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Le autonomie degli enti terrirotiali




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LE AUTONOMIE DEGLI ENTI TERRIROTIALI


Le autonomie si possono intendere locali o personali a seconda che siano riferite ad Enti territoriali o a persone.

Esistono stati che perseguono un modello di massimo decentramento: quelli federali.

Forma di stato non è solo l'assetto politico che caratterizza un ordinamento ma quello organizzativo tra centro e periferia dello stato.

Lo stato regionale si discosta da quello federale in relazione ai margini d'autonomia.

Lo stato federale come quello americano del 1787 è così chiamato perché è la confederazione di più ordinamenti statali preesistenti, riuniti tra loro in stato unitario per perseguire fini comuni come la difesa.

La forma di stato federale è dotata di una costituzione che riconosce ai propri membri autonomia nel darsene una ossia potestà costituente.

Il parlamento federale ha una struttura tale da dedicare una delle due camere a sede degli interessi degli stati membri, attraverso una rappresentanza che può essere paritetica oppure di tipo proporzionale alla popolazione.

In costituzione si elencano i poteri che sono prerogativa dello stato federale, lasciando ogni residua materia agli stati membri.

Così come gli stati hanno concordato la costituzione, così sono chiamati direttamente ad intervenire nelle eventuali sedi di revisione.

La costituzione degli stati regionali, invece, concede autonomia solo statutaria alle regioni.

Non esiste una camera alta espressione degli interessi regionali.

L'Italia, avendo un cameralismo perfetto, cioè che le due camere hanno lo stesso peso politico, anche se esiste un riferimento costituzionale circa la conformazione regionale dei collegi senatoriali, non può questa prevalere politicamente sull'altra.

Nella costituzione dello stato regionale sono elencate le materie di competenza riservata alle regioni, quindi la clausola delle materie residue opera a favore dello stato.

Le regioni non intervengono nella revisione della costituzione e non hanno un proprio potere giurisdizionale.

In Italia l'attuazione del testo costituzionale riferito alla creazione delle regioni arriva con notevole ritardo solo nel 1970.

Il carattere regionalistico appare solo in trasparenza dell'unitarietà dello stato che ne è interesse principale.

Lo stato italiano sorge con una nuova conformazione amministrativa territoriale, perché le regioni, a differenza di province e comuni, non esistevano prima.

Ai tre livelli stato - provincia - comune si aggiunge la regione introducendo contestualmente una nuova autonomia legislativa oltre che amministrativa attribuita a questo ente.

Il ritardo nell'attuazione delle regioni ordinarie è dovuto alle difficoltà di dotare la regione dei mezzi, del personale e dei finanziamenti necessari per operare nell'ambito di precise funzioni.

Novità è anche il riconoscimento della specialità di alcune regioni, che, di fatto, saranno le prime a nascere (ultima di queste il Friuli nel '63).

Le specialità si originano per le caratteristiche di tipo linguistico, culturale, di vicinanza al confine e per caratteri geografici.

AUTONOMIA STATUTARIA [art. 123 Cost.].

Le regioni possono darsi un proprio statuto deliberato dal consiglio regionale e rimesso al parlamento per la sua approvazione con legge ordinaria (per quelle a statuto ordinario).

Dal punto di vista formale è quindi una legge dello stato a dar vita ad una regione ed a regolarne il funzionamento e l'organizzazione secondo i criteri stabiliti dalla costituzione. Sostanzialmente è un atto di natura complessa, perché non è del tutto regionale il contenuto, dal momento che il parlamento può non approvarlo.

Lo statuto è redatto nei limiti della costituzione e delle leggi parlamentari (primato della legge). Ma il limite più pesante è quello che oppone la costituzione stabilendo a priori quelli che saranno gli organi della neonata regione, impedendole di organizzarsi secondo propri principi. Lo statuto può regolare solo la disciplina del referendum regionale e la pubblicazione delle leggi regionali.

Per le regioni a statuto speciale invece [art. 116 Cost.] il paradosso è più eclatante.

L'adozione degli statuti delle regioni a statuto speciale sono approvati mediante approvazione di un'apposita legge costituzionale, quindi con un procedimento aggravato, che resta altrettanto oneroso nell'intento di apporvi modifiche, le quali parimenti dovranno avvenire mediante leggi costituzionali.

Se da una parte il costituente volle creare un'autonomia simile allo stato federale, senza però averne il coraggio, dall'altra occorreva anche garantire il principio di unitarietà dello stato aumentando la rigidità dello statuto regionale.

È proprio in sede di revisione che ci si rende conto del peso di una tale scelta. La potestà legislativa delle regioni a statuto speciale è primaria, quindi dello stesso grado delle leggi ordinarie del parlamento; inoltre è esclusiva sul territorio della regione, cioè essa esclude l'intervento di altre regioni o dello stato nella stessa materia. Le materie di questa potestà sono indicate nello statuto.

La potestà concorrenziale delle regioni a statuto speciale (ma anche di quelle ordinarie) è quella con la quale la regione legifera in concorso con la legge quadro parlamentare, nelle materie di cui all'art. 117 della costituzione e secondo la dimensione del proprio livello d'azione territoriale.

Non tutte le materie del 117 sono state regolate dal parlamento, pertanto in quelle materie le regioni possono legiferare in maniera quasi esclusiva, salvo riallinearsi al sopraggiungere della normativa statale. Ciò però può accadere solo dopo l'abrogazione della legge Scelba che vietava loro di farlo, avvenuta ad opera della finanziaria del 1970 [L. 281/70].

Anche nelle materie non riservate alle regioni, queste possono dettare le proprie leggi se il parlamento, con apposita norma di delega, gliene conferisce titolo. Tale attività legislativa sarà allora denominata potestà attuativa - integrativa.


Legge regionale esclusiva. Limite delle leggi regionali a statuto speciale.

Limite degli obblighi internazionali assunti dallo stato.

Limite delle grandi riforme economico sociali: es. nazionalizzazione dell'energia elettrica.

Limite del diritto penale, procedurale e privato. Costituzionalmente il diritto penale è riservato allo stato per evidenti motivi di uniformità su tutto il territorio nazionale; e così anche per le procedure civili e panali e per le norme di diritto privato.

Questi sono tutti limiti di legittimità, perché contrapposti da leggi.

Inoltre esistono anche limiti di merito relativamente all'interesse dello stato e delle altre regioni; in particolare è vietato introdurre ostacoli alla libera circolazione di merci e persone (limite ovviamente valido anche per quelle ordinarie).

LEGGE CONCORRENTE O RIPARTITA

È la legge che sulla base di una legge quadro dello stato interviene a regolare materie stabilite dall'art. 117 cost.

LEGGE ATTUATIVA - INTEGRATIVA

È come quella concorrente ma su materie diverse stabilite con apposita legge quadro dello stato.

Le leggi delega sono sottoposte all'iter formativo in sede referente (in commissione con compito di riferire) e in sede redigente in camera o senato.

Tutte le leggi deliberate dal Consiglio regionale (speciali e non) vengono inviate al Commissario di Governo e da questi al Governo per il controllo del rispetto dei limiti imposti dalla legge quadro. Se il Governo le censura ritornano al Consiglio regionale che può riformularla o riapprovarla con maggioranza assoluta. Nuovamente tornata al Governo questo può ricorrere alla Corte Costituzionale per vizio di legittimità (derivante dal limite di delega) oppure rimetterla alle camere. Se la Corte o le camere la approvano la legge regionale torna nelle mani del Presidente della regione che la fa pubblicare. Trascorsi 15 giorni entra in vigore.

Mentre il Governo può opporsi ad una legge regionale prima della sua entrata in vigore, le altre regioni lo possono fare soltanto dopo, analogamente alle opposizioni verso leggi dello stato.

PARALLELISMO AMMINISTRATIVO [ART. 118]

Per le stesse materie per cui le regioni hanno competenza legislativa la costituzione riserva loro anche la competenza amministrativa.

Lo stato può delegare alle regioni altre materie (diverse da quelle contenute nell'art. 117) su cui possono avere competenza amministrativa; si tratta di competenze proprie dello stato che non vengono attribuite, ma delegate al loro esercizio.

AVVALIMENTO

L'effettivo esercizio era previsto dalla costituzione tramite un'ulteriore delega dalle regioni alle provincie e ai comuni, secondo criteri propri avvalendosi di loro uffici e mezzi, oppure, in seconda analisi, ad uffici della stessa regione. Invece le regioni si sono dotate di enormi apparati burocratici per l'esercizio delle funzioni amministrative.

Con la L. 281/70 di costituzione delle regioni lo stato delegò al Governo di trasferire alle regioni stesse funzioni amministrative, cosa che avvenne con prima serie di decreti legislativi nel '72. Il Governo trasferì, non delegò, le prime competenze sottraendole allo stato.

La L. 382/75 di delega innescò la seconda ondata di trasferimenti alle regioni, questa volta indicando le materie dell'art. 117. Nel luglio '77 il Governo emanò 3 decreti legislativi, 615,616 e 61, con un atteggiamento centellinato in alcune materie strategiche spregiudicato in altre meno importanti.

LA L. 142/90 E LA L.59/97 (BASSANINI)

La legge Bassanini parla di conferimento di funzioni agli enti locali e non più di attribuzione o trasferimento, mentre la L. 142/90 introduce riforme istituzionali degli enti locali a costituzione invariata.

Le riforme nascono da un dibattito politico sull'esigenza di cambiare il titolo V (della II parte) della costituzione.

Le due commissioni bicamerali che si sono succedute nel proposito avevano individuato la via del decentramento teso al federalismo.

Poi ne venne una terza (D'Alema, costituita con legge costituzionale) che fu poi fermata, la quale toccava sia la forma di stato sia la forma di governo.

La Bassanini opera con tecnica opposta a quella dell'art. 117 della costituzione, indicando le materie di competenza dello stato con clausola residuale in favore delle regioni.

La sentenza 408/98 ha dichiarato la L. 59/97 compatibile (non conforme, ma nemmeno contraria) alla costituzione, perché integra il dettato costituzionale.

Nell'art.1 della legge esiste un elenco di materie a totale competenza statale, mentre nell'1 si elencano le materie nelle quali allo stato si riserva la tutela dei soli interessi nazionali.

L'art. 117 rimane ovviamente in vigore e il suo elenco di materie a legislazione concorrente delle regioni vale sempre.

Nelle materie dell'art. 1 il Parlamento può delegare alle regioni anche funzioni legislative attuative integrative con legge quadro e le competenze amministrative su quelle stesse materie può conferirle direttamente agli enti locali.

Altra novità contenuta nella Bassanini è il principio di sussidiarietà che sancisce come le competenze amministrative vanno conferite all'ente più consono al loro svolgimento, cioè a quelli più vicini alla sede cui si riferiscono, in altre parole agli enti locali più vicini al cittadino, e solo sussidiariamente spetterebbe ad enti più macroscopici di intervenire, nei soli casi in cui l'ente preposto non intervenga ad occuparsene.

La L. 59/97 sfrutta un sistema di riparto delle materie opposto a quello della costituzione, inserendo nell'elenco del 3° comma le materie a competenza esclusiva dello stato e nel 4° quelle in cui può tutelare solo interessi di carattere nazionale.

Il decreto legislativo 300/99 ha riformato il numero dei ministeri (da un numero imprecisato a 12) e il 303/99 ha invece ridisciplinato le funzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri. La tendenza è quella di collegare una periferia riformata con un centro razionalizzato.

La Bassanini 2, la L. 127/97 concerne, tra gli altri aspetti, il perfezionamento del collegamento tra stato apparato e stato ordinamento (tra i vari ministeri, tra organi centrali e regioni, ecc.).

Il dettaglio che determinano queste leggi ordinarie è una scelta obbligata per fare riforme dal momento che la modifica costituzionale non è una strada percorribile.

SEMOLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA.

La Bassanini 3 L. 191/98 chiede il Governo di disciplinare con regolamento governativo la gestione dei profili amministrativi degli enti pubblici, in virtù di una necessaria semplificazione, attraverso una delegificazione.

Ogni anno il Parlamento si impegna a fare una legge di delega che individui i procedimenti che attualmente regolati da leggi dello stato devono essere ridisciplinati con regolamento governativo.

Con la L. 50/99 il Parlamento ha individuato i settori finora disciplinati con legge che il Governo dovrà regolare delegificando e semplificando con apposito regolamento.

Il D. Lgs. 80/98 ha privatizzato il pubblico impiego sottoponendolo alla giurisdizione ordinaria (sottraendone la competenza al TAR).

Il compito principale delle leggi Bassanini è stato quello di riformare le competenze legislative e amministrative degli enti locali.

Le materie non rientranti negli elenchi della L. 59/97 non sono coincidenti con quelle dell'art. 117 cost.; quindi esiste un insieme di materie che non compaiono in nessuno dei due. In queste materie il Governo può conferire (come con il D. Lgs. 112/98) competenze sia alle regioni sia anche direttamente agli enti locali minori (provincie, comuni, comunità montane). Ad esempio nei trasporti pubblici locali ha conferito alcune competenze amministrative direttamente alle provincie ed altre alle regioni.

Diversamente nelle materie di cui all'art. 117 il trasferimento di competenze agli enti locali minori deve avvenire attraverso le regioni con propri canoni, e non direttamente dallo stato. Il successivo trasferimento dalle regioni agli enti locali minori può avvenire o attraverso una legge regionale o tramite l'avvalimento verso gli uffici dei secondi.

Alla fine le Bassanini si riavvicinano al principio di parallelismo dell'art. 118, esprimendolo in modo diverso, attraverso il principio di sussidiarietà (la decisione spetta all'ente più vicino al destinatario).

La L. 265/99 segue la L. 142/90. Esse operano nel senso di individuare materie nelle quali il futuro legislatore sia tenuto a conferire competenze sovra comunali alle provincie secondo l'assetto delle competenze individuate dalla L. 142/90.


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