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Definizione di ipertensione gestazionale ("National Institute of Health Blood Pressure Education Program" Am J Obstet Gynecol 2000)
Innalzamento della pressione arteriosa sanguigna, in assenza di proteinuria significativa e senza altro danno d'organo, che si instaura dopo la 20^ settimana di gravidanza e che si risolve entro tre mesi dal parto, in una donna precedentemente normotesa.
Un'ipertensione arteriosa in gravidanza viene definita come il riscontro di valori di pressione diastolica (PAD) ≥90 mm/Hg e di sistolica (PAS) ≥140 mm/Hg, confermati in due misurazioni successive a distanza di tempo.
L'ipertensione viene definita grave in presenza di valori di PAD ≥110 mm/Hg e/o PAS ≥160 mm/Hg
Il termine ipertensione gestazionale si riferisce quindi esclusivamente all'ipertensione indotta dalla gravidanza ma non complicata da proteinuria o da segni clinici e di laboratorio tipici della preeclampsia e/o della HELLP.
L'ipertensione gestazionale complica circa il 4% di tutte le gravidanze e il 15% delle gravidanze gemellari nelle popolazioni occidentali.
Si è calcolato che la probabilità che l'ipertensione gestazionale evolva verso la preeclampsia sia del 15-25% globalmente e che ciò accada con ancora maggiore frequenza (45-50%) se l'ipertensione compare entro la 34^ settimana di gestazione.
La progressione verso una forma preeclamptica comporta varie complicanze:
un'anticipazione dell'espletamento del parto
un tasso di mortalità perinatale maggiore
una percentuale aumentata di ritardi di crescita fetali in utero
Purtroppo non ci sono fattori e dati sicuri che ci permettono di prevedere il rischio dell'evoluzione verso la preeclampsia.
Il possibile sviluppo di complicanze materno-fetali nelle pazienti con ipertensione gestazionale è direttamente connesso con alcuni fattori:
gravità del quadro ipertensivo: recenti studi dimostrano infatti come l'ipertensione gestazionale severa comporti un esito perinatale addirittura peggiore di quello di pazienti con preeclampsia moderata in termini di prematurità e basso peso alla nascita
anomalie nel processo di placentazione individuate tramite l'analisi Doppler-velocimetrica del distretto utero-placentare.
Sembra quindi che sia la gravità dello stato ipertensivo che la presenza di indicatori di placentazione anomala,quali la velocimetria delle uterine indicativa di aumentate resistenze, siano associati ad una peggiore prognosi materno-fetale.
Un ricovero per inquadramento di 24/48 h può essere necessario nei casi in cui sia necessario giungere ad una diagnosi e in particolare escludere una preeclampsia; altri casi per i quali ricorrere al ricovero ospedaliero sono:
ipertensione refrattaria ai trattamenti antiipertensivi (PAD ≥110 mmHg)
insorgenza di una preeclampsia sovrapposta
identificazione di quadri evolutivi verso l'IUGR
Pertanto, salvo il sussistere delle suddette condizioni, ogni paziente con ipertensione gestazionale può essere gestita in regime alternativo al ricovero, sia esso domiciliare, ambulatoriale o di D.H.
Monitoraggio Materno:
valutazione quotidiana di peso
proteinuria
diuresi
valutazione PA ogni 4-6 ore
esami ematochimici emocromo-azotemia-creatininemia-transaminasi-PT- PTT-fibrinogeno-D-dimero
-es. urine-proteinuria delle 24 h
Monitoraggio Fetale:
valutazione dei MAF
NST/die
profilo biofisico settimanale, complessivo di analisi Doppler
Il monitoraggio materno-fetale è finalizzato ad individuare donne a rischio di sviluppare SGA/IUGR ed evoluzione verso una preeclampsia. Pertanto vanno programmati controlli ambulatoriali almeno ogni 2 settimane con controllo della uricemia, emocromo e proteinuria: la paziente deve inoltre eseguire un attento monitoraggio domiciliare della pressione arteriosa che preveda controlli almeno 3 volte alla settimana, associato in casi selezionati al controllo della proteinuria mediante multistick.
Nelle pazienti con ipertensione gestazionale la valutazione della Dopplervelocimetria delle arterie uterine consente inoltre di individuare il sottogruppo di pazienti gravate da elevata incidenza di complicanze: preeclampsia, aggravamento del quadro ipertensivo, IUGR.
Il trattamento dell'ipertensione arteriosa in gravidanza è finalizzato al raggiungimento dei seguenti obiettivi:
preservare la sicurezza della madre
ottenere la nascita di un neonato vivo che non necessiti di prolungate cure intensive
prevenire l'evoluzione delle sindromi ipertensive verso forme più gravi
Nelle donne gravide con ipertensione gestazionale lieve o moderata, l'opportunità di instaurare una terapia farmacologica è molto controversa, dal momento che sembra ormai dimostrato che una pressione arteriosa diastolica fino a 110 mmHg non comporti un aumentato rischio per la madre o per il feto. La maggior parte dei protocolli proposti in letteratura indicano quindi la necessità di trattare solo le pazienti affette da ipertensione gestazionale grave (PAS ≥160 mm Hg e/o PAD ≥110 mm Hg). Esistono tuttavia evidenze che, nel caso di forme lievi-moderate di ipertensione, la terapia ipotensiva possa diminuire il rischio di un'evoluzione verso la forma grave di ipertensione riducendo, di conseguenza, il ricorso alla ospedalizzazione della paziente. D'altro canto, malgrado l'impatto clinicamente importante delle forme di ipertensione severa, un loro contenimento non si associa ad una riduzione nel numero di parti pretermine e di tagli cesarei.
Numerosi farmaci sono stati utilizzati per il trattamento dell'ipertensione in gravidanza ma nel confronto tra un farmaco e l'altro non risulta con chiara evidenza che un agente sia migliore di un altro nel controllare i valori pressori.
Una gravida con ipertensione gestazionale non complicata può partorire a termine per via vaginale.
Non ci sono evidenze in letteratura sull'opportunità di un espletamento anticipato del parto, fatti salvi i casi in cui si verifichino le seguenti condizioni:
aggravamento del quadro ipertensivo e/o non risposta alla terapia farmacologia
IUGR e/o sofferenza fetale
D'altro canto non sembra opportuno procrastinare il parto oltre la 40° settimana di gestazione.
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