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Recenti sviluppi dell'Ordinamento penitenziario.
Prendendo spunto dal quadro normativo tracciato nei precedenti paragrafi, occorre ora individuare quali erano i principali e più recenti interventi normativi che - riferendosi, direttamente o indirettamente alla materia penitenziaria - riverberano i propri effetti nell'ambito dell'intero sistema.
Innanzi tutto, occorre ricordare il D.P.R. n. 447 del 22 settembre 1988 contenente il "complesso di regole giuridiche che disciplinano le attività e le forme mediante le quali da appositi organi fissati e prestabiliti dalla legge e con l'osservanza di determinate modalità si provvede all'attuazione della norma penale nei singoli casi concreti" . Si tratta, in realtà, del nuovo codice di procedura penale, che, avendo escluso ogni automatismo nell'irrogazione delle pene, assicura l'operatività di meccanismi che antepongono alla condanna del soggetto, la necessaria verifica dell'antigiuridicità della sua condotta, impedendo la qualificazione del procedimento penale quale mero strumento d'applicazione di sanzioni. In particolare, il diritto processuale penale - dando applicazione effettiva al principio dell'umanizzazione della pena e della sua finalità rieducativa (art. 27 comma 3 Cost.) - riconosce anche alla fase dell'esecuzione il valore della garanzia giurisdizionale. Il legislatore ordinario, nel tentativo di coordinare col diritto processuale le leggi di riforma penitenziaria, predispone un sistema coordinato ed armonico: l'art. 678 c.p.p. visualizza un procedimento di sorveglianza che non solo si adegua al procedimento giurisdizionale d'esecuzione (disciplinato dall'art. 666 c.p.p. cui l'art. 678 c.p.p. rinvia), ma che è anche improntato ai criteri ispiratori dell'intero impianto processuale-penale .
Analizzando, nello specifico, la materia penitenziaria ed i principali interventi legislativi susseguitisi dal 1986, si nota facilmente come essi siano il frutto di alterne vicende che hanno condizionato la compagine sociale. Particolari episodi di violenza e l'incremento esponenziale dei crimini di maggiore allarme, per esempio, hanno condizionato le scelte di politica-criminale effettuate tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90: il legislatore, attraverso un movimento in controtendenza legislativa[3], ha operato una scelta in favore dell'inasprimento delle sanzioni penali rispetto alle forme più gravi di criminalità. Una delle prime limitazioni, ha avuto ad oggetto il regime dei permessi-premio, novellato dalla l. 19 marzo 1990, n. 55; successivamente, la materia dei permessi e delle misure alternative è stata di nuovo rielaborata dal d.l. 13 febbraio 1991, n. 152, convertito con modificazioni nella l. 12 luglio 1991, n. 203 ; è stato, così, introdotto nell'ordinamento il tanto discusso art. 4-bis ord. penit., relativo al divieto di concessione dei benefici ed all'accertamento della pericolosità sociale dei condannati, per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis c.p. (art. 4-bis ord. penit.) .
Contestualmente hanno preso forma previsioni di particolare favore nei confronti dei cosiddetti "pentiti" , ossia di coloro i quali, in cambio di benefici, offrono collaborazione all'autorità giudiziaria, al fine di fornire indicazioni utili alla lotta alla criminalità organizzata .
Più tardi, in un clima di ritrovata serenità , viene proposta la modifica di legge n. 464, su iniziativa dell'on Simeone, che pur avendo ad oggetto le "Modifiche all'art. 656 c.p.p. in materia di esecuzione delle pene detentive", suggerisce la modifica del solo comma 2° dell'articolo in questione, al fine di evitare la carcerazione per l'espiazione di pene di breve durata . La proposta dà vita, con un meccanismo "a valanga", ad una serie di interventi parlamentari, che confluiscono nell'emanazione della l. 27 maggio 1998, n. 165.
La legge Simeone, si fonda sul principio fondamentale della corretta applicazione delle misure alternative alla detenzione - contemplate dall'attuale ordinamento penitenziario - quale possibile e parziale soluzione del grave problema del sovraffollamento delle carceri[10]. L'intervento del legislatore, infatti, si pone come obiettivo, contemporaneamente ed in maniera complementare, la diminuzione della popolazione penitenziaria, e l'applicazione delle misure alternative alla detenzione - ineguagliabili sul piano degli effetti rieducativi . L'innovazione introdotta dalla legge in esame, consiste nella sospensione automatica dell'esecuzione delle pene detentive di breve durata, se deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena detentiva e se non ricorrono elementi ostativi all'applicazione di una delle misure alternative alla detenzione . Affinché il condannato possa presentare l'istanza, le indicazioni e la documentazione necessaria per la concessione della misura, il pubblico ministero emana, contestualmente all'ordine di esecuzione , il decreto di sospensione: entrambi saranno consegnati al condannato e al difensore, con l'avviso che si dispone di trenta giorni per gli adempimenti necessari, decorsi inutilmente i quali si darà immediatamente esecuzione alla carcerazione .
Di recente emanazione è il nuovo regolamento esecutivo dei principi e degli istituti giuridici del diritto penitenziario, approvato con D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230[16] e contenente gli obiettivi riassumibili come segue. Innanzi tutto, la regolamentazione è finalizzata ad escludere che ogni forma di restrizione non sia strettamente connessa all'esigenza di assicurare la custodia o l'esecuzione della pena detentiva ; ne consegue, il secondo obiettivo, relativo all'agevolazione dell'esercizio di tutte le libertà che non siano limitata o escluse dalle esigenze di ordine e sicurezza ; inoltre, il terzo punto, è rappresentato dal tentativo di fissare degli standard, per le strutture e le condizioni detentive, maggiormente rispettosi del benessere psico-fisico quale presupposto essenziale affinché il trattamento consegua buoni risultati ; ed, in fine, la volontà di rendere più concreti i presupposti per realizzare il trattamento penitenziario come l'effettiva disponibilità delle offerte trattamentali, maggiore incisività dell'azione degli operatori penitenziari, un iter più agevole per la fruizione delle misure alternative alla detenzione .
Cfr. GUARNIERI, voce Diritto processuale penale, in Enc. del dir., vol. XII, Milano, 1964, pag. 1110.
<<Strettamente connesso con le esigenze di umanizzazione della pena è il principio del rispetto della personalità del detenuto, che implica il riconoscimento dei diritti fondamentali, il cui esercizio sia compatibile con lo stato di detenzione, con la pericolosità del soggetto e con l'ordine del carcere, indispensabile per la stessa sicurezza dei detenuti, specie i più deboli, che vanno protetti contro la violenza e la prevaricazione degli altri detenuti>>. DALIA - FERRAIOLI, Manuale di diritto processuale penale, Padova, 1999, pag. 780.
Cfr. DI GENNARO - BREDA - LA GRECA, Ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione, Milano, 1997, pag. 22.
<<La l. 12 luglio 1991, n.° 203, di conversione del d.l. 13 maggio 1991, n.° 152 e la l. 7 agosto 1992, n.° 356, di conversione del d.l. 8 giugno 1992, n.° 306, hanno fortemente derogato al principio dell'uguaglianza di tutti i condannati nella fase dell'esecuzione della pena, principio enunciato dall'esecuzione dalla l. 354/75 e compiutamente realizzato dalla l. 663/86>>. CANEPA - MERLO, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 2002, pag. 459.
L'articolo indicato, contiene in se la prima disposizione normativa riguardante una particolare categoria di detenuti, che non si pone nella scia della riforma intervenuta con la legge del '75 e i successivi interventi normativi. Bensì rientra nell'insieme di leggi emanate per motivi contingenti come il bisogno di contrastare le forme più gravi di criminalità organizzata che, alla fine degli anni '80 si sono manifestate con grande frequenza. In tal senso DI GENNARO - BREDA - LA GRECA, Ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione, Milano, 1997, pag. 56.
<<Il nucleo essenziale della relativa disciplina si trova nel d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 marzo 1991, n. 82 così come modificato dalla L. 13 febbraio 2001 n.° 45 recante modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza>>. CANEPA - MERLO, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 2002, pag. 475.
Nell'ipotesi in cui i condannati per reati di criminalità organizzata, decidono di collaborare con la giustizia, possono essere ammessi ai benefici previsti dalla legge penitenziaria. Per reati di criminalità organizzata s'intendono quei delitti compiuti <<avvalendosi della forza d'intimidazione del vincolo associativo mafioso e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni mafiose, delitti di associazione mafiosa e di sequestro di persona a scopo di estorsione o infine, delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope>>. In tal senso, DALIA - FERRAIOLI, Manuale di diritto processuale penale, Padova, 1999, pag. 800.
Pochi anni più tardi, sembra ritrovarsi, grazie ad alcuni provvedimenti normativi come il d.l. n. 187 del 14 giugno del 1993 convertito con modificazioni nella l. n. 296 del 12 agosto 1993, lo stesso clima "permissivo", bruscamente interrotto dalla controriforma. Il d.l. sopra indicato, infatti, amplia la possibilità di applicazione della detenzione domiciliare e delle sanzioni sostitutive, introducendo, inoltre, una nuova disciplina del lavoro penitenziario.
<<Tra le molteplici disfunzioni che caratterizzano la grave condizione in cui versa il sistema penitenziario italiano, va senz'altro segnalato il fenomeno del sovraffollamento degli istituti di pena. Senza entrare nel merito del problema, ci si limita a sottolineare l'indispensabilità di un intervento legislativo finalizzato ad agevolare un decremento del numero di detenuti ed a limitare il ricorso ai provvedimenti limitativi della libertà personale>>. DALIA, Sintesi dei lavori parlamentari, in AA.VV., Sospensione della pena ed espiazione extra moenia, Milano, 1998, pag. 372.
In tal senso PIERRO, La nuova discipline della detenzione domiciliare nel quadro della trasformazione del sistema della esecuzione penale, in AA.VV., Sospensione della pena ed espiazione extra moenia, Milano, 1998, pag. 287 e ss.
In realtà, il governo, si era posto proprio l'obiettivo di ridurre il numero dei ristretti in istituti penitenziari, proprio grazie all'ausilio delle misure alternative. KALB, L'esecuzione delle pene detentive, in AA.VV., Sospensione della pena ed espiazione extra moenia, Milano, 1998, pag. 8.
I limiti all'adozione del decreto di sospensione ex art. 656 comma 5, sono rappresentati dalla durata della pena applicata o ancora da espiare; dalla condanna per delitti ex art. 4-bis l. n. 354 del 1975; dalla custodia cautelare in carcere per il fatto oggetto della condanna da eseguire; dalla non reiterabilità della sospensione. In tal senso NORMANDO, I limiti alla sospensione della esecuzione, in AA.VV., Sospensione della pena ed espiazione extra moenia, a cura di DALIA, Milano, 1998, pag. 72 e ss.
Sarà, a seconda dei casi, il pubblico ministero presso il giudice di primo grado o il pubblico ministero presso il giudice d'Appello.
Cass., sez. IV, 30 gennaio 1996, Gironi CED 205049. La notificazione dell'ordine di esecuzione va eseguita a favore del difensore di fiducia nominato per il procedimento di esecuzione o, in mancanza, di quello d'ufficio nominato dal pubblico ministero, poiché norma di portata generale nel procedimento di esecuzione - che trova applicazione anche in materia di notificazione di tale atto - è che si realizzi un nuovo mandato fiduciario oppure una nuova nomina del difensore d'ufficio.
La ratio di tale previsione normativa è da ricercasi nei casi concreti per i quali, nell'arco di tempo che decorre dalla presentazione dell'istanza di ammissione ad una misura alternativa alla detenzione, al provvedimento di concessione, spesso il condannato ha già scontato in carcere, la pena che avrebbe potuto scontare al di fuori delle mura carcerarie. Senza considerare l'ulteriore componente negativa che, si pone come ostacolo alla concessione di una misura alternativa, rappresentata da tutta una serie di ragioni legate, tanto alle condizioni sociali, quanto a quelle economiche del condannato, per la quale, non si presenta, affatto, l'istanza all'autorità competente. In tal senso, KALB, L'esecuzione delle pene detentive, in AA.VV., Sospensione della pena ed espiazione extra moenia,a cura di DALIA, Milano, 1998, pag. 6 e ss.
In sostituzione del precedente regolamento penitenziario approvato con D.P.R. 29 aprile 1976, n. 431, il quale ha rappresentato, per tutto il tempo della sua vigenza, lo strumento per la disciplina degli istituti giuridici dell'ordinamento penitenziario.
In tale ambito, possono essere ricondotte tutte le disposizioni che riducono le limitazioni conseguenti all'applicazione delle sanzioni dell'isolamento e dell'esclusione delle attività in comune (art. 73 reg. esec.).
A tal fine, ad esempio, l'art. 21 reg. esec. prevede che si attrezzi una sala lettura in cui i detenuti e gli internati studenti o lavoratori, possano permanere anche oltre l'orario previsto per lo studio ed il lavoro.
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