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Distrofia muscolare di duchenne




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DISTROFIA MUSCOLARE DI DUCHENNE


Nome Inglese: Duchenne muscular dystrophy (DMD)



Frequenza



Che cos'è la Distrofia Muscolare di Duchenne: E' una forma di distrofia muscolare trasmessa come carattere legato all'X che determina degenerazione progressiva delle fibre muscolari. E' dovuta all'assenza di una proteina detta Distrofina. L'assenza di questa proteina determina una serie di eventi che portano a degenerazione del tessuto muscolare, che viene sostituito da tessuto fibroso e adiposo. La conseguenza clinica è una progressiva perdita di forza muscolare con conseguente progressiva perdita delle abilità motorie.



Come si manifesta: Non si sa quando la malattia realmente inizi, ma i sintomi cominciano a vedersi più o meno intorno ai tre anni di vita. I genitori notano che il bambino ha difficoltà nel correre, salire le scale, alzarsi da terra, non riesce a saltare. Questi problemi sono dovuti al prevalente interessamento dei muscoli del cingolo pelvico e in particolare dei muscoli glutei. Naturalmente, sebbene vi sia un interessamento prevalente dei distretti muscolari prossimali (cioè vicini al tronco), la malattia è fin dall'inizio generalizzata. Alla visita si può notare molto precocemente il peculiare aspetto "pseudoipertrofico" dei polpacci: sono voluminosi e alla palpazione risultano di consistenza aumentata, perché il tessuto muscolare viene sostituito dal tessuto fibroadiposo. A volte raccogliendo attentamente le notizie relative alle prime fasi dello sviluppo di questi bambini si trova un lieve ritardo nell'acquisizione delle tappe motorie e in particolare della deambulazione e con discreta frequenza si riscontra un ritardo nell'acquisizione del linguaggio. In alcuni casi i problemi relativi alla sfera linguistica e cognitiva possono prevalenti rispetto a quelli motori nei primi anni di vita, ritardando l'inquadramento diagnostico. Con il progredire dell'età le difficoltà motorie diventano evidenti e al momento dell'ingresso nella scuola elementare il quadro clinico è chiaro. I bambini hanno un'evidente pseudoipertrofia dei polpacci e a volte anche del quadricipite femorale, accentuazione della fisiologica curvatura della regione lombare della colonna vertebrale (iperlordosi lombare), scapole alate, andatura anserina, si alzano da terra con una caratteristica manovra di arrampicamento (manovra di Gowers), corrono con fatica e con una caratteristica andatura "da maratoneta", salgono le scale con difficoltà, tenendosi al corrimano. La malattia progredisce ulteriormente causando la perdita della deambulazione autonoma entro i 12 anni di età e, sia pure più tardivamente, la progressiva perdita di funzione degli arti superiori. Anche i muscoli respiratori e il cuore sono coinvolti: i soggetti sviluppano invariabilmente una sindrome disventilatoria restrittiva e in un arco di tempo variabile da soggetto a soggetto si renderà necessaria una ventilazione meccanica dapprima notturna e poi anche diurna. Più variabile per età e gravità è il coinvolgimento cardiaco, che consiste nell'insorgere di una cardiomiopatia dilatativa. In alcuni casi insorge in tempi relativamente precoci e acquista un'importanza dominante nell'evoluzione clinica. L'aspettativa di vita dei soggetti affetti è ridotta proprio a causa delle complicanze cardiache e respiratorie. Altri problemi clinici rilevanti sono la scoliosi e le retrazioni articolari. Sebbene non condizionino direttamente l'aspettativa di vita dei soggetti questi aspetti hanno importanza nel definire l'andamento clinico della DMD. La scoliosi infatti, quando diventa particolarmente severa, oltre a creare problemi posturali può contribuire a complicare la situazione respiratoria. Le retrazioni articolari possono contribuire e accelerare la perdita della funzionalità motoria rendendo difficile per esempio il mantenimento della stazione eretta. Nei casi (circa un 30%) che presentano un deficit cognitivo - di varia entità - questo resta stabile nel tempo . Anche i soggetti con normale dotazione intellettiva possono avere lievi difficoltà legate all'apprendimento della letto-scrittura o comunque nella processazione verbale. La Distrofina è normalmente presente - e assente nei soggetti affetti da DMD -anche in alcune aree del Sistema Nervoso Centrale: questo è probabilmente alla base del possibile coinvolgimento cognitivo, ma molte cose non sono ancora chiare in quest'ambito.



Le cause: E' una malattia genetica, legata ad un gene presente sul cromosoma X che codifica per la proteina detta Distrofina. Solo i soggetti di sesso maschile presentano i sintomi della malattia , mentre le femmine portano l'alterazione genica senza manifestazioni cliniche, tranne rari casi nei quali il fenotipo è comunque lieve. Nelle femmine infatti abbiamo due cromosomi X e la copia "sana" del gene può compensare l'altra. Nei soggetti di sesso femminile si possono riscontrare: aumento del livello di Creatin Kinasi (CK) nel siero, a volte polpacci voluminosi e lievi deficit di forza; nel corso degli anni le femmine portatrici possono sviluppare problemi cardiaci. Il gene della Distrofina è molto grande e le alterazioni responsabili della malattia possono essere delezioni (cioè perdita di alcuni frammenti), mutazioni puntiformi (cioè sostituzioni nucleotidiche) o anche duplicazioni. L'effetto di queste alterazioni è la mancata produzione della proteina.



La diagnosi: Nei bambini più piccoli (primo-secondo anno di vita) è più probabile dell'iter diagnostico venga avviato a partire dal riscontro casuale di un aumento del livello di CK nel sangue, nei bambini più grandi abitualmente è il riscontro di difficoltà motorie da parte dei genitori a suggerire l'opportunità di una valutazione. All'esame obiettivo si riscontreranno i segni descritti sopra (pseudoipertrofia dei polpacci, iperlordosi lombare, manovra di Gowers, difficoltà nel salire le scale e nel salto.) . La diagnosi riposa poi sul riscontro dell'assenza della distrofina documentato su un frammento di muscolo prelevato mediante biopsia muscolare e sull'analisi genetica. Si può partire dall'analisi genetica, meno invasiva perché si effettua su un prelievo di sangue, ma va detto che in circa il 30% dei casi di soggetti affetti le indagini genetiche routinarie non consento di dimostrare alterazioni nel gene della Distrofina. Sarà pertanto necessario procedere ad una biopsia per verificare l'assenza di distrofina nel muscolo e distinguere quindi il quadro da altre forme di distrofia muscolare. La diagnosi prenatale è possibile mediante villocentesi e amniocentesi . La ricerca di alterazioni del gene della Distrofina non fa parte delle indagini prenatali di routine, ma viene effettuata in situazioni a rischio (presenza di soggetti affetti nel nucleo familiare). Circa un terzo dei casi di DMD nasce da madri non portatrici, per nuove mutazioni (cioè eventi accidentali). E' in ogni caso essenziale una consulenza genetica per il nucleo familiare nel quale sia stata fatta diagnosi di DMD.



Esiste una terapia: Al momento non esiste una terapia risolutiva per la malattia. E' molto importante una presa in carico globale, plurispecialistica, da parte di un centro specializzato che sia in grado di gestire i molteplici aspetti della malattia in relazione all'evoluzione clinica e comprensiva di un attento supporto emotivo per tutto il nucleo familiare. Gli interventi varieranno secondo le specifiche necessità cliniche, in relazione all'età ma anche al peculiare andamento che ogni bambino può presentare pur con la stessa diagnosi. Esistono comunque alcuni elementi comuni fondamentali, quali la valutazione della funzionalità respiratoria in sonno e veglia e della funzionalità cardiaca. Nelle fasi più avanzate della malattia sarà necessaria una ventilazione meccanica assistita. Attualmente l'insufficienza respiratoria è ben controllata dalla ventilazione non invasiva e la tracheotomia viene riservata ai casi -rari- nei quali non sia possibile controllare altrimenti la situazione. L'impiego della ventilazione meccanica ha significativamente migliorato sia la qualità sia la durata della vita dei soggetti affetti da DMD: oggi la sopravvivenza fino e in alcuni casi oltre la terza decade è possibile. I problemi cardiaci possono essere contenuti , almeno nelle prime fasi, con una terapia farmacologica. Tuttavia l'evoluzione della patologia a carico della cellula miocardica rende inefficace la terapia e le condizioni generali non consentono di ipotizzare un trapianto. Per quanto riguarda la fisiocinesiterapia, pur non esistendo un consenso univoco e dimostrato scientificamente circa la sua utilità, il corretto momento di inizio del trattamento, la frequenza ideale ecc, sono considerati importanti l'attenzione al controllo delle posture, allo sviluppo di retrazioni e di scoliosi. Nei casi di scoliosi evolutiva che abbiano una discreta funzionalità cardiaca e respiratoria si può valutare l'intervento di correzione chirurgica della scoliosi. Non ci sono studi conclusivi sull'efficacia né sull'effetto dell'esercizio fisico sul muscolo distrofico e la maggior parte dei dati è inferita dagli esperimenti sul modello animale (murino) che tuttavia non è del tutto sovrapponibile a quello umano. Sembra tuttavia che esercizi che stimolino la contrazione eccentrica del muscolo (per esempio scendere le scale, correre in discesa.) siano dannosi, mentre un blando esercizio aerobico possa anche essere utile. Per i bambini in ogni caso l'attività fisica costituisce un elemento estremamente importante nella vita emotiva e relazionale e pertanto ci si limita di solito a consigliare di rispettare il limite della sensazione di fatica e a sconsigliare sforzi eccessivi. Tentativi terapeutici Da anni è ormai invalso l'uso di steroidi nei soggetti affetti da DMD. Vari studi, con diversi farmaci e diversa posologia hanno dimostrato una discreta efficacia degli steroidi con riduzione della sensazione soggettiva di fatica e discreto miglioramento nelle performance motorie. Rispetto alla storia naturale della malattia i soggetti trattati deambulano per un tempo più lungo, sebbene la risposta alla terapia possa variare da soggetto a soggetto. Non si hanno invece ancora dati certi sull'eventuale efficacia della terapia steroidea sull'insorgenza dell'insufficienza respiratoria e sulla cardiomiopatia dilatativa. La somministrazione di steroidi rende naturalmente necessari controlli clinici, ematochimici e strumentali periodici per controllare l'eventuale comparsa di effetti collaterali.


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