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Cellule staminali e terapia genica
Ho già accennato alla nascita, nei primi anni Settanta, della tecnologia del DNA ricombinante, che in sintesi consiste nella possibilità di tagliat:e il filamento del DNA in un punto specifico e di saldare tra i due lembi un pezzo di DNA estraneo. Questa tecnica ha permesso, nel 1982, di sintetizzare l'insulina umana e, a seguito di questo ed altri successi, si fece strada l'idea che la tecnica potesse essere utilizzata anche in ambito umano a fini terapeutici, per guarire un certo numero di malattie ereditarie di origine genetica, in specie quelle provocate dal malfunzionamento di un solo gene. Il procedimento è teoricamente molto semplice: consiste nell'introdurre, grazie a un apposito veicolo, il gene sano nella cellula con la speranza che si piazzi al posto giusto e compensi il malfunzionamento del gene difettoso. I primi esperimenti di terapia genica sono iniziati nel 1990 e hanno avuto come bersaglio una malattia genetica chiamata SCID (sindrome severa da immunodeficienza combinata), che causa la distruzione del sistema immunitario e quindi l'esposizione dell' organismo a tutte le possibili infezioni. I bambini colpiti da questa malattia sono noti come «bambini nelle bolle», perché devono vivere in ambienti artificiali assolutamente sterili. Nel 1992 una sperimentazione di questo tipo è iniziata anche in Italia, dall' equipe guidata da Claudio Bordignon all'Ospedale San Raffaele di Milano. In seguito, esperimenti di terapia genica sono stati condotti anche per altre malattie, come la fibrosi cistica, varie forme di cancro e, recentemente, anche l'AIDS. I risultati di oltre un decennio di sperimentazione sono al tempo stesso incoraggianti e deludenti. Sono incoraggianti perché hanno permesso ai ricercatori di perfezionare
sempre di più la tecnica risolvendo alcuni dei numerosi problemi che tecniche così sofisticate presentano; ma anche deludenti, perché non si può dire che i risultati terapeutici siano stati pari alle speranze. La tecnologia non è decollata come ci si attendeva e restano ancora molti problemi irrisolti. Il più importante di questi problemi è il perfezionamento dei veicoli per inserire i geni nelle cellule in modo affidabile, sicuro e, soprattutto, capace di far funzionare il nuovo gene nel maggior numero di cellule possibile e per lungo tempo. Le cellule staminali, soprattutto quelle embrionali, si stanno rivelando di grande interesse a questo proposito: se infatti noi introduciamo un gene in una cellula staminale embrionale possiamo ottenere facilmente, grazie alla sua capacità proliferativa, una popolazione cellulare modificata da utilizzare per il trasferimento nell' organismo da curare. Il gene inserito si esprime stabilmente nel tempo e questo consente di evitare di dover ripetere, come spesso finora avveniva, l'intervento di terapia genica. Anche se la ricerca è ovviamente nella sua prima fase, molti scienziati sono convinti che l'accoppiata tra cellule staminali e terapia genica consentirà di trattare in maniera risolutiva non solo le malattie con diretta base genetica, ma anche molte forme di cancro e persino l'AIDS. Per dare un'idea delle possibilità, darò ora conto di alcune delle ricerche in corso.
Il glioblastoma è una delle forme più comuni e maligne di tumore che colpisce il cervello, ed è uno dei tumori meno trattabili sia chirurgicamente (a causa della sua disseminazione) sia con trattamenti radioterapici e chemioterapici, che in ogni caso producono una forte diminuzione delle capacità cognitive del paziente. Un gruppo di ricerca italiano ha derivato cellule staminali dal cervello di un topo e le ha sottoposte a ingegneria genetica in modo che producano l'interleuchina-4, una sostanza già nota per il suo effetto antitumorale. Una volta iniettate nel cervello del topo, si è visto che le cellule erano capaci di migrare lungo le vie seguite dal tumore nella sua disseminazione e di esprimere abbastanza stabilmente 1'agente antitumorale per alcune settimane. Inoltre - e questa è stata la cosa più sorprendente -le cellule staminali neurali hanno mostrato di essere in grado di accrescere 1'efficacia dell' agente terapeutico, rispetto ad altri tentativi che hanno usato veicoli differenti. Le prospettive sono dunque estremamente interessanti, ma richiedono di essere ancora validate con altri studi per capire esattamente i meccanismi d'azione prima di passare a sperimentazioni cliniche sull'uomo. Secondo alcuni scienziati, è ancora presto per pensare di aver trovato la strada giusta: il cervello del topo e il cervello umano hanno dimensioni molto diverse e non vi sono evidenze circa la capacità delle cellule staminali di percorrere le maggiori distanze richieste per aggredire il tumore nel cervello umano. Per rispondere a questa domanda sarà necessario perfezionare i modelli animali in modo che imitino la malattia umana, ma alla fine occorrerà passare alla sperimentazione sull'uomo.
Comunque, vi sono sempre maggiori evidenze che le cellule staminali geneticamente modificate sono un ottimo veicolo per la terapia genica. Nel giugno del 2000 la rivista scientifica «Nature Medicine» ha dato ampio risalto al successo ottenuto da un'équipe italiana guidata dalla professoressa Cavazzana-Calvo nel curare due bambini di 8 e 2 mesi affetti da una forma di SCID, la malattia di cui s'è detto sopra. Gli scienziati hanno prelevato cellule staminali dal midollo osseo dei bambini e vi hanno introdotto una copia normale del gene che provoca la malattia. Poi hanno reinfuso le cellule così modificate e dopo dieci mesi i due bambini sono stati in grado di lasciare la stanza sterilizzata. Naturalmente bisognerà seguire ancora 1'evoluzione dell' esperimento per scoprire fino a quando le cellule continueranno a funzionare e se il successo sia dovuto al tipo particolare di SCID trattata o al miglioramento dei fattori usati per coltivare le cellule staminali. Finora comunque questo è il tentativo meglio riuscito e, insieme ad altre sperimentazioni condotte da altri gruppi, fa sperare che sia possibile usare le cellule staminali ematopoietiche geneticamente modificate per curare altre malattie da immunodeficienza sia genetiche che acquisite (come l'AIDS), come pure malattie del sangue come la talassemia.
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