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La successione per causa di morte




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LA SUCCESSIONE PER CAUSA DI MORTE


Con la successione si designa il fenomeno del subentrare di un soggetto ad un altro nella titolarità di uno o più diritti. La successione mortis causa può essere a titolo universale e allora si parla di eredi, o a titolo particolare e in tal caso si ha la figura del legato.

L'erede subentra nei rapporti giuridici di carattere patrimoniale attivi e passivi che facevano capo al defunto, tranne i diritti personali  che si estinguono con la morte (come ad esempio l'usufrutto, la rendita vitalizia.).

La successione si apre nel momento della morte di una persona, quando il suo patrimonio rimane privo di titolare; in questo momento un'altra persona subentra al posto di quella defunta. Il successore può essere designato per testamento o per legge nel caso in cui non sia disponibile un testamento. L'eredità deve essere accettata dall'erede, che ha a disposizione un intervallo di tempo; tale  periodo viene definito periodo di giacenza; in tale periodo se l'erede non è già in possesso della eredità deve essere nominato un curatore che attui le funzioni conservative del patrimonio.

Possono essere eredi tutte le persone fisiche, le persone giuridiche (ma per accettare devono essere enti riconosciuti ) e i nascituri concepiti al momento dell'apertura della successione. Non possono ereditare gli indegni ovvero coloro che hanno compiuto un atto contro la persona fisica del testatore o contro la sua figura; l'indegnità  non si trasmette ai figli dell'indegno; l'indegnità può essere dichiarata fino a dieci anni dalla successione ed ha effetto retroattivo; l'indegno può tuttavia essere riabilitato in un testamento successivo alla causa di indegnità.

Successione testamentaria, necessaria e legittima: se esiste un valido testamento, esso regola la successione. Se invece non esiste testamento si ha però successione legittima;

½ al coniuge se concorre con un figlio

al coniuge se concorre con più figli

2/3 se concorre con ascendenti legittimi o fratelli e sorelle

al coniuge da solo tutto

al coniuge separato e a cui sia stata addebitata la separazione solo un assegno vitalizio


La libertà del testatore di lasciare i beni a chi vuole trova però un limite invalicabile nel rispetto dei doveri di solidarietà verso i congiunti più stretti, detti legittimari, il coniuge i figli e gli ascendenti: se tale limite viene superato, entrano in gioco le norme della successione necessaria.

Per determinare in concreto la misura della legittima, che la legge indica in una quota astratta, sono prescritte tre operazioni : si stimano i beni ereditari, si deducono i debiti del defunto, si aggiungono fittiziamente le eventuali donazioni compiute in vita dal defunto a beneficio di altre persone (questa operazione è necessaria perché altrimenti il defunto potrebbe facilmente eludere i diritti dei legittimari attraverso donazioni compiute in vita).

Se i beni lasciati in eredita al legittimario hanno valore inferiore alla legittima, gli compete l'azione di riduzione mediante la quale egli può far si che i lasciti testamentari vengano ridotti proporzionalmente nella misura necessaria per reintegrare la sua legittima.

L'acquisto dell'eredità: la capacità a succedere spetta a coloro che al momento dell'apertura della successione sono nati o concepiti; possono tuttavia ricevere per testamento i figli di persona vivente al tempo della morte del testatore anche se non ancora concepiti. Mentre il legato si acquista automaticamente, salva la facoltà di rinunciare, per l'acquisto del titolo di erede è richiesta l'accettazione dell'interessato. L'accettazione si dice espressa se è fatta in un atto pubblico o in una scrittura privata che deve essere comunicata al notaio o al cancelliere del mandamento dove si è aperta la successione, ma può essere anche  tacita, quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede. L'accettazione è presunta quando non viene espressa rinuncia o quando si ha occultamento dei beni dell'eredità. L'accettazione è un atto legittimo e non possono quindi essere apposte condizioni; è soggetta a prescrizione ordinaria ma i creditori e chi ne ha interesse possono chiedere l'azione interrogatoria con la quale si chiede di accettare in un intervallo più breve.

L'accettazione dell'eredità può avvenire con beneficio di inventario: il vantaggio è che l'erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni ereditari. Per questo tipo di accettazione sono previsti termini precisi e formalità rigorose: tre mesi dalla successione per effettuare l'inventario se è in possesso dei beni, invece prescrizione ordinaria se non ne è in possesso Una volta accettata l'eredità con beneficio di inventario, la legge regola le procedure per il pagamento dei creditori del defunto e dei legatari privilegiando i creditori dell'erede che sono avvantaggiati dall'accettazione col beneficio.

L'erede se non vuole accettare il lascito deve dichiarare la rinuncia all'eredità; che deve farsi nella stessa forma e negli stessi tempi dell'accettazione. Se l'erede non è unico, la sua rinuncia va ad accrescere l'eredità degli altri o si ha la rappresentazione; la rinunzia è revocabile entro i tre mesi; i creditori del rinunziante possono impugnare la rinunzia.

L'azione di petizione consiste nel diritto dell'erede di rientrare in possesso dei beni ereditati che sono detenuti da altri; chi ha acquistato un bene dall'erede apparente, cioè da colui che vantava di essere l'erede ma non lo era, è tutelato se era in buona fede al momento dell'alienazione.

Il chiamato all'eredità ha la facoltà di rinunciare con  dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere della pretura competente. Può aversi allora la rappresentazione: quando il successore è figlio oppure fratello o sorella del defunto e non vuole accettare l'eredità, subentrano i suoi discendenti. Se non sussistono i vincoli di parentela richiesti per la rappresentazione o se il testatore abbia previsto una sostituzione della persona, l'istituto non opera e la quota di chi non vuole o non può accettare va ad accresce proporzionalmente a quella degli altri eredi congiuntivi; tale figura prende il nome di accrescimento; l'accrescimento opera di diritto senza bisogno di accettazione. La sostituzione fedecommissoria ammessa solo se data l'incapacità dell'erede , l'eredità viene disposta a favore di chi ne ha cura.

La rappresentazione opera anche quando l'erede è morto e si presume che abbia lasciato agli eredi il diritto di accettare l'eredità.

La divisione dell'eredità: quando all'eredità vengono più persone, tra esse si forma automaticamente una comunione: i beni ereditari sono comuni.

Onde evitare che nella comunione ereditaria si intromettano estranei, la legge concede ai coeredi un diritto di prelazione, qualora uno di essi intenda alienare la propria parte o una parte di essa. Se i coeredi non hanno ricevuto preavviso idoneo a esercitare la prelazione, possono riscattare la quota dall'estraneo restituendogli il prezzo pagato (retratto successorio).

Ciascuno dei coeredi può chiedere la divisione, facendo così cessare lo stato di comunione. La ripartizione dei beni tra gli eredi, in proporzione alla loro quota, può avvenire mediante un loro accordo. In mancanza di accordo essa è fatta dal giudice. Nel caso in cui il testatore provvede direttamente a dividere il patrimonio tra gli eredi, allora non si forma una comunione ereditaria, ma ciascuno di essi succede immediatamente nel bene a lui assegnatogli.

Per formare la massa da dividere è necessario talvolta procedere alla collazione delle donazioni. Può darsi che il defunto abbia dato in vita delle donazioni ai discendenti o al coniuge: la legge presume allora che tali donazioni rappresentino un anticipo sulla futura successione e di conseguenza dispone che i beni donati siano compresi nella massa da dividere tra i coeredi.

Verso creditori e legatari i coeredi sono tenuti al pagamento dei debiti ereditari e dei legati in proporzione alle rispettive quote ereditarie: ne consegue che se un coerede è insolvente, il creditore non può rivolgersi verso gli altri coeredi per la parte non pagata. I legatari non sono invece tenuti al pagamento dei debiti ereditari.




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