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L'INVESTIGAZIONE DIFENSIVA
Il diritto alla prova spetta sia al p.m., sia alle parti private.
Il fondamento dell'investigazione difensiva penale è stato individuato da tempo nel diritto di difesa, riconosciuto dalla Costituzione come inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Il 111.2 Cost. I pt. (Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale) contiene l'espresso riconoscimento del principio di parità delle parti.
Il 111.3 riconosce all'imputato il diritto di disporre del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa.
Il difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito (327-bis); pertanto, si tratta di attività compiute per un interesse di tipo privato.
I risultati possono essere usati nel procedimento attraverso i medesimi canali che disciplinano l'uso degli atti di indagine del p.m.
Le investigazioni "tipiche" consistono nell'intervista a possibili testimoni ed imputati connessi, nella richiesta di documenti alla pubblica amministrazione, nell'accesso ai luoghi per raccogliere elementi di prova, nella consulenza tecnica fuori dei casi di perizia; nell'esame delle cose sequestrate.
Ma il 327-bis non esclude la facoltà di svolgere investigazioni anche mediante atti atipici, come pedinamenti, registrazioni di colloqui in luoghi pubblici, conversazioni informali mediante telefono, etc.
Ai sensi del 327-bis il titolare del potere di svolgere investigazioni difensive è il difensore.
La titolarità deriva dal conferimento dell'incarico professionale, purché questo risulti da un atto scritto.
È legittima l'attività investigativa preventiva, e cioè svolta per l'eventualità che si instauri un procedimento penale.
Il medesimo potere di svolgere investigazioni spetta altresì al difensore della persona offesa.
Il legislatore ha previsto la possibilità che le attività di investigazione siano svolte, su incarico del difensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e da consulenti tecnici.
Con riguardo all'investigatore privato autorizzato, l'autorizzazione si configura come un'ulteriore autorizzazione concessa dal prefetto a colui che è già "investigatore privato", e cioè ha in precedenza ottenuto la licenza di cui al 134 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS: r.d. 773/1931).
Solo l'investigatore privato "autorizzato" può opporre all'autorità il segreto professionale.
Il difensore ha facoltà di delegare ai suoi ausiliari (consulenti ed investigatori) le attività di investigazione difensiva: anche gli ausiliari possono conferire in modo informale con le persone informate sui fatti, ma solo il difensore ed il suo sostituto possono assumere informazioni o ricevere dichiarazioni scritte da tali persone.
L'indagine atipica dovrebbe spettare di regola all'investigatore privato.
L'intervista di possibili testimoni e di indagati connessi è il più importante tra gli atti di indagine.
Vi sono tre distinte modalità di acquisizione.
Le modalità consistono nello svolgimento di un colloquio non documentato; nell'assunzione di informazioni da verbalizzare; nel rilascio di una dichiarazione scritta.
Il colloquio informale può esser svolto sia dal difensore, sia dai suoi ausiliari; viceversa, le informazioni e le dichiarazioni possono essere acquisite solo dal difensore e dal suo sostituto.
Il 391-bis esclude dall'intervista alcune persone che sono incompatibili con la qualifica di teste (ad es. il responsabile civile, il civilmente obbligato per la pena pecuniaria, il giudice, il p.m., etc.).
In ogni caso, prima che il colloquio abbia inizio (in una delle tre forme sopra dette) il difensore o il suo ausiliario deve avvertire la persona intervistata, a pena di inutilizzabilità dell'atto:
della propria qualità e dello scopo del colloquio:
se intende semplicemente conferire o ricevere dichiarazioni o assumere informazioni indicando, in tal caso, le modalità e la forma di documentazione;
dell'obbligo di dichiarare se è sottoposta ad indagini o imputata nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato;
della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione;
del divieto di rivelare le domande eventualmente rivoltegli dalla polizia giudiziaria o dal p.m. e le risposte date;
delle responsabilità penali conseguenti alla falsa dichiarazione.
È prevista inoltre una disciplina speciale per l'intervista di persone indagate od imputate nel medesimo procedimento o in procedimento connesso o collegato: l'atto, a pena di inutilizzabilità, deve svolgersi con la necessaria presenza del difensore dell'intervistato.
Se la persona è priva di difensore, colui che vuole procedere all'intervista deve chiedere al giudice di disporre la nomina di un difensore di ufficio.
La prima modalità dell'intervista consiste nello svolgimento di un colloquio non documentato: esso è funzionale ad un'eventuale assunzione di informazioni oppure alla richiesta di una dichiarazione scritta.
Le informazioni devono essere verbalizzate dal difensore o dal sostituto secondo le regole generali di documentazione degli atti del procedimento penale "in quanto applicabili".
Per la materiale redazione del verbale il difensore può avvalersi di persone di sua fiducia.
All'assunzione delle informazioni non possono assistere l'indagato, l'offeso e le altre parti private.
Vi è infine una apposita disciplina relativa all'ipotesi in cui la persona, che sia stata sentita in qualità di possibile testimone, renda nel corso delle informazioni una dichiarazione dalla quale emergano indizi a proprio carico: la normativa è analoga a quella vigente per l'autorità giudiziaria.
Il difensore, una volta assunte le informazioni, può ritenere che le dichiarazioni non siano utili per la posizione del proprio cliente: in tal caso non è obbligato a produrre il verbale nel corso del procedimento.
Tuttavia, se il difensore decide di produrlo, il verbale non può essere manipolato.
Per quanto riguarda il rilascio di una dichiarazione scritta, essa, resa dalla persona intervistata, deve essere da lei sottoscritta; il difensore o il sostituto autenticano la firma.
Quindi l'intervistatore deve redigere una relazione, allegandola alla dichiarazione, nella quale riporta:
la data in cui la dichiarazione è stata ricevuta;
le generalità del difensore (o del sostituto) e della persona che ha rilasciato la dichiarazione;
l'attestazione di aver rivolto gli avvertimenti previsti dalle disposizioni relative all'intervista;
i fatti sui quali verte la dichiarazione.
Le modalità di utilizzazione della dichiarazione sono identiche a quelle previste in relazione al verbale relativo all'assunzione di informazioni.
Il difensore ha due strumenti procedurali attivabili nell'ipotesi che la persona convocata si avvalga della facoltà di non rispondere: può chiedere che la persona sia sentita con incidente probatorio, oppure chiedere al p.m. di disporre l'audizione del possibile testimone.
E vediamo ora le altre attività di investigazione difensiva.
La richiesta di documenti alla pubblica amministrazione è un atto che appare riservato alla titolarità esclusiva del difensore, il quale può chiedere i documenti in possesso della pubblica amministrazione ed estrarne copia a sue spese.
Quando l'accesso ai luoghi concerne luoghi pubblici o aperti al pubblico, il difensore non incontra alcun ostacolo: i problemi sorgono quando l'accesso riguarda luoghi privati o non aperti al pubblico.
Il difensore ed i suoi ausiliari hanno l'onere di sollecitare il consenso di chi ne ha la disponibilità.
Se il consenso non è rilasciato, il difensore può chiedere l'intervento del giudice, il quale autorizza l'accesso con decreto motivato che ne specifica le concrete modalità.
Non è consentito l'accesso ai luoghi di abitazione o alle loro pertinenze, salvo che sia necessario accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato.
Un'altra facoltà spettante ex lege al difensore consiste nella possibilità di effettuare l'esame delle cose sequestrate nel luogo in cui si trovano e, se si tratta di documenti, di estrarne copia.
Le parti possono avvalersi della consulenza tecnica fuori dei casi di perizia: cioè avvalersi dell'opera di consulenti tecnici per l'analisi e la valutazione del materiale già noto agli organi di indagine pubblica.
La nuova disciplina opera su tre fronti:
a. consente al consulente della difesa di esaminare le cose sequestrate nel luogo in cui esse si trovano;
b. permette al consulente di intervenire alle ispezioni compiute dagli organi di accusa;
c. prevede la facoltà di esaminare l'oggetto delle ispezioni alle quali il consulente non è intervenuto.
In queste ipotesi, il consulente tecnico può intervenire solo se autorizzato dall'autorità giudiziaria.
In secondo luogo, il legislatore ha previsto la possibilità che la difesa proceda, in piena autonomia ed in alternativa al p.m., al compimento di atti irripetibili.
I rilievi sono quegli atti "urgenti" che non implicano né una valutazione di tali dati, né una modificazione dello stato delle cose: l'urgenza è data dal fatto che i dati sono soggetti ad alterazione.
Il p.m. ha sempre facoltà di assistere agli atti non ripetibili compiuti in occasione di accesso ai luoghi.
Quando il p.m. ha esercitato tale facoltà, la documentazione degli atti è inserita nel fascicolo per il dibattimento: in tal caso il risultato dell'attività non ripetibile deve essere acquisito al processo anche se si rivela sfavorevole all'assistito.
Quando il difensore sta per compiere un accertamento tecnico non ripetibile deve darne avviso senza ritardo al p.m. per l'esercizio delle facoltà previste, in quanto compatibili, dall'art. 360.
A questo punto il p.m. ha tre possibilità:
a. può assistere all'accertamento condotto dal consulente privato;
b. può procedere ad un proprio accertamento tecnico non ripetibile;
c. può esercitare le facoltà previste, in quanto compatibili, dall'art. 360: pertanto il p.m., una volta avvisato dal difensore, può formulare riserva di incidente probatorio.
In quest'ultimo caso la difesa ha la possibilità di procedere ugualmente all'accertamento tecnico, ove ritenga tale atto non differibile (ed il relativo verbale è inserito nel fascicolo del dibattimento).
E passiamo ora ad analizzare le modalità di utilizzazione degli atti di investigazione difensiva.
Il difensore ha la possibilità di presentare gli elementi difensivi direttamente al giudice sia quando il giudice, nelle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, deve adottare una decisione con l'intervento della parte privata assistita dal difensore; sia per l'eventualità che il giudice debba adottare una decisione per la quale non è previsto l'intervento della persona assistita.
La documentazione presentata dal difensore è inserita in un apposito fascicolo, formato e conservato presso l'ufficio del g.i.p. e denominato fascicolo del difensore.
Di tale documentazione il p.m. può prendere visione ed estrarre copia solo quando deve essere adottata una decisione su richiesta delle altre parti o col loro intervento.
Dopo la chiusura delle indagini preliminari il fascicolo del difensore confluisce nel fascicolo del pubblico ministero.
Il difensore in ogni caso può presentare al p.m. gli elementi di prova in favore del proprio assistito.
Una volta conclusa l'udienza preliminare col decreto che dispone il giudizio, il giudice provvede nel contraddittorio delle parti a formare il fascicolo per il dibattimento.
In detto fascicolo sono inseriti sia i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal difensore, sia la documentazione degli atti non ripetibili compiuti in occasione dell'accesso ai luoghi, presentata nel corso delle indagini preliminari e dell'udienza preliminare, sia la documentazione degli accertamenti tecnici non ripetibili compiuti dal consulente tecnico di parte privata su iniziativa del difensore.
Gli altri atti di investigazione difensiva non menzionati sono inseriti nel fascicolo del p.m.
Ultimo e importante tema di questo capitolo sull'investigazione difensiva è quello dei rapporti tra investigazione difensiva e legge sulla privacy.
Assume rilievo il d. lgs. 196/2003, "Codice in materia di protezione dei dati personali" (d'ora in poi "legge privacy").
Quando l'investigazione difensiva ha per oggetto dati personali non sensibili, non è necessario che l'interessato esprima il consenso al trattamento ed all'interessato non deve essere data la comune informativa perché egli non ha il diritto di opporsi al trattamento.
La legge privacy pone le condizioni che autorizzano la deroga: i dati devono essere "trattati esclusivamente" per le finalità concernenti l'investigazione difensiva o la tutela giudiziaria di un diritto e "per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento".
Il titolare del potere processuale di compiere l'investigazione difensiva non è il cliente, ma il difensore.
Questi svolge personalmente l'indagine o incarica un altro avvocato (denominato "sostituto"), un consulente tecnico o un investigatore privato autorizzato.
Il potere del difensore deriva dall'incarico professionale, risultante da atto scritto.
Quando si raccolgono informazioni "personali" presso un soggetto, questi (si tratti o meno della persona alla quale si riferiscono i dati) deve essere informato sulla finalità dell'intervista e sulla identità di colui che opera il trattamento (13.1 legge privacy).
L'indagine svolta dall'imputato o dalla persona offesa non gode delle facilitazioni e dei poteri previsti per le investigazioni "difensive": il 327-bis si limita a regolare l'attività investigativa del difensore.
Per quanto riguarda i dati personali "sensibili", vale il principio generale secondo cui, se vengono violati i limiti funzionali, torna in vigore l'ordinario regime del trattamento.
I dati sensibili relativi a persone diverse dal cliente possono essere trattati se sono "pertinenti e non eccedenti rispetto ad incarichi conferiti".
Inoltre il trattamento dei dati sensibili è ammesso solo se le investigazioni non possono essere svolte su "dati personali di natura diversa".
I dati possono essere comunicati "nei limiti strettamente pertinenti all'espletamento dell'incarico conferito e nel rispetto, in ogni caso, del segreto professionale".
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