NON VIOLENZA E IL DIRITTO
Il diciassettesimo capitolo tratta un
argomento che è piuttosto collegato al diritto: la non violenza. Il concetto di
non violenza può essere visto in due accezioni:
- può indicare un modo di
agire, o più precisamente una tecnica di azione politica, ed in questo
caso parliamo di non violenza pragmatica o negativa;
- o può far riferimento ad
una dottrina, cioè ad un insieme di principi teoretici, etici e politici,
nei quali può trovare il proprio fondamento una tecnica di azione
politica, ma tali principi mantengono la loro vitalità indipendentemente
dalla loro applicazione pratica ed in questo caso parliamo di non violenza
dottrinale e positiva.
Nel caso della non-violenza
pragmatica e negativa, la tecnica di azione politica messa in atto, ritiene di
poter e dovere trovare solo in se stessa la propria giustificazione. Infatti
proprio perché rinuncia a qualsiasi riferimento di principi o dottrine, la
non-violenza pragmatica può essere utilizzata da qualsiasi movimento. Può anche
essere utilizzata maliziosamente per
favorire l'assetto di movimenti politici oppressivi: ad esempio, da gruppi
minoritari per nulla disposti, una volta divenuti maggioritari a riconoscere
qualsiasi spettanza alla nuova minoranza e pronti, al limite, a reprimere,
anche con il ricorso alla violenza, ogni manifestazione di dissenso.
Ciò che invece caratterizza la non violenza dottrinale e positiva è il
forte concetto del ripudio della violenza che appare quale principio primo e
costituivo. La non violenza pragmatica e negativa, quindi, ritiene giusta
l'azione non-violenta perché la ritiene tale da dare buoni risultati, o da dare
comunque, sempre risultati migliori dell'azione violenta. La non-violenza
dottrinale, invece, ritiene che il ripudio della violenza sia giusto in se
stesso, anche nell'ipotesi in cui esso non dia gli esiti sperati. Della non
violenza dottrinale abbiamo fondamentalmente due modelli: uno orientale ed uno
occidentale, molto diversi tra loro: Il modello orientale è il più noto perché
reso popolare dall'eccezionale personalità del Mahatmal Gandhi, con l'altrettanto
eccezionale azione politico-pedagocico-sociale tanto da far divenire la sua
azione l'unico possibile modello di teoria ed azione non violenta. Egli faceva
riferimento alla verità, verità intesa come sinonimo di Dio e che viene
conquistata attraverso l'esperienza personale dell'uomo. La non-violenza
Gandhiana possiede quella che potremo definire la conversione universale di
tutti gli uomini alla verità, cioè a Dio e vi è un equilibrato carattere di
lotta a favore degli oppressi (perché siano liberati dalla violenza degli
oppressori) e di lotta a favore degli stessi oppressori (perché siano liberati
anche loro da ciò che li opprime, cioè da ciò che li induce ad operare con
violenza contro gli altri). Della non-violenza esiste, però, anche un modello occidentale:
è il modello del diritto come tecnica di soluzione delle controversie, giusta e
non violenta: Cioè il diritto è quello strumento non violento perché utilizza
non la forza, ma la giustizia; mediante il quale vengono regolati i rapporti
intersoggettivi. Rispetto al modello gandhiano, altamente spirituale, perché si
rivolge con forza alle coscienze, l'esperienza occidentale del diritto non può
che apparire caratterizzata da un'intrinseca freddezza.