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La Musica nelle opere di Gadda
La musica è un'arte meravigliosa, capace di trasportare per un attimo la fantasia dell'uomo da questo mondo, fatto di problemi, in un mondo diverso, più bello, fatto di fantasie che appaiono, una dietro l'altra, nella nostra mente. Ma per quanto io ritenga che la musica sia parte integrante dell'essenza di ogni uomo, e che sia praticamente impossibile vivere senza di essa, ci sono persone che non la amano, quasi la disprezzano. Una di queste persone è Carlo Emilio Gadda, il quale in più capitoli delle sue opere racconta le spiacevoli sensazioni che gli reca la musica.
LA MADONNA DEI FILOSOFI : "IL TEATRO"
Il racconto che apre il libro, "La madonna dei filosofi" è il "Teatro".
Questo racconto è la descrizione di uno spettacolo lirico. Gadda osserva la rappresentazione in modo freddo, la musica non lo tocca minimamente. Egli sembra quasi soffrire di fronte ad una simile esibizione di esaltazione della propria persona: " traghiottivano a tratti, nelle pause, la tenue saliva del loro magnifico «io»"
Sin dall'inizio dello spettacolo, si capisce l'aspetto indifferente e completamente annoiato di Gadda: "Presero difatti a rinfacciarsi l'un l'altra i loro dipartimenti: ella con doleschi trilli e occhi di vipera. Egli bogonfiò truce le più spropositate assurdità. Parevano dapprima un po' timidi, oh! ma si rinfrancarono tosto".
Lo spettacolo drammatico raccontato dagli attori assume quasi una vena sarcastica.
I costumi, gli atteggiamenti dei cantanti sono tutti oggetti di derisione. Persino il direttore di orchestra che nel racconto è presentato come il "signore in frack" ha atteggiamenti buffi nel dirigere un'orchestra che accompagna il cantante, nei settenari più importanti, con violenti "starnuti". All'orecchio di Gadda sono tutt'altro che piacevoli gli acuti della cantante: vengono paragonati a "l'ì, ì, ì d'una porta malvagiamente arrugginita, che si chiuda a scatti, nella beffa d'un ragazzo malvagio".
L'entusiasmo e la commozione delle altre persone gli paiono assurdi. Non gli sembra aver senso il «Meraviglioso, meraviglioso.» che esclamano i signori Biassoni durante le insensate urla dei cantanti.
Gli interpreti sono come dei pupazzi che mentre parlano l'uno all'altro neanche si guardano, ma sbraitano e diventano rossi, facendo gonfiare le vene del collo. Quello che quasi provoca un orgasmo a Giuseppina, lascia completamente indifferente Gadda che " al cospetto di un capolavoro del genio umano " ammette di essersi appisolato.
L'ADALGISA: "UN «CONCERTO» DI CENTOVENTI PROFESSORI"
Questo racconto parla di un nobiluomo, Gian Maria, che, afflitto da diversi problemi di salute dovuti all'età, chiede al nipote Valerio di accompagnare la moglie Elsa al concerto.
Gian Maria non pare per niente dispiaciuto del fatto e anzi si sente sollevato è ben lieto di potersi esimere da questo concerto. L'alleggerimento da questo "gravoso" incarico lo fa quasi ringiovanire "conferendo ai suoi passettini pantofolosi, al suo bastone allappante, un certo fare bricconcello di pantaloni di mozzo in franchigia, o come zampette di caprioletto saltativo: che senta già la primavera in anticipo dentro le ossa".
Ogni locandina del concerto gli fa ripensare al "cataclisma di trombe" ai "ragli di violino" e alle "bacinelle di barbiere sbattute l'una contro le altre" e cioè i piatti. Dell'orchestra Gian Maria non riesce a percepire altro che il frastuono: gli sembrava "di sentir a beciare dei turchi".
Valerio e Elsa nel pomeriggio arrivano al conservatorio. Nel cammino verso il Conservatorio tutti si guardano con sfida di competizione agonistica per arrivare per primo al posto migliore per l'acustica: "una fuga, come Guerra, nella vana speranza di arrivare a seminarli". La via per il Conservatorio si consuma tutta tra strategie di gara, alla ricerca di un punto per effettuare il sorpasso.
Finalmente si arriva alla meta, ma qui c'è "un ingorgo, un ànsimo di melomani in preda alle smanie, sotto il portico, negli atri, nei meschini ambulacri".
La sala del concerto è addobbata nei minimi dettagli e la stanza appare "gremita in ogni ordine dei posti". Ad affollare la sala è "la società musogonica della città industrie": quarantadue suocere, qualche vereconda vedova, diciannove bisnonne ottantaquattrenni, una ottantina di ragazze da maritare, centoventi madri, delle spose, i mariti, i figli, i vecchi, otto architetti, quattordici laureati in scienze economiche, un notaio, due dentisti, trentatre ingegneri elettrotecnici e cinquantacinque studenti d'ingegneria e d'elettrotecnica. Una società triste, che etichetta una persona con estrema facilità.
Il palco è pronto ad accogliere, tra leggii e partiture, centoventi strumentisti, ma i professori, quella domenica, si riducono del cinquanta per cento, saranno sì e no settanta professori.
"Il programma del concerto" è "più variegato di un serpente a sonagli" e l'orchestra suona interrottamente.
Il concerto però non lascia soddisfatta "la società musogonica" che mentre va via dal conservatorio non fa altro che criticare, con atteggiamento cafone, l'esibizione orchestrale.
IL CASTELLO DI UDINE: "DELLA MUSICA MILANESE"
Gadda in questa sua opera parla di un articolo di giornale diretto al "Corriere della Sera" scritto da Arnaldo Fraccaroli, che si firma con pseudonimo Rolf, il quale denuncia gli abusi di clakson che sono fatti a Milano e il mal costume dei giovani della città che durante la notte si divertono a suonare.
Questi giovani, per di più, non sanno proprio cosa voglia dire suonare. Si divertono a fare baldoria strimpellando l'organetto e la chitarra, disturbando la gente che giustamente, dopo una giornata di lavoro, vuole dormire: "Ma quel dove non vedo cagione di clemenza possa più sovvenirci, è il bruttissimo tantarellare degli organetti a ruote e il malissimo chitarrare di certi garzonacci che a ora indebita fanno prova de' loro talenti loro contro al giusto sonno di chi meno beve e meno canta nella notte, e più ha lavorato nel giorno".
Sarebbe tutt'altra cosa se questi giovani sapessero suonare. Infatti, a Zara d'Italia, Gadda incontra nel pieno della notte, un gruppo di ragazzi che lungo la riva del mare "venivano cantando secondo un modo loro bellissimo e veramente musicale". Ma non è il caso dei giovani milanesi che sono pigri e fingono a loro stessi di essere dei grandi musicisti quando in realtà " un asino, fa meglio suoni che loro, sia davanti che dietro".
Il problema, fa capire Gadda in questo racconto, non è la musica, ma la persona che esegue tale melodia. Il suo odio è rivolto a quelli che, come questi "garzonacci", pensano più a fare baldoria e ad urlare, più che suonare e farsi guidare dalla musica. Sentendo, infatti, i giovani di Zara d'Italia cantare, non li aveva maledetti per avere disturbato il giusto riposo della notte. Li aveva, invece, seguiti per ascoltare una così meravigliosa melodia: in questo caso " l'ingegno naturale e uno evidente e sanissimo studio aveva dato ali all'anima e anima all'ali".
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