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LA BONIFICA PONTINA
Inquadramento storico
La Grande Guerra è terminata ed ha lasciato: paesi rasi al suolo, bestiame decimato dalle requisizioni militari; e tutto ciò grava ancor di più in Italia, nazione che trae la sua ricchezza prevalentemente dall'allevamento e dall'agricoltura.
Venuto il tempo della ricostruzione, le località più disastrate sono interessate da un intenso flusso migratorio: i lavori iniziano e le lotte dei braccianti strappano ai proprietari forti aumenti salariali; i risparmi accumulati e le successive concessioni-calmiere permettono loro l'acquisto di terreni, soprattutto durante gli anni 1922-1926. Si verifica quindi un'intensa azione speculatrice: in breve tempo la domanda cresce, i prezzi dei terreni salgono e a chiunque viva dei prodotti della campagna si sacrifica per acquistare della terra ma quanto si ricaverà dalla sua coltivazione difficilmente potrà compensare le spese sostenute.
L'insediamento, nel 1922, di un nuovo regime politico, il fascismo, non comporta un aumento rivelante dei prezzi dei prodotti agricoli, almeno fino al '26; ma da allora sino al '33 l'economia subisce un netto tracollo: la crisi economica del settore dell'allevamento, la politica di rivalutazione della lira denominata "quota 90", il progressivo peggioramento dei contratti mezzadrili e colonici fanno abbassare vertiginosamente i prezzi delle derrate ed i salari dei braccianti; questi ed i contadini in genere sono così impossibilitati ad estinguere i debiti contratti con l'acquisto delle terre e a sostenere l'aggravio fiscale; le industrie a conduzione familiare strettamente dipendenti dalle sorti della campagna subiscono anch'esse un notevole regresso.
E' in questa situazione che agli occhi delle famiglie più povere l'esodo diviene l'unica possibilità per migliorare le proprie condizioni: gli uomini adulti avrebbero intensificato quel flusso migratorio che dall'Italia nell'Ottocento si era diretto verso l'America e che da poco prediligeva piuttosto l'Europa centrale nonché il triangolo industriale Genova-Milano-Torino. Lontani da casa per buona parte dell'anno (vi fanno ritorno regolarmente al momento del raccolto), gli emigranti favoriscono l'alleggerimento della pressione demografica e la sopravvivenza di chi resta.
Una scelta simile, foriera di speranza, viene drasticamente ostacolata da provvedimenti internazionali: la crisi economica che ha colpito, dal 1921, anche Francia, Svizzera e l'intero continente americano impedisce ai rispettivi governi di poter accettare la manodopera estera, senza distinzioni.
Sotto la spinta data dall'aggravamento della situazione economica italiana la Presidenza del Consiglio dei ministri istituisce nel 1931 il Comitato per la Migrazione e la Colonizzazione Interna (C.M.C.I.).
La malaria e la sua diffusione nell'agro pontino
Il problema pontino, come per tradizione antica viene prospettato dagli igienisti, dagli storici, dagli economisti, dai sociologi, si riassume nella definizione ormai classica di "palude". Il nome di palude pontina suscita visioni suggestive e paurose di ricche foreste emergenti dagli acquitrini, di campi ,fertili per mesi biondeggianti, sulle quali si abbattono i mietitori vinti dalla "febbre mortale". Hebert ha immortalato questa visione palustre e malefica dell'Agro Pontino nella sua classica figurazione: malaria, dove per desolate distese di acque stagnanti navigano, arsi dalla febbre implacabile i miseri fuggiaschi dalla palude pontina.
La malaria pontina, se così è lecito dire, è costituita da tutta la più estesa regione abitata dalle popolazioni che vivono nella zona montuosa che sovrasta la pianura, dalle popolazioni che dalla periferia e da queste montagne emigrano periodicamente nella sottostante e limitrofa zona palustre, ricca di acque anofeliche.
Oltre che nella zona pontina, la malaria era la malattia infettiva più diffusa in almeno 1/3 del territorio nazionale. Il suo passaggio segnava profondamente la salute e la psiche delle categorie più a rischio: i contadini e gli operai. Per rappresentare l'area di diffusione della malaria a la sua mobilità nell'Agro Pontino, le fonti sono diverse per provenienza ed epoca.
Le prime popolazioni, non infette da malaria, sono giunte nelle pianure acquitrinose del Lazio rimanendo immuni dal triste male per un periodo lunghissimo, sino a quando un focolaio di germi diede inizio ad un processo genetico di infezione malarica, compiendo la sua azione devastatrice.
"La malaria viene a perturbare profondamente la vita dei popoli in quanto ne distrugge il sangue, ne affievolisce le forze, ne guasta il carattere, ne rovina la razza e rendono pestifera ed inospitale terra, paralizza ed annulla le risorse e le energie umane".
Per spiegare come sia avvenuto tale fenomeno, esistono due correnti, di cui una fa capo agli Inglesi Jones, Ellet e Ross, l'altra alla scuola italiana del Celli e del Marchiafava e ultimamente del Missiroli.
Il Jones afferma che fino ai suoi tempi non si era data l'importanza dovuta ai fattori biologici per spiegare la decadenza di alcuni popoli. "Fra le più potenti cause della distruzione della razza umana - dice il biologo inglese - sono le malattie endemiche che attaccano specialmente i bambini, uccidendone molti e indebolendone altri". Della malattie endemiche; , la più terribile è senza dubbio la malaria. Secondo alcuni autori, la malaria sarebbe arrivata in Grecia o dalla costa africana o dalla Magna Grecia verso il 500 a.C. e sarebbe stata diffusa in Italia e in Roma dalle emigrazioni dei popoli delle parti meridionali assoldati da Mario e Silla o piuttosto dai Cartaginesi, quando, durante la seconda guerra punica, essi percorsero vittoriosi tutta la penisola. La malaria, che differisce dalle altre malattie soprattutto per la sua immanenza, avrebbe poi, con la sua espansione fra le masse, minato la robustezza fisica e la potenza morale della razza.
La scuola italiana invece, che fa capo al grande malariologo Angelo Celli, considera la malaria come una malattia esistente da epoche remotissime nei paesi nei quali si è formata la civiltà classica, e soprattutto nella Campagna Romana, ma che essa presenta dei periodi nei quali si attenua in forma così lieve, che si potrebbe ritenerla scomparsa, e altri periodi di recrudescenza; in cui il male si manifesta con tutta la sua forza distruttrice.
Secondo il Missiroli la regressione spontanea della malaria sarebbe stata determinata "dal cambiamento di gusti alimentari negli anofeli che, per un complesso di condizioni ambientali, che regola l'esistenza di questi esseri, hanno preferito pungere il bestiame piuttosto che l'uomo". Ne è risultata così un'alterazione della biologia della specie, che la fa rifuggire dal pungere l'uomo per succhiare solamente il sangue degli animali domestici. Ammessa la possibilità del cambiamento di gusto in un senso, il Missiroli dice che si deve senz'altro ammettere la possibilità di cambiamento di gusto nell'altro senso, quando le condizioni ambientali si fossero mutate nuovamente.
Alla luce dei dati fornitici dall'indagine storica, la malaria, considerata generalmente come inseparabile compagna del paludismo, deve esserne invece provocatrice, tanto che è provato che zone coltivate salubri e dense di popolazione, improvvisamente infestate dalla malaria, dovettero essere abbandonate dai pochi abitatori non uccisi dal morbo, e le acque non più disciplinate dall'uomo, le trasformarono in canneti.
L'O.N.C. e la pianificazione dei lavori di bonifica
Le regioni prese in maggior considerazione da questo ente risultano essere quelle ancora sommerse dalla palude; il Comitato non è però il promotore quanto piuttosto il continuatore di un progetto secolare: ultimamente è stata la Società Bonifiche Pontine ad interessarsi della sua realizzazione; nel 1925 fallisce e dal '26 lo Stato rileva il suo ruolo.
L'attività di bonifica si svolge istituzionalmente attraverso una serie di organismi centrali e territoriali: Ministero dell'agricoltura e foresta, Cattedre ambulanti di agricoltura, Consorzi di Bonifica, Università Agraria e l'Opera Nazionale Combattenti, la più influente nel settore dell'organizzazione agricola.
L'O.N.C., non solo espleta compiti diversi ed essenziali, come ad esempio la gestione della bonifica sanitaria, cercando di risolvere il grande problema della malaria; ma s'interessa anche e soprattutto della trasformazione agraria e della gestione dei terreni. L'O.N.C. è un ente pubblico avente personalità giuridica e gestione autonoma, fondato in Italia nel 1917 da Francesco Saverio Nitti, con lo scopo di concorrere allo sviluppo economico ed al migliore assetto sociale del Paese, provvedendo alla trasformazione fondiaria delle terre ed all'incremento della piccola e media proprietà; svolge anche un'azione sociale per agevolare ai reduci della Grande Guerra la ripresa delle loro attività civili. Per quanto riguarda il territorio pontino, è di primaria importanza la funzione affidata all'O.N.C.; l'attività di bonifica diviene la sua principale occasione operativa, dato che in una situazione così particolare può adempiere al meglio alle proprie funzioni.
L'O.N.C. scarta ogni ipotesi di agglomerazione degli abitanti e delle masse di individui. Vi sono più motivi alla base di questa impostazione, tra i quali il principale è trasformazione fondiaria dell'Agro Pontino, che risponde in linea generale alla politica fascista, tesa ad eliminare il bracciantato agricolo. Questo obiettivo è d'altra parte coerente con un altro dei motivi dominanti della politica fascista: la polemica contro la città. Infatti i rapporti capitalistici tra lavoro, proletariato e grandi centri urbani vengono indicati nella cultura a cui fanno riferimento, il fascismo, come la causa della decadenza della civiltà occidentale. La bonifica integrale dell'Agro Pontino perciò deve andare nella direzione opposta: creare rapporti di collaborazione tra capitale e lavoro; formare, in seguito al riscatto del podere, un nutrito gruppo di piccoli proprietari coltivatori e, infine, dare vita a strutture aperte al territorio, abbandonando il modello tradizionale della città. La formazione di agglomerati urbani e la formazione di nuovo proletariato andrà nella direzione di un rapporto capitalistico tra le forze di produzione. Scopo del regime è quello di diffondere la piccola proprietà contadina: l'insediamento delle famiglie nei poderi e la dispersione nel territorio ne sono la diretta conseguenza.
All'O.N.C. vengono affidati sessantamila ettari di territorio sui quali svolgere quanto necessario. In questa zona non esisteva una cultura agricola e i cicli produttivi erano del tutto spontanei od inesistenti. Quindi questo ente dovette compiere notevolissimi sforzi per cercare di organizzare una base sociale, prevalentemente agricola, nella zona che gli é stata affidata. Principalmente utilizza due tipi di interventi, uno diretto e l'altro indiretto: il primo attraverso la propria organizzazione ed il proprio apparato tecnico ed amministrativo, preordinato al controllo del sistema di appoderamento; il secondo con una serie di contratti.
Allorché si dà inizio ai primissimi lavori, si rileva la difficoltà di reperire sul posto la manodopera necessaria, essendo la zona da bonificare praticamente spopolata: gli abitanti sono solamente coloro i quali sfruttano l'andamento annuale del prosciugamento delle acque in alcune zone, che vengono utilizzate per la coltura di prodotti stagionali. Ci sono nomadi provenienti dai paesi di montagna dell'alto Lazio, dell'Abruzzo, della Campania, delle Marche, chiamati da molti "guitti", che si stabiliscono in palude soltanto per alcuni mesi dell'anno, nelle lestre e nei procoi, e che dimostrano di essere i più contrari alla bonifica poiché sanno che questa li distoglierebbe per sempre dalle loro consuetudini secolari; i pochi butteri e mandriani non concepiscono forme di vita e di lavoro che non siano quelle connesse con la vita del bestiame brado di cui hanno cura e perciò si mostrano naturalmente ostili nei riguardi dei "nuovi arrivati". Gli abitanti dei Monti Lepini potrebbero offrire il loro aiuto da operai ma non hanno intenzione di andare a lavorare in palude, sia perché è loro sufficiente coltivare la fascia di terra che dai piedi della zona collinare si stende fino all'Appia, sia perché sono fermamente convinti che l'opera di risanamento non potrà mai avere esito positivo. Per quanto riguarda le autorità pubbliche, sono i potestà degli stessi comuni a rammaricarsi dell'inizio dei lavori: le terre della palude sono state fino ad allora loro proprietà e, conseguentemente, fonte di un seppur minimo guadagno.
Tutto ciò costringe i fautori del progetto, almeno in principio, ad avallare l'attività dei loschi figuri chiamati "ingaggiatori" o "caporali": facendo uso di misteriosi canali della malavita assoldano uomini pronti a lavorare nelle peggiori condizioni igenico-ambientali. L'intervento solerte dell'ingegner Prampolini provoca però il subitaneo smantellamento di tale lucrosa organizzazione: egli è originario del Nord Italia e proprio da lì decide di attingere la maggior parte della forza-lavoro, che, seppur vittima di una grave precarietà economica, ha raggiunto un alto grado di specializzazione.
Dal 1926, il territorio inizia ad essere attrezzato con strutture apposite: mentre i baraccamenti in legno costituiscono unità operative mobili, i villaggi operai, seppur ancora in numero esiguo, sono unità rurali fisse, costruite in muratura, comprensive, di una chiesa, una dispensa con forno, scuderie, ambulatori sanitari ed una scuola.
La Malaria è una malattia causata dall'infezione di protozoi del genere Plasmodium che si manifesta con febbre intermittente e brividi di freddo. I microrganismi responsabili della malattia vengono trasmessi all'uomo dalla puntura di zanzare del genere Anopheles. La malattia è presente in molte regioni del mondo, ma soprattutto nelle aree a clima tropicale e subtropicale.
Con l'avvio di programmi di bonifica delle aree umide e paludose, dove le zanzare si riproducono, e con la diffusione degli insetticidi, la distribuzione della malaria è rapidamente cambiata: infatti, a partire dal 1950 circa, la malaria è quasi scomparsa in Europa e in molte aree dell'America centrale e meridionale. Continua, invece, a rappresentare un grave problema sanitario per numerose zone dell'Africa e dell'Asia sudorientale. Ogni anno si sviluppano circa 100 milioni di nuovi casi, dei quali circa l'1% ha esito fatale. Come molte altre malattie tropicali, la malaria è una rilevante causa di morte in molti paesi in via di sviluppo.
Tipi di malaria
La malaria umana si presenta in quattro forme, ognuna causata da una diversa specie di parassiti.
La forma più lieve è la malaria terzana benigna, causata dal Plasmodium vivax, in cui la febbre si presenta a giorni alterni.
La malaria terzana maligna, detta anche febbre dei tropici o malaria tropicale, è causata dal Plasmodium falciparum e può avere carattere di estrema gravità causando delirio, coma e infine morte per invasione dei vasi sanguigni cerebrali da parte dei plasmodi.
La malaria quartana, causata dal Plasmodium malariae, ha un periodo di incubazione più lungo: il primo attacco compare a 18-40 giorni dal contagio; gli attacchi successivi si ripetono poi ogni 72 ore.
La quarta e più rara forma della malattia, causata dal Plasmodium ovale, è simile alla malaria terzana benigna.
Indipendentemente dalla specie a cui i plasmodi appartengono, essi presentano un complesso ciclo vitale, che si svolge in parte nell'organismo umano e in parte in quello della zanzara.
Nello stomaco della zanzara avviene la fusione del gamete maschile e di quello femminile, con la formazione di uno zigote: questo perfora la parete gastrica e forma una struttura (sporocisti) da dove si sviluppano nuovi individui (detti sporozoiti). Questi migrano nelle ghiandole salivari della zanzara e, quando questa punge la cute di un uomo, infettano il corpo di questo, infiltrandosi nelle cellule del fegato. Quindi si trasformano in merozoiti, passano nel sangue e invadono i globuli rossi. All'interno di queste cellule prendono il nome di trofozoiti, si nutrono e aumentano di dimensioni. Al termine di questa fase si trasformano in schizonti, si moltiplicano in gran numero e si trasformano in altri merozoiti; successivamente, rompono le pareti dei globuli rossi, diffondendosi nella circolazione sanguigna e infettando altri globuli rossi. La distruzione sincrona e massiccia di una grande quantità di globuli rossi produce il tipico attacco febbrile. Nel sangue dell'uomo si formano i gameti che, quando un'altra zanzara punge quello stesso individuo, infettano quest'ultima e determinano l'instaurarsi di un nuovo ciclo vitale.
Terapia
Uno dei primi trattamenti farmacologici efficaci contro la malaria è costituito dal chinino, una sostanza estratta dalla corteccia dell'albero della china (Cinchona officinalis). Esso ha proprietà tossiche che impediscono la crescita dei protozoi nelle cellule dell'ospite. Nel 1930 alcuni chimici tedeschi sintetizzarono la quinacrina cloridrato, che si dimostrò più efficace e meno tossica del chinino. Dalla fine della seconda guerra mondiale è, invece, disponibile la clorochina, una sostanza in grado di prevenire e curare completamente la malaria tropicale, nonché di sopprimere le altre forme con un'efficacia superiore e una tossicità inferiore a quella dei primi due farmaci (vedi farmacologia).
Recentemente alcuni ceppi di Plasmodium falciparum, diffusi soprattutto in Vietnam, nella penisola malese, in Africa e in Sud-America, hanno sviluppato resistenza al chinino, alla clorochina e ad altri farmaci antimalarici di sintesi. Inoltre, anche alcune specie di zanzare portatrici dei plasmodi sono diventate resistenti a insetticidi quali il DDT, causando un aumento dell'incidenza della malaria in diversi paesi tropicali. Generalmente, chi intende recarsi in aree malariche si sottopone a una cura preventiva a base di farmaci antimalarici (chemioprofilassi antimalarica), che deve continuare fino a qualche settimana dopo il ritorno. Tra i composti maggiormente utilizzati a questo scopo vi sono la clorochina, la meflochina e una combinazione di sulfonamide e pirimetamina; sia la meflochina sia la soluzione combinata sono risultate efficaci nei confronti di ceppi resistenti alla clorochina.
Recentemente sono stati messi a punto diversi vaccini antimalarici, alcuni dei quali hanno già raggiunto la fase di sperimentazione clinica su volontari umani, volta a determinarne sicurezza ed efficacia.
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