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Il lavoro è ogni attività o funzione diretta ala progresso
materiale e spirituale della società (art. 4, comma 2). Il diritto al lavoro è
riconosciuto a tutti i cittadini (art. 4, comma 1) ed allo scopo di renderlo
effettivo ed operante
Il diritto del lavoro, inteso in senso lato, può essere definito come l'insieme delle norme che disciplinano il rapporto di lavoro - ossia la relazione giuridica intercorrente tra il prestatore ed il datore di lavoro - e che tutelano oltre che l'interesse economico, anche la libertà, la dignità e la personalità del lavoratore. Tale relazione rappresenta un rapporto giuridico complesso, avente ad oggetto tanto l'obbligo del lavoratore di prestare la propria attività e l'obbligo del datore di corrispondere la retribuzione, quanto una molteplicità di situazioni giuridiche soggettive attive e passive, facenti capo alle due parti del rapporto.
Il diritto del lavoro è una disciplina giuridica relativamente nuova, sviluppatasi essenzialmente a partire dai primi anni dell'Ottocento, quando emerse con tutta evidenza la necessità di mediare le esigenze della tutela dei lavoratori con quelle della produzione. Disciplina che ha subito un'evoluzione fortemente condizionata dalle varie fasi attraversate nella storia sociale, economica e politica del nostro Paese.
Il diritto del lavoro presenta connotazioni peculiari rispetto alle altre branche del diritto, in quanto si sottrae alla partizione tradizionale - ma sempre più, oggi, contestata - del diritto nei due rami del diritto pubblico e del diritto privato. In esso, infatti, confluiscono:
La dottrina tradizionale distingue nell'ambito del diritto del lavoro inteso in senso ampio:
Il sistema delle fonti di produzione del diritto del lavoro in senso stretto presenta aspetti di particolare complessità e problematicità, in ragione del concorso di una molteplicità di atti che, se pur dotati di un diverso grado di efficacia, hanno tutti la forza giuridica di incidere sulla regolamentazione concreta del rapporto di lavoro e di determinarla.
In via di prima approssimazione, le fonti che concorrono alla produzione del diritto del lavoro possono essere suddivise nel modo che segue:
Ricordato che a termini dell'art. 35, co. III, Cost.,
Con riferimento al primo livello, oltre ai vari trattati internazionali stipulati anche dall'Italia, rivestono fondamentale importanza alcuni atti ad efficacia esterna emanati dall'O.I.L. (Organizzazione internazionale del lavoro, istituzionalmente deputata a favorire il progresso delle classi lavoratrici nel mondo), e cioè:
Con riferimento al secondo livello, va ricordato che, a differenza delle norme del diritto internazionale, quelle del diritto comunitario - che hanno assunto, specie nell'ultimo decennio, una sempre crescente importanza - possono esplicare efficacia immediata e diretta all'interno degli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Tali norme sono quelle contenute:
Tra i più importanti trattati internazionali, sottoscritti
anche dall'Italia, ricordiamo
In materia di diritto del lavoro, le fonti legislative sono le seguenti:
Il rilievo dato dalla Costituzione al lavoro si evince, innanzitutto, dall'art. 1, co. I, ai sensi del quale 'L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro'.
Nonostante qualche autorevole opinione contraria, sembra doversi ritenere che, nel contesto di tale disposizione, il termine lavoro assuma un significato ampio, tale da comprendere cioè non solo il lavoro salariato, ma ogni altra attività, anche imprenditoriale.
Vengono, quindi, dettati in altre norme costituzionali, altri principi fondamentali volti a rendere più concreta la disposizione di cui all'art. 1, co. I.
In realtà, è necessario distinguere in proposito le norme della Costituzione sociale dalle norme della Costituzione economica. Infatti, come osserva Ghera, 'la tutela del soggetto contraente debole rappresenta indubbiamente la finalità delle norme dettate dalla Costituzione in materia di lavoro, ma non si tratta più di una finalità esclusiva: si aggiunge, infatti, ad essa la finalità ulteriore e più ampia della garanzia dei diritti sociali. Al tradizionale obiettivo della tutela della posizione contrattuale debole si affianca perciò l'obiettivo della tutela della libertà e dignità sociale del lavoratore'.
Gli articoli della Costituzione sociale che vengono in rilievo sono:
Le norme costituzionali dedicate propriamente al lavoro sono contenute negli artt. 35 - 47 della Costituzione ove sono definiti principi generali che regolano l'assetto economico della società, con particolare riguardo all'iniziativa economica privata, al lavoro salariato, alla proprietà terriera, all'artigianato, alle libere professioni, alla cooperazione. La finalità è quella di tutelare il soggetto più debole, il lavoratore, e di conferire concretezza all'affermato impegno dello Stato alla promozione di tutti gli strumenti di emancipazione delle classi storicamente subalterne. Gli articoli della Costituzione economica relativi alla materia del lavoro sono, quindi:
Con l'avvento del fascismo, si attua in Italia una
sistematica demolizione delle libertà sindacali e si realizza il sistema
corporativo con l'obiettivo di superare l'antagonismo fra gli interessi di classe,
subordinandoli all'interesse, comune a tutte le classi sociali, dello Stato. In
tale periodo, l'intervento del legislatore si sviluppa attraversi la c.d.
incorporazione (Ghera) dei principi che disciplinano il lavoro nel sistema del
diritto privato. Il codice civile del
Nell'ambito delle leggi ordinarie, una posizione preminente, quale fonte del diritto del lavoro, spetta al Codice Civile ed in particolare al suo libro V che reca l'intestazione 'Del lavoro'. Va, però, precisato, al riguardo, che non tutte le norme in esso contenute afferiscono alla materia del lavoro, così come, per converso, molte norme appartenenti al diritto del lavoro sono contenute in altri libri del codice.
Di più, alcune speciali figure di contratti di lavoro ed alcune categorie di prestatori di lavoro rinvengono la loro disciplina nel codice della navigazione.
Sempre con riguardo ai codici, va rammentato che il codice
di procedura civile conteneva le norme relative alle controversie in materia di
lavoro; ma tali norme sono state integralmente riformate con
Per legge deve intendersi anche ogni altro atto avente forza di legge, e quindi:
Numerosissime sono le c.d. leggi speciali volte a tutelare il lavoratore, non solo in quanto contraente debole, ma anche nella sua qualità di soggetto che impegna la propria persona nel rapporto di lavoro, ricavandone un reddito che costituisce, nella maggior parte dei casi, la sua unica fonte di sostentamento. Nella più recente legislazione si registra la tendenza a tutelare, oltre all'integrità fisica del lavoratore, anche l'integrità morale dello stesso.
Nella numerosa serie di leggi speciali, si è soliti distinguere tra:
quelle precedenti al sistema introdotto dalla Costituzione, che presentano prevalentemente un carattere di tutela delle condizioni di lavoro, al fine evidente di contenere i conflitti sociali sostenuti dalla sempre più incisiva azione rivendicativa delle organizzazioni sindacali, poi disciolte nel periodo fascista;
quelle successive all'entrata in vigore della Costituzione, i cui principi hanno ridimensionato in misura notevole il ruolo, originariamente assegnato dal legislatore al codice civile, di affermazione delle regole fondamentali di disciplina del rapporto di lavoro.
Si citano qui soltanto alcune delle più importanti leggi speciali, e cioè:
La competenza legislativa delle Regioni ad autonomia ordinaria è stata fino a poco tempo fa ristretta all'istruzione professionale e all'assistenza sanitaria e ospedaliera, anche se la legge n. 883 del 1978istitutiva del servizio sanitario nazionale, ne aveva già ampliato l'importanza proprio relativamente a tale ultima materia. Solo però con la legge n. 469 del 1997, frutto del processo di decentramento amministrativo avviato dalle leggi Bassanini, le competenze regionali hanno abbracciato anche la materia del collocamento e delle politiche del lavoro.
Successivamente con
attengono alla competenza esclusiva dello Stato, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, l'ordinamento civile e la previdenza sociale;
attengono alla competenza concorrente delle Regioni la tutela e sicurezza del lavoro, la tutela della salute e la previdenza complementare ed integrativa (il tutto avviene, ovviamente, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, dagli obblighi internazionale e dei principi fondamentali contenuti nella Cost., eventualmente definiti con legge statale, anche allo scopo di garantire l'unità economico sociale della Nazione);
attengono alla competenza esclusiva delle
regioni, le materie non riservate alla legge statale e alla legislazione
regionale concorrente. Le regioni hanno anche il potere di dare attuazione ed
esecuzione agli atti dell'Unione Europea nell'osservanza delle procedure
stabilite dalla legge dello Stato (art. 117, comma 5). La recente legge n. 11
del
Non tutta la disciplina relativa alla materia del lavoro è contenuta nel codice o nelle leggi integratrici - pure numerose - o, ancora, nei decreti-legge e nei decreti legislativi emanati dal Governo.
Altra regolamentazione, che si aggiunge a quella generale, può essere rinvenuta:
Il contratto collettivo viene stipulato a più livelli. Esso può essere:
Nelle ipotesi in cui i contratti di diverso livello predispongano discipline in contrasto fra loro, il criterio risolutore del conflitto deve essere individuato, per la dottrina e la giurisprudenza dominanti, nel criterio della specialità, ossia nella preferenza accordata alla disciplina speciale rispetto a quella generale.
Per quanto concerne i rapporti tra contratto collettivo e contratto individuale va detto che essi sono strettamente regolati, nel nostro ordinamento, dal meccanismo dell'inderogabilità in peius di natura reale; è invece possibile che il contratto individuale si discosti dal contratto collettivo derogandolo in melius.
Tuttavia, in tema di fonti del diritto del lavoro, l'argomento di maggior interesse è quello del rapporto tra la legge e contrattazione collettiva. Tra tali fonti possono stabilirsi tre forme di relazione funzionale:
L'uso (o consuetudine) è costituito da un comportamento costante ed uniforme, dal ripetersi cioè di un dato comportamento nel tempo ('diuturnitas'), accompagnato dalla convinzione della conformità al diritto e della necessità giuridica del comportamento stesso ('opinio iuris ac necessitatis').
Nella loro qualità di fonti del diritto del lavoro, gli usi assumono una valenza peculiare. Essi sono sempre dispositivi in quanto si applicano, di regola, solo in mancanza di disposizioni di legge o di contratto collettivo e non possono derogare la disciplina del contratto collettivo né prevalere su quella del contratto individuale. Tuttavia, essi, se più favorevoli al prestatore, prevalgono - è questa la deroga, contenuta nell'art. 2078, c.c., alla regola generale sancita dall'art. 8, preleggi - sulle norme dispositive di legge.
Da tale categoria di usi - i c.d. usi normativi - va tenuta distinta quella degli usi aziendali, che esplicano la loro efficacia nell'ambito, non della comunità generale, ma di una singola unità produttiva. Gli usi aziendali non hanno valore di norma inderogabile e, secondo la giurisprudenza, possono essere esclusi dalle parti, ancorché solo al momento della stipulazione del contratto individuale.
Per l'attuazione dei principi della Costituzione in materia
di lavoro, un ruolo significativo è svolto dalla Corte Costituzionale, da
sempre rivolta ad assicurare l'adeguamento delle norme di legge ai principi
costituzionali. In molti casi,
Si ha riguardo, in particolare ai criteri di interpretazione della disciplina del lavoro capaci, in determinate ipotesi, di orientare la decisione sul bilanciamento degli interesso. Non si è, quindi, in presenza di fonti del diritto in senso formale, ma di criteri di guida sussidiari.
L'equità costituisce il criterio interpretativo ed il metodo di giudizio del caso concreto (ad es. artt. 36 Cost., 2109 c.c., 2110 c.c., 2118 c.c.).
Il principio del favor prestatoris caratterizza l'intero ordinamento giuridico del lavoro e si sostanzia nella particolare tutela che, nel contratto individuale di lavoro, viene accordata al contraente più debole, e cioè al prestatore, come conseguenza della necessità di riequilibrare il diverso peso contrattuale delle parti. L'affermazione più generale è contenuta nell'art. 35 Cost. che informa tutta la regolamentazione costituzionale. Il suo presupposto è la subordinazione socio economica del lavoratore, che si traduce in una disparità negoziale a vantaggio dell'imprenditore. Oltre che nella Costituzione, il principio è affermato anche in numerose disposizioni delle legge ordinaria come, ad esempio, il principio della invalidità delle rinunce e transazioni stipulate durante il rapporto di lavoro.
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