La democraticità della repubblica; democrazia diretta e democrazia
rappresentativa
In che cosa consiste la democrazia? Etimologicamente, la democrazia
suole venire definita quale potere del popolo o quale governo del popolo. Ma in
presenza di una collettività come quella popolare, in cui la volontà dei
cittadini non è altro che una somma di volontà individuali fra loro distinte,
la definizione dev'essere spinta più a fondo. Una prima risposta consiste nel
riconoscere che ogni regime effettivamente democratico si regge sul principio
maggioritario. Senonché una regola siffatta può essere intesa tanto in termini
assoluti, ossia nel senso che in regimi del genere "valgono solo i più", quanto
in maniera temperata, vale a dire nel senso che i "più prevalgono sui meno, ma
contano anche i meno". Nella prima specie di sistemi il principio maggioritario
finisce per fondare una democrazia totalitaria. Viceversa, nelle democrazie di
stampo liberale e pluralistico, la costituzione o le leggi fondamentali del
regime garantiscono l'avvicendamento delle contrapposte forze politiche al
governo del paese, secondo il principio "dell'alternarsi del comando e
dell'obbedienza, per cui i governanti di oggi sono in potenza sudditi di
domani".
È in quest'ultimo gruppo che
giuridicamente rientra la nostra repubblica democratica. Connaturate al regime
vigente in Italia sono in tal senso le libertà fondamentali, proclamate e
tutelate nella prima parte della costituzione: a cominciare dalle libertà di
associazione e di manifestazione del pensiero. Ma nel medesimo quadro ricadono
anche garanzie formali, come quelle consistenti nella rigidità della
costituzione e nel sindacato della corte costituzionale sulla legittimità delle
leggi. Insorge però a questo punto un ulteriore dilemma, riguardante le forme
di esercizio del potere democratico. Anche sotto questo aspetto si
contrappongono due modelli: l'uno costituito dalla democrazia diretta o
partecipativa; l'altro consistente nella democrazia indiretta i o
rappresentativa. Nel primo caso, ciascun cittadino dotato della capacità di
agire prende parte all'adozione di determinate scelte politiche. Nel secondo
caso, il corpo elettorale si limita ad eleggere uno o più collegi politicamente
rappresentativi del popolo, cui resta affidata la deliberazione delle leggi e,
più in generale, la determinazione dell'indirizzo politico.
Astrattamente, il diretto coinvolgimento di ogni cittadino "attivo"
nella definizione della politica generale del Paese parrebbe concretare la
forma più perfetta, autentica e compiuta della democrazia. In altri termini,
quella diretta o partecipativa costituirebbe una democrazia "governante", in
antitesi alla democrazia "governata", che invece vedrebbe gli elettori
spogliati del potere effettivo da parte degli eletti. Ma il pieno autogoverno
del popolo non può concentrarsi, in verità, se non quando concorrano certe
premesse, che storicamente si sono realizzate solo in rari momenti ed in rare
occasioni. Quella che si suole definire "democrazia degli antichi" forma,
pertanto, nella prospettiva moderna o contemporanea, un modello fittizio ed
"affatto irreale". Del resto, quando si consideri che il principale istituto di
democrazia diretta è oggi il referendum,ci si può rendere subito conto
dell'impossibilità di farne un uso sistematico; la macchinosità delle
consultazioni referendarie basterebbe ad escludere che si possa attivarle tutti
i giorni (o più volte al giorno), come sarebbe indispensabile per fondare su di
esse la politica generale del parlamento. Ciò spiega che in Italia la
democrazia diretta abbia bensì ricevuto un qualche spazio; ma sia rimasta
ferma, nell'intero periodo repubblicano, la predominanza degli istituti di
democrazia rappresentativa, imperniata soprattutto sul Parlamento eletto a
suffragio universale in entrambi i suoi rami. Proprio perché dotato del più
alto grado di legittimazione democratica, il Parlamento è il primo fra gli
organi costituzionali rappresentativi del popolo.