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Istituzioni di diritto pubblico




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ISTITUZIONI DI DIRITTO PUBBLICO


Diritto: regolamento di comportamenti sociali, quindi è un fenomeno direttamente connesso all'uomo in quanto essere sociale ed è tipico di ogni diversa società. Il diritto regola i comportamenti intersoggettivi. Lo scopo del diritto è assicurare una pacifica convivenza tra i consociati e conservare il gruppo sociale. Occorre dunque un meccanismo che assicuri il rispetto delle leggi, deve esistere un'autorità che sanzioni coloro che infrangono le regole.


Diritto e giustizia: la giustizia è l'aspirazione all'equità. Il diritto realizza un assetto delle relazioni come deriva dalle forze politiche dominanti in quel contesto. Solitamente il diritto anela alla giustizia: più le regole sono lontane dall'essere giuste, più nel gruppo sociale si verificheranno attriti; più le regole sono sentite giuste dalla popolazione, meglio sarà realizzata una convivenza pacifica.


Diritto e valori: il diritto si attiene a scelte di valore sottostante. Prima c'è una scelta di valore, da cui deriva la regola di condotta. Quindi alla base del diritto ci sono delle scelte etiche e vengono sanzionati i comportamenti che contrastano con tali scelte etiche, da cui poi vengono redatte le regole di comportamento. Ciò significa che il diritto non è auto-referenziale.


Norme giuridiche e sanzioni giuridiche.

Regole di condotta = Norme giuridiche.

Tali norme giuridiche sono caratterizzate da una causalità deontologica (dover essere).

Esempio: se A, allora deve essere B.

A: uccide un uomo.

B: punito con il carcere.

Per garantire questo, deve esistere un'autorità che ha la forza di imporre una sanzione giuridica in caso di non rispetto delle norme giuridiche. NB: tale sanzione giuridica esiste solo nel caso vengano infrante le norme giuridiche, non, per esempio, nel caso di regole di galateo o religiose.

Una norma giuridica può essere considerata come un comando (in quanto impone certi comportamenti), o come un giudizio di valore (in quanto prevede che, a certi fatti seguano certe conseguenze; all'omicidio consegue il carcere!).


Ordinamenti giuridici: sono l'insieme ordinato di regole di condotta. Ne esistono in tutti i campi (sportivo, religioso ecc.), ma quello che prendiamo in considerazione è l'ordinamento giuridico politico, il quale è portatore di un fine generale, cioè che mira a soddisfare tutti gli interessi possibili di un gruppo sociale.

Lo stato è l'ordinamento giuridico politico per eccellenza ed ha tre caratteristiche: il territorio (deve avere una sovranità su un preciso pezzo di terra, altrimenti non può essere considerato stato), una popolazione e il governo o sovranità (cioè l'organizzazione del centro del potere). Nell'antichità la sovranità era del monarca, poi delle istituzioni statali ed oggi è del popolo, dei cittadini. Stato: ordinamento giuridico a fini generali, esercitante il potere sovrano su un dato territorio, a cui sono subordinati in modo necessario i soggetti ad esso appartenenti.

Soltanto dal 1500/1600 si inizia a usare correttamente il termine stato, perché si iniziano solo allora a verificare due situazioni: la concentrazione del potere in un unico centro e un'organizzazione amministrativa professionale.

Esistono altri ordinamenti giuridici politici accanto allo stato e sono gli enti territoriali, che hanno il compito di collaborare con lo stato e di evitare che esso abbia l'intero potere; essi curano gli interessi pubblici della loro comunità. Inoltre esistono le organizzazioni internazionali, che possiedono parte dell'autorità di ogni stato.




STORIA LETTA IN BASE AL RAPPORTO TRA GOVERNATI E GOVERNANTI


Durante il Medioevo sorsero borghi e città che volevano l'indipendenza dai feudi; nacquero quindi i comuni, che avevano delle loro regole di condotta. Fu in quel periodo che l'autorità dell'imperatore e della chiesa iniziarono ad essere minate e messe in crisi: i signori feudali volevano autonomia politica dall'imperatore e così nascono delle autorità che hanno totale sovranità sul loro territorio.

I comuni che nacquero in questo periodo avevano bisogno di eserciti stabili e fedeli al sovrano, oltre che di una maggiore pace sociale per sviluppare i commerci che, in epoca feudale, erano chiusi e fissi. Si va creando, inoltre, un accentramento di funzioni: non esistono più corpi intermedi, ma il sovrano dispone di funzionari che esercitano funzioni pubbliche per interessi generali della comunità; si tratta di una prima forma di burocrazia. Accanto a questo nasce un sistema tributario accentrato.


Tra il 1500 e il 1600 assistiamo alla nascita delle monarchie nazionali, o stati assolutisti, le cui caratteristiche sono:

un ordinamento originario e sovrano, che non discende da nessun altro

un accentramento di potere nelle mani del sovrano

un sovrano che cura gli interessi dei sudditi

nessuna sfera di autonomia del singolo, che non ha diritti e che ancora è considerato suddito

nessun potere intermedio che, invece, agivano nel Medioevo (come le corporazioni, le città-stato ecc.); tutti i poteri fanno capo al monarca.

Questo tipo di stato si trova solo nell'Europa continentale, mentre l'Inghilterra avrà una storia a sé.


Durante il 1700 si assiste ad una evoluzione dello stato assolutista, che si trasforma in uno stato di polizia (da polis), o stato paternalista, o assolutismo illuminato. La caratteristica principale di questa nuova forma di governo è l'attenzione del sovrano ai bisogni dei sudditi, alle necessità della comunità; ancora non si parla però di situazioni personali, e chi decide è sempre e solo il sovrano.


In Inghilterra la forma di stato assolutista non attecchisce mai, per una debolezza dei sovrani inglesi, che non avranno mai la forza di imporre una loro completa autorità. Inoltre l'accentramento di poteri non sarà mai possibile a causa della forza degli enti territoriali, le contee; in più, nei secoli successivi, si avrà un'alleanza tra nobiltà e borghesia e ciò impedirà tale accentramento. Addirittura il sovrano dovrà concedere dei diritti ai suoi sudditi con una carta costituzionale molto prima di tutti gli altri stati europei: la Magna Charta del 1215.


In Francia, alla fine del 1700, lo stato di polizia entra in crisi per vari motivi: si ha una crisi economica, crescono le pretese da parte della nobiltà e si accentua la frattura tra nobiltà e borghesia, che capisce di essere la classe economicamente più forte.

- viene promulgata la "Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino", nella quale per la prima volta vengono riconosciuti i diritti dei singoli soggetti, che hanno finalmente delle libertà riconosciute dal governo. Un articolo particolarmente importante: il fine di ogni società politica è la conservazione dei diritti naturali dell'uomo. Questo presuppone che l'uomo, per sua natura, abbia dei diritti, i quali sono:

- libertà personale, cioè libertà fisica

- diritto di proprietà

- sicurezza sociale, ovvero una garanzia da accuse o violenze arbitrarie da parte del governo

- diritti politici, per esempio il diritto di voto

Quindi il singolo ha finalmente diritti politici, economici e sociali.


Verso la fine del XVIII secolo si diffonde la convinzione che il benessere dei singoli debba essere lasciato alla loro libera iniziativa: nasce così lo stato liberale, che riconosce diritti politici (vengono affiancati accanto al sovrano altri organi, inoltre iniziano le battaglie per il diritto di voto e per la separazione dei poteri) e diritti economici (se il benessere collettivo è l'obiettivo, questo lo si realizza con il benessere dei singoli, che ognuno è libero di perseguire come vuole).

Ci sono due presupposti su cui si basa lo stato liberale:

i contrasti economici si sarebbero risolti spontaneamente grazie alle leggi di mercato

se ognuno ha la possibilità di soddisfare i propri bisogni, si può arrivare ad un benessere collettivo; di conseguenza lo stato non dovrebbe entrare nell'economia, ma neutrale. Questa però risulterà essere una scelta che, comunque, avvantaggia coloro che hanno già disponibilità economiche; inoltre non sarà mai del tutto vero che lo stato non interviene nell'economia.


Verso la fine del 1800 spuntano sulla scena nuove classi, che vogliono un loro ruolo nel contesto sociale e rivendicano il diritto all'uguaglianza. Inoltre nasce la coscienza di certi diritti di gruppi sociali, non solo dei singoli individui; ad esempio nascono i sindacati o i partiti, i quali rivendicano diritti associativi: allora la società verrà vista come un insieme di gruppi sociali, non come un gruppo di singoli..


In Germania, nel 1919, verrà promulgata la costituzione di Weimar: essa dava molta attenzione alle tematiche della giustizia sociale, inoltre ribadiva le libertà già esistenti e ammetteva la possibilità dell'interventi statale nell'economia. Tale costituzione ebbe però vita breve perché venne travolta dal nazismo.


Durante il XX secolo si affermano, nell'Europa continentale (soprattutto dove erano più deboli i liberalismi, quindi in Italia e Germania), gli stati totalitari, le cui caratteristiche sono:

un'esasperazione dello spirito nazionale

l'abolizione di tutti i diritti politici, in primo luogo la pluralità di partiti

la presenza di un partito unico che organizza la vita sociale di tutti

il fiorire di rappresentanze settoriali, che rappresentano gli interessi solo di quel settore

il disconoscimento di tutti i diritti civili e del principio di rappresentanza

contemporaneamente, in Russia si affermerà lo stato socialista, che è anch'esso uno stato totalitario ma con qualche differenza: c'è l'abolizione della proprietà privata e la statalizzazione dei mezzi di produzione, tutti i poteri sono in mano ad un unico partito (come in Italia e Germania).


Negli altri paesi d'Europa, durante il XX secolo lo stato liberale si trasforma in stato democratico sociale, perché si sente la necessità di risolvere le ingiustizie sociali e si capisce che le classe svantaggiate rimarranno tali se lo stato non assicura un'eguaglianza sociale. Dopo la seconda guerra mondiale si diffonde un'idea di una maggior solidarietà tra gruppi sociali diversi e si sente il bisogno dell'intervento dello stato in alcuni settori; accanto alle vecchie libertà nascono quindi i diritti sociali, che trovano posto solo nelle costituzioni del dopoguerra. Tali diritti devono essere assicurati ad ognuno dallo stato, per garantire una sempre maggiore uguaglianza (per esempio istruzione, sanità ecc.).


RILIEVO DATO ALLE AUTONOMIE LOCALI


Inghilterra

Le contee ebbero sempre importanti poteri pubblici, così da bilanciare il potere centrale.


Europa continentale

Si verificò in quasi tutti gli stati un accentramento di potere nelle mani del sovrano. Solo dal XX secolo si ha una valorizzazione degli enti territoriali, cui vengono dati poteri politici importanti solo dal dopoguerra.


Stato unitario: si ha un accentramento del potere.

Stato federale: tanti stati diversi si mettono insieme e conferiscono alla federazione alcuni poteri (ad esempio la politica estera), conservando però ognuno molti altri poteri.

Stato regionale: la differenza con il federale, è che le regioni hanno competenze molto meno significative.


COME SONO STRUTTURATE LE ISTITUZIONI


Forme di governi dirette: chi ha il potere ha un titolo autonomo di investitura; ciò accade nelle monarchie, che sono ereditarie.

Forme di governo rappresentative: chi ha il potere viene votato.


Forme di governo pure: un solo soggetto ha il potere sovrano.

Forme di governo miste: più organi esercitano funzioni di poteri.


INGHILTERRA (è stata il primo governo misto, cioè la prima separazione dei poteri così da non rischiare abusi da parte di chi governa)


1066 - Invasione Normanna provoca vari tentativi di accentramento da parte del re, ma tutti falliscono.

1215 - Con la Magna Carta vengono garantiti diritti e prerogative ai sudditi, ai quali il sovrano si impegna a garantire certi diritti.

Metà del 1200 - Si usa per la prima volta il termine Parlamento, con cui si intende un'assemblea della quale fanno parte l'alta nobiltà e l'alto clero, che può contrattare con il re.

1254 - Entrano in Parlamento i rappresentanti eletti dalle contee.

1265 - Entrano in Parlamento i rappresentanti di borghi e città; viene così allargata la base di rappresentanza.

1297 - Viene stipulato un patto tra il sovrano e i suoi sudditi (Statuto de tallagio non concedendo), grazie al quale il sovrano non può imporre tasse senza avere il consenso del Parlamento e inoltre spetta allo stesso Parlamento verificare la validità delle elezioni, per evitare che il sovrano le falsificasse e ponesse in assemblea membri da lui scelti.

1400 - Il parlamento cambia struttura: si ha una Camera alta (nobiltà e clero) e una camera bassa (rappresentanti di borghi e città). Da questo momento è il Parlamento che fa le leggi ed ogni atto normativo che vi proviene è automaticamente legge. Inoltre viene assegnato anche il potere di Impeachment, grazie al quale il Parlamento può rimuovere un consigliere del re se esso si macchia di tradimento (potere giudiziario nei confronti dei consiglieri del sovrano).

1400/1500 - Si arriva a una monarchia limitata, dove i poteri sono bilanciati tra Parlamento e sovrano; inoltre i membri del Parlamento hanno l'immunità di arresto da parte del re e la libertà di parola in assemblea.

1600 - Giacomo I Stuart è sovrano ed ha mire di accentramento, provocando lotte tra lui e il parlamento.

1628 - Diventa re Carlo I Stuart, che ribadisce le prerogative del Parlamento e i diritti dei sudditi con la Petition of Rights; lui stesso però non rispetterà questa carta e, in seguito a una guerra civile, verrà decapitato.

Negli anni successivi ci sarà la parentesi della dittatura di Cromwell.

Carlo II Stuart diventa sovrano e ribadisce un nuova carta costituzionale (Habeas Corpus, 1679) per sanare i rapporti di attrito con il parlamento, dopo che egli aveva tentato di decidere sulle spese statali e sulle tasse.

1685 - Giacomo II Stuart diventa re: egli revoca l'Habeas corpus, tenta di restaurare il cattolicesimo, scioglie il Parlamento e scappa dall'Inghilterra. Questa fuga viene interpretata come un'abdicazione e nel 1688 il Parlamento destituisce il sovrano e sceglie Guglielmo d'Orange come nuovo sovrano. È la Gloriosa Rivoluzione, dalla quale il Parlamento esce vittorioso!

1689 - Bill of Rights: diritto di libertà del popolo inglese, diritto di petizione, libertà di parola in Parlamento, divieto per il svorano di imporre tasse senza il consenso del Parlamento, potere legislativo al Parlamento.

1700 - Act of Settlement: confermato il potere di impeachment, e inoltre il re non può più rimuovere i giudici (garanzia giudiziaria). La forma di governo che si viene a creare è la monarchia costituzionale: il Parlamento ha potere legislativo, mentre il sovrano quello esecutivo; il primo è un centro di potere elettivo, l'altro dinastico; due centri di potere che si bilanciano tra loro (forma di governo dualistica).

Durante il XVIII secolo, il parlamento farà valere una responsabilità giuridica e politica ai propri ministri, così da influenzare anche l'operato politico del re e non solo in caso di reato: il potere di impeachment diventa un controllo preventivo e non più solo un controllo successivo, perché il Parlamento può esprimere il suo gradimento verso i consiglieri del re, influenzando così la politica di governo.

1782 - per la prima volta il re accetta le dimissioni del primo ministro perché egli è sfiduciato dalla camera dei comuni. La forma di governo diventa parlamentare: il parlamento ha potere legislativo e politico perché può influenzare le scelte politiche del governo; il governo, per continuare a esistere, deve aveere la fiducia del parlamento, il re può nominare solo persone che hanno la fiducia del parlamento. La figura politicamente puù forte diventa, quindi, il primo ministro: egli è il leader di uno dei due partiti che ha vinto le elezioni ed è nominato dal re perché, ovviamente, avrà la maggioranza in parlamento visto che il suo partito ha vinto le elezioni (forma di governo monistico)


FRANCIA


1789 - La rivoluzione spezza il regime monarchico assolutista.

1791 - Viene firmata una carta costituzionale in cui il sovrano divide il suo potere con altri organi; inoltre si afferma che il sovrano è tale per volontà della nazione e non divina. Si ha una prima monarchia costituzionale in cui il re ha potere esecutivo e l'assemblea nazionale ha il potere legislativo.

1793 - Prima Repubblica - Il re viene decapitato e viene stilata la costituzione giacobina, che però non verrà mai applicata.

1795 - Viene redatta una nuova costituzione: il potere legislativo va a due camere mentre il potere esecutivo a un direttorio formato da 5 membri eletti dalle due camere e non revocabili dal parlamento. Il direttorio è ora capo di stato e di governo perché il re non c'è più. Quando Napoleone diventa capo del direttorio, lo scioglie e accentra il potere nelle sue mani.

1815 - Mentre i Borboni sono sovrani si torna a una monarchia costituzionale (esiste un parlamento e il potere esecutivo nelle mani del re).

1848 - Seconda Repubblica - il re è costretto ad abdicare. Viene eletta un'assemblea e approvata una costituzione repubblicana che prevede un'assemblea con potere legislativo e un presidente eletto dal popolo che nomina i suoi ministri ed è capo del governo, ed ha potere esecutivo.

1850 - Luigi Napoleone diventa presidente, scioglie l'assemblea e accentra il potere nelle sue mani.

1853 - Luigi Napoleone si proclama imperatore e si ritorna così alla monarchia.

1870 - Viene proclamata la decadenza dell'imperatore e si ha la Comune di Parigi.

1875 - Viene redatta una nuova costituzione e si ha finalmente la Repubblica (Terza Repubblica). Questa costituzione prevede un Parlamento fatto da due camere che eleggono il capo dello stato, il quale nomina i ministri, i quali sono responsabili di fronte al parlamento; si ha quindi una forma di governo parlamentare, che dura fino al 1946 (Quarta Repubblica). Negli anni sessanta la costituzione del 1946 verrà rivista ed ora siamo nella Quinta Repubblica.



FORME DI GOVERNO PARLAMENTARI

Si sviluppano nel corso del XX secolo, quando compaiono nuove classi oltre a quella borghese, le quali vogliono annullare la loro condizione di inferiorità. Si arriverà al suffragio universale e così le strutture politiche devono cambiare: in primo luogo nascono nuovi partiti e la forma parlamentare si classifica in base al numero di partiti che ne fanno parte:

Bipartitismo rigido: ci sono due grandi partiti, il re nomina primo ministro il leader del partito vincitore e tale primo ministro avrà enormi poteri perché, naturalmente, ha la maggioranza in Parlamento (Inghilterra).

Multipartitismo temperato: ci sono più di due partiti, ma il sistema è comunque stabile perché dopo le elezioni si creano alleanze tra i partiti.

Multipartitismo estremo: ci sono moltissimi partiti; dopo le elezioni ci sono alleanze tra i partiti per riuscire a creare un partito che governi (governo di coalizione); il primo ministro avrà molti meno poteri di quello inglese.


FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE

1787 - Dopo essersi staccati dalla Gran Bretagna, gli USA proclamano la Costituzione di Philadelphia: cercano di imitare la forma inglese e creano un sistema dualistico con separazione di poteri. C'è un congresso formato da due camere con potere legislativo ed eletto dal corpo elettorale; c'è un presidente con i suoi segretari, che ha potere esecutivo, è eletto dal corpo elettorale e può nominare e revocare i suoi segretari. È un sistema dualistico perché si hanno due circuiti elettorali diversi; si ha quindi un bilanciamento tra due poteri, tra i quali manca un collegamento.

NB: il congresso può far valere responsabilità giuridica e non politica nei confronti del presidente. Il presidente ha una carica di 4 anni, la camera dei rappresentanti di 2 anni, il senato per 2/3 di 6 anni e per 1/3 di 2 anni.


FORMA DI GOVERNO SEMI-PRESIDENZIALE

In Francia, dopo la seconda guerra mondiale, si verifica una situazione di multipartitismo estremo molto instabile.

1958 - Viene redatta una nuova costituzione, con la quale vengono molto rafforzati i poteri del governo; sono gli anni in cui De Gaulle è capo dello stato.

1962 - Si hanno delle modifiche: il capo dello stato viene eletto direttamente ed ha una carica di 7 anni; si tratta di un passaggio ad una forma di governo con caratteristiche parlamentari (il Parlamento ha potere legislativo) e altre presidenziali (il presidente è eletto dal popolo, ma deve comunque avere la fiducia del Parlamento per poter governare). Questa è la forma di governo semi-presidenziale, nella quale il capo dello stato è portatore di un indirizzo politico attivo e condivide il potere esecutivo con il governo.

Si può verificare il fenomeno della coabitazione, quando il presidente della repubblica ed il capo del governo (primo ministro) sono di schieramenti politici diversi.

2000 - la carica del presidente della repubblica e la legislatura durano 5 anni.


FORMA DI GOVERNO DIRETTORIALE

È la forma di governo vigente in Svizzera.

Esiste un parlamento bicamerale che ha una durata di 4 anni ed è suddiviso in consiglio nazionale e consiglio degli stati.

Accanto al Parlamento è presente il Consiglio Federale: è un organo esecutivo, che ha durata di 4 anni ed è eletto dalle camere; è composto da 7 membri, tra i quali viene eletto il capo della confederazione, che ha carica di un anno e che incarna le figure di capo del governo e capo dello stato.

Non esiste alcuna relazione di fiducia tra i due organi.


FORMA DI GOVERNO ASSEMBLEARE

Il ruolo politico dominante è dell'Assemblea (non del governo, come nel caso del governo parlamentare), la quale elegge un esecutivo e può rimuoverlo in qualsiasi momento.


FORMA DI GOVERNO A DIREZIONE

Monocratica - Il vertice politico è monocratico (USA e Inghilterra), e dunque condiziona maggiormente la politica del paese.

Duale - Presente in Francia.

Collegiale - è presente dove c'è una situazione di multipartitismo; il capo del governo non ha molta forza politica perché deve sempre cercare di conciliare i diversi partiti che appartengono al governo di coalizione. È presente in Italia.



Le carte costituzionali sono l'insieme delle regole fondanti in uno stato ed iniziano ad essere stese dal 1700/1800. Lo scopo con cui iniziano ad essere redatte è quello di limitare i poteri del sovrano, cioè spezzare l'accentramento di potere tipico della monarchia assoluta e distribuire il potere tra diversi organi; inoltre serve a tutelare i diritti dei singoli, cioè si fa portavoce dell'idea che ci sono diritti naturali dell'uomo e che l'autorità non può non riconoscere.


Potere costituente: volontà politica che ha la forza di introdurre e far osservare decisioni politiche fondamentali che saranno istitutive della costituzione degli stati.

Potere di modifica della carta costituzionale: tutte le costituzioni prevedono dei procedimenti con cui si possono cambiare; è un potere costituito, non originario, e disciplinato dalla costituzione stessa.

Costituzione formale (disposizioni scritte) e materiale (fini e valori su cui convergono forze politiche prevalenti e che sono concretamente realizzate). Non è detto che la costituzione formale e quella materiale convergano, ma ci può essere uno scostamento tra ciò che è scritto e ciò che è realmente; se il distacco è troppo ampio, si può dubitare della vigenza della costituzione.

Costituzione scritta (esiste un documento scritto, come in Italia) e consuetudinaria (non c'è un documento ma vengono assunte le leggi come consuetudini, come in Inghilterra).

Costituzione corta (ci sono soltanto le competenze fondamentali degli organi supremi e un breve catalogo di diritti) e lunga (sono molto ampie nella parte dei diritti e sanciscono alcuni principi e diritti).

Costituzione ottriata (si aveva in epoca monarchica, significa concessa dal sovrano) e votata (cioè decisa da un corpo elettorale o da un'assemblea costituente).

Costituzioni programmatiche (ci sono norme programmatiche, cioè fini e valori dello stato; si dà un certo indirizzo, ad esempio la tutela dell'ambiente).


USA

Nel 1787 si dichiarano indipendenti dalla Gran Bretagna e, con la convenzione di Philadelphia, si trasformano nella confederazione degli Stati Uniti. È in questa occasione che si danno la prima costituzione, la quale prevede la separazione dei poteri. Appena questa carta arriva in Europa e vi si diffonde, dà vita al  fenomeno del costituzionalismo.

Articolo 6: la costituzione sarà la legge suprema del paese, e i giudici di ogni stato sono soggetti ad essa. Con questo articolo, per la prima volta si ammette la superiorità giuridica della costituzione, che altrimenti sarebbe sempre potuta essere messa in discussione dalle leggi; negli USA i giudici devono controllare che le leggi siano costituzionali, esercitando così un controllo diffuso.


EUROPA

Per tutto il 1800 le costituzioni sono state flessibili, cioè potevano essere messe in discussione dalle varie leggi. Nel 1900 diventano quasi tutte rigide, cioè che serve un procedimento speciale per modificarle e vengono create le corti costituzionali, organi che hanno il compito di controllare la costituzionalità di ogni legge che viene promulgata.

Dal secondo dopoguerra si ha un'internazionalizzazione della tutela dei diritti umani e nascono delle carte di diritti sul piano internazionale.

1948 - Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (approvata dall'ONU).

1950- Convenzione europea per salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; riguarda gli stati che appartengono al Consiglio d'Europa, quindi ha un carattere regionale perché riguarda solo un certo territorio, l'Europa.

1966- Patto relativo a diritti civili ed economici; patto relativo a diritti economici, sociali e culturali. Entrambi approvati dall'uomo.

2000 - Carta di Nizza. Approvata dalla UE, riporta i diritti fondamentali dell'uomo.


ITALIA

1848 - Carlo Alberto capisce che deve concedere una carta costituzionale, prima che gli venga imposta. Si tratta quindi di una costituzione ottriata, nella quale egli cerca di mantenere la massima dignità pur privandosi di alcuni poteri.

Questa costituzione viene detta Statuto albertino e dà vita ad una monarchia costituzionale.

Si prevede che la religione di stato sia il cattolicesimo, ma si tollerano le altre confessioni religiose; in realtà sarà una costituzione di stampo laico.

È flessibile.

C'è un piccolo catalogo di diritti e poche libertà civili.

Si ha la separazione di poteri tra il re e il Parlamento, suddiviso in camera dei deputati (eletti) e senato del regno (senatori nominati dal sovrano). Il re detiene il potere esecutivo, nomina e revoca i ministri, ha il comando dell'esercito, si occupa della politica estera, può sciogliere la camera dei deputati. Il Parlamento ha potere legislativo.

1861 - Da questa data ha inizio il progressivo rafforzamento dei ministri rispetto al sovrano: essi non sono più persone di fiducia del re, ma devono avere la fiducia del Parlamento (maggioranza parlamentare). Si tende ad una forma di governo parlamentare.

1901 - Con il decreto Zanardelli si stabiliscono le nuove competenze del Consiglio dei Ministri: il Primo Ministro si rafforza e deve mantenere un'unità di indirizzo politico ed amministrativo; inoltre il Consiglio dei Ministri inizia ad avere competenze in quella che era materia regia (ad esempio nella politica estera).

Per la prima volta il Primo Ministro ha maggior potere del re.

1907/1908 - La magistratura raggiunge la concreta indipendenza grazie a dei decreti che gli danno maggiori garanzie di indipendenza, anche se già nello Statuto Albertino c'era un articolo che prevedeva l'inamovibilità dei magistrati ma in realtà non era mai stato applicato correttamente.

Lo stato è diventato accentrato: i comuni e le province sono sottoposti a controlli intensivi da parte dello stato.

1919 - si svolgono le prime elezioni col metodo proporzionale: le forze popolari e socialiste hanno la maggioranza. Nello stesso anno nasce il partito fascista.

1920 - Nasce il partito comunista.

1921 - Si svolgono elezioni, grazie alle quali i fascisti entrano in Parlamento.

1922 - Marcia su Roma: il sovrano dà l'incarico a Mussolini di formare un nuovo governo, anche se il partito fascista non aveva la maggioranza in Parlamento.

1924 - Con la legge Acervo si prevede un premio di maggioranza nella nuova legge elettorale.

1925 - Mussolini proclama la fine delle libertà civili, rompendo con i principi dello stato liberale e dando vita ad uno stato totalitario: il Parlamento viene sciolto e tutta l'attività parlamentare viene accentrata nelle mani del primo ministro (il duce); si ha una dittatura del capo del governo, che poteva nominare e revocare i ministri in qualsiasi momento, aveva il controllo dell'esercito e ampi poteri normativi e legislativi.

1926 - Con la legge numero 100, vengono estese le competenze normative del governo, oltre a dare ampi poteri al governo e molti meno al Parlamento; inoltre viene istituito un Tribunale speciale per la difesa dello stato, che affianca il duce nelle attività politiche.

1928 - Vengono promulgate le leggi antisemite.

1929 - La camera dei fasci e delle corporazioni prende il posto della camera dei deputati.

24-7-1943 - All'ordine del giorno del gran consiglio del fascismo viene scritto il ripristino delle libertà civili; ci si ricorda dello Statuto Albertino e si prega il re di riprendere i propri poteri. Avviene quindi la revoca di Mussolini e Badoglio viene incaricato di formare un nuovo governo.

8-9-1943 - Viene firmato l'Armistizio.

Si pone ora il problema istituzionale.

1944 - Col Patto di Salerno tra re e forze politiche, viene stabilito che: dopo la liberazione di Roma, il re avrebbe nominato il figlio luogotenente del regno; finita la guerra, un'assemblea costituente avrebbe dato vita ad una costituzione e deciso se l'Italia sarebbe stata una monarchia o una repubblica; finita la guerra, sarebbe stato creato un governo provvisorio a cui tutti i partiti avrebbero contribuito.

Si ha una costituzione provvisoria, che viene modificata nel 1946: la questione istituzionale sarebbe stata decisa attraverso un referendum.

In quel periodo di transizione, il potere legislativo spettava al governo, il quale era politicamente responsabile; inoltre vigeva una seconda costituzione provvisoria.

2-8-1946 - Si ha il referendum per decidere tra monarchia e repubblica (l'Italia diventa repubblica) e un altro referendum per scegliere i membri dell'assemblea costituente (viene scelto Saragat come presidente dell'assemblea e De Nicola come primo presidente della repubblica).

L'assemblea costituente era composta da 556 membri, tra i quali venne nominata una commissione di 75 membri che procedesse concretamente alla stesura della carta costituzionale. Inoltre vengono scelte tre sottocommissioni: la prima si occupava della parte riguardante i diritti e i doveri del cittadino, la seconda dell'ordinamento costituzionale, la terza dei diritti e doveri economici e sociali.

22-12-1947 - Approvata la Costituzione.

1-1-1948 - Entra in vigore la Costituzione.




Essa riafferma i diritti e i principi fondamentali dell'uomo.

Sceglie come forma di stato quella democratico - sociale.

Le istituzioni sono garanti di un equilibrio di posizioni tra i componenti della società per rendere tutti uguali.

Vengono garantiti dei nuovi diritti sociali, ad esempio l'uguaglianza e la possibilità per tutti di partecipare alla vita politica, i diritti associativi (non si vede più l'uomo solo come singolo).

Si fa strada l'idea di una ridistribuzione della ricchezza: le tasse si ispirano ad una formula progressiva (chi ha più soldi, paga più tasse) e non più proporzionale (tutti pagano la stessa percentuale a prescindere dal reddito).

Si ha un intervento dello stato nell'economia, distaccandosi dal modello liberale.


LINEE ISPIRATRICI

Lo spirito antifascista accomuna tutte le forze politiche che appartengono all'assemblea costituente.

Ci sono tre ispirazioni, ognuna delle quali si risente in una parte specifica della costituzione.

Ispirazione cattolico - democratica si percepisce nell'articolo 7, dedicato ai rapporti tra Stato e Chiesa Cattolica e nel quale c'è un richiamo esplicito ai Patti Lateranensi stipulati in periodo fascista; nell'articolo 33, nel quale si afferma il diritto dei privati di istituire esercizi di ordine cattolico (ad esempio scuole private cattoliche); in una serie di diritti che attengono all'individuo.

Ispirazione liberale vuole ribadire e superare le conquiste e il bagaglio ideologico di epoca liberale.

L'ispirazione socialista - marxista vuole sottolineare l'importanza del lavoro come valore primario e il principio di eguaglianza sostanziale.

Quindi, la costituzione italiana ha un carattere compromissorio, di accordo tra visioni politiche differenti.


VARIE

Una persona è un centro di imputazione di diritti e doveri ognuno ha capacità giuridica, cioè è titolare di diritti e doveri, di situazioni giuridiche. Per questo si hanno una serie di tutele; ci sono alcune tutele anche per chi non è ancora nato (ad esempio che riguardano l'eredità o la salute), anche se normalmente la capacità giuridica si acquista alla nascita.

Capacità di agire: significa poter modificare la propria situazione giuridica e si acquista pienamente all'età di 18 anni. Chi è in grave stato di infermità mentale non ha capacità di agire ma ha un tutore che decide per lui.

Persona giuridica: è l'organismo a cui si riconosce la titolarità di diritti e doveri. Possono essere persone giuridiche le associazioni (gruppi che stanno insieme per uno scopo comune), i partiti, i sindacati ecc. Le associazioni possono essere con fine di lucro (ad esempio le società commerciali). Anche le fondazioni (assoggettamento di un certo patrimonio ad un determinato scopo) sono persone giuridiche.

Quindi diritti e doveri possono far capo a persone fisiche o giuridiche, cioè enti che possono essere privati o pubblici (creati dallo stato).

Interesse: bene che viene tutelato dall'ordinamento.

Situazioni giuridiche di vantaggio: sono di due tipi: il diritto soggettivo (interesse verso un bene al cui titolare è data la possibilità di realizzare questo interesse, usando a tal fine gli strumenti dati dall'ordinamento) e l'interesse legittimo (l'ordinamento offre la realizzazione dell'interesse, compatibilmente con la realizzazione di interessi collettivi).

Situazioni giuridiche di svantaggio: sono di tre tipi: obbligo ( il soggetto è tenuto a un certo comportamento nei confronti di un altro soggetto per realizzare un interesse altrui), dovere ( il dover tenere un certo comportamento per il soddisfacimento di un interesse più generale; non c'è un destinatario determinato ma un interesse collettivo), soggezione (la norma prevede la possibilità che una modificazione della sfera giuridica del soggetto si produca indipendentemente dalla volontà del soggetto stesso).

Potere: non si tratta né di una situazione di vantaggio né di svantaggio. È la capacità giuridica di incidere sulla sfera giuridica altrui, indipendentemente dal consenso dell'altro soggetto. È connesso a una certa funzione: ai genitori nei riguardi dei figli minorenni (è un compito di tutela nei confronti di chi ancora non è in grado di gestire i propri interessi), all'amministrazione pubblica (incide sulla sfera giuridica dei privati a tutela di interessi collettivi; è uno strumento di cura dell'interesse pubblico indipendentemente dalla volontà dei privati e in accordo con le leggi vigenti; i privati si trovano in una situazione di soggezione).


ISTITUTI A GARANZIA DEI DIRITTI

Riserva di legge - alcune materie sono disciplinate dalla legge; l'origine storica è di togliere poteri al re per darli al parlamento, ma oggi il senso è dare una garanzia di trasparenza e contro abusi da parte del governo, che rappresenta solo la maggioranza parlamentare. Inoltre è uno strumento di applicazione della disciplina costituzionale.

Può essere: Assoluta se tutta la disciplina deve essere contenuta in un atto legislativo; Relativa se la legge stabilisce solo i principi della disciplina e, quindi, il governo può completarla anche se non è obbligatorio.

Può essere: Semplice se la costituzione rinvia la disciplina alla legge senza aggiungere altro; Rinforzata se la costituzione indica anche dei contenuti alla legge stessa, limitando la libertà del legislatore.

Riserva di giurisdizione - l'applicazione in concreto di una limitazione della libertà deve essere applicata da un giudice. È una tutela a garanzia dei diritti costituzionali.


COSTITUZIONE - PRINCIPI FONDAMENTALI

Si ritrovano negli articoli dall'1 al 12.

Principio democratico. Nel secondo comma dell'articolo 1, si afferma che la sovranità appartiene al popolo, il quale è quindi detentore di un potere originario. Tutto il popolo è titolare della sovranità.

Non esiste più la identificazione tra pubblico e statale: prima gli interessi pubblici erano curati dallo stato, adesso tali interessi possono essere soddisfatti sia dallo stato che da altri enti (ad esempio gli enti territoriali).

I cittadini esplicano i loro diritti democratici e la loro sovranità in vari modi: attraverso il suffragio universale, la libertà di pensiero, i diritti associativi ecc.

Esistono degli organi che esercitano un controllo sugli organi della maggioranza affinché essi non abusino del loro potere; ad esempio i giudici non sono eletti, ma scelti per motivi tecnico - meritocratici.

Principio personalista. Si ritrova nell'articolo 2.

Esso riconosce dei diritti che attengono alla natura dell'uomo e che devono essere garantiti dalla repubblica; sono dei diritti universali, inalienabili e non consentono discriminazioni. Dunque si pone un limite all'intervento dei pubblici poteri nella sfera personale.

A questi appartengono anche i diritti sociali, i diritti di libertà (si può pienamente godere delle libertà solo se ci è garantito un minimo per la sopravvivenza decorosa).

Il principio personalista riguarda anche i doveri, che si trovano sullo stesso piano dei diritti e l'uomo è titolare di entrambi.

Principio pluralista. Si ritrova nell'articolo 2 e riguarda il riconoscimento dei diritti associativi, si vuole valorizzare il singolo insieme ad altri; è un'evoluzione perché prima si considerava solo il singolo individuo.

Principio di uguaglianza. Si ritrova nell'articolo 3.

Articolo 3, primo comma: principio di uguaglianza formale. Gli uomini sono uguali davanti alla legge, la quale si deve applicare per tutti e non esistono categorie esentate dal rispetto della legge. Davanti alla legge sono tutti uguali per sesso, razza, religiose, lingua (vengono nominate queste categorie perché sono state tra le più frequenti cause di discriminazione nella storia). Il legislatore non può trattare in modo diverso situazioni uguali, e in modo uguale situazioni diverse; si applica quindi il controllo di ragionevolezza, secondo il quale ogni eventuale diversificazione applicata dal legislatore deve affondare in motivi ragionevoli, così come ogni eventuale parificazione.

Articolo 3, secondo comma: principio di uguaglianza sostanziale. Si danno dei compiti allo stato, perché affievolisca il più possibile le differenze di fatto tra le persone, cosicché si metta in condizione di partecipare appieno alla vita politica, sociale e culturale dello stato anche che è in condizioni disagiate. Lo stato si fa garante che tutti possano godere dei diritti costituzionali.

Principio laburista. Si ritrova nell'articolo 1 primo comma e nell'articolo 4.

Il lavoro è un valore essenziale, il diritto al lavoro è riconosciuto a tutti e tutti hanno il dovere di svolgere un'attività che concorra al progresso materiale e spirituale della società. La repubblica deve tenere delle politiche economiche che mirino alla piena occupazione.

Viene messo l'accento sul lavoro come mezzo per la piena realizzazione dell'individuo, non come mezzo per ottenere una proprietà.

Principio autonomistico. Si ritrova nell'articolo 5.

Vengono riconosciute delle comunità territoriali come elementi fondamentali della struttura istituzionale dello stato; esse sono un'articolazione necessaria del nostro ordinamento e hanno compiti e funzioni fondamentali.

Si riconosce quindi un pluralismo che partecipa alla vita politica, l'aggregazione di consenso passa attraverso canali diversi dallo stato centrale e così ci sono maggiori possibilità per i cittadini di partecipare alla vita pubblica.

È un principio connesso a quello democratico: i cittadini fanno uso della propria sovranità anche grazie alle autonomie territoriali.

Un'altra conferma di come si sia spezzata l'equazione tra pubblico e statale: gli interessi pubblici sono garantiti sia dallo stato che dalle autonomie territoriali. Stato ordinamento: l'intera comunità statuale è politicamente organizzata nella sua dialettica tra governati e governanti. Stato persona: è un unico e centrale apparato.

L'articolo 5 è strettamente connesso al principio di uguaglianza sostanziale: il compito dello stato di rendere effettiva la partecipazione di tutti alla vita dello stato è agevolato dagli enti territoriali.

Gli enti territoriali sono enti a fine politico, cioè sono portatori di un indirizzo politico che gli deriva dagli elettori di quell'ente e che può essere diverso da quello dello stato centrale. Sono anche enti a fine generale, perché possono curare tutti gli interessi di quella comunità.

Principio internazionalista - pacifista. Si ritrova negli articoli 10 e 11.

Articolo 10, primo comma: lo stato si conforma alle norme di indirizzo internazionale generali (sono norme consuetudinarie e vengono recepite tramite questo comma; lo scopo è adeguare il diritto italiano a quello internazionale) e alle norme patrizie (dal 2001: ci si deve conformare ai trattati internazionali).

I trattati sono di due tipi: in forma semplificata (possono essere piccoli accordi commerciali e simili) o in forma solenne (prima c'è un accordo firmato dai vari stati che impegna solo i governi vigenti, poi viene ratificato e così impegna i veri e propri stati).

La costituzione italiana ripudia la guerra; questo è un principio che fa sorgere molti problemi giuridici!

È prevista la possibilità di partecipare a organismi internazionali, solo se sono tesi al rispetto della pace (ad esempio l'ONU).

2002 - Istituito il tribunale permanente per giudicare i crimini contro l'umanità.

1949 - Istituito il Consiglio d'Europa: il suo fine primario è garantire i diritti degli individui e la democrazia negli stati aderenti; vi aderiscono molti stati, non è un organo limitato alla comunità europea (quello è il Consiglio europeo).

Corte di Strasburgo: i cittadini vi si possono rivolgere se ritengono che dei diritti garantiti dalla convenzione non gli siano assicurati (si danno quindi dei poteri a un giudice sopranazionale).

Articolo 11: vi trova fondamento il cammino comunitario, perché ora molte competenze sono di questi organi comunitari e non nazionali.


COSTITUZIONE - PARTE I


DIRITTI DI LIBERTA'


Articolo 13: garantisce la libertà personale, cioè fisica. Esistono però delle misure di prevenzione che riguardano persone considerate pericolose per l'ordine pubblico; sono un'ipotesi di limitazione della libertà personale che prescinde dai reati.

Ispezione: controllo della persona.

Perquisizione: controllo di cosa ha indosso o in tasca una persona; ci vuole un atto del magistrato per poterla effettuare, se non in caso eccezionale di urgenza.

Per reati gravi si può ricorrere all'arresto in flagranza, anche se poi è comunque necessario un atto di convalida da parte della magistratura. Anche in caso di fermo di polizia, se c'è un fondato sospetto di fuga la polizia può fermare i sospetti di reato o le persone nei confronti delle quali è in corso un'indagine.

Una disposizione del codice della strada prevede che la polizia stradale possa fermare chi è sospettato di guidare sotto effetto di alcool o droga e portarlo in ospedale; il rifiuto di essere controllato o di fermarsi costituisce reato e comporta l'apertura di un vero e proprio processo. Si tratta di una limitazione della libertà individuale, che è ritenuta meno importante della sicurezza stradale.

Esistono delle normative speciali che riguardano i casi in cui la polizia ritenga che un indiziato sia in possesso di armi, droga ecc; allora la polizia può intervenire direttamente, per poi renderne conto alla magistratura (terzo comma dell'articolo 13).

C'è una tutela privilegiata della libertà personale dei parlamentari: essi non possono essere detenuti, ispezionati o perquisiti se non previa autorizzazione della camera cui appartengono, se non in caso di flagranza o di precedenti penali.


Articolo 14: garantisce il diritto al domicilio, ovvero il luogo dove ognuno ha diritto ad una vita privata e dal quale si escludono terzi.

Per limitare questa libertà è necessario un atto della magistratura.

Ispezione: come è strutturata l'abitazione.

Perquisizione: cosa c'è dentro l'abitazione (oggetti).

Sequestro: prendere un certo oggetto.


Articolo 15: garantisce la libertà e la segretezza di corrispondenza e di ogni forma di comunicazione.

Questo non vale per persone decedute da molti anni o per personaggi storici.

Per violare questa libertà è sempre necessario un atto del magistrato, non esistono casi eccezionali sia perché non c'è urgenza sia per rispettare il terzo, che potrebbe non avere a che fare con le indagini in corso.

Riguarda sempre persone determinate.


Articolo 16: garantisce la libertà di circolazione e soggiorno. Salvo limitazioni di tipo sanitario o di sicurezza, ognuno può spostarsi e stabilirsi dove vuole sul territorio statale.

Il secondo comma garantisce che ognuno è libero di uscire dal territorio dello stato e di rientrarvi in qualunque momento; un cittadino italiano non può mai essere espulso coattivamente dal territorio statale.


Articolo 21: garantisce la libertà di espressione e riguarda soggetti indeterminati (se scrivo su un giornale ecc.) ed è quindi il destinatario che lo distingue dall'articolo 15.

Ci sono dei limiti: il divieto di manifestazioni che siano lesive del buoncostume.

Ci sono dei limiti impliciti: rispettare l'ordine pubblico (istigazione a commettere certi delitti, apologia di reato pubblicamente), tutela dell'onore altrui (reato di ingiuria, quando la persona è presente, e di diffamazione quando la persona non è presente).

La critica a contenuto ingiurioso è ammessa, purché contenga  requisiti di verità, utilità sociale e continenza.


Articolo 13: garantisce il diritto alla riservatezza. Varia al variare del ruolo pubblico della persona; la vita privata di un personaggio pubblico ha meno tutela della vita di una persona normale.

La tutela dei segreti riguarda il segreto istruttorio o il segreto professionale o il segreto di stato.


Articolo 19: garantisce la libertà di professare qualsiasi religione.


Articolo 33: sancisce che l'arte e la scienza sono libere e garantisce la libertà di insegnamento.


Articolo . : garantisce il diritto all'informazione e la necessità di un'informazione pluralistica, completa ed oggettiva.

I mezzi di informazione sono la stampa, la radio, la televisione (anche se i servizi radio-televisivi non sono citati nella Costituzione del 1948); la stampa non può essere soggetta a censura e si può procedere a sequestro solo con un atto del giudice.


Articolo 24: garantisce il diritto di tutti di poter accedere ad un giudice, a tutela dell'interesse personale.

Il secondo comma garantisce il diritto alla difesa, nel senso che gli strumenti processuali devono garantire una difesa.

Prima di una sentenza, questa va motivata: questo serve a tutelare il singolo, a capire l'iter logico del giudice per poi, eventualmente, fare ricorso.

In Italia vige il principio contraddittorio: posso sempre contraddire l'avversario.


Articolo 25: garantisce il principio del giudice naturale, cioè che i giudici sono stabiliti previamente a qualsiasi caso specifico, così come tutte le sanzioni penali ed i reati.


Articolo 27: garantisce il principio della responsabilità penale, che è sempre personale (quella civile non lo è).

Presunzione d'innocenza significa che l'imputato non è colpevole finché non è stata emessa una sentenza.

In Italia non è ammessa la pena di morte.


DIRITTI ASSOCIATIVI


Articolo 17: garantisce la libertà di riunione in un luogo e un tempo determinati.

La riunione può avvenire su qualsiasi argomento, sia in luogo pubblico (la strada) sia in luogo aperto al pubblico (un cinema); nel caso avvenga in luogo pubblico, va previamente avvertita la polizia.

La riunione deve essere pacifica e disarmata.

Assembramento: riunione casuale.


Articolo 18: i cittadini hanno il diritto di associarsi per qualunque motivo, tranne che la ricostituzione del partito fascista e a meno che non sia legalmente rilevante.

Sono vietate le associazioni segrete (poiché la segretezza può portare ad una violazione della democrazia; nel 1982 fu stabilito che le associazioni che occultano la loro esistenza, le loro finalità, i loro soci e mirano ad influire sulla vita politica del paese, devono essere sciolte dal presidente del Consiglio)  e quelle che perseguono scopi politici con un'organizzazione militare (questo al fine di evitare che la lotta politica divenga violenta).


Articolo 29: la famiglia è il primo nucleo associativo e quindi ne sono riconosciuti i diritti.


Articolo 39: garantisce che l'associazione sindacale è libera e che gli scioperi sono ammessi.


Articolo 49: garantisce che l'associazione politica è libera, purché tali associazioni concorrano alla vita politica con mezzi democratici.

I partiti sono un raccordo tra la società e le istituzioni, con una determinata ideologia; sono portatori di un modello generale di soluzione ai problemi del paese.

Esistono dei divieti per alcune categorie (consoli, polizia ecc.) di aderire ad un partito.

Il sistema dei partiti è tutelato dalla Costituzione.


Articolo 67: garantisce che ogni membro del Parlamento rappresenta tutti i cittadini e non ha vincoli di partito; può cambiare partito quando vuole, anche se è stato eletto con quel gruppo e questo garantisce una libertà di coscienza dei parlamentari, i quali possono cambiare partito senza perdere la loro carica.

I partiti hanno libertà di organizzare la loro vita interna e il loro regolamento come vogliono.


RAPPORTI ECONOMICI (TITOLO III)


Articolo 41: sancisce che l'iniziativa economica privata è libera, ma non si può svolgere in alcuni casi: non deve recare danno alla libertà e alla dignità umana e deve avere un fine sociale.

Il terzo comma sancisce che l'attività economica è pubblica e privata: anche lo stato può intervenire in campo economico. Dagli anni '90 ci sono state molte privatizzazioni, poiché  si riteneva che lo stato dovesse limitarsi a porre regole generali ma non avere un ruolo attivo.


Articolo 42: garantisce il diritto alla proprietà privata e pubblica.

Il secondo comma sancisce che la proprietà privata può essere limitata nel suo godimento per finalità sociali.


DIRITTI SOCIALI

Sono stati guadagnati nelle costituzioni del XX secolo e garantiscono una dignità di vita minima. Mentre i diritti di libertà vietavano alle istituzioni di entrare nella sfera privata, con i diritti sociali si chiede anche un intervento attivo da parte dello stato per garantire determinate cose ai cittadini. Si dà vita ad un sistema di sicurezze sociali a tutela della dignità e di una vita decorosa per tutti; a questo devono provvedere le istituzioni statali, ma anche i privati possono dar vita a forme di assistenza.


Articolo 35: garantisce il diritto al lavoro e lo tutela in tutte le sue forme.


Articolo 36: garantisce i diritti dei lavoratori: una retribuzione sufficiente ad assicurare un'esistenza libera e dignitosa, una durata massima della giornata lavorativa, ferie retribuite.


Articolo 37: garantisce i diritti alla donna lavoratrice e pone delle garanzie al lavoro dei minori.


Articolo 38: garantisce l'obbligo di tutelare il lavoratore da infortuni, vecchiaia, malattia ecc.

Ogni cittadino che non può lavorare ha diritto ad un sostentamento sociale.


Articolo 30: in caso di incapacità dei genitori di lavorare, lo stato provvede ai figli.


Articolo 31: sancisce l'obbligo di proteggere l'infanzia, la maternità ecc.


Articolo 32: garantisce il diritto alla salute, cioè all'integrità psico-fisica. È un diritto inviolabile dell'uomo, anche per chi non può permetterselo economicamente; deve quindi esistere un servizio sanitario nazionale che garantisca cure gratuite.

Il secondo comma sancisce il diritto del soggetto a rifiutare determinate cure se non c'è la volontà del soggetto stesso. C'è una stretta connessione con la libertà personale.


Articolo 33: garantisce il diritto all'istruzione: devono esistere scuole statali per tutti gli ordini e gradi, aperte a tutti; chi ha capacità deve poter proseguire gli studi anche se la famiglia non ha i mezzi (deve quindi esistere un sistema di borse di studio).


DIRITTI POLITICI

Diritto di voto, che deve essere libero e segreto e che è un dovere civico; indennità morale; diritto di petizione; diritto di partecipazione alla vita pubblica (tutti devono poter accedere a cariche pubbliche).


NUOVI DIRITTI SOCIALI

Oggi alcune situazioni soggettive e personali sono tutelate e trova no fondamento nella nostra Costituzione.

La libertà personale non è più solo intesa come fisica, ma comprende anche la sfera psichica, quindi l'identità, e assume diverse accezioni: diritto all'identità sessuale, diritto alla vita (per esempio si vieta l'estradizione di cittadini italiani in paesi dove vige la pena di morte), diritto all'obiezione di coscienza. Tutti questi trovano fondamento nell'articolo 13 che garantisce il diritto alla riservatezza.

Il diritto all'ambiente trova fondamento nell'articolo 9 che sancisce che la Repubblica deve tutelare il paesaggio e nell'articolo 32 che garantisce il diritto alla salute.

Il diritto all'abitazione trova fondamento nell'articolo 14 (libertà di domicilio), nell'articolo 36 (il lavoratore deve avere una vita decorosa) e nel 32.

Dall'articolo 21, che garantisce la libertà di espressione, deriva il diritto ad un'informazione ampia e completa, che deve essere garantita da una pluralità di mezzi di comunicazione.


DOVERI COSTITUZIONALI


Articolo 52: il dovere di difendere la patria e di svolgere il servizio militare.


Articolo 53: il dovere di concorrere alle spese pubbliche attraverso il sistema tributario, secondo un sistema progressivo (più hai, più devi pagare).

Le imposte dirette sono progressive, quelle indirette non lo sono.


Articolo 54: dovere di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione.


Articolo 23: sancisce che alcuni doveri sono previsti dalla legge.


CITTADINO E PERSONA

È controversa la questione se i diritti ed i doveri facciano capo ai soli cittadini italiani o a tutte le persone.


Articolo 10, 2° comma: espone un riferimento agli stranieri (cioè chi è senza cittadinanza italiana), la cui condizione è disciplinata dalla legge.

Articolo 2: fa riferimento ai diritti dell'uomo.

La prima interpretazione vuole che i diritti costituzionali riguardino tutti, la seconda che sia l'articolo 10 a regolare la condizione degli stranieri. La soluzione è che la primazia dell'articolo 2 derivi dalla storia e che quindi esistono dei diritti involabili che appartengono all'uomo e non al cittadino; l'articolo 10 semplicemente garantisce lo status dello straniero con una riserva di legge.


Ci sono però tre categorie di diritti che spettano solo al cittadino italiano:

Il diritto al lavoro (articolo 4): il cittadino ha la priorità ad accedere al lavoro nei confronti di uno straniero che vuole entrare in Italia per lavorare. Questo vale anche per i cittadini comunitari; per i cittadini extracomunitari esiste una legislazione che regola il loro ingresso per lavorare in Italia.

Il diritto di permanere in territorio italiano (articolo 16): entrare e permanere in Italia spetta solo al cittadino e, in certi casi, ai comunitari. Per gli extracomunitari ci vuole un visto speciale a seconda del motivo per cui entrano; solo nel caso in cui l'extracomunitario chieda asilo può essere accolto, perché nel suo paese non può esercitare la libertà personale. Inoltre si possono espellere dall'Italia i cittadini non italiani.

I diritti politici (art 48 e segg.): questo tipo di diritti attiene allo status di cittadino. Ci sono adesso delle proposte di riforma per estendere parte di questi diritti ai cittadini stranieri che però risiedono in Italia.


Ci sono anche dei doveri che spettano solo al cittadino: il dovere di fedeltà alla Repubblica e il dovere di concorrere alle spese pubbliche.


COSTITUZIONE - PARTE II

Elenca gli organi costituzionali (5 in Italia), ovvero quegli elementi che caratterizzano un determinato ordinamento; c'è una parità ed un'indipendenza reciproca tra questi organi ed i loro poteri sono stabiliti dalla Costituzione in questa seconda parte.


È la parte politicamente attiva di un ordinamento democratico.


Manifesta la sua volontà attraverso le elezioni, l'esercizio di poteri di democrazia diretta (cioè decide direttamente, non attraverso rappresentanti) o dei diritti costituzionali.


L'articolo 48 garantisce il diritto di voto.

Dal 2000 anche i cittadini italiani che vivono all'estero possono votare dal paese in cui vivono (anche prima potevano votare, però dovevano venire in Italia); è previsto un numero di deputati e senatori che sono eletti dai residenti all'estero, attraverso corrispondenza.


Democrazia diretta: il popolo deve decidere su questioni specifiche e esprime direttamente il proprio parere.

Democrazia rappresentativa: il popolo elegge dei rappresentanti che prendano decisioni importanti al loro posto in una specifica sede.


ISTITUTI DI DEMOCRAZIA DIRETTA

Iniziativa legislativa (proposta di 50.000 elettori di un progetto redatto in articoli)

Diritto di petizione (diritto di fare delle richieste all'autorità; si può fare per questioni personali o collettive; si possono chiedere dei cambiamenti legislativi o semplicemente esporre delle comuni necessità).

REFERENDUM

È un istituto che incide su un atto normativo.

La proposta di referendum può partire dagli organi dello stato, da una parte del corpo elettorale (almeno 500.000 elettori)  o da enti territoriali (almeno 5 Consigli regionali).

Può essere preventivo (fatto prima dell'entrata in vigore di una certa legge) o successivo (cioè fatto dopo l'entrata in vigore di una legge).

Può essere decisionale (il risultato incide realmente sulla legge in questione, quindi decide su una questione) o consultivo (si chiede un parere non vincolante su una questione).

In Italia è solamente abrogativo, cioè che mira ad abrogare una legge o un provvedimento già in vigore.

Non si possono fare referendum su certi tipi di leggi: leggi tributarie, di bilancio ecc. La Corte Costituzionale controlla che i referendum non si riferiscano a queste categorie di leggi.

Procedimento

la proposta arriva da 5 Consigli regionali o da 500.000 elettori; se la proposta arriva dagli elettori, deve esserci tra un comitato che presenti la richiesta alla Corte di Cassazione e dopo questa richiesta ci sono 90 giorni di tempo per raccogliere tutte le firme.

Le firme devono essere presentate dall'1 gennaio al 30 settembre alla Corte di Cassazione, la quale controlla che le firme siano valide e che l'atto da abrogare sia effettivamente una legge. Se, nel frattempo, le camere hanno già abrogato quella legge, si dichiara che il referendum non ha più senso; se le camere lo abrogano solo formalmente, si può richiedere un referendum sulla nuova legge.

A questo punto, il corpo elettorale è chiamato a votare.

Serve un quorum del 50%+1 degli aventi diritto al voto, perché il referendum sia valido. Se non si raggiunge il quorum, si può ripresentare il referendum nei successivi 5 anni con lo stesso quesito.

Se vince il SI, il Presidente della Repubblica fa un decreto in cui si approva l'abrogazione, che può essere rinviato fino a 60 giorni.

Ammissibilità del referendum:

non possono essere oggetto di referendum anche le leggi collegate a quelle esplicitamente espresse nell'articolo 75.

Non sono oggetto di referendum le leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, cioè che sono l'unica attuazione possibile della Costituzione.

I quesiti devono essere omogenei (cioè si deve poter rispondere solo SI o NO) e riguardanti solo un argomento (altrimenti gli elettori potrebbero voler rispondere SI ad un quesito e NO ad un altro, non potendo così esprimere in modo chiaro il proprio pensiero).

Si può modificare la legge elettorale, però il referendum non deve essere paralizzante perché gli organi costituzionali devono essere continuamente rieleggibili.

Referendum creativo: spesso si vuole abrogare solo una parte di una legge e allora si modifica il significato, anche se la normativa che ne risulta non deve completamente snaturare l'originale.


Può avvenire con due metodi diversi:

Fare un organo ad hoc che si differenzia dall'organo legislativo standard ed ha il compito specifico di modificare la Costituzione.

Attribuire questo compito agli organi legislativi esistenti, ma attraverso una procedura che risulti maggiormente rinforzata nella sua approvazione.


L'articolo 138 regola l'aggiunta, la soppressione o la sostituzione degli articoli costituzionali.


Leggi costituzionali: leggi che non fanno parte della Costituzione, ma che disciplinano alcune materie in rispetto della Costituzione; sono fonti superiori alla legge ordinaria e devono rispettare la procedura descritta nell'articolo 138.


APPROVAZIONE LEGGI COSTITUZIONALI

È affidata al Parlamento, che esercita la funzione legislativa.

La prima parte è uguale a quella per le leggi ordinarie:

L'iniziativa legislativa è riconosciuta al governo, alle regioni, al Consiglio Nazionale per l'economia ed il lavoro, ai membri del Parlamento; tutti questi organi possono redigere una proposta di legge in articoli. Il corpo elettorale può proporre una legge costituzionale se ha almeno 50.000 firme.

La proposta viene presentata ad una delle due camere.

Il Presidente di Assemblea presenta la proposta di legge alla Commissione della materia competente, la quale Commissione ha un ruolo referente, cioè deve riferire in assemblea.

Il testo di legge va ora respinto od approvato; l'assemblea può anche modificarlo. Perché la proposta sia approvata, devono essere presenti in aula la metà+1 degli aventi diritto al voto; poi devono votare a favore la metà+1.

Se la legge viene approvata in una delle due camere, passa all'altra camera dove si svolge una procedura analoga.

Se la proposta viene approvata da entrambe le camere del Parlamento, si procede alla seconda parte (inizia l'aggravamento), mentre per una legge normale la procedura sarebbe conclusa qui. Ci deve essere una precisa identificazione tra i testi approvati dalle due camere.

Con la seconda parte inizia l'aggravamento, e non si può più modificare il testo:

Non prima di 3 mesi, la camera che per prima ha approvato la legge deve riapprovarla; poi deve farlo anche l'altra camera. Perché il progetto passi, è necessario un più ampio consenso rispetto alla prima votazione.

Una maggioranza semplice significa respingere la legge.

Se entrambi i rami approvano a maggioranza di 2/3 calcolati sugli aventi diritto al voto (non sui presenti), l'iter legislativo prosegue con la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica (entro un mese), la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e, dopo 15 giorni, entra in vigore.

Se c'è l'approvazione maggioranza assoluta (50%+1 degli aventi diritto al voto) di uno o entrambi i rami del Parlamento, si può dare la possibilità di esprimersi al corpo elettorale: il testo viene pubblicato in gazzetta ufficiale come pubblicazione notiziale (cioè si dà la notizia agli elettori); entro 3 mesi si può richiedere un referendum costituzionale, se si trovano almeno 500.000 firme, o 5 Consigli Regionali, o almeno 1/5 dei parlamentari di una camera. Il referendum si svolge in data scelta dal Presidente della Repubblica e si può rispondere solo SI o NO.

Se i voti sono a favore del testo, si ha la pubblicazione legale sulla Gazzetta Ufficiale.

Se i voti non sono a favore, la proposta decade e può essere rappresentata dopo 6 mesi.

Non serve un minimo di elettori perché il referendum sia valido.

Se il referendum non viene richiesto, dopo 3 mesi c'è la promulgazione e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.


Articolo 139: la forma repubblicana non può essere oggetto di modifiche; la Repubblica è stata scelta il 2 giugno 1946 a suffragio universale, insieme all'elezione dei membri dell'Assemblea costituente. Questo articolo pone un limite alla revisione costituzionale.


Forma repubblicana significa che il capo dello stato è eletto (nelle monarchie è ereditario), oltre al fatto che vige la sovranità popolare. La forma repubblicana è inscindibile dalla democrazia e dalla sovranità popolare, quindi non sono modificabili nemmeno quei principi che rendono l'Italia uno stato democratico (elettività delle istituzioni, le varie libertà ecc.). anche questi sono dei limiti impliciti alla revisione costituzionale.



Sono l'altro circuito, oltre al referendum, attraverso il quale il popolo esercita la propria sovranità. Si tratta del sistema attraverso cui si scelgono i nostri rappresentanti.


Il sistema elettorale (sottoinsieme della legislazione elettorale) è il procedimento attraverso cui si trasformano i voti in seggi; di solito i sistemi elettorali dei vari paesi non sono specificati nelle costituzioni, perché vengono spesso modificati.


Votazioni per un organo monocratico (ad esempio il sindaco), avvengono attraverso due sistemi: a maggioranza relativa (chi prende più voti vince; questo avviene nei comuni più piccoli) e a maggioranza assoluta (il candidato, per vincere, deve ottenere il 50%+1 dei voti validi; in caso contrario si va al ballottaggio tra i due candidati che hanno preso più voti degli altri; questo avviene nei comuni più grandi.


Votazioni per un organi collegiale (ad esempio il Parlamento) avvengono attraverso vari sistemi.

Formule di tipo maggioritario: chi vince in quel collegio prende il seggio. Possono essere a maggioranza relativa (Inghilterra) o assoluta (Francia). Di solito si trova in un sistema bipartitico. Garantisce una maggiore stabilità e quindi una maggiore governabilità al paese; ogni nuovo partito fa difficoltà ad affermarsi, dunque è un sistema conservatore. Se una piccola parte dell'elettorato si sposta da un partito all'altro può essere modificato molto il numero di deputati che ogni partito prende.

Formule di tipo proporzionale: i seggi sono distribuiti in proporzione ai voti ricevuti da ciascuna lista. Si può prevedere un voto di preferenza (cioè all'interno di ogni lista posso dare la preferenza ad una persona specifica). Di solito si trova in un sistema multipartitico. Di solito si prevede una soglia di sbarramento per evitare che partiti troppo piccoli entrino in Parlamento.

Formule di tipo misto: ci sono elementi maggioritari ed elementi proporzionali.



: c'era una legge elettorale di tipo proporzionale (tutte le forze politiche venivano rappresentate). Si potevano dare voti di preferenza.


: il sistema delle preferenze viene considerato elemento che favorisce una politica clientelare, quindi viene richiesto un referendum abrogativo sul sistema delle preferenze: si consentiva di dare al massimo una preferenza. Si ha una vittoria schiacciante del si e la legge viene modificata.


: alle elezioni vince il governo Amato, in concomitanza con lo scandalo di Tangentopoli.

Si propone un referendum sulla legge elettorale degli enti locali (ma la legge viene prima modificata dal Parlamento e quindi il referendum non viene attuato) e uno sulla legge elettorale del Senato: tale legge era fintamente maggioritaria ed in realtà era proporzionale, perché se un candidato prendeva almeno il 65% dei voti prendeva tutto il seggio, ma questo era quasi impossibile visto il gran numero di partiti presenti; altrimenti si procedeva in modo proporzionale e questo succedeva quasi sempre. Il referendum mirava a rendere la legge del Senato interamente maggioritaria; si ha un'altra vittoria schiacciante dei si e la legge viene cambiata.


la legge elettorale prevedeva un turno unico unito a un sistema misto, anche se prevalentemente maggioritario.

Senato: i ¾ dei seggi erano dati col sistema maggioritario, cioè il candidato che prende più voti prende il seggio. Il restante ¼ dei senatori era scelto tra quei candidati che non erano rientrati nei ¾ ma che avevano avuto più voti, attraverso una specie di ripescaggio!

Camera: il sistema era uguale, però l'elettorato aveva due schede al momento della votazione. Una scheda serviva ad eleggere i deputati col sistema maggioritario. L'altra scheda serviva a scegliere un altro deputato che sarebbe andato nell'1/4 dei deputati eletti col sistema proporzionale; in questa seconda scheda, ogni partito presentava la sua lista e l'elettore non poteva dare la sua preferenza.

Questo è un sistema che tende al bipolarismo e al bipartitismo.


e 2000: vengono proposti due referendum per rendere il sistema  elettorale un maggioritario puro, ma nessuno dei due raggiunge il quorum strutturale (cioè meno del 50%+1 degli elettori va a votare).

: viene approvata una nuova legge elettorale proporzionale e con premio di maggioranza. I partiti presentano il proprio programma elettorale e scelgono il proprio leader.

Camera: dopo le votazioni, alla lista che ha preso più voti viene assegnato un numero standard di seggi alla camera (340, che corrispondono circa al 55%). I restanti seggi sono suddivisi in modo proporzionale tra le altre liste. Dunque per prendere il premio di maggioranza basta la maggioranza relativa, cioè aver preso più voti degli altri.

Senato: il premio di maggioranza non viene assegnato su base nazionale, ma regionale; la lista che ottiene più voti in un determinata regione, prende il 55% dei seggi di quella regione automaticamente.

Il senso del premio di maggioranza è modificare un po' le scelte elettorali premiando chi ha preso più voti degli altri, per dare una certa stabilità e governabilità al governo; però, fatto su base regionale, il premio di maggioranza perde questo significato, perché le regioni possono essere suddivise tra i due schieramenti e dar vita ad una maggioranza non chiara. Questa legge elettorale è quindi contraddittoria e senza logica.


alle elezioni, i partiti si accomunano in due grandi coalizioni, per riuscire ad ottenere almeno il premio di maggioranza alla camera.





In quasi tutti i paesi ha funzione legislativa. Poi, a seconda dei vari stati, può avere anche altri funzioni: ad esempio ha una funzione di indirizzo politico diretto nelle forme di governo parlamentari (il governo deve avere la maggioranza parlamentare per essere valido), oppure può esercitare una funzione di controllo sugli organismi governativi e amministrativi.


In Italia, la durata della legislatura è di 5 anni, salvo eventuali scioglimenti anticipati se non si riesce a dar vita ad un esecutivo.


In Italia è bicamerale, formato dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica.

Si può votare per la Camera a 18 anni, per il Senato a 25.

Si può essere eletti come deputati da 25 anni in su, come senatori da 40 anni in su.

La Camera ha un numero fisso di deputati (630), mentre il Senato ha un numero variabile perché comprende 315 senatori eletti, 5 senatori a vita e gli ex presidenti della repubblica ancora in vita.


Si è ineleggibili se si svolgono determinate funzioni; ad esempio il sindaco di una città con più di 20.000 abitanti o il presidente della provincia, dovrebbero prima dimettersi dalle loro cariche per poi candidarsi come parlamentari.


Si tratta invece di incompatibilità nel caso in cui, io svolga già una certa funzione e voglia candidarmi a parlamentare; posso farlo, mantenendo la mia carica attuale, ma poi dovrò scegliere uno dei due posti, non posso occuparli entrambi.


La verifica dei poteri è una procedura che serve a verificare se ci sono stati casi di ineleggibilità o incompatibilità. È un sistema cha ha antiche origini inglesi e che nacque con lo scopo di evitare che il sovrano togliesse la carica a chi non era di suo gradimento!

La giunta per la verifica delle elezioni serve, invece, a controllare dopo le elezioni le schede dubbie e, nel caso, a convalidare l'elezione di certi parlamentari che erano in dubbio; se ci sono contestazioni, tocca alla camera e al Senato votare per il parlamentare in questione e decidere se può esercitare la carica o no (il giudizio che esce dal Parlamento è definitivo).


Il Parlamento è il legame che esiste tra società, partiti ed istituzioni.

All'interno del Parlamento ci sono i gruppi parlamentari, che sono i corrispondenti istituzionali dei partiti; infatti solitamente ogni partito dà vita ad un gruppo parlamentare. Ogni gruppo ha un capogruppo (o presidente) che viene eletto; tutti i capigruppo si riuniscono nell'organo detto conferenza dei presidenti.

Servono almeno 20 deputati per dar vita ad un gruppo parlamentare alla camera, e 10 senatori al senato; chi non raggiungesse questi numeri si può riunire nel cosiddetto gruppo misto.

Nelle votazioni, chiunque può esprimersi in modo autonomo, anche se diverso dalla linea del gruppo parlamentare cui appartiene. Inoltre, i parlamentari possono anche cambiare gruppo nel corso del loro mandato, senza perdere la carica.


Il Presidente di assemblea (uno alla Camera e uno al Senato), ha il potere di controllare il corretto svolgimento dei lavori parlamentari, se ne fa garante come un arbitro. Inoltre deve consentire alla maggioranza di esercitare il suo lavoro.

Fino al 1994 la presidenza delle assemblee era assicurata a un membro dell'opposizione, dal 1994 i presidenti sono invece espressione della maggioranza.


Commissioni Parlamentari

Monocamerali: sono espressione di un solo ramo del parlamento.

Bicamerali: sono un punto di raccordo tra le due camere, poiché vi appartengono deputati e senatori.


Permanenti: ne esistono 14 per ogni camera e sono indispensabili per l'approvazione delle leggi; sono competenti per i grossi settori della pubblica amministrazione (ad esempio la difesa, la giustizia ecc.); sono monocamerali; ogni parlamentare deve appartenere almeno ad una commissione; le commissioni rappresentano proporzionalmente al loro interno i rapporti di forza presenti in Parlamento.

D'inchiesta: possono essere mono o bicamerali; sono organi eventuali, istituiti ad hoc, il cui compito è disciplinato dall'articolo 82 della costituzione; anche queste rispecchiano i rapporti di forza esistenti in Parlamento; sono strumenti di controllo su questioni di pubblica necessità e durano soltanto finché non hanno terminato il loro compito (al massimo una legislatura).

Di controllo: sono organi di controllo di settori molto delicati; possono essere monocamerali o

bicamerali.


Alcune commissioni sono previste dalla costituzione, o dalle leggi costituzionali.


I regolamenti parlamentari regolano la vita delle camere; ne esiste uno per la Camera e uno per il Senato e vengono approvati dal Parlamento a maggioranza assoluta. Sono atti primari, però la Corte costituzionale ha declinato la sua competenza a verificare che fossero costituzionali perché sono considerati atti di autorganizzazione.


L'articolo 68 garantisce:

L'insindacabilità, cioè la garanzia della piena libertà di parola dei Parlamentari, che non rispondono penalmente o civilmente delle opinioni espresse in Parlamento. Sorge però il problema di chi stabilisca quando un parlamentare sta esercitando la propria funzione, per esempio se scrive un articolo su un giornale o parla ad un comizio, è garantita l'insindacabilità oppure no? La Corte costituzionale decise che solo le azioni connesse a qualcosa che è già stato svolto o detto, sono protette dalla libertà di espressione.

L'inviolabilità garantiva, fino al 1993, che nessun membro senza autorizzazione della camera di appartenenza poteva essere sottoposto a procedimento penale o limitazione della sua libertà personale; questo però provocava forti abusi da parte dei parlamentari, così dal 1993 è previsto che l'autorizzazione della camera di appartenenza valga soltanto se si tratta di violazione della libertà personale, mentre i procedimenti penali o civili vanno avanti comunque, a meno che non siano previste limitazioni della libertà personale (ad esempio ispezione, perquisizione ecc.).


L'articolo 64, terzo comma, stabilisce che le deliberazioni non sono valide se non sono presenti la maggioranza dei componenti del Parlamento in aula (quindi, se non si raggiunge il quorum strutturale, il quale dà validità alla seduta). In alcuni casi si procede anche senza il quorum strutturale, a meno che qualcuno non chieda la verifica dei presenti in aula e, se non è presente il numero legale, si annulla la seduta. Una delibera, inoltre, per passare ha bisogno anche del quorum funzionale, cioè la maggioranza dei voti a favore.


Ci sono varie modalità di voto:

appello nominale

alzata di mano

procedimento elettronico (la maggioranza avvengono così)

scrittura di un nome su una scheda

Inoltre il voto può essere palese (la maggioranza delle votazioni avvengono così dagli anni '80) o segreto (fino agli anni '80 le votazioni erano quasi tutte segrete, oggi è rimasto segreto solo il voto per elezioni nominali o in caso di leggi che facciano appello alla coscienza personale).


Si parla di ostruzionismo quando l'opposizione usa tutti i modi possibili e ammissibili per ostacolare il lavoro parlamentare.


La programmazione dei lavori parlamentari è un punto molto importante, perché significa decidere di cosa le camere devono discutere. Ogni camera ha certi argomenti da trattare ed è fondamentale scegliere quali vanno trattati prima e quali in un secondo momento.

Fino al 1990 ciascuna camera decideva il proprio ordine del giorno e serviva l'unanimità.

Dal 1997, la conferenza dei capigruppo decide il programma dei lavori (ha una scadenza da 2 a 3 mesi), il calendario (cioè il lavoro dei 15 giorni successivi, circa) e l'ordine del giorno (ciò di cui si deve trattare in quella specifica seduta). Serve il consenso dei gruppi la cui consistenza numerica deve essere almeno i ¾ della camera, altrimenti spetta al presidente di assemblea programmare i lavori parlamentari. Invece al Senato, serve l'unanimità di tutti i gruppi per poter discutere un programma, altrimenti è il presidente di assemblea a stilare un programma.


Il Parlamento può aver bisogno di acquisire certe informazioni. Si possono richiedere informazioni a scopo conoscitivo, o ispettivo (cioè per far valere una responsabilità nei confronti di qualcuno o voler eseguire un controllo).


Strumenti conoscitivi servono ad ampliare la conoscenza dei parlamentari su una certa questione e si possono usare i resoconti dell'ISTAT o del CNEL.

Indagini conoscitive sono delle raccolte di informazioni su un certo argomento, per le quali si possono anche interpellare degli esperti nel settore; questo tipo di indagine viene svolto dalle commissioni permanenti.

Udienze legislative sono invece strumenti direttamente utilizzabili per un progetto legislativo in corso.

Si può ricorrere anche alla Corte dei Conti per avere certe informazioni, perché la Corte ha una funzione di controllo sul governo.


Inoltre il Parlamento possiede degli strumenti di tipo ispettivo, attraverso i quali svolge un controllo sull'esecutivo.

Audizione e convocazione dei ministri: i ministri possono essere chiamati dalle camere a dar conto della loro politica di governo.

Audizione e convocazione di dirigenti amministrativi.

Audizione e convocazione di enti territoriali o enti pubblici.

Interrogazione parlamentare: si tratta di una domanda per iscritto fatta da un parlamentare per sapere se un fatto è vero o se il governo ne è a conoscenza; di solito il governo risponde oralmente, però si può specificare nella domanda, che la risposta avvenga per iscritto. Se una questione è urgente, si parla di interrogazioni a risposta immediata.

Interpellanza: si tratta di una domanda scritta al governo, il quale deve qualificare la propria politica in relazione ad una questione specifica.

Inchieste parlamentari: ciascuna camera può fare inchieste in relazione ad un argomento di pubblico interesse, attraverso delle commissioni d'inchiesta che hanno poteri pari a quelli dell'autorità giudiziaria.

Commissioni di controllo/vigilanza: devono controllare su settori amministrativi delicati.


Il Parlamento, inoltre, ha una funzione di indirizzo politico, poiché il governo deve avere la maggioranza parlamentare per poter essere in vigore. Ci sono alcuni strumenti di indirizzo politico:

Mozione: atto inteso a promuovere una deliberazione dell'assemblea su un certo argomento. Può essere proposta da un presidente di gruppo, da 8 senatori o da 10 deputati. Viene presentata per aprire un dibattito in aula.

Risoluzione: può essere proposta da ciascun parlamentare, ed è spesso usata per chiudere un dibattito parlamentare, tracciandone le conclusioni.

Ordine del giorno: è uno strumento che si colloca nell'ambito di un procedimento legislativo; è un indirizzo che si dà al governo sulla legge che si sta approvando. Può essere presentato da ciascun parlamentare.

Mozione di fiducia: è alla base del governo parlamentare, poiché il governo deve avere la fiducia delle camere per governare. Viene votata su richiesta del governo e il voto avviene per appello nominale; se questa fiducia viene meno, il governo deve dimettersi.

Mozione di sfiducia: atto con cui il Parlamento revoca il potere al governo. Deve essere richiesta da almeno 1/10 di una delle due camere e non si può votare prima di 3 giorni da quando viene richiesta.

Sfiducia individuale: è contro un singolo ministro. Nel 1985 il ministro della giustizia Mancuso (governo Dini) fu sfiduciato in questo modo e fu costretto a dimettersi. Passa solo nel caso in cui il ministro in questione si sia messo in contrasto con gli altri ministri.

Questione di fiducia: viene posta da presidente del Consiglio, se il governo ritiene particolarmente importante l'approvazione di una certa delibera. Le conseguenze sono che si vota subito per quella delibera e per appello nominale; ha un effetto anti-ostruzionistico, perché il dibattito parlamentare viene stroncato per poter votare subito e la delibera non può essere modificata; se la delibera non viene approvata, però, il governo deve dimettersi.

Approvazione legge di bilancio e legge finanziaria: avviene ogni anno; il Parlamento approva il bilancio e autorizza il governo a incassare le tasse previste e a effettuare le spese previste.

Legge di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali: alcuni trattati devono essere autorizzati con una legge dal Parlamento, prima di poter essere ratificati dal Presidente della Repubblica; con questo atto, il Parlamento interviene nella politica estera del governo.


Il Parlamento ha anche una funzione normativa, in quanto ha la funzione legislativa (approva le leggi).

Progetto legislativo in sede referente

Fase di iniziativa legislativa: il potere di proporre una legge redatta in articoli, spetta a ciascun parlamentare, ai Consigli regionali, a 50.000 elettori, al governo, al CNEL.

Il progetto di legge viene presentato alla Camera o al Senato.

Il progetto viene assegnato alla commissione competente in materia dal presidente di assemblea. Se comporta delle spese, deve anche passare per la commissione di bilancio.

Fase istruttoria: la commissione fa un vaglio della legge e può richiedere informazioni e consulenze; il comitato per la legislazione può scrivere un parere sulla qualità del testo (omogeneità, semplicità, chiarezza, proprietà della formulazione della legge); inoltre la commissione può modificare il progetto.

Il progetto viene presentato il aula da un relatore nominato dalla commissione.
Si ha una discussione in aula, prima sulle linee generali della legge, poi sui singoli articoli (in questo passaggio si possono inserire gli ordini del giorno); i parlamentari possono presentare delle modifiche.

La votazione avviene articolo per articolo e infine si vota per il progetto complessivo. Se si raggiunge la maggioranza relativa, il presidente di assemblea trasmette lo stesso progetto di legge all'altro ramo del Parlamento.
Quando la legge arriva nell'altra camera, si ripete il procedimento precedente.

Se viene approvato anche nell'altra camera lo stesso progetto di legge, il Presidente della repubblica lo firma; se viene modificato, ritorna alla prima camera, finchè i due rami del parlamento non hanno approvato un testo identico.

Quando viene approvato lo stesso progetto da Camera e Senato, il Presidente della Repubblica proclama la promulgazione.

Progetto legislativo in sede deliberante: se il presidente di assemblea sceglie questo tipo di procedimento, la legge sarà approvata dalla Commissione senza passare dall'aula. È una procedura comune e veloce. Comunque si può chiedere che quel progetto venga, invece, discusso in aula.

Progetto legislativo in sede redigente: Si fa tutto in commissione, però l'approvazione finale spetta al Parlamento.

Articolo 72, ultimo comma - Prevede una Riserva di assemblea: alcune leggi devono essere per forza approvate con procedura in sede referente (ad esempio le leggi costituzionali, elettorali ecc.)

NB: Il governo, i presidenti di gruppo, 10 deputati o 8 senatori possono dichiarare l'urgenza di una certa legge.

Promulgazione viene fatta dal Presidente della Repubblica, che controlla che la legge sia costituzionale. Se trova gravi violazioni alla costituzioni, può rinviare il progetto di legge al Parlamento con messaggio motivato; a quel punto le camere possono: lasciar perdere; modificare il progetto e rinviarlo al Presidente; ripresentare il progetto identico e allora il Presidente è costretto ad approvarlo.

Se la legge viene approvata, il testo viene trasmesso al Ministero di Grazia e Giustizia e poi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale; dopo 15 giorni, la legge entra in vigore a tutti gli effetti.



Disciplina il bilancio statale e si compone di 4 commi.


Il 1° comma regola gli aspetti funzionali del bilancio e del rendiconto, dichiarando che le camere approvano ogni anno il bilancio ed il rendiconto presentato dal governo.

Rendiconto: documento contabile che si riferisce a un ciclo di gestione passato e ne evidenzia i risultati.

Bilancio: documento contabile in cui sono indicati valori di segno opposto e nel quale si fanno previsioni sull'andamento di certe operazioni future e vengono definiti gli obiettivi dell'azione amministrativa; è un documento che fa riferimento a un certo periodo futuro. Il bilancio può essere patrimoniale (si riferisce a fatti che incidono sul patrimonio), economico (si riferisce a fatti che evidenziano la perdita o il profitto prodotti da una certa attività) o finanziario (si riferisce a fatti che comportano perdite o profitti in termini monetari).


Il progetto di bilancio è esclusivamente opera del governo, il quale è organo esecutivo e quindi da esso dipendono i ministeri, i quali hanno il dovere di organizzare le entrate e le uscite approvate dal Parlamento. Inoltre solo i ministeri hanno le conoscenze effettive per poter organizzare e stilare un bilancio. Dunque è un  documento che ha un certo indirizzo politico, e attraverso di esso il governo sottopone al Parlamento la propria politica finanziaria e generale.

Si tratta di un documento di previsione per l'anno successivo e va presentato entro il 30 settembre ad uno dei due rami del Parlamento (si tratta di un sistema paritario, non simultaneo, quindi prima va ad un ramo e poi ad un altro), poi passa all'altro ramo. Il testo deve essere approvato identico dalle due camere, altrimenti, dopo le modifiche effettuate da una camere, ripassa all'altra per essere approvato nella nuova forma (navette = spola tra le due camere finché non viene approvato un testo identico).

È un documento che viene presentato ogni anno.


È prevista una sessione di bilancio, cioè un periodo di tempo scandito in modo preciso in cui si svolgono i lavori del Parlamento per l'approvazione del progetto di bilancio. Questo periodo di tempo fu introdotto per concentrare in un certo periodo i lavori di approvazione del bilancio e concluderli entro un certo termine (il 31 dicembre, che coincide con la fine dell'anno finanziario); in questo periodo gli altri lavori parlamentari sono sospesi, salvo urgenze o necessità impellenti.


Il progetto di bilancio prevede:

Una riserva di legge formale: la Costituzione ha attribuito la sua approvazione esclusivamente alle due camere.

Una riserva di assemblea perché il bilancio deve essere esaminato ed approvato dal Parlamento (prima, comunque, il bilancio deve essere esaminato da un commissione specifica della materia trattata).


Nella costituzione si parla di bilanci (plurale) perché, anche se all'inizio fu probabilmente un errore materiale dei costituenti, in realtà al progetto di bilancio sono allegate 18 tabelle (una per ogni ministero), nelle quali ogni ministro fa il proprio bilancio relativo al proprio ministero con le proprie previsioni di spesa.


L'esercizio provvisorio è un istituto a cui si fa ricorso se, entro l'anno finanziario, non viene approvato il bilancio, con il quale si autorizza il governo a gestire il bilancio (2° comma). È un istituto che deve essere concesso dal Parlamento, il quale non è obbligato a concederlo ma, nel caso non lo facesse, si tratterebbe di un elemento di sfiducia nei confronti del governo.

Ha un limite temporale di 4 mesi e un limite quantitativo di quanto il governo può gestire durante l'esercizio provvisorio: gestisce per 1/12 di quanto lungo è l'esercizio provvisorio; è un limite stabilito riferendosi al bilancio dell'anno passato o al bilancio in corso di approvazione per l'anno successivo.


Il 3° comma stabilisce che, con la legge di approvazione del bilancio, non si possono introdurre nuovi tributi e spese. Questo fu stabilito quando ancora l'Italia era reduce da una monarchia costituzionale: il potere di spendere era del governo il quale, con il bilancio, esponeva al Parlamento il modo in cui esercitava questo potere; si trattava quindi solo di un controllo, perché il Parlamento non poteva impedire che il governo proseguisse con la propria politica finanziaria.

Adesso, invece, il bilancio è un atto che nasce da due organi (Parlamento e governo), è un atto unico a cui partecipano due organi diversi. Ora il Parlamento, infatti, può modificare il progetto di bilancio, però comunque non può introdurre nuove tasse o spese (questo avviene in un altro momento e sede) perché deve concentrarsi esclusivamente sull'approvazione della legge, che è un momento fondamentale.


Il 4° comma stabilisce che si devono indicare, nel bilancio, i mezzi di copertura nel caso non si riuscisse a portare avanti il bilancio e ci si trovasse in una situazione critica.


Negli anni '70, durante i quali la spesa pubblica dilagava, si sentiva l'esigenza di dare al bilancio un ruolo di programmazione, mentre prima era solo descrittivo. Oggi, dunque, contiene tutte le norme di carattere finanziario.

Nel 1988 fu introdotto il documento di programmazione economico-finanziario, il quale viene tracciato dal ministro dell'economia e indica le linee guida per la legge finanziaria e la legge di bilancio. È un atto di indirizzo politico (non è una legge) che segna la linea guida che devono seguire il governo ed il Parlamento.



Viene eletto dal Parlamento e da 3 delegati per ogni regione. Nei primi tre scrutini è necessaria la maggioranza qualificata di 2/3 dei votanti, nei successivi scrutini è sufficiente la maggioranza assoluta; questo per garantire che esso non sia solo espressione della maggioranza di governo.


Deve avere almeno 50 anni.


La carica dura 7 anni, dopo la quale può essere rieletto o diventare senatore a vita. La carica è più lunga delle camere per renderlo un potere autonomo e rafforzare il suo carattere di organo super partes.


30 giorni prima della scadenza del mandato, il presidente della Camera convoca il collegio elettorale per procedere all'elezione di un nuovo Presidente della Repubblica.


Il mandato può scadere anticipatamente per dimissioni, impedimento permanente (da cui si presume che non potrà uscire e che non permette al Presidente di svolgere le sue attività, allora il presidente della Camera indice nuove elezioni. Se si tratta di impedimento temporaneo è il Presidente del Senato a sostituirlo. Chi decide se si tratta di impedimento permanente? Dopo un bollettino medico, si riuniscono il Parlamento ed il Consiglio dei Ministri per decidere), destituzione (il Presidente viene riconosciuto responsabile di alto tradimento o di attentato alla costituzione e, dopo la sentenza, viene destituito) o sospensione (il Presidente è messo sotto accusa ma ancora non è condannato; in questo caso può essere sospeso finché non viene espressa la sentenza).


Il capo dello stato si affianca in modo paritario agli altri organi costituzionali e anch'esso deriva il proprio potere dal principio della sovranità popolare.

In una repubblica presidenziale il capo dello stato è il capo del governo (USA).

In una repubblica semipresidenziale il capo dello stato ha il potere esecutivo a metà con il capo del governo (Francia).

In una repubblica parlamentare il capo dello stato è garante del corretto funzionamento del gioco politico e della Costituzione, ma non ha il potere esecutivo. Esso garantisce l'unità del sistema, ha poteri di garanzia della correttezza politica, non ha poteri di indirizzo politico (non prende decisioni politiche di tipo attivo ma svolge solo una funzione di controllo).


L'articolo 87 stabilisce le competenze del Presidente della Repubblica:

Funzione di controllo sui principali atti dello stato (controllo di tipo costituzionale o di merito, cioè di indirizzo politico), ad esempio la promulgazione delle leggi o l'emanazione di atti normativi del governo o la ratifica dei trattati internazionali o la nomina dei più alti dirigenti dell'amministrazione pubblica.

Poteri di garanzia: il Presidente vigila che l'operato di alcuni organi sia corretto. Ad esempio il sistema istituzionale, le forze armate, presiede il Consiglio superiore della Magistratura e il Consiglio supremo di difesa.

Poteri di prerogativa: può concedere la grazia (cioè il provvedimento con cui si condona una condanna) quando si ritiene giusto che il condannato la meriti.

Poteri di esternazione sugli altri organi costituzionali: questo influisce sul comportamento degli altri organi; può ad esempio inviare messaggi alle camere, le quali comunque non hanno vincoli.

Poteri di nomina dei 5 senatori a vita, di 1/3 dei giudici della Corte Costituzionale (5).

Poteri di intermediazione politica: indice le elezioni, scioglie le camere, può effettuare una convocazione straordinaria delle camere, nomina il Presidente del Consiglio, può sciogliere anticipatamente le camere.


DPR - Decreto del Presidente della Repubblica: sono gli atti attraverso cui il Presidente esterna i propri provvedimenti; ci sono alcuni DPR che contengono disposizioni di altri organi ma che vengono emanati dal Presidente che attua un controllo, altri che appartengono alla competenza propria del Presidente.

Atti presidenziali a partecipazione complessa: convergono la volontà del Presidente e quella di un altro organo.


Il Presidente della Repubblica non ha responsabilità politica, ma giuridica se si macchia di alto tradimento (nega la fedeltà alla repubblica) o di attentato alla Costituzione (cioè fa un atto per modificare la Costituzione attraverso metodi non corretti). Se si verificano questi casi c'è un'accusa parlamentare e, se la maggioranza assoluta del Parlamento mette il Presidente sotto accusa, la Corte Costituzionale giudica il Presidente con una sentenza definitiva; se il Presidente viene considerato colpevole, viene destituito. Se commette reati comuni è responsabile civilmente come qualunque altro cittadino.


Articolo 89: gli atti del Presidente della Repubblica devono essere controfirmati dal ministro competente; il senso di questo articolo è che a volte il governo fa un controllo sull'operato del Presidente, altre volte attesta di chi è la vera competenza di quell'atto ed è invece il Presidente a fare un mero controllo sull'atto. Comunque si ha una doppia partecipazione di due soggetti; il Presidente dialoga in questo modo con gli altri organi costituzionali.


Detiene il potere esecutivo e della pubblica amministrazione.


Articolo 92: il governo è un organo complesso, cioè formato da più elementi (i ministri, il Presidente del Consiglio che insieme formano il Consiglio dei Ministri); stabilisce il principio collegiale.


Articolo 95: i ministri sono tutti responsabili delle decisioni del Consiglio e degli atti dei loro dicasteri; il Presidente del Consiglio deve garantire unità e indirizzo politico.

Si parla di governo a direzione multipla dissociata, se il principio di unità politica viene frammentato da singole figure di ministri.


Come si forma un governo

Sulla Costituzione vengono date scarse informazioni a questo proposito, solo che il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e, su sua proposta, i ministri (art.92).

La procedura non viene specificata nella Costituzione, ma esiste una prassi messa in atto da anni che ormai funge da regola (consuetudine costituzionale).

Il governo si forma in seguito alle dimissioni del governo precedente.

Consultazioni: il Presidente della Repubblica consulta i presidenti delle camere, gli ex presidenti della repubblica e le posizioni dei gruppi parlamentari; inoltre può ascoltare pareri di persone che possono essergli utili.
Se il risultato delle elezioni è chiaro, le consultazioni sono brevi; altrimenti, possono durare a lungo se c'è bisogno di fare delle alleanze per formare il governo.

Le consultazioni servono a vedere se c'è una persona che sia in grado di formare un governo e se ci sono i numeri per farlo.

Mandato esplorativo: è una situazione in cui non si riesce a dar vita ad un nuovo governo ed allora il Presidente della Repubblica incarica un presidente di assemblea di vedere se si può formare un nuovo governo in quelle condizioni o se sono necessarie nuove elezioni.

Il Presidente della Repubblica incarica oralmente una persona di formare il governo, la quale persona accetta con riserva l'incarico (deve vedere se riesce a formare il governo).

Il Presidente del Consiglio a questo punto deve scegliere i ministri e poi scrivere un programma di governo; questo può corrispondere al programma elettorale se ci sono appena state le elezioni, oppure si deve trovare un compromesso tra i vari programmi di partito che entreranno nel governo.

Il Presidente del Consiglio va dal Presidente della Repubblica e scatta il decreto di nomina, che è un DPR e che è controfirmato dal nuovo Presidente del Consiglio. Il Presidente del Consiglio giura.

Entro 10 giorni dalla nomina del Presidente del Consiglio, il nuovo governo deve avere la fiducia in Parlamento, che deve permanere per tutta la durata del mandato (altrimenti deve dimettersi).


Articolo 94: se il governo non ha la maggioranza su un decreto, non è costretto a dimettersi.

Crisi di governo extraparlamentare: il governo dà le dimissioni senza nemmeno chiedere la fiducia in Parlamento, ma presentandosi direttamente al Presidente della Repubblica.


Non è contemplata una revoca nei confronti dei ministri, altrimenti si darebbe troppo potere al Presidente del Consiglio se egli potesse proporre una revoca quando un ministro si pone in dissenso con la politica di governo. Ancora si discute se sia ammissibile la revoca, perché nella Costituzione non è specificato.


Rimpasto ministeriale: si tratta di una modifica nella compagine governativa, quindi quando vengono sostituiti dei ministri; in questo caso si può aprire o no una crisi di governo. Dopo il rimpasto, le camere votano se approvano le sostituzioni oppure no.


Articolo 95: sancisce le responsabilità degli organi di governo.

Legge 400 del 1988: disciplina l'attività di governo, ponendo l'accento sul carattere collegiale e monocratico del governo.

Competenze del Consiglio dei Ministri: gli atti normativi, gli atti nel settore delle relazioni estere, dirimere i conflitti tra singoli ministri.

Competenze del Presidente del Consiglio: mantenere una unità politica; non ha poteri gerarchici nei confronti degli altri ministri, ha poteri di esternazione, presenta la questione di fiducia; ha contatti con il Presidente della Repubblica; ha poteri di promozione e continuazione dell'operato dei singoli ministri; infine, gli uffici di importanti settori amministrativi fanno capo a lui.

Competenze dei ministri: sono organi di vertice degli apparati amministrativi, sono quindi a capo dei dicasteri (ampi settori di amministrazione) e sono portatori di un indirizzo politico perché appartengono al governo. Esistono i ministri con portafoglio (sono a capo di un dicastero), senza portafoglio (svolgono funzioni a loro delegate dal Presidente del Consiglio, non sono a capo di un settore amministrativo ma sono al pari degli altri ministri) e ad interim (un ministero è retto temporaneamente dal titolare di un altro ministero o dal Presidente del Consiglio).


Ci fu una riduzione dei ministeri a 12, oltre il Presidente del Consiglio.

I ministeri furono aumentati a 13.

Con l'ultimo governo Prodi, i ministeri sono ulteriormente aumentati a 18.



Vice Presidente del Consiglio: serve a dare una maggiore visibilità e autorevolezza ad altri partiti appartenenti alla coalizione di governo; se il Presidente è di un partito, il vice presidente sarà molto probabilmente di un altro partito.

Sottosegretari di stato: furono introdotti in Italia a fine '800. Aiutano i ministri quando essi non possono espletare le proprie funzioni. Possono essere revocati, a differenza dei ministri. Sono nominati dal Presidente della Repubblica su consiglio del Presidente del Consiglio.

Viceministro: è una figura che nasce nel 2003 e che ha delle deleghe su compiti da svolgere in determinati settori di quel dicastero.

Commissari straordinari: possono essere nominati per realizzare obiettivi particolari o come coordinamento tra vari settori della pubblica amministrazione.

Gabinetto: nasce nel 1983 con un decreto, come organo più ristretto rispetto al Consiglio dei Ministri; ne fanno parte i ministri con un ruolo politicamente più importante e quelli con un ministero che abbraccia un più ampio settore. Aiuta il Presidente del Consiglio nelle decisioni più importanti da prendere.

Comitato di ministri: è un comitato formato da alcuni ministri per discutere su questioni specifiche; ha un rilievo puramente interno, perché non ha poteri deliberatori.

Comitato interministeriale: ha competenze precise e viene istituito con legge; in Italia nasce nel 1936. La sua funzione è di esautorare il Consiglio dei Ministri riguardo alcune questioni. È presieduto dal Presidente del Consiglio e composto da alcuni ministri. Dal 1993 ne sono stati eliminati molti e oggi ne esistono soltanto 4: CIPE, CICR, CIIS, CIAE.


Responsabilità del governo:

Politica: è diffusa perché tutti ne sono a conoscenza ed esiste uno specifico istituto (la sfiducia) che ne gestisce la responsabilità politica.

Giuridica penale: se il ministro compie reati comuni, ne risponde come qualunque altro cittadino.

Se compie dei reati in qualità di ministro, cioè nell'esercizio delle proprie funzioni, il procedimento viene stabilito all'articolo 96 della Costituzione del 1948: dopo una prima fase istruttoria in cui una speciale commissione parlamentare giudicava se mettere il ministro sotto accusa, la Corte Costituzionale avrebbe deciso la sentenza in caso di messa in stato d'accusa.

Nel 1989, in seguito a referendum, la procedura fu cambiata: la competenza di giudicare i ministri spetta alla magistratura ordinaria, previa autorizzazione della camera di appartenenza.

La questione viene prima valutata da un collegio di 3 giudici, che può archiviare il caso oppure trasmettere gli atti al Presidente di Assemblea della camera di appartenenza del ministro e chiedergli l'autorizzazione a procedere con le indagini.

Il Presidente di Assemblea invia tutto ad una giunta, che deve riferire il tutto alla camera e formulare la propria proposta sul fatto di concedere o meno l'autorizzazione a procedere.

Il Parlamento può negare l'autorizzazione a procedere solo se ritiene che l'inquisito abbia agito per tutela dell'interesse dello stato.

Serve la maggioranza assoluta per negare l'autorizzazione e quella che esce dal Parlamento è una delibera definitiva e insindacabile.


Decreto legge: fa parte degli atti aventi forza di legge; è un provvedimento provvisorio preso in situazioni di emergenza, emanato dal Presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Entra subito in vigore, su responsabilità del governo perché non è stato approvato dalle camere ma voluto dal governo. Dopo la pubblicazione, le camere hanno 60 giorni di tempo per convertirlo in legge, altrimenti il decreto decade e vengono meno tutti gli effetti che ha avuto nei precedenti 60 giorni. Se attraverso le camere non si arriva ad un voto chiaro ed esplicito, il governo dopo 60 giorni può ripresentare lo stesso decreto legge; infatti, ci sono state molte catene di decreti legge.

1988 - Sorgono dei dubbi alla Corte Costituzionale sulla validità delle catene di decreti legge.

1996 - la Corte Costituzionale afferma l'illegittimità costituzionale della ripresentazione di un precedente decreto legge, anche se le Camere non si sono pronunciate, a meno che non ci siano nuove situazioni di emergenza che richiedono quel decreto legge. Per decidere se sia realmente necessario, il regolamento della Camera dice che è il Comitato di Legislazione che deve esprimere un parere sui presupposti di necessità ed urgenza (la mancanza di questi presupposti inficia la validità di quel decreto legge e allora si può modificarlo prima di convertirlo in legge); poi si può richiedere all'Assemblea di votare sul fatto che quel decreto sia urgente o meno.

Con la legge 400 del 1988 si ha avuto una razionalizzazione del decreto legge: esso deve essere approvato immediatamente, deve avere contenuto specifico, omogeneo e aderente al titolo; inoltre indicava una serie di materie per le quali il decreto legge non può essere utilizzato (ad esempio tutte quelle indicate nell'ultimo comma dell'articolo 72.

Articolo 77: le Camere possono regolare e sanare i rapporti giuridici che possono essere sorti nei 60 giorni di vigenza del decreto legge, qualora il Parlamento non lo converta in legge.


POTERE NORMATIVO SECONDARIO

Si tratta di atti normativi subordinati a quelli primari, che ad essi devono essere conformi (altrimenti sono illegittimi). Il potere regolamentare del governo si può esplicare solo sulle materie che spettano al Parlamento.


Procedimento:

Il ministro competente in materia prepara uno schema.

Il Consiglio di Stato dà un parere su quello schema.

C'è una delibera del Consiglio dei Ministri e la successiva emanazione del Presidente della Repubblica.

La Corte dei Conti controlla la legittimità.

Gli atti normativi vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e poi entrano in vigore.


Regolamenti governativi

Esecutivi: il governo adotta delle specificazioni rispetto alla legge ordinaria.

Di attivazione o di integrazione: si dà un maggiore spazio normativo al governo rispetto ai regolamenti esecutivi ma non ci sono differenze di qualità.

Indipendenti: riguardano le materie non disciplinate dalla legge.

Organizzativi: riguardano l'organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche.

Di delegificazione: disciplinano le materie non coperte da riserva assoluta di legge. Ci deve essere una previa legge che determina le norme generali e che stabilisce che questa materia sarà trattata dal governo dopo un decreto fatto dal Parlamento. In pratica si vuole che una certa materia abbia una disciplina più snella fatta dal governo, rispetto alla legge ordinaria, la quale poi cesserà di efficacia.

Regolamenti ministeriali

Sono adottati da un singolo ministro riguardo alla sua materia. Perché possano essere adottati occorre una legge.

Regolamenti interministeriali

Riguardano più materie e sono presi di comune accordo da due o più ministri competenti per quelle materie. Sono subordinati ai regolamenti governativi e vengono adottati previo parere del Consiglio di Stato.

Regolamenti di altre autorità amministrative

Possono spettare a vari enti.


Fase del centrismo: anni '50, egemonia della DC.

Conventium ad escludendum: esclusione delle forze comuniste e delle forze di destra dal governo.

Fino agli anni '90 governa la DC.

1963 - Governo Moro di coalizione, con anche le forze di sinistra nel governo. Ognuno pensa principalmente al proprio partito.

1968 - si istituiscono i Consigli regionali

1970 - Viene fatta una legge per il referendum abrogativo e costituzionale.

1970 - Approvato Statuto dei lavoratori.

Dagli anni '70 in poi prende più potere il Partito comunista che collabora a livello parlamentare con la maggioranza di governo, anche se non ne fa parte.

1971 - con i nuovi regolamenti parlamentari ci vuole l'unanimità dei gruppi parlamentari per la programmazione dell'ordine del giorno.

1976 - FASE dell'unità nazionale: sempre più forte la collaborazione del partito comunista. Al governo c'è la DC, che però non ha la maggioranza in Parlamento; allora gli altri partiti si astengono per far andare avanti quel governo (bastava la maggioranza semplice).

1978 - le forze di sinistra appoggiano esplicitamente il governo DC.

Anni '80 - i comunisti tornano all'opposizione; inizia la fase del pentapartito, che durerà una decina d'anni e al governo ci sono sempre gli stessi 5 partiti: la DC, Partito socialista, Liberali, repubblicani, socialdemocratici.

1981 - Primo governo senza primo ministro della DC (Spadolini, repubblicano).

1983 - Craxi al governo come Primo ministro: viene rafforzato il potere dell'esecutivo, si capisce che ci vuole più omogeneità al governo. Riforme parlamentari importanti per evitare l'ostruzionismo parlamentare.

1988 - Battaglia per il voto palese; non serve più unanimità per decidere l'ordine del giorno.

1983 - Prima Commissione Parlamentare per le riforme costituzionali; bicamerale, presieduta da Bozzi non arrivò a nulla.

Fine anni '80 - riforme amministrative importanti.

1988 - La legge 400 disciplina le competenze del governo. Legge sull'ordinamento di comuni e provincie. Legge sulla trasparenza amministrativa.

1991 - Finisce la fase del pentapartito. Referendum sulla legge elettorale della camera, che era proporzionale con 4 preferenze: col referendum si porta le preferenze ad una sola per evitare una politica clientelare. Grande partecipazione, la legge viene cambiata.

1992 - Elezioni, primo governo Amato (partito socialista) e Presidente della Repubblica diventa Scalfaro.

1992 - Seconda commissione parlamentare presieduta da De Mita e Iotti, il cui scopo era cambiare la seconda parte della Costituzione, che comunque doveva passare per il referendum ma non si arrivò a nulla.

1992 - Tangentopoli fa cadere il governo e si affida a Ciampi un governo tecnico.

1993 - Referendum sulla legge elettorale al Senato per cambiare da proporzionale a maggioritario: grande partecipazione che fa passare la nuova legge.

1994 - Elezioni con la nuova legge elettorale a sistema maggioritario; si presentano due schieramenti con un leader scelto preventivamente e nascono nuovi partiti (è la fine del conventium ad escludendum). Si ha il primo governo Berlusconi (Forza Italia); quando la lega lascia il governo, Forza Italia non ha più la maggioranza parlamentare e si discute se il governo debba continuare a esistere o no. Scalfaro dà l'incarico a Dini di formare un governo tecnico, che ebbe poi l'appoggio del centro sinistra.

1996 - Primo governo Prodi.

1997 - Terza Commissione Parlamentare per le riforme costituzionali, presieduta da D'Alema che discute di riformare l'assetto degli enti territoriali per creare un autonomismo più spiccato e di una riforma sulla forma di governo, secondo il progetto di una forma semi-presidenziale. Tutto finirà nel nulla, però ci saranno importanti riforme sugli enti territoriali fatte attraverso la legge ordinaria. La commissione D'Alema finisce perché la destra tolse il suo appoggio, però fu fatto un progetto di modifica del titolo V.

2001 - Si vuole riformare un'altra parte del titolo V ma manca la maggioranza assoluta in Parlamento e allora si procede al primo referendum costituzionale che approva la riforma, la quale entra in vigore.

2001 - Secondo governo Berlusconi.

Si prova a fare una riforma complessiva della II parte della Costituzione, ma bisogna di nuovo andare al referendum che stavolta si pronuncia contro la riforma che quindi non viene mai applicata.

2005 - la legge elettorale viene modificata.


Ha assunto una sovranità che prima apparteneva agli stati nazionali.


La CECA fu la prima comunità europea, che venne istituita nel 1951 su proposta del ministro degli esteri francese; comprendeva Francia e Germania, ma era aperta anche agli altri stati.


1957 - Nascono la CEE e la EURATOM (riguardo l'industria nucleare). Fanno parte della CEE 6 stati: Belgio, Olanda, Lussemburgo, Francia, Germania, Italia; essa aveva il compito di promuovere uno sviluppo armonioso delle attività economiche degli stati membri, con l'obiettivo di creare un mercato comune che prevedeva: la libera circolazione di merci, servizi (prestazioni offerte in cambio di denaro) e persone. Inoltre furono introdotte politiche comuni e alcune materie che prima erano nazionali diventano di competenza esclusiva della comunità e altre ancora di competenza concorrente (la comunità decide la linea generale, ma ampi poteri spettano al singolo stato). Nella comunità vige il principio di concorrenza: la libertà di concorrenza è fondamentale per la creazione di un libero mercato comune (questo significa divieto di abuso di posizione dominante).


Dagli anni '80 si inizia a pensare a una comunanza di indirizzo politico oltre che economico.

1986 - Atto Unico europeo rafforza il libero mercato.

1992 - Trattato di Maastricht: si ha una svolta da un sistema centrato su un mercato comune a un sistema centrato su una politica comune. Nasce l'Unione Europea che mira ad una collaborazione tra gli stati membri anche su questioni politiche. C'è un ampliamento delle materie di competenza della comunità. La Comunità economica europea si trasforma in Comunità europea. Si gettano le basi per arrivare ad una unione economica e monetaria che culminerà nell'Euro nel 2000; si crea la Banca centrale europea. Viene introdotto il principio di sussidiarietà: nelle materie di competenze concorrente la CE può intervenire nella misura in cui gli obiettivi prefissi non possano essere raggiunti in modo adeguato dagli stati membri.

L'UE affianca la CE e mira a creare una cooperazione in campo politico, indirizzandosi soprattutto in due direzioni e creando due nuovi organismi: la politica estera e la sicurezza comune (PESC) e la giustizia e gli affari interni (GAI). Si prendono decisioni comuni o si mira a definire una posizione comune, ma bisogna essere concordi all'unanimità.


1997 - Approvazione del trattato di Amsterdam (la materia dell'immigrazione passa alla competenza della CE dalla PESC)

2000 - a Nizza viene firmata la carta dei diritti fondamentali dell'uomo, paragonabile alla prima parte della costituzione italiana. Venne poi approvata la Costituzione europea, sottoscritta da tutti gli stati membri.

2001 - Trattato di Nizza: viene modificata la forma di governo.


ISTITUZIONI COMUNITARIE


Consiglio dei Ministri - vi appartengono i partecipanti degli esecutivi dei vari paesi; ogni stato invia il ministro competente nella questione da discutere. È quindi un organo politico.

Commissione - ogni stato ha un rappresentante che vi appartiene, scelto dal governo del paese e che deve avere il favore del Parlamento europeo. È un organo con competenze tecniche. Ha poteri d'iniziativa in relazione agli atti normativi che provengono dal Consiglio dei Ministri. Deve controllare che gli stati membri rispettino i trattati e se sospetta che uno stato non lo faccia, può fare ricorso. Ha anche poteri sanzionatori.

Parlamento europeo - si compone di 732 membri ed è eletto direttamente dai cittadini dell'UE, rivestendo così un ruolo più democratico del Consiglio dei Ministri. Per molto tempo ha avuto solo poteri consultivi e si parlò di deficit democratico; allora iniziarono a esserci sempre più situazioni di codecisione tra il Consiglio dei Ministri e il Parlamento europeo, con la tendenza a rafforzare il potere di quest'ultimo. Svolge anche funzione di controllo.

Consiglio europeo - è una riunione dei capi di stato o di governo di tutti i paesi, che avviene due volte l'anno. Vengono prese decisioni di carattere politico che indirizzeranno l'attività dell'UE nei successivi 6 mesi. Si fa il punto della situazione e si scelgono le politiche da seguire nei mesi successivi.

Corte di giustizia - è un organo giudiziario che ha sede a Lussemburgo ed è formato da un giudice per ogni stato membro. Giudica le controversie tra gli stati membri. Gli stati possono protestare se pensano che da parte delle istituzioni comunitarie ci sia stata una violazione dei trattati; può avvenire anche il contrario. Alla corte spetta l'interpretazione esclusiva del diritto comunitario e si fa garante della corretta interpretazione delle norme comunitarie.


Le istituzioni comunitarie agiscono solo su materie che gli sono esplicitamente attribuite attraverso i trattati fondanti. Le materie possono essere di competenza esclusiva o concorrente e la diversa tipologia di competenza è specificata nei trattati.

Il principio attraverso cui gli stati e la comunità si dividono i compiti è quello di sussidiarietà: la comunità entra in azione quando per raggiungere l'obiettivo fissato è necessaria un'azione comune. Inoltre vige anche il principio di proporzionalità: l'azione della comunità non deve andare oltre a quanto è necessario per il conseguimento degli obiettivi prefissi; è un principio che regola il grado di intensità dell'azione comunitaria, che non deve eccedere ma rispettare la proporzionalità tra azione della comunità e obiettivo da raggiungere.


Articolo del trattato comunitario: quando una decisione comunitaria è necessaria per un obiettivo, senza che quella strada si stata esplicitamente specificata nei trattati, il Consiglio può decidere di intervenire anche se quei poteri non erano esplicitamente previsti nei trattati. In caso di necessità la comunità può usufruire di certi poteri che non gli sono stati esplicitamente assegnati nei trattati, ma deve rimanere un caso eccezionale.


Diritto originario - è il diritto contenuto nei trattati al vertice delle fonti comunitarie, cioè i trattati originari, le carte fondanti, che non possono subire modificazioni da successivi atti normativi.

Diritto derivato - i trattati dicono che le istituzioni comunitarie (il Consiglio dei Ministri) possono emettere atti normativi o regole di condotta in base a certe materie, per disciplinarle. Questo è il diritto derivato.


ATTI NORMATIVI DI DIRITTO DERIVATO A CARATTERE VINCOLANTE

Regolamento comunitario - fa parte delle fonti primarie. È un atto normativo obbligatorio in ogni sua parte e direttamente applicabile negli stati membri, dove entra in vigore ed ha efficacia diretta.

Direttive - non entrano direttamente in vigore negli stati, ma pongono degli obblighi agli stati membri ed un limite di tempo entro cui devono adeguarsi alla direttiva. È un documento che pone degli obiettivi e gli stati devono attivarsi per disciplinare  la questione in base ai principi stabiliti dalla direttiva.

Decisioni - sono l'atto tipico attraverso cui viene disciplinato un caso singolo.

ATTI NORMATIVI DI DIRITTO DERIVATO A CARATTERE NON VINCOLANTE

Pareri - sono rivolti a far conoscere il punto di vista della comunità su una certa questione.

Raccomandazioni - è un invito o una esortazione agli stati membri agli stati membri perché tengano un certo comportamento su una questione.


La costituzione italiana non fa riferimento al cammino comunitario tranne che in un articolo.

Articolo 117, 1° comma - c'è un riferimento alle norme che vengono dalla comunità e si ribadisce il principio che lo stato deve rispettare i vincoli che derivano dalle politiche comunitarie.

Articolo 11 - ci si è visto un fondamento che ha consentito il passaggio di competenze dal livello nazionale a comunitario, che è avvenuto gradualmente dal 1957 a oggi.




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