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L'udienza preliminare




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L'UDIENZA PRELIMINARE


L'udienza preliminare è una delle fasi del procedimento penale; essa ha la funzione di assicurare che un giudice controlli la legittimità ed il merito della richiesta di rinvio a giudizio formulata dal p.m.

L'udienza preliminare può anche fungere da sede di definizione anticipata del procedimento: infatti, nel corso di tale udienza il giudice può accogliere la richiesta di giudizio abbreviato o di patteggiamento.

Il g.u.p. deve essere diverso da quello che nel medesimo procedimento ha esercitato le funzioni di g.i.p.

Nel procedimento ordinario la richiesta di rinvio a giudizio segna il passaggio dalla fase delle indagini preliminari alla fase dell'udienza preliminare.

La richiesta di rinvio a giudizio, formulata dal p.m., contiene l'imputazione nonché l'indicazione delle fonti di prova acquisite.

La richiesta non deve essere motivata.

Tra la data in cui la richiesta perviene al giudice e la data fissata per l'udienza non può intercorrere un termine superiore a 30 giorni; le parti devono essere avvisate della data dell'udienza in modo da avere un termine libero di almeno 10 giorni.

All'imputato ed alla persona offesa è notificato l'avviso della data di udienza unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio; l'imputato è avvertito altresì che, se non compare, sarà giudicato in contumacia.

L'udienza preliminare si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del p.m. e del difensore dell'imputato.

Ove l'imputato non sia presente, il giudice deve accertare che ciò sia dovuto ad una scelta volontaria e non derivi, viceversa, da una mancata conoscenza incolpevole dell'avviso dell'udienza preliminare.

Il giudice deve rinnovare l'avviso anche quando appare solo "probabile" la mancata conoscenza incolpevole.

Il giudice, dopo aver verificato l'effettiva conoscenza dell'avviso, deve valutare la causa dell'assenza dell'imputato: se l'assoluta impossibilità a comparire è dovuta a legittimo impedimento dell'imputato (oppure è anche solo probabile che sia dovuta a caso fortuito o a forza maggiore), il giudice deve disporre il rinvio ad una nuova udienza ed ordinare la rinnovazione dell'avviso.

L'imputato può chiedere o consentire che l'udienza preliminare si svolga in sua assenza.

Se comunque l'imputato dopo essere comparso si allontana dall'aula di udienza, è considerato presente.

Se il difensore dell'imputato non è presente, il giudice designa un sostituto immediatamente reperibile.

Nel caso in cui risulta che l'assenza del difensore è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento (purché prontamente comunicato), il giudice fissa con ordinanza la data della nuova udienza e ne dispone la notificazione all'imputato.

Se l'imputato detenuto o a piede libero non compare all'udienza e non risulta sussistere un legittimo impedimento o l'ignoranza incolpevole dell'avviso, il giudice ne dichiara la contumacia con ordinanza.

È possibile che l'imputato, dichiarato contumace, compaia prima della decisione: in tal caso il giudice deve revocare l'ordinanza.

L'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio.

Se dopo la pronuncia dell'ordinanza dichiarativa della contumacia ma prima della decisione perviene la prova che l'imputato non era comparso a causa della mancata conoscenza incolpevole dell'avviso o per legittimo impedimento il giudice deve revocare l'ordinanza contumaciale.

Se si procede a carico di più imputati ed alcuni sono contumaci, il giudice deve disporre la separazione dei processi, salvo che la riunione risulti assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti.

Il codice prevede che gli atti compiuti restino validi.

Se la prova è pervenuta tardivamente e l'imputato dimostra che ciò non è dovuto a sua colpa, il giudice deve disporre l'assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini della decisione.

Infine l'ordinanza dichiarativa della contumacia è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l'assenza dell'imputato è dovuta a mancata conoscenza dell'avviso di udienza o ad impossibilità di comparire per legittimo impedimento.

Analizziamo ora lo svolgimento ordinario dell'udienza preliminare: essa si svolge in camera di consiglio (e cioè senza la presenza del pubblico).

All'udienza devono comunque essere presenti il p.m. ed il difensore dell'imputato.

All'inizio dell'udienza le parti possono chiedere al giudice l'ammissione di atti o documenti.

Il p.m. espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio.

L'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio.

I difensori delle parti private svolgono le proprie argomentazioni.

L'ordine dell'esposizione rispetta le cadenze dell'onere della prova: inizia la parte civile e proseguono il responsabile civile, la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e l'imputato.

Il p.m. ed i difensori possono replicare una sola volta.

In base agli elementi emersi nel corso dell'udienza ed alla discussione che si svolge in tale sede, può sorgere l'esigenza di apportare modificazioni all'imputazione originaria.

Finché si tratta di variare la descrizione del fatto storico (che comunque deve restare inalterato negli elementi essenziali della fattispecie), il p.m. è legittimato a contestare all'imputato un fatto "diverso" da quello contestato nella richiesta di rinvio a giudizio: lo stesso vale se si tratta di aggiungere una circostanza aggravante, un fatto commesso in esecuzione del medesimo disegno criminoso (reato continuato) o un altro reato commesso con la medesima condotta (concorso formale).

Viceversa, quando risulta a carico dell'imputato un fatto "nuovo", purché procedibile d'ufficio, la parola passa all'imputato, che può consentire o meno.

Al termine dell'udienza il giudice:

a. adotta una decisione definitiva quando pronuncia la sentenza di non luogo a procedere o il decreto che dispone il giudizio;

b.  prende una decisione interlocutoria quando dichiara di non poter decidere allo stato degli atti; in tal caso indica al p.m. le ulteriori indagini o dispone anche d'ufficio l'assunzione di prove.

Una volta che il p.m. abbia provveduto all'adempimento, si terrà una nuova udienza.

All'esito di tale udienza è possibile che il giudice ritenga di poter decidere allo stato degli atti; in caso contrario, il giudice potrà emettere una nuova ordinanza per l'integrazione delle indagini o disporre che si faccia luogo allo svolgimento eccezionale dell'udienza preliminare.

Il codice prevede una attività di integrazione probatoria del giudice, che consiste nel potere di assumere prove nel corso dell'udienza preliminare se vi è impossibilità di decidere allo stato degli atti.

Il giudice, se non ordina al p.m. l'integrazione delle indagini, può disporre anche d'ufficio l'assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere.

Lo svolgimento dell'udienza, se il giudice non decide allo stato degli atti, vede susseguirsi:

la richiesta di ammissione delle prove o l'indicazione d'ufficio delle medesime;

l'assunzione di queste ultime;

l'eventuale interrogatorio dell'imputato;

le conclusioni delle parti e la decisione del giudice.

Il criterio in base al quale il giudice dispone l'ammissione delle prove è quello della "evidente decisività" delle stesse ai fini della sentenza di non luogo a procedere.

Sull'assunzione delle prove va detto che l'audizione dei testimoni, consulenti tecnici e periti e l'interrogatorio degli imputati connessi sono condotti dal giudice.

Le parti possono proporre domande a mezzo del giudice nel seguente ordine: per primo il p.m. e successivamente i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato.

L'imputato può chiedere di esser sottoposto all'interrogatorio "in ogni caso".

Anche l'interrogatorio deve essere condotto dal giudice, ma se una parte ne fa richiesta, esso può svolgersi con le forme dell'esame incrociato.

Terminata l'assunzione delle prove, il p.m. ed i difensori illustrano le rispettive conclusioni.

Quindi il giudice pronuncia la decisione di rinvio a giudizio o di non luogo a procedere.

La sentenza di non luogo a procedere è pronunciata in base a motivi di diritto o di fatto.

Il giudice deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio.

Il decreto che dispone il giudizio è emesso nei casi nei quali il g.u.p. non pronuncia la sentenza di non luogo a procedere.

Il decreto non è motivato (si vuole evitare il pregiudizio che deriverebbe all'imputato ove un giudice prima del dibattimento affermasse l'attendibilità degli elementi di prova a carico); esso contiene l'enunciazione in forma chiara e precisa del fatto e delle circostanze, con l'indicazione dei relativi articoli di legge; l'indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono.

Il decreto svolge anche la funzione di citazione a giudizio, poiché convoca le parti per il dibattimento.

Il decreto deve essere notificato sia all'imputato contumace all'udienza preliminare, sia all'imputato ed alla persona offesa comunque non presenti alla lettura del decreto stesso.

La notifica deve essere effettuata almeno 20 giorni prima della data fissata per il giudizio.

Subito dopo aver emesso il decreto che dispone il giudizio, il g.u.p. provvede a formare il fascicolo per il dibattimento ed il fascicolo del pubblico ministero nel contraddittorio delle parti.

Nel fascicolo per il dibattimento sono raccolti quegli atti, compiuti prima del dibattimento, che si sono formati nel contraddittorio delle parti o che sono nati fin dall'origine come "non ripetibili".

Il fascicolo per il dibattimento è conosciuto dal giudice (collegiale o singolo) e dalle parti; gli atti in esso contenuti possono essere usati ai fini della decisione.

Il fascicolo del pubblico ministero ha un contenuto residuale: vi sono inseriti gli atti "diversi" da quelli inseriti nel fascicolo per il dibattimento, che siano stati fino a quel momento compiuti.

Infine, nel fascicolo del pubblico ministero confluisce anche il fascicolo del difensore.

Tale fascicolo nel corso delle indagini è formato e conservato presso l'ufficio del g.i.p. e contiene quegli atti di investigazione difensiva che il difensore abbia presentato direttamente al giudice.

Il fascicolo del pubblico ministero è conosciuto dalle parti e non dal giudice del dibattimento.

Di regola gli atti contenuti in questo fascicolo non possono essere letti e usati per la decisione.

Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva.

Possono proporre l'impugnazione contro la sentenza di non luogo a procedere l'imputato, il procuratore della Repubblica ed il procuratore generale presso la Corte d'appello.

In caso di appello del p.m., la Corte d'appello può confermare la precedente decisione, pronunciare il decreto che dispone il giudizio od emettere una nuova sentenza di non luogo a procedere con una formula meno favorevole per l'imputato.

In caso di appello dell'imputato, la Corte d'appello può confermare la precedente decisione od emettere una nuova sentenza di non luogo a procedere con formula più favorevole.

L'imputato non può proporre appello quando con la sentenza di non luogo a procedere sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso.

Contro la sentenza emessa dalla Corte d'appello l'imputato ed il procuratore generale possono proporre ricorso per cassazione.

La sentenza di non luogo a procedere non diventa irrevocabile né passa in giudicato: il p.m. può in qualsiasi momento chiedere al g.i.p. la revoca della sentenza e la riapertura delle indagini.

Legittimato a chiedere la revoca della sentenza di non luogo a procedere è solo il pubblico ministero.

La revoca è chiesta all'ufficio del g.i.p. quando siano presenti nuove "fonti di prova" che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare il rinvio a giudizio.

La richiesta è sottoposta all'esame del g.i.p. in un'apposita udienza in camera di consiglio nel contraddittorio delle parti.

Il giudice prende una delle seguenti decisioni:

a. dichiara inammissibile o rigetta la richiesta del p.m.;

b.  revoca la sentenza di non luogo a procedere e dispone la riapertura delle indagini, stabilendo un termine improrogabile non superiore a 6 mesi.

Entro 6 mesi il p.m. deve concludere le indagini e formulare la richiesta di rinvio a giudizio.

Tuttavia quest'ultima può esser presentata anche unitamente alla richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere.



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