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Il diritto di cronaca: il contenuto, l'inquadramento nell' art. 21 Cost.
L'art. 21 della Costituzione sancisce, al primo comma, la libertà di manifestazione del pensiero: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione", al secondo comma, attraverso il divieto di autorizzazioni e censure, garantisce l'utilizzo della stampa quale principale mezzo di diffusione del pensiero.
L'affermazione dei "nuovi" mezzi di comunicazione di massa, l'avvento della tecnologia informatica e con essa la canalizzazione di flussi massicci di informazioni e la loro diffusione potenzialmente illimitata e in tempi rapidi, infine lo sviluppo dello stato sociale con la accresciuta richiesta di informazioni soprattutto da parte di soggetti preposti alla erogazione dei servizi pubblici, hanno evidenziato, già da qualche decennio, la limitatezza del contenuto della libertà garantita dall'art. 21 Cost. se intesa in senso strettamente letterale. La libertà di stampa non può più essere considerata semplice sinonimo di libertà di manifestazione del pensiero, tanto che anche nel linguaggio comune si parla sempre più spesso di "società" o "ideologia dell'informazione", espressione questa, che denota la forte tendenza alla riduzione di zone di silenzio a favore della circolazione non genericamente del proprio pensiero ma di notizie e informazioni, di relazioni, cioè, su fatti, persone, avvenimenti reali.
Tutto ciò ha indotto dottrina e giurisprudenza ad una ridefinizione della formula dell'art. 21 Cost.: così dalla libertà di espressione e manifestazione del pensiero si é passati a configurare una libertà o "diritto di cronaca" per arrivare poi in epoca più recente a parlare di "libertà di informazione". Il passaggio dalla più antica alla nuova formula non si riduce, tuttavia, ad una questione meramente terminologica ma ha invece implicazioni sostanziali; con la dizione "libertà di informazione" si allude a qualcosa di diverso, di nuovo, di aggiuntivo rispetto al concetto espresso da quella originaria, in passato inavvertito e oggi assurto in primo piano. Si allude cioè non solo alla generica espressione del pensiero ma anche alla diffusione di notizie. La stessa Corte Costituzionale definisce espressamente il lato attivo della libertà di manifestazione del pensiero come "libertà di dare e divulgare notizie, opinioni, commenti" e il lato passivo, cioè "dal punto di vista dei destinatari della manifestazione", come "interesse generale, anch'esso indirettamente protetto dall'art. 21 Cost., alla informazione"
La formula "libertà di informazione", considerata dal lato attivo, ossia come libertà di esplicare una attività rivolta al pubblico e consistente nell'informare, a seconda del diverso modo di configurarne l'oggetto è adoperata talvolta in una accezione restrittiva, come sinonimo di libertà di cronaca, in tal caso ha ad oggetto le sole notizie, cioè relazioni di fatti aventi carattere di attualità la cui conoscenza riveste interesse generale; o in senso ampio, che ha finito per assorbire quello tradizionalmente attribuito alla libertà di espressione o manifestazione del pensiero cioè come comprensiva di fatti e altresì opinioni. La prima accezione si ritrova chiaramente in diversi testi di diritto internazionale: nell'art. 19 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo, che garantisce "il diritto di cercare, ricevere e diffondere informazioni", nell'art. 10 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché nel Preambolo e nell'art. 1 del progetto di convenzione sulla libertà d'informazione, approvato dalla Conferenza delle N.U. nel 1948, dove si distingue tra opinioni e informazioni. Ciò conferma che la libertà di cronaca indica un fenomeno già noto in passato e quindi implicitamente ma inequivocabilmente tutelato nei vari ordinamenti statali in quanto ricompreso, ad esempio nel nostro, nella formula sancita dall'art. 21 Cost. che si riferisce alla libertà di stampa o di manifestazione del pensiero
Esiste pertanto una equivalenza fra il diritto di manifestare, il diritto di informare e il diritto di cronaca. Non si é di fronte, cioè, a distinti diritti, ma ad un'unica libertà il cui oggetto é interamente ricompreso e garantito dall'art. 21 Cost.; libertà che può essere definita con espressioni terminologiche diverse a seconda del particolare contenuto che di essa si intende evidenziare. Risultano così coperte da garanzia costituzionale non soltanto l'espressione del proprio pensiero ma anche le notizie e in genere le informazioni.
E'inoltre possibile, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni autori ma soprattutto nel mondo giornalistico, distinguere tra notizie e opinioni. Quanti negano la configurabilità della notizia oggettiva, sostengono che nella narrazione di un fatto si inserirebbe sempre e inevitabilmente l'ideologia, la personalità di colui che espone la vicenda, dunque il fatto in sé come dato oggettivo sarebbe sempre inafferrabile. Ora l'informazione é necessariamente parziale in quanto gli organi dell'informazione operano una selezione e scelta tra il complesso delle notizie pubblicabili, ma la notizia, una volta operata la scelta e ferma una dose di soggettivismo ineliminabile in qualsiasi forma di linguaggio e quindi anche in quello descrittivo, é configurabile seppur non intesa come verità assoluta, ma come maggiore corrispondenza possibile tra rappresentazione e realtà
Se oggi é pacifica, in dottrina e giurisprudenza, l'esistenza e la garanzia costituzionale ex art 21 del diritto di cronaca, in passato questi argomenti hanno costituito oggetto di una discussione resa urgente dai sempre più frequenti casi giudiziari in cui veniva lamentata la violazione, da parte della cronaca soprattutto giornalistica, dei beni dell'onore e della riservatezza.
Da qui la ricerca di un vero e proprio diritto di cronaca e di un' autonoma base costituzionale; l'affermazione di un tale diritto avrebbe consentito, infatti, di costruire una solida causa di giustificazione invocabile nei delitti contro l'onore e la riservatezza. Il bilanciamento tra valori contrapposti che collidono, quali la cronaca e i diritti della personalità in genere, presuppone preliminarmente, onde stabilire quale, nella singola fattispecie, prevale sull'altro, la individuazione del fondamento normativo dell'una e degli altri.
Per alcuni l'espressione "diritto di cronaca" non indicherebbe una situazione giuridica soggettiva espressamente riconosciuta dal diritto, ma una delle tante facoltà di agire, che sono legittime fintanto che non figurano giuridicamente vietate; lo confermerebbe la circostanza per cui le norme giuridiche che espressamente si riferiscono alla cronaca giornalistica o di altro genere non sono norme autorizzanti una determinata attività, ma sono norme eccezionalmente limitative e proibitive di ciò che altrimenti sarebbe lecito fare. Così per esempio il divieto di pubblicazione degli atti processuali penali, che si legge nell'art. 684 c.p. , si riferisce alla pubblicazione di notizie che altrimenti si dovrebbe considerare legittima per non essere espressamente vietata. Dunque mentre la libertà di stampa intesa come diritto di far conoscere ad altri il proprio pensiero attraverso qualsiasi mezzo di diffusione, trova esplicito riscontro nell'art. 21 Cost., la cronaca, se ha ad oggetto fatti veri di interesse generale resi con una tecnica espositiva tale da non deformarli artificiosamente, trova riscontro nell'art. 13 Cost., il quale ha per conseguenza proprio la libertà di ogni atto che non sia espressamente vietato.
Secondo altri l'art. 21 Cost., nel fare riferimento alla "libertà di manifestazione del pensiero" e alla "libertà di stampa", non indicherebbe due distinte libertà ma un' unica situazione soggettiva considerata prima nel suo aspetto sostanziale poi in quello strumentale. Quanto al diritto di cronaca questo deve ritenersi espressione della libertà di manifestazione del pensiero ma solo nelle materie "privilegiate", quelle alle quali fa espresso riferimento la Costituzione : la politica, la scienza, l'arte e la religione. Solo in queste, dunque, l'esercizio del diritto di cronaca costituirebbe espressione di una attività costituzionalmente garantita.
Per dare un fondamento normativo al diritto di cronaca, da parte di altri, si é fatto riferimento oltre all'art. 21 Cost. anche all'art. 15 della legge 8 febbraio 1948 n.47 sulla stampa; questa disposizione vietando le pubblicazioni a contenuto impressionante o raccapricciante relative ad avvenimenti realmente verificatisi, per argumentum a contrario riconosce come lecita la cronaca di fatti priva di quelle caratteristiche.
Secondo un altro orientamento, infine, in uno stato democratico nel quale il cittadino é chiamato a partecipare attivamente alla vita pubblica e a concorrere alle decisioni intorno ai problemi di rilevanza generale, nessun effettivo concorso al governo ed esercizio delle libertà politiche é possibile se non é garantita una effettiva conoscenza dei problemi e degli avvenimenti. L'informazione si configurerebbe uno dei principali doveri dello stato nei confronti dei cittadini, che scaturisce quindi non tanto dall' art. 21 Cost., ma dallo stesso carattere democratico dello stato.
Arena G., La tutela della riservatezza nella società dell'informazione, in Scritti in onore di Pietro Virga, I, 1995, cit. pp. 63 ss.
Corte Cost. sent. n.25 del 1965; ma vd. anche sent.n.105 del 1972, in Giur. cost.1972 e sent. n.18 del 1981, in Giur. Cost. 1981.
Questa é la posizione della prevalente dottrina sull'argomento: cfr. Grisolia G., Libertà di manifestazione del pensiero e tutela penale dell'onore e della riservatezza, Padova CEDAM 1994 e Crisafulli V., op. ult. cit.
L'art 684 c.p. rubricato "Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale" prevede che "chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d'informazione, atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione, é punito con l'arresto fino a trenta giorni o con l'ammenda da lire centomila a cinquecentomila".
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