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Riprendendo le considerazioni di Pierre di Toro,[1] << Bisogna, allora che il management sappia costruire una visione ed immagine dell'impresa, basandola
sull'enunciazione di valori etici;
sull'esplicitazione dei principi manageriali e decisionali che ne derivano;
sulla proposizione di consequenziali regole di condotta;
su norme che definiscano atteggiamenti e comportamenti da osservare nella fase esecutiva delle decisioni assunte >>.
Con tali considerazioni concorda anche il pensiero di Cairo Rossi, secondo il quale, i valori hanno una fortissima influenza sul comportamento dei membri dell'organizzazione e rappresentano una leva molto potente a disposizione del management.
<< Il top management delle aziende veramente competitive e innovative agisce in base a valori fortemente focalizzati e condivisi, e si adopera con tenacia per comunicarli attraverso tutta l'organizzazione >>[2].
Tale << leadership manageriale "visionaria" >>, proprio perché fondata su una visione dell'impresa, come definita da Pierre di Toro, favorisce fortemente la nascita di una coesione tra i gli attori aziendali e fra l'azienda e gli stakeholders, diffondendo tra i dipendenti una "cultura etica" che li sprona a conformare il loro agire verso un condiviso ed interiorizzato sistema di valori. In questo modo ci sarà la tensione verso una "missione etica" da parte di tutti i dipendenti dell'impresa in modo unitario, pur rimanendo entro i naturali ambiti di competenza.
Risulta evidente, dalle ultime affermazioni, che un tipo di leadership diremmo "carismatico" presuppone che gli obiettivi siano continuamente riproposti dal singolo top manager.
Secondo il punto di vista che qui si intende proporre, differentemente, essi sono determinabili a priori, entro un insieme di valori ai quali si orienta il concreto e particolare modo d'essere e d'operare di ogni dipendente, così da definire una condivisa base di comportamento, fondata su un complesso di valori etici assunto al ruolo di sistema - guida della gestione aziendale, definendo la configurazione stessa della struttura dell'impresa nei suoi vari processi decisionali, organizzativi, produttivi e così via.
A rafforzare tale convinzione, contribuiscono in modo rilevante gli scritti di "etica d'impresa",[3] che, come sintetizza Coda prendono in esame le più svariate aree del management, << potendo riguardare i sistemi di produzione, le relazioni industriali, l'informativa degli azionisti e dei terzi, le relazioni pubbliche, la comunicazione pubblicitaria, le strategie competitive e via discorrendo, considerate sempre nei loro risvolti morali, che interpellano le coscienze individuali dei singoli decisori >>.
I valori perduranti che tali studi propongono sono la vita e il benessere di ogni singolo uomo, l'onestà, la lealtà e la giustizia. L'applicazione di questi principi etici generali nella vita concreta delle imprese, ben si comprende, non di rado risulta incerta, soprattutto perché i soggetti chiamati a decidere - sia per la molteplicità di interessi coinvolti nell'impresa, sia per la molteplicità di ruoli da essi ricoperti nella società - hanno dei doveri morali nei con fronti di una pluralità e collettività dalle attese differenziate e spesso in conflitto.
Filone di studi molto sviluppato negli Stati Uniti, dove l'insegnamento di Business Ethics è diffuso nelle scuole di management per sensibilizzare i dirigenti - o futuri dirigenti - alla dimensione morale delle decisioni, con particolare riguardo alle scelte più problematiche, dove non è chiaro cosa sia bene e cosa sia male.
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