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Meningite meningococcica
Dovuta a Neisseria meningitidis, la meningite meningococcica è, in Italia, la più frequente (80%) delle meningiti batteriche acute.
Eziologia. Il meningococco è un gram-negativo, non mobile, asporigeno, più spesso capsulato. Nei preparati ottenuti da campioni biologici e da colture si presenta con la tipica disposizione "a chicco di caffè"; molto frequentemente ha sede intracellulare, all'interno dei fagociti. In base alla struttura dei polisaccaridi capsulari, si distinguono almeno 13 diversi sierogruppi. I più diffusi e virulenti sono A, B e C. Oltre ai polisaccaridi capsulari, la struttra antigene del meningococco comprende gli antigeni somatici presenti nella parete cellulare, il lipooligosaccaride (LOS) e proteine della membrana esterna. Il LOS è analogo al lipopolisaccaride degli enterobatteri gram-negativi.
Epidemiologia. La meningite meningococcica si manifesta sporadicamente o con epidemia più frequenti verso la fine dell'inverno e l'inizio della primavera. Il continente Africano sembra essere una vera e propria riserva del patogeno.
In Italia l'incidenza della meningite meningococcica sta progressivamente diminuendo: nel 1995 sono stati notificati poco più di 300 casi. Il dato che caratterizza l'epidemiologia attuale del nostro paese è costituito dalla variazione dei sierogruppi circolanti.
Patogenesi. L'habitat naturale del meningococco è la rinofaringe dell'uomo; la trasmissione avviene per inalazione di goccioline di secrezioni nasofaringee infette.
L'infezione meningococcica del rinofaringe è prevalentemente asintomatica; da qui i meningococchi possono raggiungere il circolo ematico e quindi le meningi durante la fase batteriemica.
Nella genesi del danno tessutale sembra essere coinvolto il LOS, dotato di attività biologica simile a quella dell'endotossina degli enterobatteri. A questo potrebbero essere attribuite sia l'ipotensione della meningococcemia fulminante, sia la porpora e le emorragie viscerali.
Anatomia patologica. Il reperto è in genere costituito dalla presenza di essudato fibrinoso-purulento che avvolge più o meno completamente l'encefalo.
Quando la malattia ha evoluzione fulminante (sepsi meningococcica) l'interessamentodegli spazi meningei appare invece minimo o assente, mentre assai evidenti sono alterazioni tipo vasculite diffusa coinvolgente arteriole e capillari.
Spesso si osservano lesioni emorragiche estese a livello surrenalico (componente anatomica della cosiddetta sindrome di Waterhouse-Friderichsen), che non rappresentano però un'aspetto patognomico, né l'evento patogenetico predominante, ma sembrano piuttosto conseguenza dei fenomeni di CID tipici dello shock settico.
Sintomatologia. Dopo un periodo d'incubazione di 24-72 ore, la malattia inizia bruscamente, a volte preceduta da una lieve rinofaringite, con febbre elevata e tipici sintomi della sindrome meninge (agitazione psicomotoria e poi torpore o coma, cefalea, vomito, rigor nucale e rachideo). Nei 2-3 giorni successivi spesso appaiono herpes labiale e petecchie sulle zone cutanee più soggette a pressione; meno frequenti manifestazioni a tipo ecchimotico o maculopapuloso localizzate al tronco e alle superfici estensorie degli arti, da cui possono essere isolati i meningococchi.
Il liquor risulta iperteso, torbido, opalescente o purulento, con aumento delle proteine, riduzione del contenuto di glucosio e cloruri, pleiocitosi neutrofila; nel 75% dei casi l'esame microscopico degli strisci colorati con Gram dimostra la presenta di meningococchi, intracellulari ed extracellulari. Gli esami ematochimici evidenziano leucocitosi neutrofila e spiccato aumento della VES.
L'evoluzione della meningite non trattata si dimostra per lo più favorevole: migliorano prima le condizioni psichiche, poi gli altri sintomi.
La sepsi meningococcica, a decorso sempre quasi iperacuto, giunge invece frequentemente all'exitus prima che i segni d'interessamento meningeo abbiano avuto il tempo di manifestarsi. La sintomatologia allora è costituita da febbre irregolare, obnubilamento del sensorio, artromialgie, lesioni emorragiche mucose e cutanee, queste ultime consistenti in maculo-papule purpuriche o petecchie diffuse, spesso confluenti. Con estrema rapidità si instaura lo stato di shock endotossinico (cianosi delle estremità, ipotensione, tachicardia, oliguria, anuria); la presenza di CID viene dimostrata dalla comparsa di anemizzazione, piastrinopenia, aumento del tempo di protrombina e tromboplastina parziale, diminuzione del tasso di fibrinogeno, aumento dei prodotti di degradazione della fibrina.
Nell'adulto le complicanze e le sequele della meningite meningococcica sono rare, se si eccettua la paralisi dei nervi oculomotori o del facciale, che comunque si risolve senza esiti in qualche settimana. Nel bambino invece meno infrequenti sono le lesioni permanenti del nervo ottico e dell'acustico; i casi a decorso protratto possono inoltre complicarsi con idrocefalo ventricolare (seguito da ritardi psicomotori e sindromi epilettiche).
Prognosi. L'esito della meningite meningococcica curata precocemente e razionalmente è quesi sempre favorevole. Prognosi assai gravi ha la sepsi meningococcica, mentre i casi caratterizzati da CID e da lesioni surrenaliche di tipo emorragico hanno prognosi sempre infausta.
Terapia. La benzilpenicillina è il preparato di prima scelta.
Profilassi. La chemioprofilassi va raccomandata per chi nei 10 giorni prima l'inizio dei sintomi abbia avuto contatti prolungati e diretti con il paziente. La chemioprofilassi va attuata tempestivamente senza attendere l'eventuale positività delle prove di isolamento dei batteri dal rinofaringe. Il farmaco di scelta è la rifampicina (nell'adulto 600mg bid x 2 gg; nei bambini > 1 anno 10mg/kg; < 1 anno 5mg/kg x 2 gg).
Nel nostro paese da alcuni anni è obbligatoria l'immunoprofilassi attiva per le reclute con vaccini monovalenti o quadrivalenti.
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