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Critica e satira: la giurisprudenza sui criteri di liceità rispetto ai diritti della persona.
Il problema del bilanciamento del diritto di cronaca, garantito dall'art. 21 Cost., con i diritti della personalità, assume connotazioni particolari di fronte ad alcune forme di manifestazione del pensiero, "attigue" alla cronaca ma distinte, a proposito delle quali gli sforzi ricostruttivi di dottrina e giurisprudenza danno prova della difficoltà di individuare sicure linee di confine. Si pensi ad esempio alla critica o alla satira; quest'ultima ancora più si allontana dalla cronaca, per il contenuto che viene divulgato e per il mezzo espressivo impiegato, e la sua diffusione nella società attuale ha raggiunto proporzioni tali da far ipotizzare, da parte di alcuni, l'esistenza di un vero e proprio "diritto di satira"
La critica consiste in un atteggiamento psicologico che comporta l'esame di opinioni o comportamenti altrui e un razionale e motivato dissenso: l'antitesi tra le posizioni matura attraverso il confronto e la valutazione, e sfocia in un superamento delle posizioni di partenza . Il diritto di critica, che, come naturale filiazione del diritto di opinione, può aversi in tutti i campi nei quali può esplicarsi quest'ultimo, trova un limite funzionale nello scopo della stampa di informare e di formare la pubblica opinione, e un limite logico, che si desume dallo stesso concetto di critica: quest'ultima si fonda sulla contrapposizione di idee e non su un'avversione determinata da animosità personale , pertanto il linguaggio utilizzato deve essere improntato, per quanto aspro e incisivo, su canoni di urbanità, lealtà, chiarezza, e il modo e la forma delle espressioni usate non devono risolversi nel deliberato proposito di screditare l'attività e la vita intima altrui, usando toni sarcastici, scherno e derisione. Infine i fatti pubblicati devono essere veri, quantomeno putativamente.
Nell'ambito della critica in materia politica è però nata una tendenza a riconoscere maggiore efficacia giustificativa alla libertà di manifestazione del pensiero critico espresso dai cittadini in veste di "controllori" della gestione del pubblico potere; quindi la zona "illuminabile" attraverso la critica risulta tanto più ampia quanto è più alta la posizione pubblica della persona. Soprattutto in momenti di contrasti di fondo si é consentita, da parte della magistratura, una notevole libertà di linguaggio e di espressione. Pertanto l'attacco all'uomo politico, da parte di un giornale politicamente impegnato, può servirsi di argomenti e di espressioni che sarebbero invece lesive della reputazione del comune cittadino.
Anche la critica giudiziaria é guardata con minore rigore rispetto al dissenso espresso nei confronti del comune cittadino. Infatti, rientrando il puntuale e corretto esercizio dell'attività giudiziaria nell'interesse della collettività, neppure il giudice si sottrae alla critica e alla cronaca giornalistica. Il cronista può sottoporre alla più dura e netta critica qualsiasi provvedimento di giustizia, non solo per i contenuti e per i suoi riti processuali, ma anche e specialmente per le scelte ideologiche e culturali che li animano.
La satira è invece una forma espressiva volta a fornire una rappresentazione ridicola della realtà, al fine di suscitare l'ilarità del pubblico. Già da questa sommaria definizione balza all'attenzione l'eterogeneità del diritto di satira rispetto al diritto di informazione. La prima non é volta a diffondere conoscenze su fatti e protagonisti, ma a rielaborare i dati reali in funzione essenzialmente creativa, al fine di suscitare nel pubblico il divertimento inteso nel senso di astrazione momentanea dalla realtà. L'autore di un articolo satirico o il vignettista, in altri termini, non devono avere di mira la rappresentazione fedele della realtà, per consentire al pubblico la elaborazione di giudizi corretti, compito quest'ultimo del giornalista, bensì la manipolazione della stessa proprio al fine di consentire una sdrammatizzazione degli avvenimenti reali . Non può, perciò, considerarsi lecito esercizio del diritto di satira la caricatura di contenuto offensivo, anche se ironica, che esplicitamente si colleghi, attraverso i titoli, ad articoli giornalistici, anche se il contenuto di questi ultimi non sia di per sé diffamatorio. In tal caso, infatti, la vignetta non é "pura e semplice espressione satirica, ma vero veicolo di informazione giornalistica e, come tale, assoggettabile ai limiti propri del diritto di cronaca".
Proprio dall'assenza, nella satira, di una diretta ed immediata finalità informativa risulta agevole dedurre la inapplicabilità del limite proprio della cronaca: la verità dei fatti. La satira deve necessariamente sfociare nell'inverosimile, poiché soltanto in tal modo riesce a realizzare la sua funzione. Quest'ultima affermazione merita una precisazione: se é vero infatti che la conformità ai dati reali non è requisito essenziale del messaggio satirico, sua peculiarità consiste proprio in una certa aderenza alla realtà, anzi, questo legame deve essere forte e sufficientemente intenso, per suscitare l'ilarità del pubblico e, al tempo stesso, far comprendere la alterazione della realtà . Inoltre la satira non é ispirata dal puro desiderio di divertimento, al contrario l'intento é serio, e tende sempre al coinvolgimento anche razionale del lettore, sebbene infatti si serva del ridicolo, la satira invita alla riflessione e alla critica
Non solo, ma la sopraddescritta funzione consente di affermare con certezza la inapplicabilità anche di un altro limite della attività informativa: la correttezza espressiva. La satira, in sostanza, in quanto rivolta ad irridere i fatti ed i personaggi deve necessariamente ferire, essere cioè aggressiva, provocatoria, non potendo né dovendo obbedire ad alcun canone di razionalità espressiva. Peraltro l'attitudine offensiva e denigratoria é annullata dall'intento comico che facilmente viene percepito dal pubblico. Vero é però, che, se la satira si presentasse in concreto lesiva della reputazione altrui o finalizzata alla denigrazione mossa da animosità personale, non potrebbe certo tutelarsi "come mezzo di espressione artistica", o costituire un espediente per dire ciò che con i mezzi espressivi ordinari non é lecito esprimere , ma andrebbe considerata alla stregua di un qualsiasi altro strumento diffamatorio, come tale insuscettibile di alcuna giustificazione.
Il riconoscimento della inapplicabilità alla satira dei presupposti di legittimità propri della cronaca non significa, tuttavia, assoluta assenza di limiti. E' affermazione ricorrente in dottrina e in giurisprudenza che limite interno alla satira sia appunto rappresentato dalla notorietà del personaggio: questo criterio sarebbe coessenziale alla stessa natura e alle funzioni del mezzo satirico, la cui prima finalità é proprio quella di "sbeffeggiare", attraverso esagerazioni, accentuazioni, allusioni, le caratteristiche fisiche o caratteriali di chi per la sua posizione di rilievo nella società, ha raggiunto una certa celebrità. La ratio di tale limite si ricollegherebbe alla circostanza secondo la quale gli uomini politici e in generale i cd. personaggi pubblici devono rassegnarsi a subire, quale contropartita della popolarità acquisita, un interessamento alle loro vicende che può avere ad oggetto anche gli avvenimenti della vita privata : da ciò consegue una maggiore ampiezza dei limiti dell'esercizio del diritto di satira nei confronti degli uomini politici, nel senso che anche gli aspetti cd. privati sono suscettibili di essere conosciuti e criticati in chiave umoristica.
E' possibile osservare, al riguardo, che non sempre risulta facile identificare i criteri in base ai quali definire noto o meno un certo personaggio; in alcune circostanze, poi, è la satira stessa che contribuisce a far acquistare al personaggio rappresentato una certa notorietà. Inoltre non necessariamente la satira ha per oggetto persone celebri, potendo essa anche colpire persone transitoriamente note al pubblico, ma la cui notorietà é priva di una prospettiva futura di lungo termine, ovvero persone poco conosciute o ignote al grande pubblico, le quali nella fantasia dell'autore, possano divenire simbolo di un modo di esser, di un costume diffuso o addirittura di tutta un epoca o di una società . In realtà la dimensione pubblica della vicenda o la notorietà del personaggio è richiesta perché il corretto esercizio del diritto di satira suppone necessariamente che il soggetto ricevente conosca, almeno a grandi linee, l'oggetto del discorso e, così, possa intendere la portata delle valutazioni espresse attraverso il messaggio satirico. Se così non fosse, se cioè la satira avesse ad oggetto fatti o persone completamente ignoti al pubblico, essa non potrebbe definirsi nemmeno tale, difetterebbe cioè quell'essenziale funzione formativa che le è propria.
La notorietà, tuttavia, non é da sola sufficiente a giustificare qualsiasi aggressione alla sfera giuridica della persona, per quello che attiene in particolare alla riservatezza. In questo senso si è mossa la più recente giurisprudenza rispetto al passato, accordando una maggiore tutela alle persone note e ribadendo che la lesione a loro diritti individuali é scriminata solo se sia riscontrato un "concreto e ben definibile interesse pubblico alla conoscenza di fatti della loro vita privata, o della loro immagine esteriore".
L'umorismo ha costituito in passato l'unico mezzo utilizzabile dall'opposizione politica per far giungere all'opinione pubblica un messaggio in forma indiretta, su fatti e situazioni reali, in tempi nei quali la libertà di parola non si era ancora concretamente affermata. La Costituzione repubblicana ha, ora, legittimato qualsiasi mezzo di diffusione del pensiero, e quindi anche il messaggio umoristico. I temi tradizionali della satira: la politica, le istituzioni, i vizi e i difetti della società, la mentalità corrente, i personaggi contemporanei all'autore, fanno della cronaca umoristica e della sua incidenza sociale una forma di manifestazione del pensiero che rientra senz'altro nell'ambito della garanzia predisposta dall'art. 21 Cost , che appunto tutela la libertà di manifestazione del pensiero con la parola lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Nello stesso tempo si valorizzano, quali indici del riconoscimento costituzionale, anche gli artt. 9 e 33 Cost., rispettivamente diretti alla tutela della cultura e dell'arte, nel cui ambito, secondo l'impostazione prevalente, rientrerebbero perfettamente anche quelle forme di umorismo tipiche del genere satirico, concretizzantesi nell'irrisione di personaggi noti.
Vd. Zaccaria R., Materiali per un corso sulla libertà di informazione e di comunicazione 1996. cit. p. 45.
Si pensi ai recenti casi giudiziari di corruzione o concussione in cui erano coinvolti uomini politici, ampiamente trattati dalla stampa e complessivamente denominati "Tangentopoli".
Cfr. Lodato M.G., Diritto di sorridere e finalità informativa della vignetta satirica, in Dir. Inf. 1995.
Vd. Trib. Milano 26 maggio 1994, in Dir. Inf. 1995 che ha rilevato come la collocazione in copertina di una vignetta satirica e il collegamento della stessa con articoli interni al settimanale, hanno avuto l'effetto di "amplificare l'informazione giornalistica in modo tale da renderla prevalente sugli aspetti estetico-caricaturali", tanto da ritenere applicabili il canone della verità dei fatti riportati e della continenza delle forme espressive, con il risultato di dichiarare la sussistenza della lesione della reputazione degli attori, stante la provata falsità dei fatti riportati.
Cfr. Lopez E., Sui limiti di liceità del diritto di satira, in Il diritto di famiglia e delle persone. 1994, cit. p. 200.
Cfr. Grisolia G., Libertà di manifestazione del pensiero e tutela penale dell'onore e della riservatezza, CEDAM Padova 1994, cit. pp. 61-63.
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