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La mediazione penale nel mondo




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La mediazione penale nel mondo


La mediazione è un fenomeno, almeno per come la intendiamo noi oggi, piuttosto recente, che si è andato sviluppando solo negli ultimi venti, venticinque anni. Il primo programma di mediazione risale al 1974 a Kitchener (Ontario) in Canada. Tale programma viene tutt'oggi identificato come il padre fondatore di tale istituto, denominato VORP, ossia Victim-Offender Reconciliation Program. All'epoca tale istituto fu utilizzato in via sperimentale e per trattare solo casi sporadici, ma con il passare del tempo visti gli esiti positivi della mediazione utilizzata in campo penale, si è assistito ad un progressivo sviluppo di tali programmi[1].La mediazione si sviluppò velocemente in Canada e negli U.S.A., i paesi che possono fregiarsi di avere una tradizione in materia, ma anche in diversi paesi europei. Nel 1994 la situazione dei programmi di mediazione, come ci informa M. Umbreit era questa: in Austria c'erano 9 programmi di mediazione, in Belgio 8, in Canada 26, in Inghilterra 18, in Finlandia 20, in Francia 40, in Germania 25, in Norvegia 54, in Scozia 1, e per finire negli U.S.A. 123.

Nonostante tutti i programmi di mediazione si ispirino alle stesse ideologie di fondo, ogni Stato ha adottato tale modello secondo le proprie esigenze ed il proprio sistema. Ogni paese ha un sistema giuridico penale suo proprio, da cui, nell'opera di adattamento di istituti identici, il risultato non può che portare ad una differenziazione spesso anche profonda del modello di partenza. Una delle caratteristiche più interessanti che portano la mediazione a trovare la propria conformazione nei i vari paesi in cui è stata adottata è il suo rapporto con la struttura giudiziaria con cui va a confrontarsi[3]. Si può tuttavia avanzare una classificazione per tipi di programmi, a seconda della loro posizione nei confronti della giustizia formale e ridurre in tre fasce questi adattamenti.

1) Programmi indipendenti. Tali programmi sono assolutamente separati dal sistema giudiziario e le parti possono scegliere in assoluta libertà di prendervi parte, senza che vi debba essere neppure un precedente vaglio da parte dell'autorità giudiziaria o altri soggetti istutuzionali. Vengono utilizzati prevalentemente nei casi in cui la vittima non desideri far ricorso alla giustizia per infrazioni compiute da persone conosciute (spesso tra vicini o coniugi), per cui si ritiene più opportuno far ricorso a programmi che consentano un dialogo tra le parti.

2) Programmi relativamente indipendenti. Possono essere esperiti solo dopo aver ricorso all'autorità giudiziaria che ne permette l'ingresso attraverso qualificazioni giuridiche che possono essere le più varie (inserite in programmi di diversion, o nella probation, o come una pena separata). In casi di legame con l'autorità giudiziaria di questo tipo, la derivazione pubblica della mediazione non consente comunque (e questo è il significato di relativa indipendenza) che in caso di accordo non riuscito ne consegua l'applicazione di una sanzione.

3) Programmi dipendenti. Non solo in questi casi l'ingresso del caso ai programmi di mediazione è condizionato da una scelta in tal senso dall'autorità giudiziaria, ma il mancato accordo comporta in genere conseguenze penali. Queste possono essere sia la ripresa dell'azione penale interrotta nel periodo stabilito per l'esperibilità della mediazione, ma anche l'adozione di sanzioni a carico dell'imputato[4].

Come si vede la natura dei programmi di mediazione adottati nei vari paesi possono essere anche molto diversi fra di loro a seconda della posizione che si è voluta far assumere a questo nuovo sistema di risoluzione del conflitto. Le tesi a favore dei programmi indipendenti mettono in risalto la caratteristica di 'risoluzione privata' che non può essere intaccata dall'ingerenza statale, pena altrimenti la perdita di efficacia della mediazione stessa. La libera adesione delle parti all'incontro è una delle caratteristiche salienti del sistema riparativo, che verrebbe limitata o comunque viziata alla radice con un'eccessiva ingerenza della giustizia. Questo provoca ovviamente la perdita di spontaneità della mediazione, che per molti autori rappresenta un presupposto essenziale perché possa avere un vero significato[5].

La tesi opposta, che predilige cioè un modello collegato strettamente alla giustizia formale, mette in risalto i pericoli di una siffatta 'giustizia privata'. Viene criticato in prima istanza come tale forma di 'privatizzazione del diritto penale'[6] possa portare ad una sensibile riduzione delle garanzie fondamentali che sono alla base del processo penale e che solo attraverso uno stretto legame con questo possono essere conservate. Si parla a questo proposito di una possibile menomazione delle garanzie dei diritti dell'imputato: c'è ampia sfiducia di un efficace rispetto durante le sessioni di mediazioni, data la mancanza di forme precostituite a questo scopo , nonché la prevalente preoccupazione per gli interessi della vittima.

Ad ogni modo il fenomeno recente della mediazione mostra un atteggiamento, pur negli svariati risvolti in cui si può manifestare, di rivalutazione dei sistemi penali cui i paesi di tutto il mondo si affidano. La volontà di tale innovazione sottintende un generale senso di insoddisfazione se non addirittura di sfiducia nel processo e nella pena detentiva a cui si tenta di sostituire un sistema di risoluzione delle vicende meno macchinoso e più diretto. Sebbene ancora non si possano tracciare delle linee sicure sui modelli di mediazione, ancora troppo freschi nella loro applicazione, può sicuramente apprezzarsi lo sforzo diretto al recupero di un valore essenziale della società quale è la comunicazione tra gli individui. I meccanismi processuali formali tendono in modo naturale a ridurre se non ad eliminare totalmente, un rapporto diretto tra i soggetti processuali e, conseguentemente, un dialogo naturale e spontaneo fra di loro. Questo è dovuto al fatto che la giustizia persegue uno schema diretto al raggiungimento di scopi ben delineati dalla legge e cerca di raggiungerli attraverso strumenti che spesso si allontanano da quello che è il punto d'origine: un fatto umano. Attraverso l'introduzione di meccanismi alternativi, ammettendo che la mediazione non possa essere efficace in ogni caso, si può sperare di avvicinarsi in modo più soddisfacente all'essenza del reato, rivisitando terreni poco studiati quanto essenziali alla comprensione dei comportamenti umani cui tutto il diritto inesorabilmente si riconduce.




M.Umbreit, Victim meets Offender: the Impact of Restorative Juastice and Mediation, Criminal Justice Press, Willow tree press, Monsey, 1994; H.Zehr op.cit.

M.Umbreit, op.cit.

U.Gatti-M.I. Marugo, La vittima e la giustizia riparativa, Relazione presentata al X Congresso Nazionale della Società Italiana di Criminologia 'La criminologia e la psichiatria forense di fronte alla vittima', Gargnano del Garda, 13-15 maggio 1994.



A quest'ultimo modello appartiene , se posso permettermi una classificazione, anche la mediazione italiana caratterizzata infatti da una forte dipendenza dal giudice e dal P.M. nel processo minorile. Più dettagliatamente vedi infra prossimo paragrafo

Christie 1982, Marshall 1990 ; Coluccia -Ciappi 'gli autori di reato non percepiscono la partecipazione come volontaria: la mediazione è infatti spesso vista come l'unica alternativa alla detenzione, e quindi come una scelta, per così dire, obbligata', pag.121, op. cit.

S.Ciappi-A.Coluccia, op. cit. pag120

T.Trenczek, A review and Assessment of Victim-Offender Reconciliation Programming in West Germany, a cura di B.Galaway e J.Hudson, Criminal justice Restitution and Reconciliation, Criminal justice press, Monsey, NY, 1990.

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