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Dinamica della troposfera
Prevedere lo stato e l'evoluzione del tempo meteorologico ha sempre rappresentato una risorsa vitale per i marinai, dagli albori della navigazione ai nostri giorni.
La troposfera è la zona della atmosfera a contatto con la superficie terrestre ed ha uno spessore che varia tra 6 km ai poli e 18 km all'equatore. In questa zona avvengono i fenomeni meteorologici, quindi la sua dinamica è un argomento di ampio interesse. L'aria della troposfera non è un gas uniforme, ai fini dello studio della dinamica si considera questa zona formata da masse d'aria, cioè porzioni dell'atmosfera le cui particelle hanno acquistato caratteristiche fisiche ben definite.
La dinamica della troposfera e i fenomeni meteorologici sono conseguenze di differenze di temperatura, pressione e umidità tra le masse d'aria che compongono la troposfera.
Gli squilibri tra le masse d'aria sono dovuti alle differenze di energia emessa sotto forma di calore dalla superficie (maggiore all'equatore, minori ai poli), in parte dipendente dalla radiazione solare assorbita.
In base alle temperature medie annue ci sono cinque zone termiche: una zona equatoriale torrida; due zone temperate, una boreale e una australe; due zone polari, artica e antartica.
La pressione dipende invece da temperatura e umidità: con l'aumento di questi due fattori si ha una diminuzione di pressione, e viceversa.
In base alle differenze di pressione si distinguono:
aree cicloniche (o cicloni), caratterizzate da pressione minore (B) rispetto a quelle circostanti, l'aria è in genere più calda o più umida rispetto alle masse d'aria circostanti; nei cicloni si ha un moto d'aria ascensionale con una zona di convergenza nella bassa troposfera e di divergenza nell'alta troposfera.
aree anticicloniche (o anticicloni) caratterizzate da pressione maggiore (A) rispetto a quelle circostanti, l'aria è in genere più fredda e più secca rispetto alle masse di aria circostanti; nelle aree anticicloniche si ha un moto d'aria discensionale con una zona di divergenza nella bassa troposfera e di convergenza nell'alta troposfera.
Alcune zone sono caratterizzate dalla presenza di aree cicloniche o anticicloniche stabili: una zona equatoriale di bassa pressione; due zone subtropicali anticloniche; due zone temperate, o subpolari, cicloniche; due zone polari di alta pressione.
Tra una zona di divergenza e una di convergenza, quindi tra una zona di alta e una di bassa pressione, si forma uno spostamento di masse d'aria. Le masse d'aria in movimento si definiscono venti e si muovono da una zona anticiclonica a una zona ciclonica nella bassa troposfera, mentre in direzione opposta nell'alta troposfera.
Il sistema formato da una zona anticiclonica, una zona ciclonica e i venti che si formano tra di esse, è definito cella (o cellula) convettiva. Nella troposfera si realizzano tre celle convettive per ogni emisfero: la cella polare, la cella temperata (o cella di Ferrel), la cella equatoriale (o cella di Hadley).
Le isobare sono linee ideali che sulle carte meteorologiche uniscono i punti con uguale pressione atmosferica al livello del mare. Nella carta delle isobare[1] sono riportate le isobare di alcune pressioni a scarto regolare, il rapporto tra la differenza delle pressioni di due isobare e la loro distanza è detto gradiente barico ed è proporzionale alla velocità che il vento assume in quel tratto.
La direzione del vento non è però perpendicolare alle isobare a causa della forza di Coriolis, questa forza provoca una deviazione nella direzione del moto dei venti, verso destra nell'emisfero boreale e verso sinistra nell'emisfero australe, tanto più significativa quanto maggiore è la velocità di traslazione. Inoltre, nell'emisfero settentrionale, le masse d'aria nelle aree anticicloniche discendono seguono una traiettoria a spirale in senso orario, mentre nelle aree cicloniche ascendono seguendo una traiettoria a spirale in senso antiorario.
La velocità del vento viene misurata con l'anemometro in km/h o in nodi (kt) e viene descritta dalla scala di Beaufort[2] (dal nome dell'ammiraglio inglese F. Beaufort, 1774-1857, che la propose).
I venti possono essere classificati in base alla loro variabilità o in base all'entità degli spostamenti orizzontali (S0) delle masse d'aria.
In base alla variabilità possiamo differenziare in venti costanti, che spirano nella stessa direzione; venti periodici, che mantengono la stessa direzione e lo stesso verso solo per una parte dell'anno o del giorno; venti variabili, che non hanno una andamento regolare.
In base allo spostamento orizzontale possiamo divedere in movimenti in venti su grande scala (2000km<S0), media scala (500km<S0<2000km) e piccola scala (10km<S0<500km).
I venti su grande scala costituiscono le componenti orizzontali delle celle convettive, sono quindi provocati da dislivelli barici costanti su scala planetaria e sono perciò venti costanti. La dinamica dei venti su grande scala definisce la circolazione generale della troposfera e si differenzia tra bassa e alta troposfera.
Nella parte più vicina al suolo si generano tre diversi sistemi di venti: gli alisei, si generano nelle zone anticicloniche subtropicali e convergono verso la zona ciclonica equatoriale, vengono deviati dalla forza di Coriolis verso ovest; i venti occidentali, anch'essi provenienti dalle zone di divergenza subtropicali ma diretti verso le basse pressioni subpolari, vengono deviati verso est; i venti orientali polari, si generano nella zona anticiclonica polare e spirano verso le basse pressioni subpolari, venendo deviati verso ovest.
Nell'alta atmosfera le condizioni bariche sono invertite, infatti si ha una zona divergente di alta pressione all'equatore e una convergente di bassa pressione ai poli, le masse d'aria si muovono quindi dall'equatore verso i poli. Inoltre i venti hanno una velocità maggiore, a causa della mancanza di attrito della superficie, e una direzione vicina a quella dei paralleli, a causa dell'effetto Coriolis. Nell'alta troposfera si creano quindi correzioni zonali, correnti che si muovono intorno a tutta la Terra, a latitudine più o meno costante.
In una zona ristretta sopra l'equatore spirano correnti orientali, connesse con i sottostanti alisei, mentre tra i tropici e i poli i venti vengono deviati dalla forza di Coriolis verso est, sono presenti quindi le correnti occidentali.
Ai limiti superiori della troposfera, nelle zone temperate, le correnti occidentali raggiungono velocità elevatissime e danno origini alle cosiddette correnti a getto (jet stream), ne sono presenti due in ogni emisfero: una subtropicale (lat 25-30°) e una subpolare (lat 45°-60°).
A causa delle variazioni di velocità le correnti a getto formano, con una certa ciclicità, ondulazioni che spingono aria calda verso i poli e aria fredda verso i tropici. Le ondulazioni si evolvono in vortici: quelli di aria fredda danno origine a celle secondarie di alta pressione, mentre i vortici di aria calda danno origini a celle secondarie di bassa pressione.
I venti su media scala sono provocati soprattutto da differenze di temperature tra le masse d'aria continentali e oceaniche, ne fanno parte i monsoni, i venti ciclonici extratropicali e i venti dei cicloni tropicali.
I monsoni sono venti periodici annuali caratteristici dell'Asia sud-orientale: i monsoni estivi, umidi e caldi, spirano dal mare al continente; i monsoni invernali, secchi e freddi, spirano dal continente al mare.
I cicloni extratropicali sono aree di bassa pressione in cui si realizza un moto vorticoso convergente e ascendente di masse d'aria. Formano perturbazioni molto estese sospinte dai venti occidentali, tendenzialmente hanno vita breve e si presentano in gruppi di 3-5 perturbazioni.
I cicloni extratropicali si formano nella zona di bassa pressione subpolare, dove le ondulazione delle corrente a getto subpolari perturbano la superficie del fronte polare nella bassa troposfera. Le ondulazioni del fronte polare spingono aria fredda verso le zone calde e aria calda verso le zone fredde, dando l'avvio alla formazione del ciclone.
I cicloni tropicali sono perturbazioni molto violente associate a depressioni bariche profondissime, ma di limitata estensione che si originano sulle regioni marine delle aree tropicali, e si esauriscono quando raggiungono le zone continentali.
I cicloni tropicali si formano quando l'aria molto umida e calda sale verso l'alto generando un vortice al centro del quale la pressione si riduce fortemente. Essi sono costituiti da un occhio, un'area interna circolare calma e serena, circondata da un esteso anello esterno formato da un denso spessore di nubi.
I venti di piccola scala si possono suddividere in due tipologie: venti locali, venti variabili provocati da interferenze della morfologia locale sui movimenti su grande e media scala, e brezze, venti periodici giornalieri che si generano per contrasto termico su piccola scala.
Nella zona mediterranea per indicare i venti locali[3] esistono varie denominazioni, alcune qui riportate.
Lo scirocco è un vento caldo che nasce dal deserto del Sahara; procedendo da sud-est verso nord, si carica di umidità sul Mediterraneo, e raggiunge, umido e violento, l'Europa.
Il libeccio è un vento proveniente da ovest, violento in tutte le stagioni.
Il maestrale è un vento molto freddo e violento, proviene da nord-ovest. Spira dal massiccio centrale francese, scende della valle del Rodano, irrompe sul Golfo del Leone, giungendo fino in Sardegna.
La tramontana è un vento freddo, talvolta impetuoso, che spira da nord e puo' investire, in inverno, tutta la penisola italiana.
Il föhn è un vento primaverile caldo e violento, che risale trasportando molta umidità il versante meridionale delle Alpi, si raffredda e provoca la caduta di abbondanti piogge, discende infine secco il versante settentrionale. Quando la situazione barica si inverte, si inverte anche la direzione del föhn.
La bora spira in inverno spira dai Monti Illirici, nell'ex Jugoslavia verso le coste dell'Istria e della Dalmazia e arriva anche a Trieste. È freddo e molto violento.
Le brezze di monte e di valle si generano dal contrasto termico esistente tra le valli ricche di vegetazione e le pendici dei monti, nude e aride: di giorno spirano dalla valle verso le alture (brezze di valle) e di notte dalle pendici verso la bassa valle (brezze di monte).
Le brezze di mare e di terra sono originate dal contrasto termico che si crea tra terraferma e mare: di giorno la terraferma si scalda più dell'acqua e, di conseguenza, si formano su di essa delle correnti ascensionali calde, che richiamano dal mare aria relativamente fresca (brezza di mare). Di notte la terraferma si raffredda più rapidamente del mare, su cui si formano correnti ascensionali calde che richiamano aria più fresca dal continente (brezza di terra).
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