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NEOPLASIE EPATICHE
1 TUMORI BENIGNI DEL FEGATO
I tumori benigni primitivi del fegato sono piuttosto rari.
Adenomi epatocellulari
Sono i tumori benigni di riscontro più frequente nella donna durante il 3° - 4° decennio di vita. Sono associati probabilmente ad un elevato livello di estrogeni dovuto all'uso di contraccettivi orali. Gli adenomi multipli, invece, sono associati con la glicogenosi di tipo I.
Morfologicamente sono formazioni voluminose, di 10 cm di diametro, contenenti epatociti normali o solo lievemente atipici, con elevato contenuto di glicogeno e quindi più chiari.
In genere è presente dolore, epatomegalia dovuta ad una massa palpabile, ma può anche esservi una emorragia importante intratumorale che provoca anche shock.
La diagnosi è essenzialmente basata sulla TAC, sulla RM e arteriografia selettiva. Un metodo sofisticato per dimostrare l'assenza delle cellule di Kupffer è la scintigrafia con Te99, che indica una ipocaptazione. In circa il 10% dei casi possibile la trasformazione maligna, soprattutto negli adenomi grandi o multipli. Se è una lesione grande, superficiale e resecabile, dovrebbe essere asportata, soprattutto se si pensa di iniziare una gravidanza che mette la neoformazione a rischio di rottura.
Iperplasia nodulare focale
Neoplasia più frequente nel sesso femminile, non associata a contraccettivi orali, senza rischi elevati di necrosi o emorragia. E' un tumore solido con una parte centrale fibrosa, e proiezioni stellate che si estendono intorno. Queste proiezioni contengono epatociti atipici, cellule epiteliali biliari, cellule di Kupffer e cellule infiammatorie. La scintigrafia con tecnezio indica una captazione attiva, per la presenza di dette cellule.
Emangioma
Tumori benigni del fegato più comuni, sono caratteristici del sesso femminile. Sono lesioni asintomatiche, di solito di modeste dimensioni, che non presentano rischio di emorragia e non si trasformano mai in una lesione maligna. Di solito vengono diagnosticate con esami di routine o per altre condizioni. La TAC spirale è il mezzo migliore per differenziarle da altre lesioni maligne identificate ecograficamente.
2 EPATOCARCINOMA MALIGNO
I tumori maligni del fegato possono derivare da due tipi di cellule, le cellule di Kupffer e gli epatociti, e sono gli epatocarcinomi, e le cellule dell'epitelio dei condotti biliari, allora si chiama colangiocarcinoma.
Il carcinoma epatocellulare primitivo è una delle neoplasie più comuni, di solito con eziologia legata alla cirrosi, e incidenza elevata in Paesi come l'Asia e l'Africa, dove in alcune zone raggiunge i 500 casi per 100 mila abitanti.
In Europa è responsabile dell'1-2% delle neoplasie di riscontro autoptico; alle nostre latitudini il massimo dell'incidenza si osserva fra i 40 e i 50 anni.
In Italia ci sono 200.000 cirrotici, e circa 14.000 casi di epatocarcinoma ogni anno, che fa un'incidenza di 6-10 per 105.
M>F (4/8:1)
Età 65-70 anni
Il 90% dei casi che insorgono è associato a cirrosi. In effetti, in ogni momento il 7% dei cirrotici presenta epatocarcinoma (il 5% ogni anno). Questo è sufficiente a definire la cirrosi come una lesione pre-neoplastica, e a giustificare uno screening semestrale con ecografia e alfa feto - proteina (AFP).
Eziologia
Condizioni che provocano cirrosi: Qualsiasi condizione che provoca un danno epatocellulare cronico e stimola la mitosi delle cellule epatiche aumenta il rischio di carcinoma. Fra queste sono importanti:
. Cirrosi alcolica
. Emocromatosi
. Deficit di a1AT
. Schistostomiasi
. Ipertirosinemia
Infezione associata da HBV e HCV: Il motivo dell'alta incidenza nelle aree di Africa e Asia è legato alla prevalenza di questi virus, che in molti casi provocano cirrosi.
Il ruolo dell'HBV è stato ampiamente documentato come agente oncogeno puro, e si hanno prove di questo attraverso il riscontro abituale della presenza di genoma virale nelle cellule tumorali, negli epatociti circostanti non malati. Il virus oltre a questo induce l'espressione anomala di certi geni cellulari, riarrangiamenti ed altre alterazioni geniche.
Sebbene siano numerose le correlazione fra HCV e carcinoma epatico, sfugge ancora il meccanismo oncogeno di questo virus, che si pensa agisca essenzialmente attraverso la cirrosi e la relativa naturale progressione di essa a tumore.
Una importante conseguenza di questo è che il paziente con infezione cronica da HBV è a rischio di carcinoma anche se non ha la cirrosi.
Carcinogeni chimici e tossine:
. Aflatossina B: tossina di un fungo (Asperigillus Flavus) che infetta in genere le derrate alimentari non correttamente conservate, tipico di alcune regioni dell'Africa dove queste vengono conservate nelle buche scavate per terra. Questa tossina sembra capace di interferire con l'espressione della p53.
. Vinilcloruro
. Amianto
. Anabolizzanti ed estrogeni
Aspetto morfologico
Nodulare: Aspetto più comune, singola lesione infiltrativa. 60 - 70 %
Multinodulare: 20 - 30%
Diffuso (spreeding) <1%; infiltrazione massiva e destruente
Esiste poi una gradazione, fatta sul grado di differenziazione cellulare:
Una forma a piccoli noduli e ben differenziata ha la migliore prognosi, mentre quella diffusa poco differenziata ha la prognosi peggiore e crescita più rapida.
Clinica
Dolore addominale 70-90%
Calo ponderale 35%
Astenia 30%
Ittero e vomito 8%
Emoperitoneo 12%
Massa addominale 43%
I sintomi peraltro abbondanti possono passare inosservati con una certa facilità perché spesso in questi pazienti esiste un quadro sottostante di ascite, e quindi si interpreta la sintomatologia come un peggioramento di essa.
I rilievi di laboratorio e il monitoraggio ecografico servono appunto ad evitare che si creino errori interpretativi di questo genere. In genere frequenti sono gli aumenti della ALP e dell'aFP, e anche una forma atipica della protrombina (des-gamma-carbossiprotrombina)
Le complicanze più temibili dell'epatocarcinoma sono l'ittero ostruttivo, l'enterorragia da rottura di varici esofagee e l'emorragia intraperitoneale da rottura del tumore stesso
Una percentuale di pazienti può avere anche una sindrome paraneoplastica, per lo più associata alla produzione da parte del tumore di:
. Eritropoietina
. Ipercalcemia
. aFP, CEA, ALP, gGT
. Ipoglicemia
. Ipercolesterolemia
. Porfiria cutanea tarda
Diagnosi
Ecografia: l'indagine di primo approccio per eccellenza, serve a monitorare la progressione della cirrosi e l'eventuale comparsa di noduli primitivi in soggetti ad alto rischio, in etilisti cronici, in malati di epatite C. Un HCC primitivo appare come un nodulo rotondeggiante solitamente anisoecogeno (si tenga presente che non c'è sempre corrispondenza tra ecogenicità e densità rilevata con la TC, nel senso che la > parte dei noduli sono ipoecogeni e iperdensi). Ogni neoformazione epatica riscontrata con questo metodo deve essere indagata con tecniche successive. La sensibilità di questo esame è alta per i noduli di diametro maggiore ai 3 cm, ma comunque con i nuovi mezzi di contrasto selettivi per il tessuto epatico è possibile discriminare lesioni > 1 cm, anche se isoecogene. La presenza di una struttura iperecogena periferica molto sottile indica la presenza di una capsula limitante esterna. Se poi vi sono vasi sanguigni adesi alla capsula ciò è molto utile per la diagnosi.
TAC spirale: Tac differenziale che permette la risoluzione della diagnosi differenziale fra epatocarcinoma e angioma epatico sintomatico, dubbio che si pone in una minoranza di casi e che non può essere risolto dalla semplice ecografia perché il flusso sanguigno all'interno dell'angioma è troppo lento per dare origine all'effetto Doppler e così l'intera struttura sembra avascolare.
Risonanza Magnetica Nucleare: Spesso è usata al posto dell'ecografia per la sua maggiore sensibilità, ma ha un costo più elevato ed è più complessa da utilizzare.
Arteriografia dell'arteria epatica: Anche questa viene usata per la diagnosi differenziale con gli angiomi.
Scintigrafia con tecnezio99: Permette l'individuazione delle cellule di Kupffer dentro la massa tumorale, che hanno una attiva captazione del mezzo di contrasto. La neoplasia epatica si differenzia così in epatocarcinoma e colangiocarcinoma, oltre che per altri segni di cui si dirà dopo.
Gli esami di laboratorio, ricordati nella clinica della malattia, sono importanti anche per la diagnosi oltre che per il follow-up post-terapeutico. I livelli critici di aFP sono superiori a 500 ug/l, in quanto livelli inferiori si hanno nelle neoplasie di altro genere che metastatizzano al fegato, nell'epatite virale, eccetera. La persistenza di alti livelli, oltre a 1000, è indice abbastanza sicuro di neoplasia epatica in presenza di un quadro clinico compatibile.
Risolutiva nei confronti di una lesione identificata mediante le tecniche di imaging è la biopsia epatica percutanea, oppure in via laparoscopica.
La biopsia si esegue sotto guida ecografica, per via percutanea transpleurica con ago di Menghini modificato. La procedura comporta una mortalità irrisoria (<0,1%) ma è da evitare in molti pazienti con cirrosi o comunque insufficienza epatica a causa della piastrinopenia e della coagulopatia sottostante. Altra complicazione può essere lo spreading, cioè la diffusione jatrogena delle cellule neoplastiche nel cavo peritoneale e pleurico, che può pregiudicare la guarigione da malattia qualora venga eseguito un trapianto. La sensibilità della biopsia è dell'86%, limitata soltanto dall'eventualità di mancare il nodulo con l'ago, mentre la specificità è del 100% (nessun FP se il patologo è capace)
La prognosi è legata a diversi fattori, detti anche fattori prognostici di Emphill; essi sono:
. Stadio e presenza dell'EPS
. Bilirubina
. Diametro della neoplasia
. Ascite
. αFP
. Aspetti macroscopici
. Stato della capsula
. Stato della cirrosi
Dal punto di vista prognostico sono fattori favorevoli la presenza di un nodulo unico, la dimensione limitata (< 2 cm) e la presenza di una capsula fibrosa. Sulla base di questi ed altri dati, esiste una classificazione dei casi di epatocarcinoma mirata ad indicare quali sono quei pazienti sui quali si può intervenire chirurgicamente, e quelli che invece necessitano di altre cure, efficaci o palliative.
Questo tipo di stadiazione è conosciuta come "Child"
Clinical staging of cirrhosis:
Table: Grading system for cirrhosis: the Child-Pugh score |
|||||
Score |
Bilirubin (mg/dl) |
Albumin (gm/dl) |
PT (Sec) |
Hepatic encephal |
Ascites (grade) |
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< 2 |
> 3.5 |
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None |
None |
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|
|
|
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Mild |
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> 3 |
< 2.8 |
> 6 |
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Severe |
Child class: A: 5 - 6, B: 7 - 9, C: >
Terapia
Quando la malattia è scoperta per le sue manifestazioni cliniche in genere siamo davanti ad un quadro troppo avanzato perché sia possibile un intervento efficace, e la sopravvivenza media è bassa, sotto 1-2 anni. In genere però il paziente non trattato muore entro 3-6 mesi dall'evidenza clinica di neoplasia.
I soggetti in cui può essere effettuata una diagnosi precoce con lo screening spesso possono essere trattati con migliore efficacia. La terapia chirurgica resta attualmente l'unico intervento in grado di dare realmente la possibilità di risoluzione. La sopravvivenza a 5 anni tuttavia è bassa, perché molti pazienti non possono essere trattati chirurgicamente.
Terapia chirurgica: Si può fare un intervento del genere in una limitata serie di circostanze. Il paziente deve avere una neoplasia superficiale, facilmente raggiungibile per via laparoscopica. In circostanze come il quadro di una cirrosi, diventa difficile avere casi di persone in grado di sopportare un intervento chirurgico, per diversi motivi: la massa epatica da asportare può scompensare l'insufficienza, il quadro emo-coagulativo può essere eccessivamente alterato, i farmaci anestetici possono dare reazioni anormali a causa della diminuita biotraformazione.
Purtroppo, nonostante esistano esami di screening per la popolazione a rischio, quali l'ecotomografia e lo studio di marcatori tumorali (AFP) e degli indici di funzionalità epatica, ancora frequentemente vengono diagnosticati HCC non suscettibili di trattamento radicale (resezione o trapianto epatico). La scarsa operabilità degli HCC è dovuta a diversi fattori, tra cui le dimensioni del tumore, la sua sede, le sue caratteristiche isto-patologiche, la gravità della cirrosi e quindi la scarsa riserva funzionale epatica, l'età avanzata del paziente, le condizioni fisiche scadenti.
TACE: Tra le opzioni terapeutiche acquista, quindi, un ruolo significativo la chemioembolizzazione (transarterial chemoembolization, TACE). Partendo dal presupposto che i nodi di HCC sono spesso ipervascolarizzati e che la loro vascolarizzazione è per più dell'80% di origine arteriosa, a differenza del restante parenchima epatico che riceve il sangue prevalentemente dal sistema portale, questa metodica consente la somministrazione loco-regionale di farmaci chemioterapici e di procedere all'occlusione dei vasi arteriosi afferenti alla lesione, riducendo al minimo i danni al parenchima circostante.
Alcolizzazione per via percutanea: Si tratta di un processo di iniezione di piccole quantità di alcool con una cannula intraperitoneale, nel luogo della lesione neoplastica. L'alcool etilico al 100% provoca la necrosi del tessuto tumorale. E' un protocollo di minor efficacia rispetto alla chemioembolizzazione, e che ha il rischio di sgocciolamento del liquido nel peritoneo, con peritonite chimica. Inoltre è scarsamente applicabile nei tumori provvisti di capsula perché l'etanolo tende a diffondere eccessivamente dal sito di inoculo e a causare una perdita eccessiva di parenchima epatico. In questi casi, se proprio non esistono altre opzioni è opportuno fare più somministrazioni frazionate. Questa metodica ha il vantaggio di essere pratica, estremamente economica e con scarse complicanze (peritonite chimica e ascessi infetti)
RITA: La irradiazione della lesione mediante un ago con diverse espansioni che trasmette microonde ad alta frequenza è un altro protocollo sperimentale. Il meccanismo d'azione terapeutico risiede nello sviluppo di calore (la testina dello strumento sviluppa fino a 110°C) che causa necrosi coagulativa come l'etanolo ma in maniera più controllabile. Vantaggi rispetto all'alcolizzazione: meno complicanze; svantaggi: metodica + complicata, necessita di anestesia locale o profonda se il tumore è abbastanza vicino alla glissoniana.
Immunoterapia con Ab monoclonali coniugati con sostanze tossiche
Trapianto potrebbe essere una valida alternativa, ma la frequenza di recidive, e la presenza di metastasi a distanza ne hanno scoraggiato l'applicazione.
ALTRI TUMORI MALIGNI
. Carcinoma fibrolamellare: si differenzia da quello classico per l'assenza della cirrosi sottostante. Non è capsulato, ma è delimitato da una serie di setti fibrosi che lo circoscrivono bene. In effetti ha una scarsa tendenza alla progressione, e la sopravvivenza è migliore, sia associata alla terapia chirurgica che al trapianto di fegato (anche perché si tratta più spesso di soggetti giovani)
. Epatoblastoma: tumore dell'infanzia caratterizzato da livelli molto alti di aFP, con lesioni monofocali e prognosi abbastanza favorevole.
. Emangioma epitelioide: lesione benigna, ma che può dare metastasi
3 COLANGIOCARCINOMA
La neoplasia delle cellule dell'epitelio biliare extraepatico colpisce al 60% gli uomini, fra la 5° e la 7° decade; ha una eziologia associata a:
- infezioni parassitarie e virali a carattere cronico delle vie biliari
- anomali congenite con ectasia
- colangite sclerosante
- colite ulcerosa
- esposizione professionale a cancerogeni della lavorazione della gomma
La colelitiasi invece non è ancora stata accertata come agente eziologico,
Il colangiocarcinoma è di due tipi: diffuso e nodulare (tumore di Klatskin). Quest'ultimo è spesso localizzato alla biforcazione del coledoco, dove si riuniscono i due dotti epatici. La colecisti in questo caso spesso scende, e se ne permette la visualizzazione alla colangiografia. Questo aspetto è detto colecisti collassata.
Il tumore di Klatskin si distingue in tre aspetti morfologici, associati a stadi progressivamente peggiori
- interessamento di un singolo dotto epatico
- interessamento di tutte e due i confluenti epatici
- diffusione multifocale nella zona della giunzione
L'intervento chirurgico è possibile solo nel caso del primo tumore.
La clinica delle neoplasie dell'epitelio extraepatico di solito è caratterizzata da:
. ostruzione biliare
. ittero non accompagnato da dolore
. prurito
. calo ponderale
. feci acoliche
. a volte dolore sordo vagamente localizzato nell'ipocondrio di destra
. a meno che la lesione interessi una regione alta del dotto, la colecisti è palpabile e distesa
In genere la colestasi si manifesta solo durante uno stadio avanzato di neoplasia. Questo provoca un ritardo diagnostico a volte anche parecchio importante. La diagnosi viene solitamente posta dopo colangiografia per un riscontro ecografico di dilatazione delle vie biliare intraepatiche.
Carcinoma della papilla di Vater; Può essere sede di metastasi dei tumori epatici, del pancreas e del duodeno. Primitivamente ospita sarcomi, carcinomi o adenocarcinomi.
Gli adenoK vegetanti sono caratterizzati dalla crescita lenta, dalla prognosi clinica più favorevole, rispetto ai tumori infiltrativi della papilla, che sono spesso diffusamente invasivi. In genere la sintomatologia è quella dell'ittero ostruttivo, e la tecnica diagnostica è la colangiopacratografia retrograda endoscopica, che permette la visione e la biopsia della papilla e la pancreatografia per escludere K della testa del pancreas.
La terapia è un'ampia escissione chirurgica, che purtroppo però spesso deve fare i conti con la possibilità di trovare metastasi a distanza, e quindi una sopravvivenza limitata
Cancro della colecisti: La maggior parte dei tumori della colecisti si sviluppa in presenza di calcoli anziché in associazione con i polipi, anche se comunque anche in questi pazienti il rischio rimane molto basso.
F>M 1:4, età media di insorgenza 70 anni. Incidenza 3 casi su 100000 abitanti anno negli Usa.
La forma più comune sono gli adenocarcinomi dell'epitelio secernente della colecisti. Clinicamente nella maggior parte dei casi si tratta di episodi di dolore, calo ponderale, ittero e massa palpabile. In alcuni casi si può sovrapporre una colangite.
Si diagnostica con l'ecografia, la TAC, e l'agobiopsia ecoguidata.
La prognosi di questo tipo di tumore è estremamente grave: in genere il 75% dei pazienti non sono asportabili al momento dell'operazione, e di questi il 96% muoiono entro l'anno. Fanno eccezione quei casi scoperti casualmente durante una laparoscopia esplorativa.
La radio e la chemioterapia non sono efficaci.
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