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1.INADEMPIMENTO E RESPONSABILITA' CONTRATTUALE
Si ha Inadempimento del contratto quando il debitore non esegue la prestazione dovuta, o la esegue in modo tardivo, oppure in modo inesatto; l'inadempimento delle obbligazioni comporta inadempimento del contratto. L'Inadempimento è una delle cause di risoluzione del contratto.
La Responsabilità del debitore per l'inadempimento è personale; se il debitore non paga quanto è dovuto, il creditore può soddisfarsi sui suoi beni (responsabilità patrimoniale art.2740 c.c.).
a)distribuzione del rischio
Anche in queste ipotesi il problema da risolvere è un problema di distribuzione dei rischi: a)l'ipotesi in cui le parti abbiano previsto il rischio (in questo caso si segue la volontà delle parti se meritevole di tutela); b) l'ipotesi in cui le parti avrebbero potuto prevederlo, ma nulla hanno disposto nel contratto (presupposizione); c)l'ipotesi in cui il rischio era imprevedibile (sopravvenuta impossibilità della prestazione).
I criteri di distribuzione del rischio sono previsti dalle norme del Codice; la regola fondamentale è che il debitore non risponde per un fatto che sia ascrivibile ai terzi, alla forza maggiore o al fortuito, cioè ad eventi imprevedibili ed irresistibili.
Si debbono segnalare l'art.1218 e l'art.1176 c.c.: la prima norma stabilisce che "il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa non a lui imputabile"; si dovrebbe concludere quindi che in tutti i casi in cui il debitore non ha adempiuto si ha la sua responsabilità, a meno che egli non provi la sopravvivenza di una causa che ha impedito l'adempimento; una causa non dipendente dalla sua volontà, né da sua colpa.
La seconda norma stabilisce che "nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia". Quindi il debitore non deve fare tutto il possibile per evitare l'inadempimento, ma solo adoperarsi secondo il metro della media diligenza.
b) La diligenza
La DILIGENZA art. 1176 c.c. è allora il metro per stabilire come il debitore si deve comportare nell'esecuzione del contratto; l'adempimento deve essere fatto diligentemente. La buona fede o correttezza indica quanto si può chiedere al debitore, fino a quel sforzo si può spingere la richiesta di adempiere per evitare la mancata esecuzione del contratto.
Allora il principio stabilito dall'art.1218 c.c. è temperato: il debitore non è tenuto fino al limite dell'impossibile, ma solo nei limiti della diligenza e della correttezza.
Il debitore è responsabile per l'inadempimento solo se vi è sua colpa.
2.GLI EFFETTI DELL'INADEMPIMENTO
Il modello codicistico dei rapporti tra le parti in caso di inadempimento offre al contraente che ha subito l'inadempimento di controparte la facoltà di scegliere tra la via della risoluzione contrattuale e quella dell'adempimento.
Tale scelta è immune da qualsiasi controllo del comportamento, anche di buona fede: la clausola generale, infatti, vale per la fase di esecuzione del contratto (art.1375 c.c.) e non attiene alla scelta del rimedio esperibile della parte che ha subito l'inadempimento.
In sede di quantificazione del risarcimento non deve svolgersi alcuna considerazione in termini di maggiore o minore onerosità dell'una o dell'altra soluzione a seguito dell'inadempimento.
La scelta può essere esercitata valutando comparativamente ( e a discrezione del danneggiato) una serie di elementi ulteriori e diversi che afferiscono alla vicenda contrattuale.
3.RISOLUZIONE GIUDIZIALE
L'Inadempimento provoca la RISOLUZIONE del contratto, cioè il suo scioglimento e la cancellazione degli effetti. Anche la Risoluzione, come la Rescissione, opera per i contratti a prestazioni corrispettive: quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento, o la risoluzione del contratto. In ogni caso, ha diritto al risarcimento del danno (art.1453 c.c.). I presupposti sono:
a)L'adempimento di chi agisce in giudizio (A compratore non può chiedere la risoluzione del contratto di vendita di un televisore, perché il venditore non glielo ha consegnato, se non ha ancora pagato il prezzo art.1460 c.c.).
b) L'inadempimento del contraente contro il quale si chiede la risoluzione. Non vi inadempimento quando il debitore manifesti la seria intenzione di adempiere; e neppure se l'inadempimento non è grave: il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra (art.1455 c.c.). Se D deve 10000 a C, e alla scadenza del mutuo si presenta come 9950, non vi è inadempimento.
c) la domanda di risoluzione; se infatti il creditore ha ancora interesse alla prestazione invece della risoluzione, chiederà l'adempimento del contratto al debitore; la domanda di adempimento non può essere fatta quando si è già chiesta la risoluzione; mentre si può chiedere la risoluzione, quando si è già chiesto l'adempimento (art.1453 c.2°,c.c.). Il debitore, una volta presentata la domanda di risoluzione, non può correre ai ripari e adempiere l'obbligazione (art.1453 3°c.,c.c.).
4.RISOLUZIONE DI DIRITTO
In alcune ipotesi determinate la Risoluzione opera automaticamente (o di diritto). Si tratta di tre casi in cui vi è:
-clausola risolutiva
-termine essenziale
-diffida ad adempiere
I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite; in questo caso la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva (art.1456c.c.). La parte che si avvale della clausola risolutiva esercita un diritto potestativo. La clausola risolutiva non è considerata vessatoria dalla giurisprudenza.
Per evitare che il debitore esegua oltre il termine indicato, in ritardo, l'altra parte può intimare per iscritto all'inadempiente di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto s'intenderà risolto (art.1454 c.c.). Il Termine con il quale il creditore intima al debitore inadempiente di eseguire si denomina Diffida. Essa è una dichiarazione unilaterale recettizia,per la quale non è prevista alcuna forma: è sufficiente che essa sia conoscibile dal destinatario. Il termine che è indicato nella Diffida non può essere inferiore a quindici giorni; le parti possono pattuire un periodo diverso; il termine indicato nella Diffida ha carattere Essenziale. Il Termine è anche elemento Essenziale della Diffida: non può essere usata in essa l'espressione "entro brevissimo tempo".
5. IMPOSSIBILITÁ SOPRAVVENUTA
Il Codice considera la impossibilità sopravvenuta come una delle causa di risoluzione, perché se una delle prestazioni non si può più eseguire, l'altra parte non deve essere costretta ad eseguire la propria, o, se l'ha già eseguita, a veder perduto qualsiasi vantaggio dall'affare concluso; nei contratti a prestazioni corrispettive la parte che è liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che ha già ricevuto (art.1463 c.c.).
6. ECCESSIVA ONEROSITÁ SOPRAVVENUTA
Non sempre il contratto ha limitata durata ed effetti immediati. Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, e nei contratti a esecuzione differita, è possibile che con il passar del tempo una delle prestazioni diventi troppo gravosa per la parte che l'ha assunta; è pertanto opportuno che la parte più onerata abbia la possibilità di liberarsi chiedendo la risoluzione. La Risoluzione non può essere chiesta se l'onerosità rientra nell'alea normale del contratto.
Gli eventi che rendono più onerosa una delle prestazioni debbono essere straordinari ed imprevedibili. Essi devono essere tali che rimanga inalterata la originaria fisionomia del contratto, l'equilibrio contrattuale, dato non dall'oggettivo rapporto tra le due prestazioni, ma da quello (soggettivo) loro assegnato dai contraenti; deve esserne sconvolta l'economia dell'affare.
7. GLI EFFETTI DELLA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO
La RISOLUZIONE del contratto ha effetto retroattivo tra le parti e non pregiudica i diritti acquistati dai terzi (art.1458 c.c.); la retroattività della risoluzione è quindi meramente obbligatoria. Per i contratti a esecuzione istantanea e a prestazioni corrispettive la risoluzione ha un duplice effetto: libera le parti per le prestazioni non ancora eseguite, solo dal momento in cui è intervenuta la sentenza di risoluzione; e impone loro di restituire quanto hanno avuto dal momento in cui si è concluso il contratto.
Per contro, nei contratti a esecuzione continuata o periodica, la risoluzione non dispiega i suoi effetti per le prestazioni già eseguite. Nei contratti plurilaterali, l'inadempimento di una delle parti non comporta la risoluzione del contratto rispetto alle altre, a meno che la prestazione che è mancata si debba considerare essenziale (art.1459 c.c.).
Può accadere che nel corso della esecuzione del contratto, uno dei contraenti venga a conoscenza del dissesto economico dell'altro; allora il Codice gli consente di cautelarsi, per non eseguire una prestazione di cui potrebbe anche non ricevere poi il corrispettivo: la cautela consiste nella facoltà di sospensione della prestazione (art.1461 c.c.).
Le parti possono anche convenire che nel corso della esecuzione esse non proporranno eccezioni, per evitare o ritardare la prestazione dovuta(clausola del solve et repete): la clausola non vale per eccezioni relative a nullità, annullabilità, rescissione del contratto (art.1462 c.c.).
La parte che ha chiesto la risoluzione si può tutelare provvedendo alla trascrizione della domanda di risoluzione. Se il debitore è in colpa, si fa luogo anche al risarcimento del danno risentito da controparte.
L'azione di risoluzione è soggetta a prescrizione ordinaria (decennale).
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