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LAVORO FEMMINILE
L'articolo 37 della Costituzione sancisce che " La donna lavoratrice he gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione".
La disciplina del lavoro femminile è argomentata:
nella legge del 26 aprile 1934, n. 653, che vieta l'adibizione delle donne a lavori faticosi, pericolosi o insalubri, limitando e vincolando anche la durata e la distribuzione dell'orario di lavoro;
nella legge del 9 gennaio 1963, n.7, che sancisce la nullità del licenziamento per causa di matrimonio;
nella legge del 30 dicembre 1971, n.1204, che detta norme finalizzate, in particolare, alla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri.
TUTELA DELLE LAVORATRICI MADRI
Si è più volte ripetuto come la nostra Costituzione tuteli la donna lavoratrice soprattutto riguardo alla sua essenziale funzione familiare, ossia di madre. La normativa sulle lavoratrici, dunque prevede una serie di garanzie e diritti idonei a proteggere la maternità, ed infatti la tutela della maternità e dell'infanzia rappresenta nell'ordinamento giuridico, un valore prioritario.
Diverse sono le leggi emanate in tale ambito: in particolare la n.860/1950 che per prima ha regolato tale materia prevedendo appunto la tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri. Successivamente la l. n. 1204/1971 che dispone un generale divieto di licenziamento della lavoratrice all'inizio del periodo di gestazione sino al compimento del1° anno di età del bambino. Tale divieto opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza e puerperio ed infatti la lavoratrice licenziata in tale circostanza ha il diritto ad ottenere il ripristino del rapporto di lavoro.
Più recentemente è da ricordare la l. n. 53/2000 che in tema di sostegno della maternità e della paternità ha profondamente ampliato i diritti dei genitori nell'ambito di una totale equiparazione.
Infatti tale legge prevede:
astensione obbligatoria. Riguardo ai 5 mesi di astensione obbligatoria previsti per la maternità, la madre può decidere come gestirli e cioè mentre prima della legge era previsto che la madre rimanesse a casa obbligatoriamente 2 mesi prima della data presunta del parto e 3 mesi dopo tale data, oggi la madre può decidere (chiaramente in base anche alle condizioni della gravidanza) di lavorare fino ad un mese prima del parto e stare a casa 4 mesi dopo il parto. Durante tale periodo di astensione obbligatoria (detto anche periodo di comporto) la donna ha diritto di percepire un'indennità pari all'80% della retribuzione a carico dell'INPS e l'anzianità di servizio decorre a tutti i fini.
Morte, infermità, abbandono della madre. Il padre ha diritto di astenersi dal lavoro nei primi 3 mesi dalla nascita del bambino in caso di morte o grave infermità della madre oppure in caso di abbandono di affidamento esclusivo del figlio al padre.
Dieci mesi per otto anni Nei primi 8 anni di vita del bambino madri e padri possono usufruire di permessi fino a 10 mesi complessivamente. Singolarmente ognuno dei genitori non può assentarsi dal lavoro per più di 6 mesi. Tali permessi sono retribuiti al 30% fino ai 3 anni di vita del bambino e sono comunque computati nell'anzianità di servizio. Dai 3 agli 8 anni la retribuzione parziale (30%) spetta solo ai genitori con basso reddito.
Malattia del figlio I genitori possono assentarsi anche in caso di malattia del figlio: le norme precedenti prevedevano la possibilità di assenza fino ai 3 anni del bambino, mentre questa legge porta il limite fino ad 8 anni con la possibilità di usufruire di tali permessi però solo per 5 giorni all'anno.
Genitori adottivi Le stesse disposizioni si applicano anche ai genitori adottivi (parificati a quelli naturali), infatti chi ha scelto di adottare un bambino può usufruire delle stesse norme previste per i genitori naturali.
genitori - lavoratori autonomi Commercianti e artigiani possono usufruire dei congedi facoltativi solo durante il primo anno di vita del figlio e per una durata massima di 3 mesi.
GEMELLI PERMESSI DOPPI. Nel caso di parto gemellare, le ore di permesso per allattamento nel primo anno di vita del bambino vengono raddoppiate. Anche questi permessi possono essere utilizzati dai padri.
PARITA' UOMO- DONNA
La legge n. 903/1977 rappresenta un'innovazione riguardo alla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro. Le fondamentali caratteristiche e innovazioni introdotte da tale legge sono:
divieto di qualsiasi discriminazione;
diritto alla stessa retribuzione dell'uomo a parità di lavoro;
diritto di rinunciare all'anticipazione del pensionamento e di optare per il proseguimento del lavoro fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini;
possibilità di deroghe al divieto di lavoro notturno;
corresponsione degli assegni familiari, aggiunte di famiglia e maggiorazioni per familiari a carico, in alternativa, alla donna lavoratrice.
Un ulteriore passo in avanti per la realizzazione di tale parità uomo-donna nel lavoro, è stato compito dal legislatore con l'emanazione della legge n. 125/1991.
Tale normativa è rivolta essenzialmente alla rimozione di tutti gli ostacoli che, di fatto, impediscono la realizzazione della parità, formalmente affermata ma concretamente non esistente.
Tale legge prevede:
a. eliminare la disparità nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso al lavoro, nella progressione in carriera, ecc.;
b. favorire la diversificazione nelle scelte professionali delle donne, anche nel settore del lavoro autonomo ed imprenditoriale;
c. superare situazioni pregiudizievoli per l'avanzamento professionale, di carriera ed economico della donna;
d. promuovere l'inserimento della donna in attività professionali in cui è sotto rappresentata;
e. favorire l'equilibrio e la migliore ripartizione tra responsabilità familiari e professionali dei due sessi, ( in tal senso un esempio è rappresentato dalla recente legge sulla maternità, di cui si detto precedentemente)
LAVORO MINORILE
Per quanto riguarda il lavoro minorile, invece, l'art. 37 Cost. sancisce: "La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme... e... la legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato"
In applicazione di tale principio costituzionale, viene emanata la legge n. 977/1967 che tutela appunto il lavoro dei fanciulli (cioè i minori di ambo i sessi che non abbiano compiuto i 15 anni) e degli adolescenti (ovvero i minori di ambo i sessi di età compresa fra i 15 e i 18 anni compiuti).
Particolarità, dunque, della suddetta legge è il fatto che fissa a 15 anni il limite minimo di età per l'ammissione al lavoro, con eccezione per :
i lavori agricoli e per i servizi familiari;
i lavori leggeri in attività non industriali;
in cui l'età minima, invece, è fissata a 14 anni.
In generale si può affermare che la legislazione italiana, in tema di lavoro minorile, permette ai minori di svolgere dei lavori purchè questi siano compatibili con le particolari esigenze di salute, non comportino trasgressione dell'obbligo scolastico e soprattutto non vengano svolti durante la notte.
Sono previsti alcuni importanti divieti tra cui:
i minori degli anni 16 non possono essere adibiti:
a lavori pericolosi, insalubri e faticosi;
a lavori che comportano l'utilizzazione di radiazioni ionizzanti;
ecc.
i minori degli anni 18 non possono essere adibiti:
ai lavori sotterranei nelle cave, miniere, torbiere, gallerie;
sollevamento e trasporto pesi, quando tali lavori si svolgono in condizioni di speciale disagio e di pericolo;
alle somministrazioni al minuto di bevande alcoliche;
alla fabbricazione, manipolazione, recupero, conservazione, trasporto ed utili zzazione di esplosivi;
ecc.
la legge 977/1967 sancisce un divieto di carattere generale precisando che, l'occupazione dei minori è subordinata all'osservanza di condizioni soddisfacenti di lavoro, idonee a garantire la salute lo sviluppo fisico e la moralità.
Numerose norme, inoltre, subordinano l'avviamento al lavoro all'accertamento dell'idoneità fisica dei fanciulli e degli adolescenti. Tale idoneità deve permanere per tutta la durata del rapporto, tant'è vero che la legge prevede per il datore di lavoro l'obbligo di sottoporre il minore a periodiche visite mediche e controlli (almeno una volta all'anno)
Per l'orario di lavoro, gli adolescenti non possono superare le 8 ore giornaliere e le 40 ore settimanali.
Deve essere riconosciuto il riposo settimanale di almeno 2 giorni, possibilmente consecutivi e comprendenti la domenica.
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