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Quando un diritto sulla carta non e' abbastanza
I ruoli sessuali non sono determinati biologicamente, ma sono costruzioni sociali e culturali. Forti condizionamenti sul carattere di maschi e femmine sono esercitati, sin dai primi anni di vita, dall'educazione. Nel brano "la costruzione sociale del sé", tratto dal saggio "dalla parte delle bambine" di Elena Gianini Belotti, l'autrice mostra i processi attraverso i quali, sin dai primi anni di vita,viene costruita socialmente l'appartenenza al genere. Questo processo è evidente se si prende in esame l'esistenza di giochi "giusti" e "sbagliati", "per maschi" e "per femmine". Su questo fatto gli adulti non riflettono che per manifestare preferenze per un gioco o per un altro, il bambino deve pur averli appresi da qualcuno. Stessa situazione per il modo di giocarci; ad esempio qualche volta si danno bambolotti anche ai maschi, purché siano senza equivoci identificabili come appartenenti al sesso maschile, ma, nei casi delle bambine, non ci si accontenta di offrirglielo semplicemente, ma le si mostra come tenerla in baraccio e come si culla. Di conseguenza si vedono bambine di appena 10-11 mesi che hanno già acquisito il riflesso condizionato [1] bambola-cullamento. Gli adulti, dimenticando che questo è solo il risultato delle loro istruzioni, gridano al "miracolo biologico", e la cosa riempie di gioia, perché viene percepito come sintomo di normalità. L'operazione da svolgere, secondo l'autrice, "non è quella di tentare di formare le bambine ad immagine e somiglianza dai maschi, ma di restituire a ogni individuo che nasce la possibilità di svilupparsi nel modo che gli è più congeniale, indipendentemente dal sesso a cui appartiene" .
Questi meccanismi contribuiscono a perpetuare una condizione femminile
di inferiorità e subordinazione, situazione alla quale hanno cercato di "porre
rimedio" i movimenti femministi nati nel 1700. Il
movimento per il suffragio femminile ebbe origine negli Stati Uniti dove, anche
prima della Guerra
d'indipendenza, le donne avevano preso parte alla vita politica più
attivamente che in Europa. Già il Congresso
continentale discusse ampiamente la questione del voto alle donne,
rinviando però la decisione ai singoli stati, in sede di formulazione delle
rispettive leggi elettorali. Durante la prima metà del XIX secolo, il movimento
si sviluppò, nonostante incomprensioni e pregiudizi antifemministi, all'interno
di quello abolizionista;
vi furono sostenitori maschili di tali iniziative, ma fu Elizabeth Stanton la
prima a rivendicare il suffragio universale esteso alle donne nella Convenzione
di Seneca Falls nel 1848. Le incomprensioni tra suffragiste e movimento
abolizionista culminarono nello scontro sul 15° emendamento
alla costituzione proposto dagli abolizionisti nel 1868, nel quale si chiedeva
di estendere le garanzie costituzionali a tutti gli americani senza distinzioni
di razza, fede religiosa o colore della pelle, ma non si menzionava il diritto
di voto alle donne; gli abolizionisti temevano infatti che le richieste delle
donne avrebbero messo a rischio l'approvazione dell'emendamento. Per
In Francia una delle figure di spicco di questi movimenti fu Simone de Beauvoir[3], che, con la sua opera, "il secondo sesso" , crea un punto di riferimento fondamentale per moltissime donne. In esso è contenuto uno dei principi giuda di gran parte del pensiero femminista: "Donne non si nasce, si diventa". L'opera prende in esame la condizione della donna a partire dai dati biologici fino a quelli più strettamente culturali, espressi dai miti e dalle religioni. Ne emerge un ritratto brutale: secondo l'autrice, la condizione della donna è simile a quella del proletariato, una condizione di assoluta inferiorità, con la differenza che c'è uno sviluppo storico che spiega la loro esistenza come classe. I proletari non ci sono sempre stati: le donne si; le donne sono donne per struttura fisiologica, fin dal più remoto passato furono subordinate all'uomo; la loro subordinazione non è la conseguenza di un fatto o di uno sviluppo, essa non è avvenuta. Una situazione che si è creata attraverso il tempo può mutare nel futuro, ma una condizione naturale sembra sfidare ogni cambiamento. La donna in oltre non è ritenuta degna di essere formata come l'uomo, ma viene educata nell'idea di doversi considerare un essere inferiore. Del resto la stessa letteratura infantile raffigura gli uomini come eroi o mostri potenti (il principe azzurro, Barbablù) e le donne come vittime (Cenerentola, Biancaneve). La conclusione del suo saggio è che la donna deve emanciparsi dal dominio maschile. Citando testualmente l'autrice "chi ha interesse a perpetuare il presente, versa sempre qualche lacrima sul magnifico passato che sta per scomparire, senza accordare un sorriso al giovane avvenire'.
A partir des premières années du siècle
passé de nombreuses femmes ont lutté pour la légalisation de l'utilisation
de méthodes contraceptives.
In Italia, invece, una figura di spicco e riferimento per i movimenti femminili fu Sibilla Aleramo (pseudonimo di Rina Faccio)nata ad Alessandria, 14 agosto . Figlia di Ambrogio Faccio, professore di scienze, e di Ernesta Cottino, casalinga, era la maggiore di quattro fratelli. Trascorse l'infanzia a Milano fino all'età di 12 anni, quando il padre ottenne un posto di dirigente al porto di Civitanova Marche.
L'adolescenza della giovane Rina fu tutt'altro che felice: il matrimonio dei genitori fu un fallimento e la madre, psichicamente instabile, tentò il suicidio gettandosi dal balcone di casa. Fu internata in una casa di cura dopo alcuni anni, quando Rina era già sposata. La giovane reagì con un atteggiamento anticonformista e a 16 anni cominciò a lavorare come bibliotecaria nella fabbrica del padre. Giovanissima, fu stuprata da un collega nella vetreria del padre. Fu poi costretta ad un matrimonio riparatore con l'uomo, Ulderico Pierangeli, di cui era rimasta incinta, gravidanza che non portò a termine per un aborto spontaneo. Prigioniera di un matrimonio non voluto e di un marito manesco, cercò una via di fuga in una nuova gravidanza, che portò alla nascita del figlio Walter. Ma la nascita del bambino non migliorò le cose e Rina tentò di avvelenarsi. Cominciò così a scrivere racconti e articoli e a collaborare con riviste femministe, nonostante il suo titolo di studio fosse solo la licenza elementare.
La seconda vita
Trasferitasi a Milano con la famiglia del marito, nel le fu offerta la direzione della rivista Italia femminile. Desiderosa di separarsi, fu obbligata con le percosse a rimanere. Solo nel abbandonò il marito e il figlio, condizione per la separazione, e cominciò una nuova vita. Il suo allontanamento dal figlio fu una decisione molto sofferta, di cui sono testimonianza le pagine di Una donna. Si legò dapprima al poeta Damiani; ebbe poi una lunga relazione con lo scrittore Giovanni Cena, direttore della rivista letteraria Nuova Antologia.
Nel 1906, pubblicò il suo primo libro, Una donna, fortemente autobiografico.
Trama
Nelle prime pagine emerge la figura
paterna e l'autrice rievoca il suo rapporto con il padre che ha per lei una
grande preferenza e che le trasmette gli ideali di forza e indipendenza nei
quali egli crede. Il contatto con la madre appare invece più sbiadito perché
con lei la fanciulla non riesce ad entrare pienamente in contatto e ne giudica
il carattere debole e sottomesso. Quando Sibilla ha circa sette anni, il padre,
che è ingegnere,
decide di lasciare Milano
per andare a dirigere una fabbrica di bottiglie nel meridione, Porto
Civitanova, ora Civitanova Marche, e così tutta la famiglia si
trasferisce. Sibilla è felice e con tutto l'entusiasmo e la curiosità dei suoi
dodici anni collabora in modo attivo alla fabbrica come segretaria suscitando
nella gente del paese meraviglia e critiche per il suo atteggiamento
anticonvenzionale e sprezzante tra gli operai. Tra il padre e la madre della
protagonista intanto si accumulano le tensioni già esistenti nel periodo
milanese che sfociano in un tentato suicidio della madre, la quale sopravvive,
ma rimane vittima di una demenza progressiva che la porterà ad essere
ricoverata nel manicomio di Macerata, dove vivrà fino alla morte, abbandonata
da tutta la sua famiglia. La ragazza scopre poi che il padre ha una relazione
extraconiugale e da quel momento prende verso di lui una posizione aperta e
giudicante che causerà la rottura del rapporto affettivo con lui.
Questa brusca realtà e l'inizio di una storia amorosa con un giovane impiegato
della fabbrica e la violenza sessuale della quale è vittima, fanno entrare con
durezza la protagonista nel mondo adulto. Costretta al matrimonio, che accetta
senza gioia, vive l'esperienza come un'ulteriore perdita di libertà anche
perché il marito si dimostra ben presto una persona meschina e molto lontana
dai suoi interessi. Nascerà un bambino che non servirà a modificare la
situazione tra i coniugi. Per aver risposto alle attenzioni di un uomo, il
marito la maltratta brutalmente e la chiude in casa per un certo periodo
durante il quale lei si rende conto che il suo vero ed unico affetto è il
bambino, ma la depressione aumenta e, in un momento di sconforto, tenta il
suicidio. A causa di un dissapore con il suocero, il marito decide di lasciare
la fabbrica e di trasferirsi a Roma, con l'amante e due dei suoi figli, per
intraprendere un'attività commerciale. L'avvio di una collaborazione
giornalistica con una rivista femminile rende maggiormente cosciente la
protagonista che una donna deve poter esprimere anche al di fuori della
famiglia la sua identità e conquistarsi una vita indipendente. Il pensiero
della madre, che ha sacrificato ai figli e ad un uomo-padrone la sua esistenza
infelice, l'aiuta a ripercorrere un cammino difficile ma necessario di rigenerazione.
Conosce un uomo che ha intrapreso un cammino di ricerca spirituale e trova
conforto nella conversazione con lui, ma il marito, sospettoso di quella
relazione, la maltratta nuovamente e l'unico motivo che la trattiene dal
lasciare il tetto coniugale è il timore di non riuscire a portare con sé il
bambino. Ma quando scopre che il marito è affetto da una malattia venerea,
contratta evidentemente da altre donne, e oppressa dalle sue continue scenate
di gelosia, prende la decisione di andarsene per non ripetere una via di
secolare soggezione e per dignità verso sé stessa. Dopo un doloroso percorso
interiore, decide quindi di abbandonare la casa e il bambino al quale è
dedicato il libro nella speranza che possa comprendere la tormentata strada che
l'autrice-protagonista ha sentito di dover percorrere. Il
romanzo rappresenta molto fedelmente la vita dell'autrice, che si firma per la
prima volta con il nome di Sibilla Aleramo, ma pur essendo una autobiografia
è strutturato con un impianto letterario tale da poter essere considerato un
vero romanzo.
Terminata la relazione con Cena, condusse una vita piuttosto errabonda. Ebbe una relazione con la giovane intellettuale Lina Poletti, nel soggiornò a Firenze, collaborando al Marzocco. Nel , a Milano, si avvicinò ai Futuristi.
Durante la prima guerra mondiale conobbe Dino Campana.
Il poeta non era al fronte, ufficialmente in cura a causa di una nefrite,
ma in realtà perché già era stata diagnosticata la sua malattia mentale quando
era stato in cura nell'ospedale di Marradi
nell'estate del . I
due erano molto diversi: lei estremamente mondana e frequentatrice di salotti,
lui schivo e appartato. Per Campana, poi, la relazione era essenzialmente di
tipo fisico. Il rapporto fu quindi estremamente tormentato, e i due giunsero
spesso a battersi.
Nel 1936 si innamorò di Franco Matacotta, uno studente di quarant'anni più giovane di lei, a cui restò legata per 10 anni. Al termine della seconda guerra mondiale si iscrisse al PCI, impegnandosi intensamente in campo politico e sociale e collaborando con l'Unità. Morì a Roma nel , dopo una lunga malattia. Aveva 83 anni.
Benché le donne abbiano ottenuto numerosi riconoscimenti della loro parità di diritti verso gli uomini, persistono tuttora, in diversi ambiti, situazioni di svantaggio. L'indagine condotta dalla sociologa Chiara Saraceno[5], descritta nel brano "Lavoro e responsabilità familiari: una difficile conciliazione", ha mostrato che in Italia la cura dei figli e della casa gravano in gran parte sulle donne, spesso impedendo loro un duraturo inserimento nel mondo del lavoro. L'Italia è uno dei paesi Europei a più basso tasso di occupazione femminile e questo tasso cresce al Sud e con una minore istruzione. Un'indagine svolta dalla Banca d'Italia mostra che le lavoratrici con responsabilità familiari lavorano complessivamente, in modo pagato e non, circa due mesi di più all'anno degli uomini. Conciliare responsabilità familiari e lavorative per le donne è, infatti, reso difficile da orari di lavoro poco amichevoli e dalla mancanza di servizi adeguati, ma anche dalle aspettative e dai comportamenti dei familiari.
Per ciò che riguarda le agevolazioni della donna in ambito lavorativo ci sono diversi diritti per la sua tutela:
Divieto di licenziamento
Il divieto di licenziamento opera dall'inizio del periodo di gestazione fino al compimento di 1 anno di età del bambino.
Tale divieto non opera nei casi di:
· licenziamento per giusta causa;
· cessazione di attività dell'azienda;
· di ultimazione della prestazione a cui era addetta la lavoratrice e di risoluzione del rapporto di lavoro per scadenza del termine.
Con la nuova normativa il divieto di licenziamento si applica anche al padre, dalla nascita del bambino fino al compimento di un anno di età del medesimo.
Divieto di adibire le lavoratrici a lavori gravosi e insalubri.
Le lavoratrici durante il periodo di gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto sono esonerate dal trasporto e dal sollevamento di pesi e possono essere spostate ad altre mansioni, conservando la retribuzione e la qualifica originarie, se vengono spostate a mansioni inferiori.
E' vietato far lavorare le donne in stato di gravidanza:
· Durante i 2 mesi precedenti la data presunta del parto: si deve far riferimento alla data indicata sul certificato medico, anche se vi può essere errore di previsione.
· Durante i 3 mesi dopo il parto.
L'astensione obbligatoria post-partum è stata estesa anche al padre lavoratore nel caso in cui l'assistenza della madre al neonato sia diventata impossibile per decesso o grave infermità della madre stessa[6].
Parto prematuro
La nuova legge n.53/2000, prevede che, qualora il parto avvenga in anticipo rispetto alla data presunta, si possano aggiungere ai 3 mesi post-partum i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto, nel limite massimo di 5 mesi, a condizione che ci sia stata comunque effettiva astensione dal lavoro.
La lavoratrice è tenuta a presentare entro 30 giorni dalla data del parto il certificato attestante la data dell'evento.
Flessibilità dell'astensione obbligatoria
Ferma restando la durata dell'astensione obbligatoria di 5 mesi, la nuova legge (art.12) introduce - dal 28 marzo 2000 - la possibilità di continuare a lavorare fino all'8° mese di gravidanza utilizzando così un solo mese prima del parto e 4 mesi dopo il parto.
Tale facoltà può essere esercitata a condizione che sia un ginecologo del SSN[7] sia un medico competente per la salute nei luoghi di lavoro attestino che tale scelta non pregiudichi la salute della gestante e del bambino .
Astensione obbligatoria anticipata
La lavoratrice può chiedere all'ispettorato del lavoro, l'astensione anticipata dal lavoro fin dall'inizio della gestazione nei seguenti casi:
· Gravi complicazioni della gestazione o di preesistenti forme morbose che si presume possono aggravarsi con lo stato di gravidanza;
· Se le condizioni di lavoro o ambientali siano da ritenersi pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
· Quando la lavoratrice non può essere spostata a mansioni meno disagevoli.
Trattamento economico per l'astensione obbligatoria
Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80% della retribuzione media globale percepita nel periodo di paga mensile precedente a quello in cui ha avuto inizio l'astensione obbligatoria.
Riposi giornalieri
Il datore di lavoro deve concedere alle lavoratrici madri, durante il 1° anno del bambino 2 permessi di riposo di 1 ora, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è di un'ora solo se l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a 6 ore. Le ore devono essere concesse, anche se non vi è allattamento, e devono essere retribuite, per conto INPS da parte del datore di lavoro.
Permessi per malattia del bambino
Con la nuova legge, il diritto ad astenersi alternativamente dal lavoro durante le malattie del bambino viene fissato per entrambi i genitori fino al compimento dell'8° anno di età.
Fino al compimento del 3° anno di età del bambino non si prevedono limiti temporali di fruizione, dai 3 anni agli 8 è previsto il limite di 5 giorni all'anno per ciascun genitore.
La malattia del figlio deve essere certificata da un medico specialista del SSN o con esso convenzionato.
Fino al compimento del 3° anno di età del bambino i periodi di astensione dal lavoro per malattia del figlio sono coperti da contribuzione figurativa totalmente, dal 3° all'8° anno la copertura è commisurata ad una retribuzione figurativa pari al doppio dell'importo dell'assegno sociale.
Figli in adozione o affidamento
I lavoratori che adottano bambini fino a 6 anni per adozioni nazionali e superiori a 6 anni per quelle internazionali, possono fruire dell'astensione obbligatoria e dell'indennità conseguente nei 3 mesi successivi all'ingresso del bambino in famiglia.
Figli disabili in situazione di gravità
I genitori, sia padre che madre, anche adottivi o affidatari, di bambini portatori di handicap in situazione di gravità riconosciuta , oltre all'astensione obbligatoria, hanno diritto:
· Al prolungamento ininterrotto dell'astensione facoltativa al 30% della retribuzione fino al compimento del 3° anno di età del bambino, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno in istituto specializzato;
· in alternativa, ad un permesso giornaliero di 2 ore, fino al compimento del 3° anno di età normalmente retribuiti;
· Dal 3° anno del bambino, a 3 giorni di permesso mensile, fruibili anche continuativamente, e normalmente retribuiti.
Un altro testo che offre ottimi spunti di riflessione è "Luci e ombre di una rivoluzione permanente: il voto alle donne sessant'anni dopo" di Elena Pulcini[10] che,tra i vari punti, cita le più importanti conquiste della donna dalla metà del secolo scorso:
1960: legge sulla parità salariale tra uomini e donne
1970: legge sul divorzio
1971: legge sulla tutela delle lavoratrici dipendenti
1975: riforma del diritto di famiglia che introduce la parità tra i sessi in ambito familiare conferendo ad entrambi i coniugi la parità sui figli
1977: legge sulla parità nel lavoro
1978: legge sull'interruzione volontaria della gravidanza che legittima la prevenzione delle gravidanze indesiderate e pone fine all'aborto clandestino
1996: nuove norme sulla violenza sessuale, le quali stabiliscono che non sia più un reato contro la morale, ma contro la persona
2001: nuove misure contro la violenza nelle relazioni familiari, che stabilisce particolari sanzioni per il coniuge violento
Ognuna di queste conquiste è stata importantissima, tuttavia condivido il pensiero dell'autrice, perché sarebbe un errore valutare queste conquiste attraverso un'ottica troppo ottimistica, per almeno due ragioni: la prima è che ogni acquisizione non è mai definitivamente data, ma è esposta, sul piano legislativo, a ciclici rischi regressivi o a interpretazioni arbitrarie[11]; la seconda è che, anche se si tratta di traguardi consolidati e indiscutibili, il diritto non è sufficiente a garantire alle donne un'autentica libertà .
Diritto che ritengo particolarmente importante è stato quello sull'IVG[13], ovvero la legge 194. Essa è chiamata comunemente legge sull'aborto, viene emessa dal parlamento italiano il 22 maggio 1978 e disciplina in materia di procreazione assistita e interruzione volontaria di gravidanza . La legge prevede che la donna, durante il periodo di gravidanza, sia assistita da medici operanti in consultori appositamente costituiti i quali forniscono alla donna le informazioni sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio. La donna ottiene anche informazioni sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante. Scopo principale della legge è quello di contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza, consentendole di portarla a termine e assistendola anche dopo il parto. L'art. 4 della legge prevede altresì che la donna possa ricorrere all'interruzione di gravidanza, entro i primi novanta giorni, qualora la donna accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui e' avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito. La decisione di interrompere la gravidanza deve essere presa dalla donna di concerto con la struttura sanitaria, e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito. Se la donna e' interdetta per infermità di mente, la richiesta può essere presentata, oltre che da lei personalmente, anche dal tutore o dal marito non tutore. Il consultorio propone quindi le possibili soluzioni dei problemi proposti, aiuta la donna a rimuovere le cause che la porterebbero all'interruzione della gravidanza, la mettono in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, e promuove ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto. L'interruzione di gravidanza può essere autorizzata solo, su richiesta della donna, dal proprio medico di fiducia, mediante certificato medico che attesta l'urgenza di procedere all'interruzione, o da un medico della struttura sanitaria autorizzata alla quale la donna si è rivolta per l'interruzione della gravidanza stessa. La legge 12 febbraio 1968 n.132 individua quelle che sono le strutture ospedaliere autorizzate ad effettuare interventi per l'interruzione di gravidanza. Qualora l'interruzione della gravidanza si renda necessaria per imminente pericolo per la vita della donna, l'intervento può essere praticato anche senza lo svolgimento delle procedure previste e al di fuori delle strutture autorizzate. E' data possibilità al personale ospedaliero di non partecipare agli interventi per l'interruzione della gravidanza qualora dichiari preventivamente la sua obiezione di coscienza. L'obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento e' indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. La donna in oltre ha anche il diritto a lasciare il bambino in affido all'ospedale per una successiva adozione, e a restare anonima.
L'aborto spontaneo è l'interruzione di una gravidanza avvenuta in modo naturale, non causata da un intervento esterno. Le probabilità che una gravidanza si interrompa spontaneamente sono molto più elevate di quanto comunemente si ritenga(15%); il periodo a maggior rischio è il primo trimestre. Si parla di probabilità, di stima epidemiologica, visto che molte interruzioni spontanee di gravidanza passano inosservate, senza che assumano una dignità clinica.
La sintomatologia tipica dell'aborto spontaneo prevede perdite ematiche e contrazioni uterine. Tale sintomatologia tuttavia, piuttosto diffusa, raramente indica necessariamente un aborto: i sintomi sono in realtà poco specifici. La gravidanza può anche interrompersi in maniera del tutto asintomatica: in tal caso si parla, più propriamente, di aborto interno. L'embrione rimane nell'utero con la cervice perfettamente chiusa, anche se ormai non c'è più battito cardiaco. Di solito questo accade entro la dodicesima settimana ed è possibile accertare la situazione attraverso un controllo ecografico.
Le cause sono varie, spesso difficilmente riconoscibili, principalmente dovute ad aberrazioni cromosomiche del prodotto del concepimento (embrione o feto), secondariamente a problemi della gestante, tra i quali:
Frequentemente si tratta di un episodio sporadico e non ripetuto nella stessa donna. Talvolta può presentarsi l'eventualità di più aborti così precoci da essere scambiati come normale flusso mestruale.
La donna che ha subito un aborto può aver bisogno di sostegno psicologico che aiuti a gestire il dolore della perdita. A qualsiasi epoca della gestazione avvenga, un aborto spontaneo può essere traumatico e può essere vissuto come un lutto. Talvolta la donna può provare un vero e proprio rifiuto dell'idea di avere altre gravidanze e, se già psicologicamente predisposta, può cadere in seri stati depressivi, dai quali è opportuno aiutarla ad uscire (attraverso terapie psicologiche o semplicemente con il sostegno dei parenti e delle persone affettivamente più vicine) prima che si abbiano gravi conseguenze.
L'Interruzione volontaria di gravidanza (IVG) o aborto provocato consiste nell'interruzione dello sviluppo dell'embrione o del feto e nella sua rimozione dall'utero della gestante.
La pratica dell'aborto volontario viene svolta in buona parte del mondo, a discrezione della donna nei primi mesi della gestazione, in presenza di gravi malformazioni al feto, nei casi di pericolo per la salute della madre, nel caso in cui il feto sia frutto di una violenza carnale ai danni della madre, ma anche per altri motivi indipendenti dalla condizione di salute della madre o del feto (come la condizione economica, familiare o sociale).
Nei paesi in cui i diritti della persona non sono garantiti, come in alcuni paesi in via di sviluppo, può essere il marito a imporre alla donna l'aborto, soprattutto in società di stampo patriarcale dove è preferibile avere figli maschi.
L'induzione farmacologica dell'aborto è l'ultimo metodo di interruzione di gravidanza introdotto nella medicina tradizionale. Con questo metodo il distacco del feto dall'utero è chimico e non è necessario nessun intervento di natura chirurgica sul corpo della donna. L'induzione farmacologica attualmente viene effettuata attraverso l'uso di un derivato steroideo sintetico, il mifepristone o RU 486 e di una prostaglandina, il gemeprost.La prima pillola induce l'aborto fisiologico, mentre la seconda, sempre chimicamente, induce l'espulsione del feto e la pulizia dell'utero. La pillola RU 486 è legale negli Usa e in tutti i paesi dell'Ue tranne Italia, Portogallo e Irlanda.Nel 2005 è partita la sperimentazione in Italia e l'uso del farmaco non è ufficialmente proibito, ma esso non è stato ancora iscritto all'elenco dei farmaci la cui vendita è permessa. Attualmente la Exelgyn, l'azienda francese che produce la pillola abortiva RU486, ne ha chiesto la registrazione presso l'Agenzia Italiana del Farmaco.
In Europa, nelle nostre società occidentali, la condizione femminile ha compiuto straordinari progressi nel corso del XX secolo. Ma la nostra realtà è piena di zone d'ombra, dove ci sono donne che vivono in uno stato di subordinazione totale, se non di schiavitù; Sono le realtà dell'immigrazione, quella in cui la tradizione e le usanze sfidano la legge. Più della metà dell'umanità, uomini e donne indistintamente, soffre. La sofferenza di essere poveri, denutriti, malati, analfabeti, sfruttati. Ma prima di ogni altra cosa, è la sofferenza di essere nate donne ad aggravare tutte le altre. Ovunque, la condizione delle donne ci mostra il volto più cupo della realtà contemporanea. Esse sono, molto semplicemente, inferiori. Creature di cui si può disporre a proprio piacimento, prive di dignità. All'inizio del terzo millennio, ci sono ancora donne che vedono la loro vita minacciata perché sono donne. In Asia la vita delle bambine vale meno di quella dei loro fratelli: si impedisce loro di venire al mondo, oppure le si lascia morire per mancanza di cure o di un'alimentazione corretta. In quei paesi si sta verificando una vera e propria mancanza di donne a causa delle loro morti o delle "non nascite". Ridotte alla loro funzione riproduttiva, in alcuni paesi in guerra esse vengono uccise o violentate per attentare alla sopravvivenza della collettività. Nei paesi mussulmani più estremisti delle donne vengono assassinate, arse vive o lapidate in nome di una concezione arcaica dell'onore maschile. In America Centrale gli omicidi femminili sono diventati così frequenti da giustificare l'invenzione di una nuova parola: il femminicidio. Le bambine africane vengono escisse e talvolta infibulate, usate come merci di scambio, maltrattate, prive di cure e istruzione.
Le disuguaglianze investono ogni ambito della vita sociale: istruzione, salute, mercato del lavoro, famiglia, partecipazione alla politica. Secondo il demografo francese Jacques Véron[15] però, la questione non va trattata secondo un'ottica "etnocentrica", il modello di sviluppo occidentale non è necessariamente quello più adatto e non può essere imposto ad altri paesi. Certo, ci sono dei diritti fondamentali che dovrebbero sconfiggere ogni zona d'ombra del globo, come il diritto alla vita, all'istruzione, alla libertà decisionale e di parola. Le vie da seguire possono essere diverse e mi trovo d'accordo con l'autore nel dire che la scelta deve essere comunque compiuta dalle donne stesse dei paesi poveri; ovvero, citando lo studioso indiano Amartya Sen , le donne devono essere viste "come protagoniste attive del mutamento, dinamiche promotrici di trasformazioni sociali che possono modificare sia la loro vita che quella degli uomini" perché solo in questo modo le cose potranno realmente cambiare.
La legge 626 è un decreto legislativo introdotto in Italia nel per regolamentare la sicurezza sui luoghi di lavoro. Il decreto non fu il primo a regolamentare la sicurezza nei luoghi di lavoro ma una norma che superò alcune leggi precedenti dando una forma organica alle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
104/1992 'Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.'
Dev'essere presente un'invalidità superiore all'80%
Es.: Sentenza della Cassazione del febbraio 2005, che attenua la pena al patrigno stupratore perché la ragazza aveva già avuto in precedenza rapporti sessuali
Es.: la prima causa di morte e di invalidità permanente per le donne europee tra i 16 e i 44 anni è la violenza dei mariti, dei compagni e dei padri; il 90% di stupri, maltrattamenti violenze fisiche e psicologiche degli uomini sulle donne avviene in casa;ogni 4 minuti in Italia e ogni 90 secondi negli Stati Uniti una donna viene stuprata
Prima del 1978, l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG), in qualsiasi sua forma, era considerata dal codice penale italiano un reato (art. 545 e segg. cod. pen., abrogati nel 1978).
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