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Farmaci antiaggreganti piastrinici




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Farmaci antiaggreganti piastrinici

Si distinguono due tipi di trombi:

Il trombo venoso o rosso, che si sviluppa in assenza di una lesione, ed è formato prevalentemente da fibrina e globuli rossi, in seguito a stasi ematica;

Trombo arterioso o bianco, che si sviluppa in presenza di una lesione dell'endotelio, soprattutto in vasi aterosclerotici. È formato prevalentemente da fibrina e piastrine.

La terapia antiaggregante e anticoagulante sono combinate insieme nelle trombosi venose e arteriose.

Nella formazione del coagulo, un ruolo molto importante è svolto dalla piastrina, poiché, attivandosi, rappresenta la supeficie sulla quale avviene l'organizzazione della componente proteica del coagulo. Sulla superficie della piastrina sono presenti GPIa/IIa e GPIb, due proteine di membrana che si legano al collagene e al fattore di von Willebrand, consentendo così alle piastrine di aderire al sub endotelio del vaso sanguigno danneggiato. Inoltre sono presenti anche PAR1 e PAR4, recettori attivati da proteasi che rispondono alla trombina. Sono presenti i recettori P2Y1 e P2Y12, recettori per ADP: quando sono stimolati questi recettori attivano la proteina di legame al fibrinogeno GPIIb/IIIa e la ciclossigenasi-1 o COX-1, promuovendo l'aggregazione e la secrezione piastrinica. Il trombossano A2 è il principale prodotto dell'azione della COX-1 coinvolto nell'attivazione piastrinica. La prostaciclina I2, sintetizzata dalle cellule endoteliali, inibisce l'attivazione piastrinica.

Quindi i farmaci antiaggreganti piastrinici vanno ad interferire nei normali processi di attivazione della piastrina. I principali meccanismi di azione degli antiaggreganti piastrinici sono:

Inibizione della ciclossigenasi;

Inibizione della trombossano sintetasi;

Antagonismo del recettore TXA2;

Antagonismo del recettore dell'ADP;

Inibizione delle fosfodiesterasi;

Attivazione dell'adenilato ciclasi;

Antagonismo del complesso proteico IIaIIIb.

Inibitori della ciclossigenasi o COX

Vengono utilizzati due composti con questa attività:

L'acido acetilsalicilico;

Indobufene

La fosfolipasi A2, attivata da stimoli, libera dai fosfolipidi di membrana l'acido arachidonico. Quest'ultimo è il substrato sia delle COX che delle lipossigenasi. Vi sono due isoforme di COX, con una diversa espression. La COX -1 è quella costitutivamente attivata e vien inibita sia da alte che da basse dosi di aspirina, mentre la COX-2 è quella, per lo più, indotta dalla risposta infiammatoria, inibita solo da alte dosi di aspirina. In realtà la COX-2 è espressa anche a livello dell'endotelio, ad opera dello shear stress, e qui produce la prostaciclina I2, che inibisce l'attivazione piastrinica. Nelle piastrine, il metabolismo dell'acido arachidonico tramite la COX-1, è volto alla sintesi del trombossano A2, per mezzo della trombossano sintetasi, potente stimolatore dell'attività aggregante.

L'acido acetilsalicilico determina l'acetilazione irreversibile della serina 529 della COX-1 piastrinica. Siccome le piastrine, non possiedono nucleo, non sono in grado di sintetizzare nuova COX-1, di conseguenza l'inibizione dura per tutta la vita della piastrina, ovvero 7-10 giorni. L'emivita plasmatica dell'acidoacetilsalicilico è di circa 30 minuti, tuttavia presenta un effetto cumulativo e saturabile, infatti 30 mg al giorno determinano l'inibizione totale della sintesi di TXA2 per una settimana. L'inibizione della sintesi del TXA2 non influenza l'adesione piastrinica.

Quando viene somministrata per os, l'acido acetilsalicilico svolge un'azione presistemica, andando ad inibire già nella circolazione portale l'enzima. Ciò permette di ottenere l'effetto antiaggregante a dosi minori rispetto all'effetto anti-infiammatorio. A livelli sistemico, vengono inibite le COX-1 e 2. Gli effetti non dipendenti dall'inibizione della COX sono un aumento della fibrinolisi ed un'inibizione della coagulazione. L'effetto anti-aggregante non è dose-dipendente, al contrario degli effetti collaterali, che sono dose-dipendenti. L'effetto anti-aggregante si ottiene a dosi inferiori rispetto a quelle anti-infiammatorie, quindi inferiori ai 100 mg al giorno.

Basse dosi di aspirina sono efficaci per il trattamento di vari disordini trombo-embolici. L'utilizzo di una dose compresa tra 50-100 mg al giorno è efficace nel limitare l'insorgenza degli effetti collaterali.

Ina percentuale compresa tra il 5-45% i soggetti sviluppano una resistenza clinica all'aspirina. Sono vari i meccanismi alla base della resistenza, riassumibili in:

Meccanismi clinici: mancata compliance, fumo di tabacco che aumenta la funzionalità piastrinica;

Farmacodinamici: in alcuni soggetti l'effetto antiaggregante poterebbe essere dose-dipendente (risposta alla dose), la terapia cronica potrebbe abbassare l'efficacia dell'aspirina (durata della terapia), altri FANS potrebbero inibirire l'azione dell'aspirina sulla COX (interazioni farmacologiche);

Meccanismi biologici: l'aspirina potrebbe indurre la sintesi di TXA2 anche dalla COX-2, aumentando la concentrazione totale di TXA2; presenza di vie alternative per l'attivazione delle piastrine; presenza di composti simil-prostaglandine, in grado di mimare l'azione del TXA2; patologia infiammatoria vascolare,con innesco di vie alternative per l'attivazione piastrinica;

Meccanismi genetici: presenza di polimorfismi della COX scarsamente predisposta all'acetilazione, polimorfismi per il recettore GPIIb/IIIa.

Per quanto riguarda l'indobufene, viene utilizzato nei pazienti ipersensibili all'aspirina. Le dosi oscillano tra 100-200 mg. È un inibitore reversibile della COX-1, con un'emivita di 6-8 ore. La durata dell'effetto è di circa 12-24 ore.

Inibitori della trombossano sintetasi

Gli endoperossidi ciclici, tra cui il TXA2, hanno attività aggregante. Tuttavia, l'inibizione della COX determina anche un abbassamento della concentrazione di prostaciclina, che svolge invece un ruolo inibitorio nell'attivazione piastrinica. L'inibizione della trombossano sintetasi determinerebbe, invece, la sola inibizione della sintesi del trombossano, senza alterare quella della prostaciclina. Tra i farmaci utilizzati in clinica, che sfruttano questo meccanismo, vi è la picotamide.

La picotamide, accanto all'inibizione della trombossano sintetasi, manifesta anche un'attività di antagonismo recettoriale per il recettore del TXA2. La picotamide è indicata nelle trombosi venose ed arteriose. Le dosi di attacco sono comprese tra 900-1200 mg al giorno, mentre le dosi di mantenimento sono di 300-600 mg al giorno. Tra gli effetti collaterali vi è il rischio di emorragie.

Antagonisti del recettore per l'ADP

L'ADP è stato uno dei primi agenti aggreganti piastrinici ad essere identificato. Infatti, elevate concentrazioni di ADP si ritrovano nei granuli piastrinici. Il rilascio dei granuli viene stimolato da trombina e collagene. L'ADP agisce su due differenti recettori metabotropici:

a)     Il recettore P2Y1, associato a Gq, determina la mobilizzazione del calcio e aggregazione reversibile;

b)     Il recettore P2Y12, associato a Gi, che determina un'amplificazione dell'aggregazione e della secrezione.

L'aumento di calcio e l'inibizione del cAMP causano il cambiamento conformazionale della glicoproteina IIb/IIIa, che si lega a proteine adesive come il fibrinogeno e vWF.

In clinica vengono utilizzati gli antagonisti del recettore P2Y12:

Ticlopidina

Clopidogrel

Prasugrel

Ticagrelor

Cangrelor

Questi sono pro farmaci, che agiscono solo in vivo, in seguito a metabolismo epatico, con una lenta insorgenza di azione. Sono antagonisti non competitivi e inibiscono il legame del fibrinogeno al complesso GpIIb/IIIa. Inoltre riducono i livelli plasmatici di fibrinogeno e sono indicati nella profilassi di eventi trombo embolici.

Ticlopidina

La ticlopidina è un pro farmaco, che richiede la conversione in un metabolita tiolico attivo, a opera di un CYP epatico. Viene rapidamente assorbito e possiede un'elevata biodisponibilità. Va ad inibire il recettore P2Y12 in modo permanente fomando un ponte disolfuro tra il gruppo tiolico del farmaco e un residuo libero di cisteina situato nella regione extracellulare del recettore. In questo modo l'effetto risulta essere prolungato, anche se l'emivita è breve. La massima inibizione dell'aggregazione si ha dopo 8-11 giorni dall'inizio della terapia. La dose abituale è di 250 mg per 2 volte al giorno. Eventuali effetti avversi sono: sanguinamento, tossicità epatica, neutropenia, rara porpora trombocitopenica.

Clopidogrel

È un analogo della ticlopidina e sembra essere meno tossico. Il farmaco è equivalente all'aspirina nella prevenzione dell'ictus e in combinazione con l'aspirina è efficace quanto l'aspirina e la ticlopidina. È un pro farmaco con un lento inizio di azione. Viene utilizzato, con l'aspirina, negli interventi di angioplastica. Il clopidogrel è stato approvato dalla FDA nel febbraio del 2002. La dose di attacco è di 300 mg al giorno, mentre la dose di mantenimento è di 75 mg al giorno. La risposta al clopidogrel è influenzata dalla variabilità biologica. L'assorbimento intestinale del clopidogrel è limitato dalla presenza della pompa di efflusso, la glicoproteina-P. quindi farmaci induttori di tale trasportatore inibiscono l'AUC del clopidogrel, viceversa per i farmaci inibitori. La risposta al clopidogrel è determinata dal CYP2C19. I portatori di CYP2C19 non funzionante sono soggetti ad eventi cardiovascolari con più frequenza, proprio perché il clopidogrel, essendo un pro farmaco deve essere attivato da tale enzima.

Tra gli effetti collaterali, si segnalano: dispepsia, dolori addominali e sanguinamento. Infine, si segnala che la contemporanea somministrazione di clopidogrel ed inibitori di pompa protonica, i PPI, riduce gli effetti dell'antiaggregante, attenuandone i benefici in soggetti con sindrome coronarica. Questo perché i PPI determinano una inibizione del CYP2C19. Si consiglia di utilizzare il clopidogrel solo con l'omeprazolo, in quanto quest'ultimo non inibisce il CYP2C19.

Prasugrel

Il prasugrel è stato approvato dall'EMEA nel febbraio del 2009 e  dalla FDA nel luglio dello stesso anno. Il prasugrel è un pro farmaco, 10 volte più potente del clopidogrel. Viene metabolizzato in maniera più efficiente e presenta una minore variabilità genetica della risposta terapeutica. Il prasugrel viene assunto per os, con dose di carico di 60 mg per una volta al giorno, e dosi di mantenimento di 10 mg per una volta al giorno. I pazienti che assumono il prasugrel possono anche assumere aspirina. Gli effetti avversi associati all'assunzione del prasugrel sono: sanguinamento, ipertensione, ipercolesterolemia ed iperlipidemia, cefalea, dolore alla schiena, dispnea, nausea e vertigini.

Attualmente il prasugrel è indicato nelle sindromi coronariche, tuttavia bisogna prendere in considerazione il rischio di sanguinamento.

Infine il ticagrelor e cangrelor sono farmaci antiaggreganti che non necessitano dell'attivazione epatica, quindi una volta somministrati per os, presentano già una biodisponibilità elevata.

Gli inibitori della fosfodiesterasi

Gli inibitori della fosfodiesterasi, con effetto antiaggregante sono:

Dipiridamolo

Cilostazolo

Il dipiridamolo è un agente vasodilatatore che, con la warfarina, inibisce l'embolizzazione da protesi valvolari cardiache. Il dipiridamolo aumenta la concentrazione dell'cAMP poiché va ad inibire la fosfodiesterasi. Il cAMP in eccesso va anche ad agire sui recettori A2 per l'adenosina, stimolando l'adenilato ciclasi piastrinica. Tale effetto è mediato anche dalla prostaciclina. Inoltre viene favorito il rilascio di NO. Il dipiridamolo è indicato da solo oppure in associazione ad aspirina per il trattamento delle sindromi anginose, tromboemboliche, etc. il dosaggio è di 300-400 mg al giorno in 3-4 dosi orali. Può causare vasodilatazione cerebrale, con emicrania, disturbi GI e reazioni di ipersensibilità.

Il cilostazolo, invece, va ad inibire la fosfodiesterasi 3. Risulta essere un inibitore reversibile dell'aggregazione piastrinica. È stato approvato nel 2008 per aumentare la distanza percorsa a piedi senza dolore e la distanza massima in pazienti con claudicatio intermittentis, senza dolore a riposo e senza necrosi dei tessuti periferici. Viene somministrato alle dosi di 100 mg per due volte al giorno, per os 30 minuti prima o due ore dopo la colazione e il pasto serale. Deve essere utilizzato con cautela nei pazienti con nota predisposizione alle emorragie. Viene metabolizzato dal CYP3A4, quindi vi è la possibilità di interazioni con gli induttori o inibitori metabolici. Tra gli effetti collaterali vi sono: emorragia, ecchimosi, edema periferico, diarrea, cefalea, palpitazioni, pan citopenia. Per questo motivo, la terapia con cilostazolo viene interrotta in circa il 15% dei pazienti.

Gli attivatori dell'adenilato ciclasi

Gli attivatori dell'adenilato ciclasi maggiormente utilizzati sono la prostaciclina e l'iloprost. L'iloprost viene utilizzato in ambiente ospedaliero, per infusione lenta iv. Questi farmaci sono utilizzati per il trattamento di: malattie vascolari periferiche, angiopatia diabetica, morbo di Raynaud; in circolazione extra-corporea per limitare l'uso di eparina. Esiste un'alta variabilità individuale all'effetto e tra gli effetti collaterali vi sono eccessiva vasodilatazione ed emicrania.

Antagonisti del complesso glicoproteico IIb/IIIa

La GPIIbIIIa è un'integrina, presente sulla superficie della piastrina (circa 50000 per cellula). L'ADP e la trombina inducono una variazione conformazionale che stimola il legame al fibrinogeno. I farmaci che sono in grado di inibire questo meccanismo sono:

Abciximab

Eptifibatide

Tirofiban

Abiciximab

Biciximab è un anticorpo monoclonale umanizzato che si lega contro la GPIIbIIIa. Tale farmaco viene utilizzato in combinazione con l'angioplastica percutanea per la trombosi coronariche con l'aspirina o eparina è molto efficace nella prevenzione delle ristenosi, dell'infarto del miocardio e della morte dovuta all'infarto. L'anticorpo non legato ha un'emivita di circa 30 minuti, ma quando è legato inibisce l'aggregazione piastrinica per 18-24 ore. Viene utilizzato nella prevenzione di complicanze ischemiche in pazienti sottoposti ad interventi coronarici e nella prevenzione a breve termine dell'infarto miocardico in pazienti resistenti ad altre terapie. Vengono somministrati 250 μg/kg un'ora prima dell'intervento. Vi è il rischio di sanguinamento dovuto a terapia prolungata e il rischio di immunogenicità e reazioni di ipersensibilità.

Eptifibatide e Tirofiban

Questi sono dei peptidi sintetici contenenti la sequenza Arg-Gly-Asp 8RGD), che interferiscono con il legame del GPIIbIIIa al fibrinogeno.

L'eptifibatide o integrelina è un peptide ciclico con una potente attività antiaggregante. Viene somministrato iv, con bolo di 180 μg/kg, seguito da 2 Mg/kg al minuto. Presenta però un effetto anticoagulante trascurabile. Il principale effetto collaterale è l'emorragia.

Il tirofiban è un peptidomimetico, con una potente attività antiaggregante. Viene somministrato per infusione iv alla dose di 400 ng/kg al minuto per 30 minuti.

Sono indicati nella prevenzione dell'infarto miocardico in pazienti con angina instabile in ambito ospedaliero. Possono causare sanguinamento e trombocitopenia reversibile. Questi farmaci sono controindicati in pazienti con anamnesi positiva di sanguinamento anomalo, ictus emorragico, ipertensione, trombocitopenia e insufficienza epatica grave.


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