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Storia
Il gesto, insieme alla voce è il primo mezzo di comunicazione dell'uomo e, anche se ogni cultura lo utilizza in modo diverso, risponde alla necessità di espressione comune a tutto il genere umano.
E proprio i gesti, ordinati secondo una sequenza prestabilita e accompagnati da suoni ritmati sono alla base di una straordinaria forma d'arte chiamata danza, che consente di esprimersi attraverso il corpo accordando il proprio ritmo interiore a quello della musica.
Antichissime pitture rupestri testimoniano che la danza veniva praticata già dall'età della pietra, anche se in modo molto diverso da quello di oggi. La maggior parte dei graffiti e rappresentano file o gruppi di individui che compiono tutti lo stesso movimento, ma gli elementi coreografici più elementari, come la fila o il cerchio, testimoniano che si trattava di un movimento organizzato, ossia di una forma di danza.
Per farci un'idea di come danzassero i popoli primitivi dovremmo osservare le danze folcloristiche che, tramandate per secoli, conservano tracce di antichissimi rituali collettivi, quando si danzava per celebrare il ritorno della bella stagione o il trionfo in guerra, per raccontare le fasi del corteggiamento o la maturazione del raccolto, per accompagnare nascite e morti, per imitare i movimenti degli animali prima di una battuta di caccia.
Per centinaia d'anni, insomma, la danza è servita a raccontare i momenti cruciali dell'esistenza, tentando allo stesso tempo di indirizzarli e modificarli attraverso la magia e il potere del gesto, che doveva rendere più abbondante la caccia, più facile il passaggio dall'infanzia all'età adulta, più probabile la vittoria contro il nemico.
Dal rito all spettacolo
Con il passare del tempo la danza si trasforma in vera e propria forma d'arte, che lascia poco spazio alle improvvisazioni diventa spettacolo. Le danze, per lo più' collettive, di solito sono figurate e si svolgono durante festeggiamenti di diverso genere: la loro origine è sempre e comunque legata al rito, ma é come se l'azione che ciascuna danza racconta e rappresenta si trasfigurasse, diventando un pretesto per la creazione artistica.
Cambia, di conseguenza, il modo in cui la danza viene percepita sia dal danzatore che dalla comunità': si definiscono a poco a poco le figure dell'artista, che si esibisce a favore degli altri, e dello spettatore, che guarda, osserva, approva e critica.
Appaiono anche i primi schemi coreografici, che vengono fissati, ripetuti e tramandati di generazione; anche il pubblico si fa più' attento, più' esigente, movimenti e figure acquistano importanza e significato sempre maggiori.
E la danza intesa come puro intrattenimento sembra diventare, quasi ovunque, un'attività riservata soprattutto alle donne. In alcune culture, inoltre, le danzatrici vengono consacrate alle divinità' e ballano nei templi, per celebrarle o per propiziare.
Tersicore e i suoi figli.
Presso gli antichi greci la danza era considerata, insieme alla musica e alla poesia, una delle arti più importanti, protetta dal dio Dioniso e dalla musa Tersicore (da qui il nome di tersicorei che viene dato ai danzatori nei documenti ufficiali o nelle pratiche burocratiche) e influenzata da tradizioni diverse: orientale, medio-orientale, nordica, occidentale.
La forma di danza più praticata era quella corale, che, eseguita in gruppo e accompagnata dal suono della lira e dal canto, rallegrava feste e cerimonie oppure era parte integrante dei cori che commentavano le rappresentazioni teatrali.
A giudicare dalle figure di danzatori tramandate dai reperti archeologici e dai resti di affreschi, ma anche dalle descrizioni contenute nei testi poetici e storici, molti passi delle antiche danze greche sono simili a quelli della danza classica di oggi.
La danza era così importante che persino gli Spartani, educati alla guerra fin da bambini, a partire dai cinque anni imparavano a danzare la pirrica (il nome deriva dal colore rosso delle tuniche dei ballerini), composta da tutti i movimenti ginnici e di scherma che un guerriero avrebbe dovuto eseguire prima di uno scontro. Lo stesso Socrate diceva che il miglior guerriero è anche il miglior danzatore.
Una danza riservata esclusivamente alle donne era l'emmeléia, ricordata da Platone in contrapposizione alla danza guerriera: le fanciulle danzavano in onore delle varie divinità con movimenti lenti, ampi e flessuosi, formando un circolo tenendosi spesso per mano.
Le danzatrici chiamate "menadi", invece, si distinguevano per i movimenti convulsi e sfrenati: secondo la tradizione erano donne che Dioniso faceva cadere in delirio, e che lasciavano le loro case per danzare freneticamente in suo onore.
Tra donne, in un mondo familiare tutto femminile, si eseguivano danze per rendere più facile il parto o per celebrare i vari momenti della vita di una madre o di una sposa. Alcune di queste danze si ballano ancora nei villaggi della Grecia di oggi.
A Roma la danza ebbe gran fioritura soprattutto nel periodo imperiale, e s'ispiro' sia alla tradizione etrusca che a quell'orientale e greca; di quest'ultima i romani apprezzavano soprattutto la pantomima, una danza che raccontava una storia attraverso i gesti.
Ed è Roma che il mito diventa balletto: Luciano di Samosata, in un suo trattato intitolato Sull'Arte della Danza, ci parla di danzatori capaci di rappresentare tutti i più famosi eventi storici e i miti più conosciuti e affascinanti. Il danzatore, quindi, non doveva solo conoscere la sua arte ma anche avere una notevole cultura, più' il pubblico riusciva a capire il racconto mimato e danzato, più' il danzatore veniva considerato bravo.
La preferita dai Romani era dunque la danza figurativa. Eseguita nei teatri oppure durante i trionfi e i festeggiamenti pubblici e privati: una danza che è anche una narrazione, una forma di spettacolo che possiamo considerare l'antenata del balletto romantico moderno.
Danze "cortesi" e acrobati ambulanti.
Dopo la caduta dell'Impero Romano, la danza non incontrò più il favore del pubblico, molto meno raffinato di un tempo.
Le danze popolari si eseguivano ancora in tutt'Europa, e, nonostante il trionfo del Cristianesimo, restavano legate alle feste pagane: il cambio delle stagioni, il raccolto, il passaggio all'età adulta.E naturalmente si ballava per i matrimoni e le nascite, per i funerali, per la caccia, per chiedere fortuna e fertilità.
Fino al V secolo d.C., però, la danza come arte rimase viva nelle corti dei nobili, soprattutto in Italia, Spagna, e Francia, dove i menestrelli e gli artisti girovaghi la praticavano ancora.
Durante le feste si eseguivano danze di gruppo figurate, e a partire dall'XI secolo i testi storici e i romanzi medievali nominano spesso la carola, la ronda, la branle, la gavotta, la bourée, chiamate "danze cortesi" perché producevano le schermaglie amorose tra uomo e donna.
Quelle riservate alle coppie, invece, si chiamavano semplicemente "danze". Quasi tutte venivano accompagnate dal canto di un "trovatore": la canzone, infatti, descriveva i passi che dovevano essere eseguiti dai ballerini.
Verso la fine del XIV secolo era molto in auge la mascarade, eseguita durante i balli in maschera delle corti europee, nei quali si usavano anche certi complicati marchingegni che riproducevano animali esotici e piante dall'aspetto fantastico, oppure mandavano fiamme: possiamo considerarli le prime scenografie e i primi effetti speciali.
Al di fuori della corte erano gli acrobati ambulanti che, tra un esercizio ginnico e l'altro, si esibivano anche come ballerini. In quell'epoca oscura, gli acrobati furono gli unici veri "professionisti" della danza.
I maestri italiani.
Nella prima metà del XV secolo la più popolare d'Europa è ancora una danza cortese: si tratta della basse danse, un ballo di cerimonia che, pur rimanendo immutato negli schemi fondamentali, cambia coreografia a seconda delle zone. Si diffondono il saltarello e la pavane, ma la novità più importante è l'apparizione di una figura prima sconosciuta: il maestro di danza professionista.
Molti di questi maestri erano ebrei venuti dall'Italia; il più famoso fu Guglielmo Ebreo da Pesaro, che, come Domenico da Ferrara e Antonio Cornazano, scrisse i primi trattati sulla tecnica della danza, dove si spiegava come accordare i movimenti del corpo al ritmo e al tempo della musica, in modo da creare vere e proprie coreografie. Nasce così la teoria dell'arte della danza.
È per obbedire a questi trattati che i balli di corte rispettano sempre di più coreografie precise, e ben poco spazio viene lasciato, ormai, all'improvvisazione o alla creazione del momento.
Mentre in Italia la danza diventava parte integrante degli spettacoli di pantomima, la Francia scopriva i tesori artistici e la cultura delle corti italiane.
Nel 1533 Caterina de' Medici sposò il secondogenito del re Francesco I e impose in Francia la moda della pantomima danzata, circondandosi di artisti italiani che crearono i primi balletti di corte, quasi tutti di soggetto mitologico.
Sempre nella prima metà del XVI secolo, il danzatore e maestro di ballo italiano Pompeo Diobòno fondò a Milano la prima scuola di danza, detta di "ballo nobile". I suoi allievi diventarono maestri richiestissimi in tutte le corti d'Europa, e nel 1554 Diobòno seguì il Maresciallo de Brissac alla corte di Francia, dove fu al servizio di ben quattro re.
Probabilmente Diobòno collaborò, nel 1581, alla realizzazione del primo vero balletto della storia: il Ballet de la Reine (Balletto della Regina), dedicato a Caterina de' Medici.
La rappresentazione fu organizzata per le nozze tra la sorella di Caterina, Margherita di Lorena, e il duca di Yoyeuse. Le scene erano sontuose ed elaborate, i costumi straordinariamente sfarzosi, e un famoso maestro di danza dell'epoca descrisse la creazione del favoloso spettacolo in un trattato.
Dopo il Rinascimento la danza trovò il suo grande protettore in Luigi XIV di Francia, detto il Re Sole, che permise ai migliori artisti di lavorare senza preoccupazioni, garantendo loro un vero e proprio stipendio.
Ottimo ballerino lui stesso, il Re Sole nobilitò con la sua presenza i balletti di corte e si servì, tra gli altri, del compositore di origine italiana Giovanni Battista Lulli. I soggetti erano quasi tutti ispirati ai miti greci e latini, rielaborati per celebrare la figura del re e il trionfo delle arti.
Il soprannome di "Re Sole", tra l'altro, è probabilmente dovuto a uno dei costumi che il re indossò durante un ballettoin cui impersonava proprio l'astro solare.
Anche il celebre commediografo Molière (che aveva collaborato ai soggetti di diversi spettacoli di danza) usò il balletto come "intervallo" tra un atto e l'altro delle sue commedie.
E proprio Molière creò una forma di spettacolo che rappresenta un passo avanti verso la nascita del balletto classico moderno: la comédie ballet (commedia balletto), rappresentazione teatrale in cui la danza non serviva solo da riempitivo, ma accompagnava le parti recitate.
Dopo la morte di Luigi XIV, avvenuta nel 1715, il balletto conobbe un periodo di declino e tornarono alla ribalta le danze di corte, come i minuetti e le gavotte da eseguirsi durante le feste.
Le compagnie che presentavano spettacoli di pantomima danzata e di balletto si esibivano soprattutto nei teatri, dove gli spettacoli brillanti e divertenti incontravano il gusto del pubblico; la danza, insomma, era considerata una forma di spettacolo particolarmente frivolo e "leggero".
In questo periodo il balletto resta nelle mani (o meglio, nei piedi) delle prime grandi professioniste, che divennero stelle invidiate e ammirate in tutte le corti d'Europa e ridonarono nuovo prestigio alla danza.
Nel 1726 debutto all'Opéra di Parigi la sedicenne Marie Anne Cupis de Camargo, destinata a diventare las più grande " virtuosa" d'Europa:a quanto pare riusciva ad eseguire salti, piroette, e passi difficilissimi, che nessuno era mai stato capace di eseguire. Fu lei, inoltre, la prima ad accorciare la lunghezza dei costumi di scena, in modo da potersi muovere con più scioltezza.
Altre famosissime "virtuose" della danza furono Marie Sallé, che fece del pas-de-deux (passo a due) il punto di forza delle sue rappresentazioni, e l'Italiana Barbara Campanini detta "la Barbarina": a lei e alla sua proverbiale agilità si deve l'evoluzione di salti che oggi eseguono solo i ballerini maschi. Pare che fosse in grado di eseguire addirittura un entrechat-huit, un salto in cui i piedi vengono alternativamente incrociati ben otto volte prima di toccare terra.
Furono le grandi virtuose e i loro maestri che, nel XVIII secolo, svilupparono la tecnica della danza classica; nello stesso periodo i maestri di danza italiani diffondevano l'arte del balletto anche in Austria e Russia.
La rivoluzione francese portò molti cambiamenti nel mondo della danza.
Il francese Jean Georges Noverre, maestro di ballo dell'Opéra, dovette emigrare in Inghilterra, dove terminò la sua carriera come coreografo del Teatro di Drury Lane di Londra, mentre il ballerino italiano Gaetano Vestris, anche lui maestro di ballo dell'Opéra, dopo la rivoluzione perse la sua pensione reale e si trovò in gravi difficoltà economiche. La Francia repubblicana non era generosa con gli artisti (e soprattutto con i danzatori) quanto lo erano stati i suoi re.
In Russia, invece, l'interesse per la danza diventava sempre più forte: a Mosca, nel 1805, venne aperto il Teatro Bolscioi con annessa una scuola di teatro dove il balletto aveva un ruolo di primo piano.
Durante la prima metà del XIX secolo fu ancora un Italiano, il ballerino napoletano Salvatore Viganò, che realizzò e sviluppò le idee nuove espresse da Noverre nelle sue lettere sulla danza. Nei balletti creati da Viganò, infatti, il virtuosismo tecnico e la pantomima non erano due momenti di spettacolo separati, ma si fondevano in un'unica, nuova forma di spettacolo, molto vicina al balletto classico romantico.
I balletti che Viganò rappresentò alla Scala di Milano impressionarono profondamente anche lo scrittore francese Stendhal, che descrive il lavoro meticoloso del grande coreografo e la cura che metteva nelle sue creazioni.
L'epoca romantica, di lì a poco, avrebbe segnato il trionfo del balletto classico e delle sue stelle.
Stelle sulle punte
Il 10 giugno 1822, a Vienna, debuttò come prima ballerina Maria Taglioni, che nel balletto La Silfide indossò per prima le scarpette da punta, diventando quasi il simbolo del balletto classico ottocentesco. In quest'occasione, inoltre, la Taglioni indossò per la prima volta il "tutù romantico", lungo fino alla caviglia e molto vaporoso, creato apposta per lei.
In quegli anni, i grandi teatri di tutte le capitali d'Europa riservavano al balletto un posto d'onore; grandi poeti e scrittore ispiravano o scrivevano i soggetti dei nuovi spettacoli di danza; i più grandi musicisti creavano partiture che ancor oggi sono la base del grande repertorio classico.
Insomma, per il balletto classico quella fu veramente un'età d'oro, anche perché il Romanticismo scelse questa forma di spettacolo per esprimere i suoi ideali artistici.
Basti pensare a balletti come Giselle o La Silfide, dove i personaggi vivono storie d'amore romantiche e tragiche, al confine tra realtà e sogno, tra storia e leggenda.
Anche in Russia, nella seconda metà del XIX secolo, l'arte del balletto acquistò grandissima importanza. Il merito fu soprattutto di un Italiano, il grande ballerino e maestro Enrico Cecchetti, che, dopo essersi esibito in tutta Europa e negli Stati Uniti, si trasferì in Russia, dove gli zar erano diventati grandi protettori della danza, e divenne il Maestro della Scuola di Danza Imperiale. Sarà proprio Cecchetti a formare la prima grande generazione di ballerini russi: insegnante al Teatro Imperiale di Pietroburgo e direttore del balletto della Scuola Imperiale di Varsavia, avrà tra i suoi allievi Anna Pavlova, Michel Fokine e Vaslav Nijiski.
Anche Maria Taglioni, che nel 1837 si era esibita in Russia con enorme successo, aveva contribuito alla fortuna della danza nell'Europa orientale, e tutte le grandi stelle del balletto cominciarono a frequentare sempre più spesso i palcoscenici di Mosca e Pietroburgo, sotto il patrocino dello zar Nicola I.
In questo periodo il ballerino e maestro di danza Marius Petipa diventa direttore della compagnia di balletto di Pietroburgo: è lui a creare con il musicista Piotr Il'ic Ciaikovski La bella Addormentata, lo Schiaccianoci e Il lago dei cigni, che restano i più famosi tra i balletti classici.
I ballerini russi che uscivano dalla Scuola Imperiale erano ormai considerati i più bravi del mondo, e proprio in quegli anni si formò la generazione di danzatori che avrebbero dato vita alla famosa compagnia di balletto Diaghilev.
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