bring him forgiveness, "wash away the Albatross's blood".


Part 7              The Hermit, the Pilot and his boy are really feared by the deadly ship, but the former exhorts the crew to go on. Meanwhile the ship sinks in the ocean in a huge twist of waves. The mariner is saved by the Pilot's boat, but as soon as the old sailor speaks the Pilot falls dead and his boy is driven crazy, because they think he's an evil demon. Reached the coast, the mariner asks the Hermit to shrieve him, and he answeres he wants to hear the sailor's tale, from that moment the Ancient Mariner is bound to tell his story every time his terrible agony returns. He will roam in several lands, reckoning immediately the man that must listen to him, in order to teach everybody we must love and respect Nature and all the things that God created. He flees away from the wedding guest, who is stunned by this incredible story, and has learnt its teaching. "A sadder and wiser man / he rose the morrow morn".














Main Themes and Analysis


In this tale the respect for Nature and for God plays a fundamental role: the whole story is indeed based on the broken equilibrium between Man and Nature caused by the insane killing of the Albatross by the ancient Mariner. His conscience is marked by three active steps: the murder of the Albatross, the biting of his arm and the blessing of the water snakes. These three actions have a deep symbolical meaning. To begin with, the killing of the bird represents a lack of respect and love for the world we live in and for God, who created it. This action cannot remain unpunished, and so all the supernatural forces that control the Nature summon against the ancient Mariner, and then also against all his crew, that makes itself part of the crime justifying the sailor's action. The second active step, the biting of the arm by the ancient Mariner in order to get his lips wet, is the first sign of repentance for his crime, as he sacrifices himself in order to save all his crew, and that is why he is the only one who is given the chance to restore the broken balance between Man and Nature. He does that in the third active step, the blessing of the water snakes, as he reckons that all the things created by God that may seem odd at a superficial glance, are instead really wonderful. This act is a symbol of the Mariner's redemption, and it is strictly linked to the fact that, as he blesses the sea serpents, the Albatross that had been hung on his neck as a symbol of the burden of his sin, immediately falls into the sea. Of course the Mariner cannot be totally forgiven, indeed he will feel guilty over and over again, but this action shows the readers that he has understood his huge mistake. Another facet of great importance is the presence of many supernatural forces in this tale, according to Coleridge's theory based on the fact that poetry should deal with extraordinary events. These identities are given a realistic shape and they represent the different aspects of Nature, from Revenge (the Spirit of the South Pole) to Forgiveness (the Two Voices), from Guidance (the Albatross) to Destiny (Death and Life-in-Death), but this must not lead to a pantheistic view of Nature, which was rejected by the author; it is just a way to represent the reflection of God in the real world, which is just a copy of the perfect world of Ideas as explained before.



The Rime of the Ancient Mariner by Iron Maiden (Lyrics by Steve Harris, Bass)



Lyrics: Hear the rime of the Ancient Mariner
See his eye as he stops one of three
Mesmerises one of the wedding guests
Stay here and listen the nightmares
of the Sea.

And the music plays on, as the bride passes by
Caught by his spell and
the Mariner tells his tale.

Driven south to the land of the snow and ice
To a place where nobody's been
Through the snow fog flies on the albatross
Hailed in God's name,
hoping good luck it brings.

And the ship sails on, back to the North
Through the fog and ice and
the albatross follows on

The mariner kills the bird of good omen
His shipmates cry against what he's done
But when the fog clears, they justify him
And make themselves a part of the crime.

Sailing on and on and North across the sea
Sailing on and on and North 'til all is calm

The albatross begins with its vengeance
A terrible curse a thirst has begun
His shipmates blame bad luck on the Mariner
About his neck, the dead bird is hung.

And the curse goes on and on at sea
And the curse goes on and on for them and me.

'Day after day, day after day,
we stuck nor breath nor motion
As idle as a painted ship upon a painted ocean
Water, water everywhere and
all the boards did shrink
Water, water everywhere nor any drop to drink.'

There, calls the Mariner,
there comes a ship over the line
But how can she sail with no wind
in her sails and no tide.

Seeonward she comes
Onward she nears, out of the sun
Seeshe has no crew
She has no life, wait but there's two.

Death and she Life in Death.
they throw their dice for the crew
She wins the Mariner and he belong to her now.
Thencrew one by one
They drop down dead, two hundred men
SheShe Life in Death.
She lets him live, her chosen one.

[Narrative]
'One after one by the star dogged moon,
too quick for groan or sigh
each turned his face with a ghastly pang,
and cursed me with his eye
four times fifty living men
(and I heard nor sigh nor groan),
with heavy thump, a lifeless lump,
they dropped down one by one.'


The curse it lives on in their eyes
The Mariner he wished he'd die
Along with the sea creatures
But they lived on, so did he.

And by the light of the moon
He prays for their beauty not doom
With heart he blesses them
God's creatures all of them too.

Then the spell starts to break
The albatross falls from his neck
Sinks down like lead into the Sea
Then down in falls comes the rain.

Hear the groans of the long dead seamen
See them stir and they start to rise
Bodies lifted by good spirits
None of them speak
and they're lifeless in their eyes.

And revenge is still sought, penance starts again
Cast into a trance and the nightmare carries on.

Now the curse is finally lifted
And the Mariner sights his home
Spirits go from the long dead bodies
Form their light and
the Mariner's left alone.

And then a boat came sailing towards him
It was a joy he could not believe
The Pilot's boat, his son and the hermit.
Penance of life will fall onto Him.

And the ship it sinks like lead into the sea
And the hermit shrieves the mariner of his sins.

The Mariner's bound to tell of his story
To tell his tale wherever he goes
To teach God's word by his own example
That we must love all things that God made.

And the wedding guest's a sad and wiser man
And the tale goes on and on and onand on





The song is very long, the longest by Iron Maiden, and is a short summary of the whole tale. Moreover, there are two quotations from the original text. There are different types of riffs in the song, mostly in E minor, with some variation on the minor scale pattern. The main riff is repeated many times for all the first nine stanzas, it consists in a series of E5, D5 and C5 power chords, with fast interludes following the E minor scale. The refrain, which alternates each stanza, is a typical Iron Maiden riff, D5 to E5, with addition of back voices and some E minor melodies. At the tenth stanza the riff changes: there are fast E chords accompanied by strong drums and followed by silence, where only Bruce Dickinson's voice can be heard, then there is a fast ascendant E minor scale with triple picking on each note. The eleventh stanza employs a slow passage between a C5 and A5, which introduces the secondary tonality (A minor); these schemes are used also in the following two stanzas. Then we may find little instrumental interlude that follows the harmonic minor scale pattern and introduces the longest interlude. In this part the singing voice is a sort of whisper, and doesn't sing at all, but simply speaks; while the rhythm part is left to the bass, and a guitar, maybe with a sort of synthesizer, accompanies it with a very melancholic and gloomy melody, that symbolizes very well the sense of emptiness of the mariner when all his companions die and he remains alone for seven days in the sea. After the instrumental interlude, there is another part left almost entirely to the bass, that plays a fast riff in D major, very similar to he initial one of "The Number of the Beast", by Iron Maiden, too. In the sixteenth stanza a guitar comes in, playing D5 muted chords; the stanza ends with the word "rain", that is underlined by a very high scream by the singer and symbolizes the beginning of the Mariner's redemption as a synonymous of purity and rebirth. Then there are the two guitar solos, the former in A minor and the latter in E minor, and after those solos some typical Iron Maiden two voices - interludes are played, then the initial melody is played till the end of the song through the following seven stanzas.

We may see how the band has been able to give shape to the tale not only rewriting the text in a shorter way, but also playing different types of riffs that really give the idea of what is going on during the story. For instance, the first riff is quite fast, giving the idea of motion, and indeed is used when the ship moves from the harbour to the south pole and back to the line, when the crew is blocked at the line, but desperately engages itself to find water, and also when the ship finally wanders in the sea and comes back home. Another example is when the Albatross falls from the Mariner's neck: the use of major chords gives a sense of happiness and liberation, as a symbol of the Mariner's redemption that has just begun, and this sense is amplified by the following guitar solos, that give a sense of freedom too.

We may see, so, how music can give a bolder shape to what is written, to fantasy, to literature, evoking particular feelings that maybe cannot be summoned only by writing, speaking or painting. Many philosophers analyzed the music as the most important of the arts, as we shall see later.





























Implicazioni filosofiche dell'arte e della musica




Introduzione

La filosofia si è sempre occupata dello stadio del pensiero, di come possa essere possibile la conoscenza del mondo in cui l'Uomo vive, del mondo metafisico che si può solo concepire con il pensiero, dello Stato nel quale gli Uomini hanno relazioni sociali, della Religione, dell'esistenza di Dio o dell'immortalità dell'Anima. Immanuel Kant, dopo aver effettuato la Critica della Ragion Pura, nella quale analizzò le facoltà intellettive e razionali dell'Uomo, e la Critica della Ragion Pratica, dove interpretò l'agire pratico individuando le regole della morale comune, diede alla luce la Critica del Giudizio: in questo ultimo stadio, che non deve essere visto come un superamento degli altri due ma semplicemente come un diverso punto di vista con cui affrontare il mondo, il Filosofo analizzò per la prima volta la facoltà umana del sentimento, che è differente dalla conoscenza sensoriale. Essa infatti si basa su una particolare facoltà: la capacità di giudizio, ovvero quella che ci permette di determinare ciò che è bello e piacevole o meno. In seguito Friedrich Wilhelm Joseph Schelling introdusse un'interessante teoria dell'Arte, dove si notano chiari riferimenti Kantiani; ed infine, al culmine del percorso, troviamo Arthur Schopenhauer, che vide nell'Arte e soprattutto nella Musica uno dei modi di liberarsi dal continuo dolore che permea la vita di ogni uomo. Analizzeremo dunque più approfonditamente queste tre concezioni dell'Arte da parte dei filosofi citati in precedenza.


La Critica del Giudizio di Immanuel Kant


Lo scritto fu pubblicato nel 1790, e in esso Kant si propone di conciliare il determinismo della scienza con il postulato della libertà morale. L'Uomo non solo conosce e agisce, ma sente, giudicando ciò che per lui è gradevole e piacevole o meno. Questa capacità si pone in posizione mediana tra l'intelletto e la ragion pratica: non ha un "dominio" specifico, ma spazia liberamente sia nella Natura sia nella Libertà sia in qualsiasi altro ambito. Il filosofo distingue due tipi di giudizi: il giudizio determinante, quello alla base della conoscenza scientifica e creato dall'intelletto, che riordina e riassume i dati dell'esperienza, inquadrandoli in leggi universali, partendo dall'universale (leggi dell'intelletto) e giungendo al particolare. Vi è poi il giudizio riflettente, che invece muove dal particolare per raggiungere l'universale, tentando di trovare un ordine negli aspetti dell'esperienza; esso non è dato, ma deve essere cercato, riflettendo sul fine ultimo (è perciò un giudizio euristico) di una certa rappresentazione sensibile, il quale non è un'esperienza oggettiva e universale, ma puramente soggettiva. La finalità della natura può essere avvertita in due differenti modi, che Kant suddivide in altri due tipi di giudizio riflettente: il giudizio estetico e il giudizio teleologico. Il primo riconosce la finalità di un oggetto in relazione all'effetto che esso ha su una particolare persona, mentre il secondo mostra un equilibrio e armonia che sembrano prescindere dal rapporto tra l'oggetto interessato e il soggetto e intrinseci nell'oggetto stesso. Osservando dunque ad esempio un cielo stellato, non lo si vede solamente come mero fenomeno astronomico, ma attraverso il sentimento si supera la rappresentazione meccanicista della Natura, provando anche una profonda sensazione di piacere che permette di seguito di formulare una considerazione finalistica sul mondo e di trovare fondamento nei giudizi estetici relativi alla bellezza o meno di un oggetto o rappresentazione. Il giudizio estetico si suddivide a sua volta in giudizio sul bello, riguardante ciò che è limitato e possiede una precisa forma, causato da un libero gioco dell'intelletto e dell'immaginazione, e giudizio sul sublime, che riguarda invece l'illimitato e l'informe, creato da un libero gioco dell'immaginazione e della ragione. Si percepisce la bellezza o la bruttezza di un oggetto o di un evento (artistico, musicale, o altro) grazie alla facoltà del gusto, ed essa non è insita nell'oggetto, ma ha senso solo nel rapporto che essa ha con il soggetto e le sensazioni che gli stimola. La percezione della bellezza è immediata e non si basa su un preciso giudizio conoscitivo. L'universale si identifica con il bello, caratterizzato da:


  • Un piacere senza interesse, il che significa che il piacere è essenzialmente puro, senza alcuna utilità o interesse particolare, ma solo per il piacere in sé che è intrinseco nell'oggetto o rappresentazione (Ciò ispirerà l'estetismo inglese, che ebbe come motto "Art for Art's sake, fondato da Walter Pater e reso famoso da Oscar Wilde).
  • Un'universalità senza concetto, a sottolineare un piacere che è universale, non universale come i giudizi scientifici, basati sulle forme a priori della conoscenza, ma universale nel senso che tutti possono potenzialmente provare lo stesso piacere, che questo piacere è comunicabile tra i soggetti dotati di ragione e sentimento.
  • Una finalità senza un fine, ovvero una finalità che si avverte come un'armonia nelle parti dell'oggetto stesso, non come volontà esterna.
  • Una necessità senza concetto, che sottolinea ancora una volta l'universalità e il fatto che tutti debbano pensare che la detta manifestazione sia bella necessariamente. Questa necessità non è però di tipo apodittico, dimostrato, come nelle leggi naturali.


"Sublime è ciò che, per il fatto di poterlo anche solo pensare, attesta una facoltà dell'animo superiore a ogni misura dei sensi" (Immanuel Kant, Critica del Giudizio).

Il sublime è ciò che è illimitato, informe, e la sua contemplazione è caratterizzata da un doppio movimento di dispiacere e piacere. Per comprendere questo ragionamento, è opportuno effettuare la distinzione tra Sublime Matematico e Sublime Dinamico: il primo è causato dalla grandezza delle rappresentazioni naturali, che la Ragione non riesce a comprendere in tutta la sua magnificenza e totalità; mentre il secondo è causato dalla potenza dei fenomeni naturali quali ad esempio le eruzioni vulcaniche i terremoti e le tempeste marine, che fanno sentire l'Uomo una nullità non in grado di contrastare la potenza illimitata della Natura. Questa piccolezza dell'uomo di fronte alla grandezza e la potenza provocano il primo momento di dispiacere, ma subito dopo l'uomo si accorge di possedere la capacità di innalzarsi al di sopra della natura, nell'ambito noumenico (ciò che si può solamente pensare, contrapposto a fenomeno), sopraggiunge così una coscienza di potenza illimitata dello stesso soggetto. Questo è un chiaro riferimento a Pascal: l'uomo è fragile, fragile come una canna, ma è una canna pensante. Kant riconosce così la completa autonomia del soggetto.

Infine, l'Arte. Essa non è solamente mera contemplazione del bello, ma produzione e creazione di quest'ultimo, il che avviene grazie alla particolare facoltà del genio, che è la capacità di dare forma, di creare, cose belle. Esso adopera al di fuori di regole fisse, e anzi ne crea lui stesso di nuove, e questo dono non è trasmissibile agli altri, ma è spontaneo ed ispirato.


Il giudizio teleologico anticipa la visione della Natura ottocentesca e novecentesca basata sull'organicismo: Kant afferma la presenza di una finalità interna della Natura, che la porta ad auto organizzarsi in un processo di armonia tra il tutto e le parti, nel quale quest'ultimo dà senso a tutte le singole parti, facendo cadere dunque la concezione meccanicistica. È però da ricordare che questo tipo di giudizio è e rimane un giudizio riflettente, e dunque non propone una chiave di lettura univoca della Natura, ma solo un modo per rapportarsi ad essa.


La teoria dell'Arte di Friedrich Wilhelm Joseph Schelling


Schelling fu uno dei più importanti teorici dell'Idealismo tedesco, assieme a Johann Gottlieb Ficthe e  Georg Wilhelm Freidrich Hegel. L'idealismo è una dottrina di pensiero che si affermò come risposta alla filosofia di Kant, riguardo soprattutto al tema della divisione tra fenomeno e noumeno e alla Rivoluzione Copernicana, e che vede come oggetto principale del pensiero l'Idea in sé, contrapposta al Dogmatismo che ha come idea centrale la cosa in sé. Nella Filosofia della Natura, uno dei suoi più importanti testi, Schelling opera un netto distacco da Ficthe, affermando che anche la Natura stessa ha una propria autonomia. Egli riteneva infatti che Fichte avesse concepito un Principio, l'Io, parziale e troppo sbilanciato verso il polo soggettivo, conferendo al non - Io una insufficiente autonomia, perciò tentò di integrare la filosofia Fichtiana dando anche al polo oggettivo una rilevanza notevole. Così alla Natura, ovvero il non - Io, egli attribuisce una grande importanza, in quanto permette di definire la Soggettività, dando senso alle sue parti grazie alla sua finalità intrinseca; anticipando dunque la fisica speculativa ottocentesca e riprendendo la Critica del Giudizio di Kant, in chiave però reale e non solo soggettiva. La Natura è vista come forma graduale di organizzazione: dalle forme più basse e semplici si giunge al livello più complesso di organizzazione che è l'Individuo stesso; questi gradi di organizzazione non vanno però intesi come una sorta di evoluzionismo, ma come semplici livelli, senza passaggi intermedi.

Ma lo Spirito e la Natura, la libertà e la legge naturale, possono armonizzarsi? Sì, risponde Schelling, ma ad un livello superiore, che non può essere ne quello dell'uno, né quello dell'altra. Questo principio superiore viene definito come l'unione di Soggetto e Oggetto, di Conscio ed Inconscio, di Spirito e Natura: l'Assoluto. Esso è unità indifferenziata dei due poli, e perciò non può essere oggetto di conoscenza scientifica o filosofica, in quanto esse si pongono sempre sul piano della contrapposizione tra pensiero ed essere, tra soggetto e oggetto. Ed è a questo punto che entra in gioco l'Arte: solo in essa è possibile la completa rivelazione e comprensione dell'Assoluto, del principio regolatore del mondo, del fine ultimo della realtà. Riprendendo e rielaborando Kant, Schelling definisce l'Arte non più come imitazione, ma come creazione, mediata dal genio. In essa si fondono la creazione cosciente, prodotto della libertà Umana, e quella incosciente, prodotto della Natura stessa, che infine si fondono insieme, in un'unità indissolubile che supera la distinzione tra Spirito e Natura. Caratteristica dell'opera d'Arte è la bellezza, traduzione finita di significati infiniti: l'artista infatti, pur pieno di intenzionalità, opera quasi involontariamente, vi è in lui una forza che "o separa dagli altri uomini e lo costringe a descrivere cose, che egli stesso non penetra interamente ,e la cui significazione è infinita" (Friedrich Wilhelm Joseph Schelling). L'ispirazione dell'artista è inconscia e incontrollabile, urge dal di dentro come una forza che spinge incessantemente per essere espressa, e senza di essa non vi è vera arte. Mentre la Natura prende dai livelli inferiori a quelli superiori una sempre maggiore coscienza, l'Io dell'artista esprime un processo opposto: inizia l'attività in piena coscienza, poi vede nascere in sé, traendolo da se stesso, un contenuto incosciente, tale, cioè, da avere una sua vita autonoma, indipendente dall'intenzione dell'artista. La filosofia tradizionale valorizzava solamente le facoltà razionali della natura Umana, questa teoria apre una nuova epoca: quella dell'Uomo visto in tutta la sua totalità di espressioni, visione che verrà utilizzata enormemente durante il Romanticismo.


Schopenhauer e l'Arte come liberazione dal Dolore

Schopenhauer fu uno dei più famosi teorici del pessimismo e uno dei più grandi critici dell'Idealismo, visto come la Bestia Nera della Filosofia, utile solo alle scienze e alle istituzioni. Fu il primo filosofo che tentò un recupero dei temi e delle figure della filosofia e della tradizione Orientale, oltre al recupero e alla reinterpretazione delle filosofie di Platone, di Kant, dell'Illuminismo e del Romanticismo. Egli vide come matrice principale della vita la Volontà, l'essenza profonda della realtà, la pulsione all'esistenza, che pervade tutti gli esseri viventi in vari gradi a seconda della loro complessità e conoscenza. Essa si sottrae alle forme a priori (il tempo, lo spazio e la causalità), e perciò è unica, eterna ed incausata, e tende solamente ad affermare se stessa senza uno scopo preciso: questa è la "crudele verità sul mondo". Dato che tutta la vita è permeata da questa volontà, significa che la vita è continuo desiderio, stato di tensione per la mancanza di qualcosa, e quindi continuo dolore, in quanto non riesce a realizzare i suoi bisogni. Il soddisfacimento si un desiderio porta solo ad un piacere temporaneo, che subito viene soppiantato dal dolore per un altro desiderio. Il piacere è definito da Schopenhauer, riprendendo Giacomo Leopardi, come cessazione momentanea del dolore, e diventa quindi una funzione derivata dal dolore, senza autonomia propria. A fianco del dolore si colloca poi la noia: quando un desiderio è appagato, infatti, l'appagamento è momentaneo e compare la noia riguardo a ciò che si è ottenuto ("il possesso disperde l'attrazione"). La vita umana è dunque vista come un continuo "pendolo" tra il dolore e la noia.  Dato poi che la Volontà è presente in ogni creatura vivente, Schopenhauer giunge alla conclusione che tutto soffre, che la sofferenza è universale e che il male non solo è intrinseco nel mondo, ma è il Principio stesso da cui esso dipende, basti guardare le continue lotte tra tutti gli esseri viventi. Neanche nell'Amore vi è consolazione, in quanto esso è solamente una maschera del "freddo Genio della specie che mira alla perpetuazione della vita"; in altre parole, il fine dell'amore è in realtà solamente l'accoppiamento. È per questo che l'amore procreativo viene avvertito come peccato o vergogna, perché esso è il maggiore dei crimini: creazione di altri esseri destinati a soffrire. Ma vi sono dei modi per liberarsi dal dolore. Il filosofo rifiuta il suicidio, in quanto in esso non si nega la Volontà ma piuttosto la Vita e inoltre sopprime solamente una manifestazione fenomenica della volontà di vivere. Vi sono altre vie per liberarsi dal continuo dolore, ed esse sono l'Arte, la Pietà e l'Ascesi.

L'arte non è costretta nelle forme a priori, ma è conoscenza libera e disinteressata, che si rivolge direttamente alle idee, le essenze universali del mondo. Colui che osserva le idee non è più l'individuo naturale, ma è puro soggetto conoscente, l'occhio del mondo. Se per l'uomo comune la proprio conoscenza è come una lanterna che illumina la via, per l'uomo geniale essa è come il sole che illumina il mondo. L'arte dunque risulta catartica per eccellenza, in quanto l'uomo grazie ad essa può contemplare la vita, elevandosi al di sopra della volontà, del dolore e del tempo. La musica occupa un posto di rilievo in questo discorso: essa infatti non riproduce mimeticamente le idee, ma attinge direttamente da esse, in quanto non ha legami con il mondo reale, divenendo immediata realizzazione della volontà a se stessa. La musica è definita come arte più profonda e metafisica dei suoni, che ci mette a contatto, superando i limiti imposti dalla ragione, con le radici stesse della vita e dell'essere. Ogni forma d'arte è quindi liberatrice, in quanto contemplazione disinteressata. Ma questa liberazione è pur sempre limitata, in quanto effimera e temporanea. Per poter meglio liberarsi dal dolore è dunque necessario applicare l'etica della pietà, con la quale si squarciano i veli del nostro egoismo e si identifica la sofferenza degli altri come nostra. Ciò si concretizza in due virtù principali: la giustizia, ovvero essere portati a non fare il male, e la carità (agapè), ovvero la volontà positiva ed attiva di fare del bene e vero puro amore, in contrapposizione al falso e meschino eros. Ma occorre liberarsi non solo dall'egoismo, ma anche dalla volontà di vivere, ed è n questo caso che entra in gioco l'ascesi. Essa è il deliberato "infrangimento della Volontà, mediante l'astensione dal piacevole e la ricerca dello spiacevole". Il primo passo per l'ascesi è la castità perfetta, che libera dalla fondamentale forma della volontà di vivere, la procreazione; per poi giungere alla rinuncia di ogni piacere. Si giunge dunque ad una consapevolezza del dolore che permea il mondo, che funge non da stimolo, ma da quietivo, capace di vincere la Volontà e di rendere l'Uomo realmente libero. Lo stato di grazia o estasi finale è definito Nirvana, riprendendo la religione Buddista, e consiste nella contemplazione del nulla, ovvero nella negazione del mondo stesso e del suo dolore.


È stato visto dunque come l'arte ed in particolare la musica, in quanto svincolata dalle manifestazioni sensibili, abbia man mano raggiunto un posto di grande rilievo nella vita e nel pensiero umano: la facoltà di creare cose belle, che suscitino nei nostri animi sensazioni di grande piacere senza apparente causa, permette all'artista e a chi contempla l'opera d'arte di elevarsi al di sopra del mondo, di raggiungere un'estasi, anche se temporanea, che gli permette di dimenticare i dispiaceri della sua vita o di riflettere sulla sua vita stessa, osservandola da un punto di vista più alto e generale. Questa facoltà della musica, e dell'arte in generale, non è riscontrabile in nessun altra disciplina, ed è proprio questa unicità e straordinarietà che pone l'arte, la capacità artistica e l'artista medesimo su un piano più alto rispetto alle persone comuni, e che le arricchisce di una più raffinata sensibilità. Non importa se si è cristiani, buddisti, atei o agnostici: la Musica, magari in generi differenti, sortisce il medesimo effetto a tutti, e ci fa sentire più vicini a ciò che noi crediamo possa essere il principio.

































Conclusioni e Ringraziamenti


Alla luce del lavoro svolto, ritengo che la musica possa essere considerata una disciplina totale, in grado di sintetizzare dentro sé una grande quantità di informazioni: da riflessioni filosofiche ad elementi di fisica, da conoscenze letterarie a intuizioni di tipo matematico. Nonostante ciò, però, rimango del parere che essa non debba essere studiata solamente da un punto di vista meramente nozionistico, in quanto si perderebbe la spontaneità e la purezza che la eleva da scienza ad arte e che la caratterizza principalmente. Musica è ciò che scaturisce spontaneamente dal cuore dell'artista e che riesce a raggiungere chiunque, superando ogni barriera o confine. Si può imparare a fare scienza, ma per creare l'arte, come diceva Schelling, serve una maggiore sensibilità, la particolare capacità del genio, che agisce quasi inconsapevolmente e che bisogna saper cogliere ed ascoltare, quasi come il Fanciullino Pascoliano.


I principali ringraziamenti vanno a tutti i professori che hanno permesso l'attuazione di questo progetto e che hanno prestato il loro prezioso contributo al fine di migliorare la presente tesina.

Un ringraziamento speciale va inoltre a tutti i compagni della classe V D, che con il loro sostegno e aiuto mi hanno fatto trascorrere degli anni stupendi.

Ringrazio inoltre il mio primo gruppo, gli ZaVaS, che mi ha iniziato alla cultura musicale rock, gli altri gruppi in cui ho suonato, che hanno permesso di ampliarla, ed in particolare gli Eclipse.

Ringrazio poi tutti gli amici non precedentemente menzionati, in particolar modo la squadra di Wushu Kung Fu del Centro Studi Wushu Brescia, che in questi anni è stata uno dei miei principali punti di riferimento.

Infine ringrazio anche i miei genitori, per avermi costantemente incoraggiato ed aiutato durante tutti questi cinque anni di liceo, e non solo.




























Bibliografia



  • Andrea Frova, Fisica nella Musica, Zanichelli, Bologna, 1999

  • Neville H. Fletcher, Thomas D. Rossing, The Physics of Musical Instruments, Springer, New York, 1991

  • David Halliday, Robert Resnick, Jearl Walker, Fondamenti di Fisica, Onde, Zanichelli, Bologna, 2001

  • David Halliday, Robert Resnick, Jearl Walker, Fondamenti di Fisica, Elettromagnetismo, Zanichelli, Bologna, 2001

  • https://www.wikipedia.com

  • https://physics.usask.ca

  • https://www.harmony-central.com

  • Marina Spiazzi, Marina Travella, Lit & Lab, A History and Anthology of English and American Literature with Laboratories, Zanichelli, Bologna, 2004

  • Samuel Taylor Coleridge, The Rime of the Ancient Mariner, Feltrinelli, Milano, 1994

  • Marcello De Bartolomeo, Vincenzo Magni, Filosofia: Dall'Illuminismo all'Idealismo, Atlas, Bergamo, 2002

  • Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, Autori di Fare Filosofia, Paravia - Bruno Mondadori, Milano, 2001























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