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La disciplina del Trust interno: alcuni rilievi sostanziali e processuali
Giunti a questo punto ci è chiaro che il nodo problematico più consistente è quello di riuscire a combinare struttura, interpretazione e clausole di un trust interno, governato da legge straniera, con i principi cardine e le norme imperative del nostro ordinamento.
Il trust interno realizza in sé una "anomala" scissione: il diritto sostanziale (lex causae) su cui si informa è diverso e altro rispetto al diritto processuale cui si affida (lex fori).
Molti, andando ben oltre la lettera della norma, hanno colto nella recente introduzione dell'art 2645ter c.c.(120) da parte del legislatore il segno di un avallo generalmente estendibile a fattispecie di destinazione patrimoniale latu sensu, fra cui il trust(121).
Altri hanno sostenuto con forza che il nostro ordinamento avesse già nel contratto a favore di terzo, prima dell'inserimento innovativo del 2006, un valido supporto normativo ed un autorevole e corposo apparato giurisprudenziale e dottrinale a cui ancorare il trust.
Quello che preme evidenziare, e che può assurgere a ruolo di collante fra le varie correnti, è il profilo causale: è la causa del trust a fornirci i parametri in base ai quali formulare il giudizio di ammissibilità e liceità.
Il rapporto a cui guardare, per qualificare tipologicamente il trust, è quello che collega disponente e beneficiario passando per
l'intermediazione ad hoc del trustee; l'interesse finale, che muove il disponente a costituire il trust, conferisce a tale negozio una speciale unitarietà(122).
Per questa via, l'atto istitutivo (e programmatico) della fattispecie destinatoria-trust assume un rilievo fondante ai fini del controllo di meritevolezza e dell'individuazione del corredo di norme ad esso applicabili: deve essere, perciò, quanto più chiaro e dettagliato possibile. L'atto istitutivo di per sé non sarà impugnabile finché non reso effettivamente operativo dagli atti di dotazione, contestuali o successivi.
La redazione delle clausole e la registrazione del trust non può riferirsi, quindi, ad un modello uniforme e standardizzato: sarà il contenuto del trust a determinare ambito di operatività, normativa di
riferimento (anche in materia fiscale), limiti e configurazione.
L'aggettivazione che si dà al trust (come liberale, testamentario, liquidatorio, di garanzia, ecc.) non fornisce indicazioni epidermiche, utili per una mera catalogazione, è bensì predittiva poiché rivela causa, effetti e disciplina ad esso applicabile.
Attingendo dalla prassi consolidata, dalla dottrina e dalla giurisprudenza diffusa, è possibile definire la posizione del beneficiario come una posizione forte, sebbene non tipizzata, anche sul piano rimediale. Il beneficiario (che abbia, quando necessario, dichiarato di voler profittare del beneficio in suo favore) diventerà titolare non di un nuovo diritto reale, ma di una situazione soggettiva attiva che si sostanzia nel diritto a pretendere dal trustee l'esecuzione in suo favore del programma destinatorio. Tale diritto (di credito) assumerà poi il contenuto e le specificazioni del caso concreto: diritto al trasferimento del bene, al pagamento della somma di denaro, all'adempimento di obblighi di fare o non fare ed, in più, al rendiconto dell'attività, alla gestione diligente, al controllo sulle attività svolte, ecc.. Specularmente, anche il disponente è titolare di una posizione forte e variamente declinabile in tutela delle sue volontà nei confronti della gestione del trustee.
Il trustee, rivestendo una posizione dominicale sui generis(123), funzionalizzata e non piena, non risponde con i suoi beni personali dei debiti contratti nell'esercizio delle attività inerenti alla sua qualifica gestoria; nel caso questa non fisiologica estensione si verifichi, il trustee potrà rivalersi sul trust con priorità rispetto agli altri creditori.
Comparando la figura del trustee con quella del proprietario ex art
832 c.c. (rubricato: Contenuto del diritto), emerge che: il trustee può disporre del trust (in modo non pieno) nei limiti della vocazione impressagli dal disponente, (non esclusivo) per l'interesse di un beneficiario o per uno scopo, non può goderne, né recargli danno o distruggerlo.
A rafforzare le garanzie a corredo delle posizione degli "attori" del trust ed del trust stesso, come suggerisce espressamente il dettato dell'art. 2645ter c.c., interverrà anche il regime di trascrizione del trust, avente ad oggetto beni immobili o mobili registrati, in virtù del quale l'atto costitutivo di trust sarà ufficialmente conoscibile, opponibile - ex lege - ai terzi e prevalente sull'atto posteriormente trascritto, in sostanza: segregato erga omnes.
Il trustee che compia un atto ultra vires, esorbitante dalla destinazione e dal fine (latu sensu) che è tenuto a rispettare e perseguire, compirà un atto inefficace (non invalido) che legittimerà disponente e beneficiari ad agire in giudizio per ottenere la declaratoria di inefficacia ed il recupero del bene fuoriuscito illegittimamente dal trust (quindi: dall'azione di restituzione fino a quella - residuale - dell'arricchimento ingiustificato, conseguenti alla dichiarazione di inefficacia dell'atto improprio, eccessivo o abusivo che dir si voglia).
Tutto rientra nel regime ordinario del processo civile: avremo, perciò, la regolare trascrizione delle domande giudiziali (fra cui quella volta a far dichiarare l'inefficacia dell'atto di alienazione contrastante con il programma destinatorio), gli effetti prenotativi che conosciamo, l'operatività del principio del prius in tempore potior in iure, fatto sempre e comunque salvo il necessario ed inesorabile disarticolarsi della tutela degli acquirenti terzi in buona fede.
Al fine di attuare una protezione quanto più solida e salda dell'affidamento dei terzi, secondo una illustre maggioranza di interpreti del diritto, è ragionevole che la trascrizione rechi menzione del titolo di cui è investito il " proprietario", cioè quello di trustee, e del vincolo di destinazione gravante sui beni e sugli atti del trustee.
E per i beni in trust mobili e non registrati? L'acquisto (con atto idoneo), ed il possesso che ne consegue, vale titolo per il terzo in buona fede, in ogni caso. Se il terzo non è possessore, l'acquisto può salvarsi se conforme alla destinazione e se il trust ha data certa: il trustee aliena al terzo un bene di cui egli possa effettivamente disporre perché titolare.
Stante la non sempre facile prova della conformità o meno al vincolo destinatorio dell'atto compiuto dal trustee, e la non ufficialmente verificabile qualità di trustee, l'elemento necessario e sufficiente su cui fondare l'opponibilità ai terzi è la data certa del trust.
In ragione di ciò, la forma scritta degli atti costitutivi di un trust mobiliare - per quanto non prescritta ad substatiam - è decisamente opportuna(124).
Nulla vieta la possibilità di esperire azione surrogatoria, vista l'asserita posizione creditoria di disponente e beneficiario.
L'azione revocatoria ordinaria (degli atti di disposizione) ha la funzione di ricostituire la garanzia generica, assicurata al creditore dal patrimonio del debitore ex. art. 2740 c.c.: i due presupposti per l'esercizio della revocatoria ordinaria sono l'eventus damni ed il consilium fraudis.
Si premette come il disponente possa compiere un atto di disposizione a titolo gratuito ovvero un atto a titolo oneroso.
Il primo è più agevolmente revocabile poiché è sufficiente che sia riscontrato il requisito della consapevolezza del pregiudizio nel disponente, mentre il secondo richiede la prova che il terzo contraente sia consapevole del pregiudizio arrecato ai creditori.
Autorevole dottrina afferma che, in presenza di atti a titolo oneroso, la consapevolezza del pregiudizio arrecato dal disponente debitore, o la partecipazione alla dolosa preordinazione degli atti compiuti dal disponente non (ancora) debitore, può essere ascritta indifferentemente ai beneficiari o al trustee.
L'azione revocatoria, per essere utilmente esperita, richiede allora la prova che il trustee (se immaginiamo sia lui il terzo, richiamato dall'articolo) abbia consapevolezza del pregiudizio che l'atto dispositivo comporta per i creditori.
Questo potrebbe rappresentare un notevole ostacolo, di tipo non solo formale, alla tutela dei creditori del disponente.
Infatti, se il trustee è una Trust Company professionale, provare che essa conoscesse le circostanze connesse al trasferimento, ed i motivi che hanno spinto a compierlo, è alquanto difficile. Per superare questa probatio diabolica Lupoi consiglia di considerare terzo, ai sensi del 2901 c.c., il beneficiario e non il trustee.
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