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IL FATTO ILLECITO: se ne occupa il PROGETTO
a) L'ELEMENTO
SOGGETTIVO: La dottrina (Kelsen, Anzilotti, Ago) ha dedicato ampio spazio e
profonde indagini a questa materia. Inoltre gia all' epoca della Società delle
Nazioni esisteva una Commissione di diritto internazionale delle NU, ma un progetto
completo si ebbe solo nel 1996. Nel 1980
Data la coincidenza fra lo stato come soggetto internazionale e lo STATO
ORGANIZZAZIONE, è chiaro che il fatto illecito dovrà essere compiuto da uno o
più organi statali ( TUTTI coloro che partecipano all' esercizio del potere di
governo). Essa assume importanza solo per gli ILLECITI COMMISSIVI, non anche
per quelli omissivi (es. mancata attuazione di una direttiva). La violazione
delle norme internazionali non è possibile attraverso la semplice emanazione di
leggi, è un contenzioso che ha ad oggetto QUESTIONI CONCRETE. La responsabilità
dello stato sorge anche quando l'organo statale abbia commesso un illecito
internazionale agendo FUORI DALLE SUE ATTRIBUZIONI, IN VIOLAZIONE DEL PROPRIO
DIRITTO O CONTRAVVENENDO AGLI ORDINI RICEVUTI? Secondo alcuni azioni del genere
sarebbero comunque attribuibili allo stato; altri pensano che ci si debba
rifare su chi l'ha compiuta e l'illecito dello stato consisterebbe nel non aver
adottato le misure idonee a prevenirla. CONFORTI: la prima è la più rispondente
alla prassi. Lo stato risponde direttamente quando l'illecito è commesso dai
suoi organi e indirettamente quando è commesso DAI PRIVATI. In questo caso la
responsabilità è per
b) L'ELEMENTO
OGGETTIVO: esso è rappresentato dall' ANTIGIURIDICITA' DEL COMPORTAMENTO. Ma
quando può definirsi consumata un'azione illecita a livello internazionale.
L'Art.22 del Progetto parla del PREVIO ESAURIMANTO DEI RICORSI INTERNI, anche
se limitata al trattamento degli stranieri.
All' elemento obiettivo dell' illecito internazionale attengono le cause o
circostanze escludenti l'illeceità (Artt. 29 ss):
1. IL CONSENSO DELLO STATO LESO: a parte i casi di violazione di una norma di
'ius cogens'. Ad esempio nel caso della violazione di norme sull'
aggressione o sull' autodeterminazione dei popoli, casi in cui il governo che
invade è solito appoggiarsi al governo locale: in questi casi è inutile dire
che il consenso del governo locale è viziato, visto che dovrebbe essere il
governo invasore a farlo valere; ne vale obiettare che la violazione sussiste
nei confronti della comunità internazionale, dato che il consenso esclude l'
illeceità solo nei rapporti tra stato autorizzante e stato autorizzato. Il
consenso dello stato leso deve manifestarsi all' interno di un vero e proprio accordo,
anche se nella sostanza è più un atto unilaterale.
2. AUTOTUTELA: cioè l'azione diretta a reprimere l'illecito altrui, non può
essere considerata antigiuridicità. Vige il criterio della proporzionalità.
3. FORZA MAGGIORE E CASO FORTUITO: ricompresse come esimenti dall' Art.31.
4. STATO DI NECESSITA': è controverso. Innegabile quando riguardi
Ma le cose stanno effettivamente così per il diritto internazionale
consuetudinario? CONFORTI: da condividere la necessità come mezzo di protezione
di INTERESSI VITALI. Più incerta la prassi. Una volta bandito dal diritto
internazionale cogente l'uso della forza (inclusi i casi di interventi
umanitari e protezione estera dei propri cittadini) gli spazi per
l'utilizzazione della necessità si riducono a nulla.
Ricordiamo in questo contesto L'EFFETTO DI LICEITA' DELLE RACCOMANDAZIONI.
Non è del tutto azzardata la tesi secondo cui l'illeceità è esclusa quando
l'osservanza di una norma internazionale comporti
c) GLI ELEMENTI
CONTROVERSI:
QUAL È
LE CONSEGUENZE DELL'ILLECITO INTERNAZIONALE:
a) AUTOTUTELA
INDIVIDUALE E COLLETTIVA: Qui vi è stata una estesa speculazione teorica.
L'opinione oggi più diffusa è che le conseguenze consistano in una NUOVA
RELAZIONE GIURIDICA fra stato offeso e offensore discendente da una norma
apposita (SECONDARIA) contrapposta alla norma violata (PRIMARIA).
ANZILOTTI: le conseguenze sarebbero unicamente nel DIRITTO dello stato leso ad
un' adeguata riparazione, ma un autonomo rilievo non hanno i mezzi coercitivi
per attuarla.
KELSEN: unica ed immediata conseguenza è il ricorso alle misure di AUTOTUTELA
mentre la riparazione sarebbe solo eventuale e dipenderebbero dai due stati. Le
misure di autotutela non instaurano, come dall' Anzi lotti, alcun rapporto
giuridico. Si tratta piuttosto di un ZWANGSAKT (= concezione fortemente
imperativistica del diritto). In verità non ha tutti i torti! La fase
patologica del diritto internazionale è poco una fase normativa e più una fase
di reazione. MA A COSA SONO FINALIZZATE QUESTE REAZIONI? E' un punto focale, ma
poca chiaro in Kelsen. Le misure di autotutela non hanno lo scopo di punire, ma
quello di reintegrare l'ordine giuridico violato. Per quanto riguarda
1. AUTOTUTELA:
nel diritto interno è un fatto eccezionale, ma è normale nel diritto
internazionale nel quale manca un sistema di garanzia giuridica. Ma l'
autotutela non può consistere nella MINACCIA E NELL' USO DELLA FORZA vietate
dalla Carta delle NU. UNICA ECCEZIONE E'
1.1. CONTROMISURE (prima dette RAPPRESAGLIA) sono la categoria più importante
di autotutela. Esse consistono in un comportamento dello stato leso che in se
sarebbe illecito, ma diviene lecito in quanto costituisce reazione ad un
illecito altrui. Lo stato leso può reagire e violare a sua volta gli obblighi
consuetudinari. LIMITE molto importante e' quello della PROPORZIONALITA' anche
se non si tratta mai di una perfetta corrispondenza tra le due violazioni. Se
sproporzione c'è diventa illecita per l'eccedenza. Un altro limite è quello del
RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE COGENTE anche se si tratta di respingere
violazioni dello stesso tipo (eccezion fatta per la legittima difesa). C'è poi
il limite del RISPETTO DEI PRINCIPI UMANITARI, soprattutto ricollegato alle
rappresaglie contro gli stranieri. Infine c'è da dire che è necessario che lo
stato abbia PRIMA TENTATO DI ESPERIRE I NECESSARI MEZZI (negoziato, conciliazione,
arbitrato.).
Pur non mutando del tutto
1.2. RITORSIONE si distingue dalla contromisure in quanto non da luogo alla
violazione di norme internazionali, ma solo ad un COMPORTAMENTO INAMICHEVOLE
come la rottura della collaborazione economica. Essa si esplica anche SENZA
AVERE SUBITO UN ILLECITO.
1.3. AUTOTUTELA COLLETTIVA nel caso in cui a reagire non sia (o non sia solo)
lo stato leso, ma anche altri stati che non abbiano subito alcuna lesione. Essa
viene posta, nell' ambito del diritto consuetudinario, per le norme che
prevedono OBBLIGHI ERGA OMNES quali quelle contro i crimini internazionali
contro l'umanità. In tal senso si è espressa anche
Il tema dell' autotutela si riverbera anche sul DIRITTO INTERNO: l'operatore
giuridico interno, prima di concludere per la illiceità di un atto interno nei
confronti del diritto internazionale, dovrà vedere se esso non si giustifichi
come contromisura. L'ordinamento interno può, in tal senso, anche predisporre
meccanismi automatici, come le CONDIZIONI DI RECIPROCITA' NELL'OSSERVANZA DELLE
NORME INTERNAZIONALI. Ed è questa reciprocità che deve essere accertata da
giudice interno. La condizione di reciprocità si profila utile quando inserita
in un DIRITTO INTERNAZIONALE CONSUETUDINARIO IN EVOLUZIONE. Spesso essa viene
utilizzata, non solo come presupposto dell' osservanza del diritto
internazionale, ma anche per gli ATTI DI CORTESIA, ma in questo caso essa può
portare solo ad atti in amichevoli, presentandosi quindi come misura di
ritorsione.
2.RIPARAZIONE:
Anzitutto si è soliti farvi rientrare l'obbligo della restituzione in forma
specifica (RESTITUTIO IN INTEGRUM). Essa fa parte dell' illecito e non si pone
nei confronti di esso come un obbligo da esso nascente e nuovo. Anche
IN DEFINITIVA L'UNICA VERA FORMA DI RIPARAZIONE DEL DANNO E' IL RISARCIMENTO.
Ma l'obbligo scaturisce da qualsiasi violazione? La prassi la fa scaturire
dalla violazione al trattamento degli stranieri. Ma a parte ciò la prassi non
può considerarsi certa. Per quanto riguarda i danni subiti dagli INDIVIDUI CHE
RICOPRONO
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