Le responsabilità penali del presidente della repubblica ed il loro
accertamento
La giurisdizione penale della corte stessa riguarda unicamente i reati
suscettibili di essere commessi dal capo dello stato, "nell'esercizio delle sue
funzioni": cioè le figure dell'alto tradimento e dell'attentato alla
costituzione. La generalità dei costituzionalisti che si sono occupati del tema
propende, pertanto, a ritenere che gli illeciti previsti dall'art. 90 Cost.
rappresentino "reati propri" del solo presidente della repubblica, cioè figure
autonome del diritto penale comune. Ma è precisamente in questo senso che viene
più volte sostenuta l'indeterminatezza delle previsioni costituzionali in
esame. A ciò si aggiunge l'estrema difficoltà di separare ed identificare
"l'alto tradimento" e "l'attentato". Non è accidentale che vari autori mettano
l'accento sulla prima figura. Ma tutto ciò non significa che gli illeciti
nominati dall'art. 90 Cost. rimangano del tutto indefiniti. Il dato che associa
entrambe le ipotesi in esame consiste pur sempre in un qualificato "abuso di
poteri" o in una "violazione dei doveri inerenti alle funzioni presidenziali".
Ed è abbastanza sicuro che le relative condotte costituiscano per definizione
un illecito penale.
Illeciti siffatti continuano, però, a rappresentare ipotesi del tutto
uniche nel loro genere. Da un lato, le ragioni giuridiche sulle quali
potrebbero fondarsi le accuse e le condanne riguardanti il capo dello stato
sono per loro natura di ordine costituzionale piuttosto che di ordine penale.
D'altro lato, le sanzioni eventualmente applicabili dalla corte costituzionale
comporterebbero valutazioni da svolgere entro un amplissimo margine
discrezionale. In ultima analisi, è dall'oggettiva e spiccatissima particolarità
di tali fatti e dei relativi giudizi che deriva la giustificazione delle
previsioni contenute negli art. 90 e 134 Cost.: per cui la messa "in stato di
accusa" del presidente della repubblica va deliberata "dal parlamento in seduta
comune". L'assoluta rarità del caso in un reato presidenziale vale comunque a
spiegare che il procedimento penale costituzionale sia stato alleggerito, da
quando ha cessato di coinvolgere i reati ministeriali. In luogo dell'apposita
commissione opera attualmente "un comitato formato dai componenti della giunta
del senato della repubblica e della giunta della camera dei deputati competenti
per le autorizzazioni a procedere". A questo collegio è demandata la prima
valutazione delle notitiae criminis. Per il comitato si aprono quindi tre vie:
la dichiarazione della propria incompetenza; l'archiviazione per manifesta
infondatezza della denuncia; e al via maestra della relazione alle camere
riunite. Si è già ricordato come i giudizi penali costituzionali siano stati
sottratti alla corte nella sua composizione consueta. L'assemblea costituente
ha voluto, in sostanza, che la corte integrata fosse prevalentemente espressa
dal parlamento. Le forme del giudizio, tuttavia, rimangono affini a quelle
risultanti dalla comune disciplina dei processi penali. In particolar modo,
anche in questa sede si dà una prima fase del processo, avente natura
istruttoria: il che vale ad escludere che la sospensione stessa sia automatica.
Segue la fase del dibattimento, che vede necessariamente impegnato l'intero
collegio. Per salvaguardare l'immutabilità del collegio giudicante è anzi
previsto che i giudici costituzionali ordinari impegnati in un certo giudizio
penale continuino a far parte della corte integrata. Alla eventuale sentenza di
condanna si accompagna la determinazione delle "sanzioni costituzionali,
amministrative e civili": quali la rimozione dall'ufficio. E la circostanza che
sia dunque preclusa ogni forma di appello produce una tanto più spiccata
anomalia, in quanto è ben possibile che accanto al presidente della repubblica
figurino altri soggetti, imputati e condannati per connessione.