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INFEZIONI PRE E PERINATALI
Le infezioni prenatali sono contratte dalla madre e/o dal feto in qualunque periodo gestazionale; possono raggiungere il feto o per via ematogena (transplacentare) o per via ascendente (dalle vie genitali).
L'infezione della madre non sempre si traduce in infezione della placenta (placentite), né la placentite si traduce sempre in infezione del feto; inoltre non sempre le infezioni fetali portano a conseguenze clinicamente evidenti.
Le infezioni con natali sono acquisite durante il parto per il contatto dei fluidi materni infetti con il feto (sangue, congiuntiva, mucose).
Le infezioni post-natali sono acquisite entro il primo mese di vita extrauterina, tramite il latte materno, il sangue, il contatto diretto o la saliva.
Figura : Principali infezioni.
Infezioni prenatali
Durante lo sviluppo intrauterino, il feto è protetto dalle infezioni sia tramite le barriere fetali (placenta) sia tramite le immunoglobuline materne: le IgG, infatti, penetrano la placenta e conferiscono protezione al feto fino circa al sesto mese di vita. Se il neonato è allattato al seno, per il periodo dell'allattamento le IgA aggiungono protezione. Fino al secondo anno di vita del bambino, però, l'immunità nei confronti degli antigeni polisaccaridici T-indipendenti è carente, così come la risposta fagocitaria e l'attivazione del complemento: se a questo si aggiunge la soppressione dell'immunità cellulo-mediata materna per evitare il rigetto del feto, si può comprendere come alcune infezioni abbiano la possibilità di oltrepassare tali difese.
L'infezione del feto può portare a diverse conseguenze: dall'aborto alla malattia clinicamente inapparente, passando per il parto prematuro e malformazioni fetali.
STORCH: Questo è un acronimo indicante le infezioni perinatali più importanti:
Syphilis (Treponema pallidum);
Toxoplasmosis (Toxoplasma gondii);
Other Infections (EBV, HBV, HCV, HIV, Listeria, influenza);
Rubella (virus della rosolia);
Cytomegalovirus;
Herpes simplex virus.
La patogenesi di tali alterazioni è dovuta alla:
Interferenza con la normale organogenesi;
Reazione infiammatoria dei tessuti secondaria all'infezione;
Insufficienza placentale secondaria all'infezione stessa.
Sifilide
Ogni anno 1.000.000 gravidanze sono complicate da sifilide, con il 46% di aborti, il 27% di casi di sifilide congenita e il 27% di basso peso alla nascita.
Il neonato si infetta generalmente in utero per passaggio transplacentare, anche se è possibile il contagio diretto durante il parto da una lesione genitale. In assenza di lesioni cutanee sulla mammella della madre non c'è evidenza di trasmissione con l'allattamento al seno.
Il rischio maggiore di trasmissione si ha nel caso di sifilide primaria non trattata, secondo la legge di Kassowitz ("tanto è maggiore il tempo trascorso dall'infezione della donna, tanto minori sono le probabilità che vi sia trasmissione al feto").
Il feto risulta suscettibile dopo il 4° mese; si effettua perciò uno screening sulle gravide al 1° e 3° trimestre e dopo contatti a rischio.
Sifilide congenita precoce (early): i sintomi compaiono entro i primi 2 anni di vita, in genere tra 3 e 8 settimane con:
Febbre;
IUGR;
Epatosplenomegalia;
Rinite catarrale e/o emorragica;
Rash maculo-papulare (palmo delle mani e pianta dei piedi);
Lesioni bilaterali e simmetriche dell'osso lungo (femore ed omero).
Sifilide congenita tardiva (late): i sintomi compaiono dopo i 2 anni e spesso si manifestano alla pubertà:
Cicatrici derivate dalle iniziali lesioni della sifilide congenita precoce o provocate dalla reazione all'infiammazione persistente;
Triade di Hutchinson: malformazione degli incisivi mediani superiori di seconda dentizione (che mostrano obliquità convergente verso il basso, allargamento del colletto e un'incisura semilunare a carico del bordo libero), cheratite interstiziale (la più comune), sordità da danno dell'VIII nervo cranico;
Ritardo mentale.
Toxoplasmosi
La madre si infetta tramite l'ingestione delle cisti contenute nella carne poco cotta (particolarmente a rischio la carne dei grossi animali, quali mucche, maiali, pecore e cavallo) o tramite il contatto con le oocisti presenti nelle feci del gatto.
La donna sieronegativa deve pertanto adottare precauzioni durante la gravidanza, quali il lavaggio accurato delle mani, la cottura completa della carne, l'uso di guanti per maneggiare carne e verdure crude, e se possibile delegare ad altri l'eventuale pulizia della lettiera dei gatti. Con rare eccezioni, la toxoplasmosi congenita è secondaria a una infezione primaria materna durante la gravidanza; nella donna l'infezione primaria è nell'80% dei casi asintomatica, nel 20% invece si manifesta con sintomatologia simil-mononucleosica.
Epidemiologia: la sieropositività anticorpale è del 16-40% in USA e UK, e del 50-80% in Europa continentale (in questa zona la prevalenza della toxoplasmosi congenita è di 7-10/10.000): questo in parte giustifica le diverse misure preventive adottate nei diversi Paesi.
Trasmissione e conseguenze: il rischio di trasmissione è indipendente dalla severità clinica dell'infezione materna, ma correlato all'età gestazionale: al 1° trimestre il 17% si infetta (con il 5% di rischio di fetopatia grave, rischio che diminuisce con il trascorrere della gravidanza); dal 2° trimestre il 65%. Complessivamente, il 30-40% delle donne infettate durante la gravidanza avrà un bambino congenitamente infetto e distingueremo:
Forme asintomatiche (parto pretermine, IUGR);
Forme diffuse (aborto, parto pretermine di feto morto);
Forme localizzate, 10-15% (neuro-oculare, con la tetrade di Sabin: idrocefalo, corioretinite, convulsioni, calcificazioni endocraniche);
Forme tardive, 85-90% (inapparenti alla nascita, ma aumentato rischio di cecità, sordità e ritardo mentale).
Screening e terapia: in Italia si effettua un test anticorpale appena si instaura la gravidanza, con ripetizione ogni 4-6 settimane nelle sieronegative, che saranno anche istruite ad evitare comportamenti a rischio. Qualora si assistesse ad una positivizzazione anticorpale nel 1° o 2° trimestre sarà necessario informare la donna riguardo alle terapie disponibili e anche a una possibilità di interruzione di gravidanza. Dati limitati indicano che la terapia delle donne infettate durante la gravidanza può avere effetti benefici sul feto. La spiramicina (disponibile negli USA distribuita dal FDA) è stata usata per prevenire la trasmissione dell'infezione materna al feto. La pirimetamina e i sulfamidici sono stati usati in gravidanze avanzate per curare il feto contagiato. Gli studi suggeriscono che il trattamento dei bambini sintomatici e asintomatici può migliorare la prognosi, se comparati con i controlli. Quindi, il trattamento con pirimetamina (1 mg/ kg/die PO, dose massima 25 mg), sulfadiazina (85-100 mg/kg/die per os, dose massima 4 g in 2 dosi refratte), insieme alla leucovorina (10 mg per os 3 volte a settimana) è raccomandato insieme alla consulenza da parte di un esperto. L'uso dei corticosteroidi in presenza di infiammazione è controverso e deve essere stabilito caso per caso.
Figura : Flow-chart per la gestione della Toxoplasmosi in gravidanza.
Other infections
Sono rare e dovute a EBV, HBV, HCV, HIV, Listeria, influenza; i segni e sintomi variano a seconda dell'agente eziologico.
Epatite B
Trasmissione e conseguenze: la modalità di contagio verticale può essere sia transplacentare (che è però meno frequente, e comunque nella seconda metà della gravidanza) che connatale (pari rischio tra parto cesareo e naturale); l'allattamento non è particolarmente a rischio.
A rischio elevato (70% di trasmissione, 50% neonato portatore cronico) sono le donne con epatite acuta nel III trimestre, portatrice cronica HBeAg positiva e parto durante l'incubazione dell'epatite, mentre a basso rischio, donne con epatite acuta nel I o II trimestre, portatrice cronica HBeAg negativa.
Screening e terapia: in Italia si effettua il test a tutte le gravide al III trimestre, con profilassi alle positive e nei casi di presunta infezione tramite Ig specifiche e vaccino. L'allattamento al seno non è controindicato.
Epatite C
Trasmissione e conseguenze: si ha solo in caso di viremia materna, e può avvenire in qualsiasi momento della gravidanza, al parto e con l'allattamento. Il rischio complessivo però è basso (10%), ma aumenta in caso di coinfezione da HIV. L'infezione cronica non provoca embrio-fetopatia specifica, non influenza le condizioni feto-neonatali al parto e non aumenta il rischio di complicazioni ostetriche; c'è però un rischio di insorgenza di epatite nel I anno di vita e di epatite subclinica o di stato di portatore sano, fino alla cirrosi in età adulta.
Screening e terapia: valutazione degli anticorpi anti-HCV; in caso di positività si ricerca l'HCV-RNA e si valutano il valore della viremia e delle transaminasi. Nel corso della gravidanza si valutano l'andamento della viremia e degli indici di colestasi. I farmaci antivirali sono controindicati.
Diagnosi nel feto: dimostrazione della persistenza di HCV-RNA nel sangue del bambino dopo i primi 3 mesi di vita con o senza la coesistenza di segni di compromissione epatica; persistenza degli anticorpi anti-HCV oltre i 18-24 mesi (gli anticorpi anti-HCV trasmessi passivamente dalla madre al feto possono persistere per circa un anno dopo la nascita).
HIV
Trasmissione e conseguenze: la trasmissione è nel 23% dei casi intrauterina (si considera infettato in utero un neonato i cui test virologici si positivizzano entro le prime 48h di vita), nel 65% intrapartum e nel 12% tramite l'allattamento (sia con il latte in sé che tramite il sangue delle ragadi).
Il rischio di infezione per un lattante nato da madre HIV-positiva che non ha ricevuto terapia antivirale durante la gravidanza è stimato tra il 13 e il 39%; la trasmissione verticale è più frequente nei casi di infezione contratta in gravidanza, malattia sintomatica, riduzione dei CD4, viremia materna elevata, procedure diagnostiche invasive, fumo di sigaretta e infine infezione placentare. Nei parti per via vaginale, il primo nato di due gemelli è a rischio più elevato del secondo. Il taglio cesareo sembra ridurre il rischio.
L'infezione da HIV materna aumenta di per sé il rischio di aborto, in più in caso di infezione endouterina il neonato potrà avere la cosiddetta "sindrome dismorfica neonatale" con ritardo di crescita, microcefalia, ipertelorismo, prominenza delle bozze frontali, naso insellato, rime palpebrali oblique e naso corto.
Screening e terapia: in caso di sieropositività materna si adotta il protocollo: zidovudina per os a partire dalla 14° settimana, che viene passata i.v al travaglio e somministrata per os al neonato per 4 settimane; inoltre si effettua il parto tramite un cesareo elettivo e si vieta l'allattamento al seno; la corretta applicazione delle procedure indicate riduce il rischio di trasmissione al 2%.
Parvovirus B19
È l'agente eziologico del megaloeritema infettivo o quinta malattia, e può essere causa di crisi aplastiche in pz con anemia emolitica cronica e poliartrite acuta.
Trasmissione e conseguenze: le donne in età fertile sono negative nel 45-65% dei casi, con rischio di trasmissione in caso di infezione che si aggira intorno al 30% . Nel 95% dei casi l'infezione fetale non ha conseguenze, ma nei restanti si manifesta con aborto, IUGR, anemia, miocardite, peritonite da meconio o idrope, quest'ultima dovuta alla localizzazione midollare del virus che provoca l'aumento dell'emopoiesi extramidollare, con riduzione della funzionalità epatica e quindi della sintesi di albumina. La riduzione dell'osmolarità associata all'insufficienza epatica da anemia provoca la fuoriuscita dei liquidi dal circolo.
Rosolia
La rosolia è causata da un virus a RNA della famiglia Togaviridae del genere Rubivirus.
Trasmissione e conseguenze: la rosolia congenita è tipicamente derivante da una infezione materna primaria. Il virus della rosolia invade le vie respiratorie superiori; compare un rash cutaneo 10 giorni dopo il quale si ha la viremia e diffusione in differenti siti, compresa la placenta. L'infezione dei villi coriali provoca da un lato l'ingresso del virus nella circolazione fetale con alterazione della morfogenesi, dall'altra la diffusione nel liquido amniotico con infezione del cristallino e cataratta.
Il rischio di trasmissione al prodotto del concepimento è del 90% in caso di infezione contratta nel primo trimestre, del 10-40% nel II trimestre e molto bassa nel terzo; allo stesso la gravità delle conseguenze sul feto è massima nel primo trimestre.
L'infezione può dar luogo a diversi quadri:
Sd. da rosolia congenita: difetti oculari (cataratta, glaucoma, retinopatia, microftalmia), malformazioni cardiache (persistenza del dotto di Botallo, stenosi dell'a. polmonare e dell'aorta, difetto del setto i.v), ipoacusia neurosensoriale, ritardo psicomotorio;
Fetopatia rubeolica evolutiva: alterazioni ossee (osteogenesi ed ossificazione delle metafisi), ematologiche (anemia e porpora trombocitopenia), viscerali (epatosplenomegalia, ittero e diabete) e IUGR;
Aborto/morte fetale tardiva;
Sequele tardive negli asintomatici (ipoacusia, ritardo mentale, ipotiroidismo, glaucoma, diabete, pan encefalite cronica progressiva).
Screening e terapia: l'infezione materna si rende manifesta per la positivizzazione delle IgM con basso indice di avidità e assenza di anticorpi anti E2. Nel neonato è possibile valutare il profilo anticorpale e l'eventuale eliminazione del virus nelle urine: l'assenza degli ac vs. E2 e la positività del virus nelle urine sono indicativi di alto rischio di sindrome da rosolia congenita o comunque sequele tardive; se il piccolo invece ha gli Ac. contro E2 e non ha virus nelle urine il rischio è basso, anche in presenza di IgM specifiche. La profilassi si basa sul vaccino alle ragazze prepuberi; in caso di infezione in gravidanza, specie se nel primo trimestre, si ricorre alla somministrazione di Ig specifiche e comunque si suggerisce alla gravida di prendere in considerazione l'aborto terapeutico.
Citomegalovirus
Il CMV, un virus a DNA che appartiene alla famiglia degli Herpesviridae, ha preso il nome dalle caratteristiche grandi cellule, che contengono inclusioni intranucleari e citoplasmiche, spesso riscontrate nei prelievi istologici. Come altri herpesvirus, il CMV è capace di latenza e riattivazione.
Il CMV è stato isolato in vari siti compresa la saliva, l'urina, il latte materno, lo sperma, il muco cervicale, il liquido amniotico e nel sovranatante dopo centrifugazione del sangue (buffy coat).
Trasmissione e conseguenze: in Italia la sieropositività è intorno al 70%. Molte donne che vengono infettate dal CMV durante la gravidanza sono asintomatiche, ma qualcuna sviluppa una malattia simile alla mononucleosi. L'infezione congenita da CMV, che si verifica nello 0,3-2% di tutti i nati vivi, si pensa che derivi dall'acquisizione transplacentare di una infezione materna primaria o ricorrente.
Una malattia clinicamente evidente nel neonato si verifica molto più facilmente dopo l'esposizione a un'infezione materna primaria, in particolare nella prima metà della gravidanza, soprattutto fino a 12-16 settimane. L'infezione perinatale da CMV è contratta per esposizione alle secrezioni cervicali infette, al latte materno o a emoderivati. Si ritiene che gli anticorpi materni abbiano funzione protettiva e che la maggior parte di questi neonati a termine sia asintomatica o non sia colpita in caso di contatto con il virus. D'altra parte, i bambini prematuri privi di anticorpi contro il CMV che ricevano sangue sieropositivo, possono sviluppare una malattia grave; è pertanto necessario trasfonderli solo con sangue CMV-negativo e limitare i contatti potenzialmente infettivi.
Circa il 10-15% dei bambini con infezione congenita da CMV sono sintomatici alla nascita: il 30% dei piccoli muoiono, mentre i restanti avranno sequele neurologiche nel 70% dei casi (sindrome poliviscerale, deficit uditivo 60%, ritardo mentale 45%, corioretinite 15%, danni neurologici 35%).
Anche gli asintomatici però non sono privi di rischio: avranno sequele neurologiche tardive nel 10-15% dei casi, ovvero 75.000 nel mondo (deficit uditivo 7-15%, ritardo mentale 3-10%, corioretinite 1-2%, danni neurologici < 1%). In particolare, la trasmissione del virus nel primo trimestre porta ad una grave forma caratterizzata dalle alterazioni sopra elencate associate a prematurità, epatosplenomegalia, ittero, CID, piastrinopenia, petecchie e microcefalia.
Screening e terapia: si ricercano le IgM nel sangue neonatale, si ricerca il virus nelle urine con PCR si effettuano colture virali, anche se la positività non ha alcun valore prognostico.
Herpes Simplex
Trasmissione e conseguenze: le stime dell'incidenza variano da 1/3000 a 1/20000 nati vivi. L'HSV tipo 2 è responsabile dell'80% dei casi; il 20% è causato da HSV di tipo 1.
La trasmissione è nel 15% dei casi transplacentare, nell'80-90% avviene durante il parto e fino al 10% dopo la nascita per contatto con lesioni dei famigliari.
Le manifestazioni cliniche, di solito, si hanno tra la 1a e la 2a sett. di vita; tuttavia, i sintomi possono non comparire fino alla 4a sett. di vita. Il segno patognomonico dell'infezione è rappresentato da vescicole cutanee, che, se non trattate, frequentemente inducono entro 7-10 giorni una progressiva e più grave forma di malattia. Comunque, fino al 45% dei neonati infetti non presenta inizialmente vescicole cutanee; solitamente questi neonati hanno una malattia localizzata al SNC. Altri segni di infezione, che possono essere presenti singolarmente o in associazione, comprendono l'instabilità termica, la letargia, l'ipotonia, la difficoltà respiratoria (apnea o polmonite), le convulsioni, l'epatite e la coagulazione intravascolare disseminata (CID).
Figura : Forme cliniche dell'infezione dell'HSV.
Screening e terapia: l'infezione materna è identificata tramite coltura del liquido delle vescicole e indagini sierologiche; l'infezione del neonato si identifica in maniera analoga o anche con PCR del sangue e liquor in sospetto diagnostico di setticemia eo meningite.
Il trattamento è complesso:
in caso di lesioni genitali in prossimità del parto si procede a cesareo elettivo e tp antivirale;
nel neonato infetto tp antivirale con Acyclovir da iniziare subito o al sospetto.
Varicella Zoster
Trasmissione e conseguenze: in gravidanza si hanno 1-7/10.000 casi di varicella, con incidenza di fetopatia pari al 2% nei casi di infezione nelle prime 20 settimane. Nel primo trimestre infatti si ha un 8-24% di trasmissione transplacentare che nel 10% dei casi porta alla varicella congenita, caratterizzata da:
92% lesioni cutanee cicatriziali;
69% anormalità oculari (cataratta, corioretinite);
52% difetti neurologici;
40% ipoplasia del limbo;
25% morte nel I mese di vita;
16% ritardo psicomotorio;
16% atrofia muscolare, malformazione degli arti.
Se invece l'infezione materna avviene più tardi, si potranno avere quattro possibilità:
parto nel periodo dell'incubazione o comunque fino a 2gg prima dell'eruzione cutanea: infezione per contatto con varicella connatale (forma lieve);
parto nei primi giorni dell'eruzione cutanea: il feto può infettarsi o per via transplacentare (forma connatale grave) o per contatto (forma lieve);
parto dopo 5gg dall'eruzione: gli anticorpi materni sono già presenti e proteggono il feto, quindi si avrà comunque una forma lieve;
parto almeno 3 settimane dopo l'insorgenza dell'eruzione cutanea: il passaggio transplacentare degli anticorpi materni consente la guarigione del feto.
Screening e terapia: innanzitutto si può procedere alla vaccinazione delle donne sieronegative, ma essendo un vaccino vivo è necessario evitare gravidanze nei 3 mesi successivi; in caso di esposizione al contagio in gravidanza si somministrano Ig specifiche alla donna, che sono in grado di proteggere il feto dalle complicanze più gravi. Se la madre presenta i segni della varicella in prossimità del parto si somministrano Ig specifiche e Acyclovir al neonato.
È opportuno procedere alla somministrazione delle Ig anche ai prematuri esposti al contagio.
Infezioni connatali
Sono causate da patogeni commensali delle vie genitali femminili o da patogeni provenienti dalle zone limitrofe, quale il retto; i più frequentemente coinvolti sono gli Streptococchi gruppo B e Escherichia coli, che causano una grave sepsi batterica acuta. Anche Neisseria gonorrhoeae e Chlamydia trachomatis possono infettare il feto, causando congiuntivite purulenta; Chlamydia trachomatis può inoltre causare una polmonite interstiziale che può esordire da 2-6 settimane fino a 6 mesi di età.
Streptococco Agalactiae
Trasmissione e conseguenze: è un diplococco Gram+ commensale del tratto intestinale nel 15-40% dei casi, e che nel 10-30% passa in vagina. Nella gravida colonizza il neonato nel 15-30% dei casi, con infezione neonatale nello 0,03-0,3%. La presenza del batterio in vagina ha raramente effetti sulla gravidanza quali parto pretermine, early onset disease oppure late onset disease.
Screening e terapia: si effettua un tampone vaginale e rettale a tutte le gravide tra la 35° e la 37° settimana; in caso di positività si effettua la profilassi intra partum con ampicillina (da iniziare almeno 4 ore prima dell'espletamento del parto), che va effettuata anche alle donne negative che però abbiano parto pretermine, PROM specie se protratta oltre le 18 ore, febbre durante il travaglio o precedente neonato che abbia avuto infezione da streptococco del gruppo B.
Sepsi neonatale
È una sindrome causata dalle conseguenze metaboliche ed emodinamiche di una infezione. Colpisce 1-10/10.000 nati vivi, ma fino a 3-9/100 nati vivi VLBW.
Trasmissione e conseguenze: l'infezione può essere verticale (transplacentare, ascendente o durante il passaggio nel canale del parto), o orizzontale (personale e attrezzature d'assistenza). Il neonato è infatti un soggetto a rischio, essendo le sue difese immunitarie ancora immature; in particolare il prematuro si trova in una situazione di forte suscettibilità: poiché le IgG materne, che sono una solida difesa per il neonato a termine, iniziano ad attraversare la placenta in quantità considerevole solo a partire dalla 22° settimana e in particolare nelle ultime 6, il prematuro ne avrà in circolo una quantità inferiore rispetto al nato a termine, con un più rapido wash-out delle stesse.
Nel neonato inoltre le barriere fornite da cute e mucose sono meno efficaci che nell'adulto per il ridotto spessore e l'aumentata permeabilità (strato corneo più sottile e meno compatto) e per la poca efficacia dei sistemi difensivi attivi (alcalinità della cute, riduzione della produzione degli acidi grassi e carenza di IgA secretorie).
Fattori di rischio precoci
PROM (> 18h);
Febbre intraparto (>38°C);
Leucocitosi materna (>18.000/mmc);
Tachicardia Fetale (>180 bat/min);
Ipossia intrapartum.
Fattori di rischio comuni
Prematurità (<37 sett.);
Deficit immunologico neonatale;
Anomalie congenite;
Scarse norme igieniche.
Fattori di rischio tardivi
Procedure diagnostiche invasive;
Procedure terapeutiche invasive;
Nutrizione parenterale.
Clinica: cute marezzata, grigiastra, mal perfusa, aumento del tempo di riperfusione capillare (>2-3 sec.), ipo-ipertermia, letargia, disturbi di suzione, ittero. Nello specifico:
Apparato respiratorio: tachipnea, dispnea, apnea, gemito, rientramenti diaframmatici, intercostali, cianosi;
Apparato cardiovascolare: pallore, cianosi, tachicardia o bradicardia, ipotensione, edema;
Apparato emopoietico: petecchie, porpora, emorragie, splenomegalia;
Apparato GI: distensione addominale, vomito, diarrea, ristagno gastrico, epatomegalia;
SNC: ipotonia o ipertonia, tremori, convulsioni, fontanella tesa.
Diagnosi: l'emocromo mostra una leucocitosi con neutropenia (<1500/mmc) ed I/T ratio >0,2 (ovvero con numerosi neutrofili immaturi, che presentano un numero di connessioni tra i segmenti nucleari superiore ad un terzo del numero dei lobi); c'è piastrinopenia. Si valuta il livello della PCR (si ricordi che ha un'emivita di 19 ore; la specificità del controllo singolo è limitata ma è un buon indice di progressione in caso di controlli seriati nel tempo) e delle citochine IL1, IL6 e TNF.
Si effettuano colture di sangue, urine, aspirato bronchiale eo faringeo, eventualmente dell'LCR; si effettua un Rx torace-addome.
Terapia: antibiotici, eventualmente Ig umane, terapia di supporto.
Complicanze: shock settico, CID, enterocolite necrotizzante, convulsioni, alterata secrezione di ADH, ipertensione polmonare persistente.
Congiuntivite del neonato
Le principali cause sono, in ordine decrescente, lesioni chimiche, infezioni batteriche e infezioni virali.
La congiuntivite chimica è di solito secondaria all'instillazione di gocce di nitrato d'argento per la profilassi oculare. L'oftalmia da clamidia è causata dalla Chlamydia trachomatis acquisita durante il parto. Si verifica nel 2-4% dei nati e rappresenta il 30-50% delle congiuntiviti nei bambini di età inferiore o uguale a 4 sett. L'incidenza di infezioni da clamidia nella madre va dal 2 al 20%. Circa il 30-40% dei bambini nati da donne affette sviluppa una congiuntivite e il 10-20% sviluppa una polmonite.
Altri batteri, come lo S.pneumoniae e l'H.influenzae sono responsabili di un altro 15% dei casi di congiuntiviti neonatali. Negli USA, l'incidenza dell'oftalmia gonococcica (oftalmia neonatorum dovuta alla N. gonorrhoeae) è pari a 2-3 casi/10.000 nati vivi. Il principale agente virale che causa congiuntiviti neonatali è l'Herpes simplex tipo 1 e 2 (cheratocongiuntivite erpetica).
Clinica: la congiuntivite chimica secondaria all'uso del nitrato d'argento, di solito compare entro 6-8 h dall'instillazione e scompare spontaneamente entro 24-48 h.
L'oftalmia da clamidia di solito si ha a distanza di 5-14 giorni dalla nascita. Essa può andare da una congiuntivite lieve con minima secrezione mucopurulenta fino a un grave edema palpebrale con abbondante secrezione e formazione di pseudomembrane.
L'oftalmia gonorroica produce una congiuntivite purulenta acuta che compare 2-5 giorni dopo la nascita o prima, se c'è stata rottura prematura delle membrane. Il bambino presenta un grave edema palpebrale seguito da chemosi e da un abbondante essudato purulento che può essere sotto pressione. Se non viene trattato, si può avere l'ulcerazione corneale.
L'esordio della congiuntivite da altri batteri è estremamente variabile, variando da 4 giorni a 3 sett.
La cheratocongiuntivite erpetica può aversi come una infezione isolata oppure in corso di infezioni disseminate o di infezioni del SNC. Può essere erroneamente diagnosticata come congiuntivite batterica o chimica, ma la presenza di cheratite dendritica è patognomonica.
Profilassi: l'uso routinario del nitrato d'argento all'1%, di pomate o colliri a base di eritromicina o di tetracicline applicati in ambedue gli occhi dopo la nascita è raccomandato, tuttavia nessuno di questi agenti sembra prevenire l'oftalmia da clamidia.
Terapia
oftalmia da clamidia: eritromicina etilsuccinato alla dose di 50 mg/kg/die in dosi refratte, 6 o 8 h PO per 2 sett;
oftalmia gonorroica: bambino da ospedalizzare; 25-50 mg/kg di ceftriaxone IM fino alla dose massima di 125 mg (possono essere anche somministrati 100 mg/kg). L'irrigazione frequente dell'occhio con soluzione fisiologica previene la formazione di aderenze;
congiuntivite dovuta ad altri batteri: terapia topica con polimixina più bacitracina, eritromicina o tetracicline;
cheratocongiuntivite erpetica: acyclovir per via sistemica (30 mg/kg/die suddivisi in 3 dosi per 14-21 giorni; ai prematuri si somministrano 20 mg/kg/die suddivisi in 2 dosi) e gocce oftalmiche o pomate a base di tifluoridina o pomate a base di vidarabina 3%, 2-3 h mentre il bambino è sveglio, in associazione con pomata a base di idossiuridina prima di andare a dormire. La terapia sistemica nel neonato è importante, perché la malattia può diffondere al SNC e ad altri organi
Polmonite
Esordio precoce (entro qualche ora dalla nascita): espressione polmonare di una sepsi; vedi sopra.
Esordio tardivo (dopo 7gg di vita): correlata all'uso di supporti respiratori invasivi, è spesso dovuta allo stafilococco Met-resistente; altri patogeni chiamati in causa sono E. coli, Klebsiella, Pseudomonas, Proteus, e Serratia, come pure la Candida e altri funghi. Il trattamento si basa su vancomicina finché non sono disponibili i risultati dell'antibiogramma; la terapia di supporto è analoga a quella per la sepsi.
Polmonite da clamidia: la contaminazione da clamidie durante il parto può evolvere in polmonite da clamidia a 2-6 sett di vita. I bambini sono tachipnoici, ma non si presentano in condizioni critiche e possono presentare una congiuntivite associata, causata dallo stesso organismo. Può essere presente eosinofilia e gli esami rx evidenziano infiltrati interstiziali. Il trattamento con eritromicina porta a una rapida risoluzione.
Meningite
La meningite neonatale si verifica in 2/10000 nati a termine e 2/1000 neonati di basso peso alla nascita (BPN); c'è una prevalenza nei maschi. Si verifica in circa il 25% dei neonati con sepsi neonatale.
Eziologia: streptococco di Gruppo B (GBS, soprattutto tipo III), E.coli e Listeria monocytogenes provocano il 75% delle meningiti neonatali. Anche gli enterococchi, gli streptococchi non-enterici di Gruppo D, gli streptococchi α-emolitici e altri germi enterici gram - (p. es., Klebsiella sp, Enterobacter sp, Citrobacter diversus) sono patogeni importanti. H. influenzae tipo b, Neisseria meningitis, e S.pneumoniae sono stati riportati sempre più frequentemente come cause di meningite neonatale.
La meningite neonatale nella maggior parte dei casi deriva da una precedente batteriemia associata a sepsi neonatale. La meningite può anche derivare da lesioni cutanee del cuoio capelluto che con uno sviluppo anomalo portano a un'apertura tra la superficie cutanea e l'area subaracnoidea. Raramente può verificarsi una propagazione diretta al SNC attraverso un vicino focolaio auricolare (p. es., otite media).
La profilassi intrapartum per il GBS non previene l'infezione a esordio tardivo da GBS.
Clinica: se associata alla sepsi, il quadro clinico è dominato dai segni di questa; se isolata, spesso non vi sono segni specifici di meningismo, salvo una tensione della fontanella, irritabilità ed eventualmente vomito da ipertensione endocranica.
Prognosi: con la terapia, il tasso di mortalità della meningite neonatale da gram - è del 20-30%, per i gram + (p. es., GBS), del 10- 20%. Per i germi che provocano una meningite necrotizzante e un ascesso cerebrale, il tasso di mortalità si può avvicinare al 75%. Nel 20-50% dei bambini che sopravvivono a una meningite neonatale si sviluppano sequele neurologiche (p. es., idrocefalo, perdita dell'udito, ritardo mentale), con una prognosi peggiore quando gli agenti patogeni sono germi enterici gram -.
La meningite da GBS ha un tasso di mortalità significativamente più basso rispetto alla sepsi a esordio precoce da GBS.
Appunti su: eruzioni cutanee perinatali, incisivi hutchinson, suscettibile a infezione primaria, escherichia coli parto naturale congiuntivite feto, |
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